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Autore: Lady I H V E Byron    15/03/2022    0 recensioni
C'è una scuola di magia anche in Italia, nata inizialmente come nascondiglio per coloro che detengono la magia dalla superficialità e dalla paura dei non magici, ma poi divenuta scuola per imparare a controllare i propri poteri, prevenendo la nascita di Obscuriali.
Ma non tutti sono d'accordo con la legge della segretezza: il rancore nei confronti dei non magici per quello che hanno fatto ai magici e la piena padronanza dei propri poteri dà i natali ad un personaggio che verrà ricordato nella storia magica come "Mater Atra".
Genere: Dark, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto
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Note dell'autrice: un'anteprima (ancora?!) di una storia che sto ancora sviluppando nella mia testa, ma che è ancora nella sua fase scheletro (quindi trama, elementi chiave, roba così, insomma); qui vi offro su cosa si svilupperà.
Spero vi piaccia.

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“La magia è strumento del demonio!”

C'è una scuola di magia, in Italia, nella città di Palermo. Ma solo chi possiede il dono della magia può vederla.

Le origini di questa scuola sono quasi paragonabili alla fondazione di Roma.

Erano tempi oscuri per la magia, il tempo in cui questa scuola fu fondata. Chi possedeva il dono della magia veniva perseguito da coloro che non lo possedevano.

Tra gli sfortunati ad essere condannati al rogo, solo pochi erano davvero maghi. Oppure, non erano rari i casi di Obscuriali che distruggevano interi villaggi. Maghi costretti a reprimere la propria magia, fino a consumarli dall'interno, come un'esplosione.

I primi ad essere intolleranti verso la magia, però, erano i maghi stessi. Forse influenzati dalle persecuzioni, erano arrivati a considerare la magia come una maledizione, che li faceva allontanare da una vita normale, comune, e li condannava ad essere mostri, e bruciati sul rogo. Per questo, erano arrivati a rivolgersi a loro stessi con l'appellativo di “Maledetti”.

I maghi non erano più al sicuro e non potevano più restare da soli. Dovevano aiutarsi.

Un gruppo si incontrò casualmente nei pressi di un dirupo sul mare, in una notte di luna piena.

Non erano maghi malvagi, non erano tra quelli praticanti magia nera.

Quell'incontro diede inizio alla scuola italiana di magia.

All'inizio, era solo composta da quel piccolo gruppo di maghi fuggiaschi, che si riunivano all'aria aperta, praticando la loro magia all'insaputa di coloro che li perseguitavano, i Normali, i nati senza magia.

Unendo i loro poteri, crearono il loro primo incantesimo di illusione: crearono delle copie perfette di loro stessi, in modo che fossero catturati dai Normali, deviando la loro attenzione.

Decisero che l'illusione era il solo modo per salvarsi. Fu, infatti, l'illusione ad aver dato le fondamenta della scuola di magia italiana, Santa Croce.

I Normali avrebbero visto un castello sul mare. Ma solo chi aveva il dono della magia, poteva vedere la realtà.

Finalmente, chiunque avesse il dono della magia, poteva avere l'occasione di impararla, controllarla, contenerla, e continuare a vivere al fianco dei Normali, senza che questi scoprissero la sua vera natura.

Il nome scelto non fu un caso: esattamente come Gesù Cristo si era sacrificato per il genere umano, anche i maghi volevano essere redenti dalla loro maledizione, ed avere l'occasione per essere parte della società non magica.

Tutti, anche i più indegni, meritavano di essere benedetti.

I Maledetti venivano scoperti tramite un incantesimo di localizzazione non visibile dai Normali, ma solo da chi possedeva la magia. E veniva loro inviata una lettera, in cui veniva loro permesso di imparare ogni segreto della magia, oltre che controllarla.

Man mano che passavano gli anni, sempre più maghi entravano nella Scuola di Magia di Santa Croce. Presto fu opportuno dividere gli studenti in base alle loro qualità.

Alcuni erano fieri, altri acuti, altri diplomatici ed altri cauti.

Per questo, vennero create quattro Case, all'interno di Santa Croce: Aquilaurea, Lupafulva, Biancoalloro e Teschionero. Ognuno dei simboli delle Case rappresentava un simbolo che aveva caratterizzato l'Impero Romano: l'Aquila Legionaria, simbolo della forza dell'esercito romano; la Lupa Capitolina, simbolo dell'origine mitologica di Roma; l'alloro, un elemento preso dalla cultura greca, il simbolo della gloria; e il teschio, come omaggio alla cultura etrusca, la cui civiltà ha donato le fondamenta di Roma. Noto, infatti, nella cultura etrusca, era il culto dedicato alla morte, da cui la scelta del teschio, come simbolo.

Proprio per questo motivo, però, gli studenti di Teschionero non venivano visti di buon occhio, dagli studenti delle altre Case.

E la situazione non migliorò, a causa di una strega che nel mondo magico sarebbe stata ricordata come la “Mater Atra”.

Era la metà dell'Ottocento, periodo importante per la penisola italica. Si avvicinava l'anno della sua Unità.

Santacroce era ormai fiorita, tra le scuole di Magia, ed aveva ottenuto gemellaggi con le altre tre grandi scuole di magia europee: Durmstrang, Beauxbatons e, soprattutto, Hogwarts.

Tutti coloro che si diplomavano erano pronti per vivere in mezzo ai Normali e celare la loro natura magica.

Una studentessa di Teschionero, però, era contraria alla legge della segretezza dei maghi. Secondo lei, era ingiusto doversi nascondere da coloro che per secoli li avevano perseguitati. Anzi, riteneva che i maghi fossero superiori ai Normali, e quindi dovessero essere loro a dominare. Ed aveva insinuato che le regole stabilite dai fondatori di Santacroce non proteggessero davvero i maghi, ma i Normali.

Alcuni studenti condividevano le sue idee, sia di Teschionero che delle altre Case.

Ma quella ragazza era già una ribelle: più volte aveva trasgredito le regole della scuola, che vietavano usare la magia al di fuori del suolo scolastico e contro i Normali, anche in caso di aggressione, e portava sempre i capelli sciolti, anziché legati, come voleva la moda del tempo.

Le era giunta persino voce che il preside ed i professori volessero espellerla, per le sue trasgressioni.

Viene narrato, infatti, che, per vendicarsi di essere stata punita per voler proteggere e dare giustizia al mondo magico, avesse maledetto Santacroce, creando delle Sale Maledette, che, un giorno, avrebbero messo in pericolo la scuola.

Quando uno studente di Santacroce viene espulso, non gli viene solo requisita e distrutta la bacchetta, ma gli viene cancellata la memoria e la sua magia, per non rivelare l'esistenza del mondo magico ai Normali.

La studentessa non voleva subire quella sorte, per questo, la sera precedente la sua espulsione, scappò da Santacroce.

Era l'anno 1860. Un uomo di nome Giuseppe Garibaldi era approdato in Sicilia, insieme a mille uomini.

Una figura incappucciata si era avvicinata a lui. Non era riuscito a vederne il volto, ma comprese si trattasse di una donna. Con un'offerta allettante.

Il mondo dei Normali ricorda perfettamente la storia di Giuseppe Garibaldi e della Spedizione dei Mille. Ciò che, però, è stato taciuto alla storia, fu la presenza di una donna, al fianco di Garibaldi.

E non una donna qualsiasi, ma una strega. Lei gli aveva offerto il suo aiuto con la sua spedizione, dicendogli di rendere più facile l'unificazione dell'Italia, senza incontrare alcuno ostacolo.

Ma, in realtà, Garibaldi era solo un mezzo facile per i suoi, di piani: ogni città in cui entravano, lei lanciava dei segni, visibili solo a chi avesse il dono della magia. Degli stendardi neri, con l'effige dorata di una regina; il suo stendardo. Era un invito ad unirsi alla sua causa, ad uscire dalla legge della segretezza che costringeva i maghi a nascondersi da coloro che li avevano perseguitati, condannati, persino spinti a divenire Obscuriali. Un invito a ribellarsi, far loro assaggiare la loro stessa medicina. Vendicare tutti i maghi condannati al rogo, solo perché erano maghi, quindi diversi da loro, quindi pericolosi.

E per colpa loro, dei loro pregiudizi, anche i maghi erano arrivati a considerarsi anormali, arrivando addirittura a parlare di loro stessi rivolgendosi come Maledetti.

Era intollerabile, secondo la ex-studentessa di Santacroce.

Non solo nella scuola, ma anche nel resto dell'Italia c'erano maghi che condividevano il suo pensiero.

Su quella ex-studentessa iniziò, infatti, ad essere praticato un culto. I suoi seguaci, grati per quanto avesse a cuore la condizione dei maghi in Italia, come una madre con i propri figli, iniziarono a chiamarla “Mater”.

Riuniti sotto il suo stendardo, i maghi ribelli diedero inizio alla loro guerra contro i Normali.

Villaggi vennero messi al rogo, per vendicare le streghe e gli stregoni del passato.

Nessuno si fermava di fronte a niente, per il piano di Mater.

Fu in quel periodo che venne fondato il Ministero della Magia. Un gruppo di maghi che non condivideva le idee di Mater, e che, per il bene della preservazione dell'equilibrio tra mondo magico e non, aveva deciso di scendere in campo.

All'appellativo “Mater”, il Ministero aggiunse il termine “Atra”, per indicare la malvagità delle sue azioni. E così sarebbe stata chiamata nelle generazioni future.

Le due fazioni si scontrarono per decenni.

Mater, nel frattempo, aveva avuto un figlio nato dal suo grembo, da un giovane garibaldino infatuato di lei.

Un figlio che aveva ereditato il dono della magia. Motivo di orgoglio per Mater, che non esitò ad insegnargli qualche magia basilare, prima che anche lui studiasse a Santacroce.

Per fortuna, grazie al cognome che aveva acquisito da coniugata, nessuno avrebbe scoperto delle origini del figlio.

Mater si illudeva che il figlio continuasse il suo progetto, che raccogliesse altri seguaci che si unissero alla sua causa.

Ma suo figlio non condivideva le sue idee. Inoltre, era terrorizzato da sua madre.

Smistato in Lupafulva, non esitò a denunciare la madre ed i suoi seguaci, indicando al Ministero tutti i nascondigli.

Furono i Normali a catturare Mater Atra et Liberos suos, grazie ad indicazioni che il Ministero aveva fornito loro di nascosto.

E, come succedeva in passato, vennero tutti condannati al rogo.

Mater Atra ed Liberos suos non sarebbero stati più una minaccia. O così credevano.

Lei aveva previsto il tradimento del figlio.

Aveva fatto in tempo ad avvertire i suoi seguaci. Infatti, ad essere stati condannati al rogo non erano davvero loro: erano delle illusioni perfettamente identiche agli originali, talmente perfette da ingannare persino i maghi stessi.

Nessuno avrebbe mai pensato che Mater Atra fosse riuscita a nascondersi nell'ultimo luogo in cui si aspettavano di trovarla: la scuola di Santacroce.

E non in una stanza qualsiasi, ma in una nascosta, creata nientemeno che da lei.

Delle Sale Maledette, la sesta, ovvero l'ultima, era la più pericolosa.

Lì, infatti, lei ed i suoi seguaci si rinchiusero in bare di ghiaccio, per sottoporsi ad un sonno criogenico. Un'illusione di Mater diciassettenne avrebbe fatto da guardiana all'ultima Sala, in attesa del ritorno di Mater Atra et Liberos suos.

Non era chiaro, però il giorno del suo ritorno.

Mater Atra aveva persino rinunciato al dono della vista, per ottenere il dono della Divinazione.

Era così che aveva scoperto il tradimento del figlio.

Una visione l'aveva ricoperta di speranza: un suo discendente, un mago Teschionero, come lei, e anche lui indignato per la legge che obbligava i maghi a nascondersi dai Normali, sarebbe stato al suo cospetto, per continuare il suo retaggio, spezzando le varie maledizioni che minacciavano la scuola. Quella stessa speranza divenne la sua nuova motivazione, prima di sottoporsi al sonno criogenico.

L'arrivo del discendente sarebbe stato il motivo del risveglio di Mater Atra et Liberos suos.

Fino ad allora, Santacroce divenne un luogo maledetto: non capitavano di rado gli incidenti, sia a studenti che insegnanti. E tutto a causa delle Sale Maledette.

E non solo: ogni tanto, di notte, qualcuno sentiva delle risate agghiaccianti o dei sibili.

Gli abitanti dicevano si trattava del fantasma della studentessa condannata al rogo per aver trasgredito la legge della segretezza. In realtà, era l'illusione di Mater Atra diciassettenne che vagava per quelle stesse mura che l'avevano respinta ed umiliata.

Tutto, però, sarebbe finito all'arrivo del suo discendente.

Lei avrebbe atteso anche l'infinito. E sapeva che si sarebbe risvegliata piena di speranza e buone aspettative, poiché aveva visto, nella sua visione, che il suo discendente sarebbe giunto da lei nientemeno che in compagnia di un discendente di uno dei fondatori della maggior alleata di Santacroce: Hogwarts.


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Note finali: se qualcuno chiede, per creare il personaggio di Mater Atra ho quasi mescolato caratteristiche di Voldemort con "Le tre madri" (Mater Suspiriorum, Mater Lacrimarum, Mater Tenebrarum) di Dario Argento.
 
   
 
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