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Autore: EleWar    16/03/2022    6 recensioni
C'è poco da fare, Ryo è un gran vizioso, ma stavolta di quale vizio stiamo parlando? E Kaori sarà ancora disposta a tollerarlo o ricorrerà a drastici rimedi?
Altra avventura per i nostri due super innamorati!
Genere: Commedia, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kaori Makimura, Ryo Saeba
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: City Hunter
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Allora, che dite? Avete voglia di leggere il cap 5??? Bene, accomodatevi.
Grazie per tutto, vi lovvo *_*
Eleonora

 
Cap. 5 - Fra bettole e diluvi
 
Qualche via più in là, Kaori si era rintanata in una specie di bettola fuori mano, a quell’ora semi deserta; gli unici avventori erano un paio di vecchietti di età indefinibile che borbottavano fra loro e ogni tanto alzavano la voce per bisticciare, ragionando intorno al niente, mentre il proprietario, dietro il bancone, con un sudicio grembiule a coprire un vistoso pancione, li guardava e ogni tanto scuoteva la testa.
Poco più in là, invece, c’era un altro uomo, che dormiva con la testa appoggiata sulle braccia ripiegate sul tavolo, immerso nei fumi dell’alcool: era un ammasso quasi informe e Kaori non riusciva a capire quanti anni avesse, ma a giudicare dalla clientela, valutò avesse più o meno l’età degli altri.
In ogni caso, a lei poco importava.
Le occorreva un posto riparato e abbastanza silenzioso per potersi piazzare con la sua attrezzatura e spiare i discorsi di Ryo, e ancora una volta si congratulò con sé stessa per la scelta del travestimento.
Seppure fosse troppo giovane per quella dimessa osteria, almeno sembrava un ragazzo e non avrebbe suscitato la curiosità dei presenti; se si fosse presentata come la giovane donna che era, avrebbe di sicuro attirato l’attenzione dei quei beoni e ne sarebbe venuto fuori sicuramente qualcosa di spiacevole.
 
Tutta presa ad ascoltare le chiacchiere di Saeko e Ryo, non si accorse nemmeno quando il proprietario le portò al tavolo la ciotola di ramen fumanti, ordinati precedentemente, e che trangugiò quasi freddi non appena se li ritrovò lì, quasi ad impicciare, molto dopo.
 
L’omone all’inizio si era chiesto che razza di apparecchio avesse tirato fuori il ragazzetto, con le cuffiette alle orecchie, ma poi aveva perso velocemente interesse per quel cliente strambo ed era tornato alle sue scarse occupazioni; ragionando che i giovani d’oggi proprio non li capiva, rinunciò a capire pure quello.
Non s’interessò nemmeno quando questi prese a starnutire e a tirare su col naso; pensò invece che non vedeva l’ora di chiudere il locale, e che al solito ci sarebbe voluto del bello e del buono prima di riuscir a convincere i due amici bizzosi a sloggiare, e che sarebbe stata veramente un’impresa svegliare il fagotto umano.
 
La ragazza, rincantucciata nell’angolo più nascosto del locale e lontano dalla vetrina poco illuminata, invece, non si perdeva nemmeno una parola dell’incontro fra Ryo e Saeko, e si ripeteva che aveva avuto una bella fortuna a poter sgattaiolare come aveva fatto, così all’ultimo minuto, senza essere beccata da Ryo.
Si rese anche conto che effettivamente lui e la bella ispettrice non si frequentavano così tanto spesso come credeva, perché evidentemente non andava mai a casa sua; non volle prendere in considerazione che i due potessero incontrarsi fuori da lì e in posti meno acconci.
Anche se ora lei e Ryo stavano, stavano? insieme, ed era più o meno certa che lui non la tradisse, era comunque gelosa del rapporto che aveva con Saeko perché, pur non considerando il fatto che fosse bellissima e affascinante, era anche una sua cara amica, la presenza femminile nella vita dello sweeper di più vecchia data, e Kaori non aveva mai capito che razza di legame avessero.
E se lei era sicura che Saeko non si sarebbe mai concessa al bel Ryo, pur sfruttando questa sorta di ricatto sessuale, le dava comunque fastidio che lui, proprio in virtù di questa speranza, si lasciasse convincere dall’ispettrice a fare di tutto e di più.
Insomma era un giochetto vecchio e stantio, ed ora più che mai non poteva più tollerarlo.
Per fortuna però, la Nogami vi aveva messo fine nel momento in cui aveva capito che i due City Hunter facevano finalmente sul serio, e si era prestata, di buon grado, a saldare i suoi debiti in moneta sonante.
Inoltre, la sweeper aveva potuto appurare quanto la donna fosse in qualche modo corretta nei suoi confronti, e sospettava che quella sera non si fosse comportata diversamente con Ryo rispetto alle altre volte, e non perché era certa di essere spiata da lei.
Nemmeno Ryo aveva fatto lo stupido, e saperlo così in crisi la riempiva di soddisfazione.
 
Per il momento si era recato solo da Umibozu e da Saeko a chiedere, apparentemente, consiglio, e il gigante gli aveva detto che se non la amava abbastanza, avrebbe dovuto lasciarla andare.
Eppure lui non aveva ribattuto su questo punto, non aveva detto nulla, pur di non rispondergli; l’aveva preso in giro e aveva alzato i tacchi, come il suo solito: quando se la vedeva brutta, prendeva il largo ed evitava di affrontare il problema.
 
Le passò un brivido e si mosse a disagio dentro i suoi vestiti bagnati, che le si erano appiccicati addosso e le facevano sentire molto più freddo.
Che peccato non essersi potuta cambiare da Saeko, anche se dubitava che la donna avrebbe avuto qualcosa da prestarle e che facesse al caso suo.
Ridacchiò pensandoci: s’immaginò con un tailleur elegante con tanto di spacco laterale sulla gonna, a pedalare come una forsennata per le strade di Shinjuku, o sedere ad un tavolino come in quel momento, in una bettola di quart’ordine.
Kaori sospettava che Saeko non avesse nemmeno una tuta o un paio di jeans nel suo armadio, non ce l’aveva mai vista e non se la sapeva nemmeno immaginare.
 
Tirò su col naso e continuò ad ascoltare.
Pur avendo deciso di lasciare Ryo, poter continuare a sentire la sua voce, la sua calda voce, parlare e anche di lei, le riempiva il cuore e si sentiva vibrare.
Avrebbe tanto voluto non dover rinunciare definitivamente a lui, e sperava con tutta sé stessa che quella fosse una crisi passeggera, e che il fatto che lei lo avesse lasciato, lo facesse rinsavire, cambiare, convincendolo che non poteva più comportarsi da idiota come sempre, che doveva crescere.
 
Un potente starnuto le fece volare baffi e barbetta, ma per fortuna, nel locale immerso in quella atmosfera sonnacchiosa, nessuno se ne accorse.
Un altro brivido la percorse, e desiderò qualcosa di caldo che spazzasse via il gelo penetratole fin dentro le ossa.
Con un gesto richiamò l’attenzione del bettoliere e si fece portare un’altra ciotola di ramen, che stavolta si strafogò, bollenti, ustionandosi il palato.
Ecco, così andava meglio, si disse.
Quel temporaneo benessere, però, fu un misero palliativo per il colpo che ricevette di lì a poco, quando sentì Ryo ammettere che aveva comunque avuto le sue belle avventure amorose, quelle che era riuscito a vivere senza che lei potesse impedirglielo in nessun modo.
Certo, all’epoca non stavano insieme e lei non poteva vantare nessuna pretesa su di lui, e nemmeno prodursi, come invece spesso faceva, in epiche scenate di gelosia, perché non ne aveva diritto.
Tuttavia, scoprire che il socio si era comunque dato da fare, mentre lei sospirava a casa per lui, e non si degnava nemmeno di farle una carezza, era pur sempre una sofferenza.
Ma questo era prima
E lui, parlando con Saeko, si riferiva al passato, non le aveva chiaramente detto o lasciato intendere che ancora adesso uscisse dai binari e si dedicasse al suo vecchio passatempo…
Però, forse, Ryo non era arrivato a confidarglielo perché l’ispettrice lo aveva bloccato a metà discorso!
Basta, Kaori, non puoi anche farti il sangue amaro per qualcosa successo prima! E poi lo sapevi già come era Ryo! Concentrati solo sul presente!” si disse, scuotendo la testa.
 
Ma poi quasi sobbalzò, quando sentì dalle cuffie Saeko alzare la voce con Ryo.
 
Era il tono vibrante di chi ha perso la pazienza, e già se la vedeva, in tutta la sua spietata bellezza, accusarlo e redarguirlo come una dea vendicativa.
Fondamentalmente la stava difendendo prendendo le sue parti, e anche Saeko lo stava accusando di non amare abbastanza la sua ragazza.
Ciononostante, anche stavolta Ryo non disse niente per farle cambiare idea.
Eppure lui l’amava, glielo aveva detto, Kaori lo sapeva, ora lo sapeva!
E allora perché non aveva difeso il suo amore dagli attacchi di Umi prima, e di Saeko poi?
Cosa ancora lo frenava?
Quale sorta di pudore lo faceva tacere?
Era forse legato al fatto che ancora gli piaceva correre dietro alle altre donne, nonostante stesse con lei?
 
Non poté soffermarsi ancora in sterili supposizioni perché, d’improvviso, non sentì più parlare nessuno dei due, segno che la visita amichevole era terminata.
A conferma di ciò, sul monitor apparve la lucina rossa lampeggiante, che indicava Ryo, che si spostava.
 
Kaori si alzò in fretta, quasi strappandosi via gli auricolari della ricetrasmittente, e corse alla sudicia vetrina: Ryo aveva recuperato la Mini e stava partendo.
Lei avrebbe dovuto affrettarsi, altrimenti lo avrebbe perso; e per la prima volta si disse che forse non era stata una buona idea scambiare la sua Honda con una bicicletta, soprattutto perché fuori aveva ripreso a piovere.
 
Tornò al tavolo, freneticamente raccolse le sue cose e ficcò tutto nello zaino; si frugò nelle tasche e ne estrasse un paio di banconote stropicciate per pagare il conto, che lasciò accanto alle ciotole vuote.
Fulminea guadagnò l’uscita, non prima di aver urtato l’ammasso dormiente passandogli accanto.
Questo protestò svegliandosi e, mentre Kaori gli gridava le sue scuse, il proprietario gliene fu grato perché almeno così poteva invitarlo ad uscire.
Gli altri beoni, interrotti nei loro borbottii litigiosi, esclamarono rispettivamente:
“Ma che modi!” e “I giovani d’oggi!!” ma furono segretamente contenti di aver avuto un diversivo in quella noiosa e grigia serata come tante.
 
Quando il bettoliere andò per sparecchiare e per incassare il conto, si accorse che il ragazzetto aveva lasciato molto più del dovuto.
Districandosi a fatica fra i tavoli vuoti e le sedie sparpagliate, impicciato dal ventre prominente, cercò di corrergli dietro il più velocemente possibile, per avvertirlo che il denaro era troppo.
Ma, vuoi per l’inevitabile ritardo nell’inseguimento, vuoi perché Kaori era stata velocissima, non riuscì a raggiungerla.
L’omone, sospirando, si ritrovò sull’uscio con le banconote in mano, a guardare quel mezzo diluvio che si stava abbattendo sulla città, e mormorò:
 
“È proprio un tempo da lupi…”
 
Subito dopo, con voce sostenuta, voltando la testa all’interno del locale gridò:
 
“Forza gente, il locale sta chiudendo!” e infilati gli yen nella tasca mezza scucita del grembiule, si allungò ad afferrare la serranda.
Con uno strattone l’abbassò fino a metà, segnale inequivocabile e riconoscibilissimo a tutte le latitudini della terra, che l’esercizio era in chiusura: avvertiva la clientela ancora presente che si era fatta l’ora di andare via, e dissuadeva eventuali altri avventori ad entrare.
 
Kaori pedalava come una forsennata, stando attenta a non scivolare sull’asfalto ricoperto di abbondante acqua, mentre quella che pioveva dal cielo la rallentava e, soprattutto, la costringeva a strizzare gli occhi; per non parlare del vento che, a tradimento, arrivava a folate, assestandole delle vigorose bordate che la facevano sbandare pericolosamente.
Le macchine che la superavano non si facevano scrupolo di riversarle addosso l’acqua raccoltasi nelle pozzanghere ai bordi della strada, schizzandola di fango e sporcizia.
Sembravano tutte di fretta, nemmeno la pioggia gli cadesse in testa, come invece succedeva a lei.
Lo sforzo di sostenere quell’andatura la faceva sudare copiosamente, ma il sudore si ghiacciava sulla pelle a contatto con i vestiti fradici.
 
Disperava di ritrovare Ryo, ed era fuori discussione fermarsi sotto quel diluvio, senza un riparo qualsiasi, ed estrarre il portatile per controllare dove stesse andando.
Se anche lo avesse ritrovato, a pochi metri da lei, non avrebbe distinto la sua macchina dalle altre, perché la cortina di acqua che le ruscellava davanti agli occhi le rendeva i contorni delle cose incerte, e le luci dei fari delle automobili, sfocati e abbaglianti al tempo stesso.
Il rosso degli stop e il bianco accecante dei fanali anteriori erano tutti uguali, e se non fossero stati appaiati e simmetrici, avrebbe avuto la sensazione che fluttuassero disordinatamente nell’aria, o meglio, sott’acqua.
 
Imboccò la direzione del distretto di Kabukichō, che pur essendo un sottoquartiere a luci rosse di Shinjuku, era comunque un posto familiare per lei; molto di più per il suo socio vizioso, e sperava di ritrovarlo lì o nei pressi.
La ragazza inoltre, anch’essa molto conosciuta, avrebbe potuto contare sull’aiuto discreto dei personaggi che animavano quei locali, o certe attività.
E infatti cercò di dirigersi al negozio di Gen.
 
Trovò il vecchietto sulla soglia del proprio locale, intento a fumare l’ennesima sigaretta; pensieroso guardava il disordinato via vai delle macchine, e ragionò che quell’improvviso mal tempo non ci voleva: avrebbe dissuaso i clienti ad entrare per noleggiare il solito porno.
Così, quando vide correre verso di sé un ragazzo, sorrise soddisfatto e si fece da parte per farlo entrare.
Anche se i video hardcore erano vietati ai minorenni, lì non si andava tanto per il sottile, e di certo lui non chiedeva i documenti ai suoi avventori: gli affari erano affari, e di fatto non vendeva alcolici o droghe, ma solo filmetti educativi e di svago.
 
“Per fortuna ci sei tu, Gen!” esclamò Kaori, precipitandosi all’interno e scuotendosi alla bell’e meglio l’acqua che le impregnava i vestiti.
 
L’ometto si stupì della familiarità con cui era stato salutato dal ragazzotto, perché non si ricordava di averlo mai visto prima, e solitamente, a quell’età, entravano nel suo negozio pieni d’imbarazzo e vergogna, anche se animati da curiosità pruriginosa che stentavano a nascondere.
 
“Buona sera… ci-ci conosciamo?” domandò l’uomo.
 
Davanti a sé aveva un giovane completamente bagnato dalla testa ai piedi, con il cappellino fradicio incollato ai capelli, e dalla cui visiera gocciolava tutta la pioggia che la stoffa ormai satura non era più in grado di assorbire.
Il cliente faticò a togliersi il voluminoso zaino, impedito dalla giacca a vento ormai zuppa, mentre ai piedi si raccoglieva una pozza d’acqua non indifferente, che fuoriusciva dalle scarpe da ginnastica ad ogni passo, e colava giù dai jeans attaccati alle gambe lunghe e magre.
 
“Scusa, sto bagnando tutto” disse il ragazzotto, con una voce che Gen conosceva molto bene e che non aveva nulla di virile, nemmeno la solita intonazione da galastrone degli adolescenti; sembrava piuttosto… femminile… Sembrava piuttosto quella di…:
 
“Ka-Kaori, ma sei tu?” esclamò allora l’uomo, sgranando gli occhietti dietro le spesse lenti degli occhiali.
 
La sweeper aveva dimenticato di essere ancora paludata nel suo travestimento, e quando alzò lo sguardo sull’amico, si stupì che lui non la riconoscesse.
 
“Oh sì, sono io” poi istintivamente si portò la mano ai baffetti e alla barbetta che penzolavano sghembi e se li tirò via con un gesto deciso, ridacchiando.
 
“Che ci fai qui, e poi tutta bagnata in quel modo? Prenderai un malanno così! E Ryo? Lo sa che sei qui?” la tempestò di domande, in rapida successione.
 
Kaori cercò di rispondere come meglio poté:
 
“Diciamo che sto facendo un pedinamento… E no, Ryo non sa che sono qui, anzi ti pregherei di non dirglielo…” e facendosi improvvisamente triste proseguì dicendo: “... non posso spiegarti il perché, ma…” esitò, e fissandolo intensamente negli occhi, gli chiese: “Mi aiuterai?”
 
L’ometto annuì lentamente e finì per sorriderle.
Era molto affezionato alla ragazza, e sapeva che lei era la pupilla, nonché adesso la donna, del grande Ryo Saeba.
In realtà tutti lì, nella zona, sapevano che i due si amavano da tempo, prima ancora che lo sapessero i diretti interessati, ma nessuno era così tanto intimo da intromettersi nei loro affari.
Ryo era il protettore e il giustiziere di Shinjuku, e nonostante le sue manie e i suoi passatempi al limite della decenza, peraltro ampiamente incoraggiati lì nel quartiere, nessuno si sarebbe mai permesso di mettere il becco nei suoi affari privati, che comprendevano ovviamente la sua relazione, amorosa e non, con la bellissima socia.
La ragazza, del resto, non aveva nulla a che spartire con l’universo femminile che popolava l’affollato distretto; nonostante ciò era sempre gentile ed educata con loro, generosa ed altruista, e tutti avevano un debole per lei.
Il fatto che non li giudicasse e non provasse a cambiarli, era garanzia di simpatia e affetto, e Gen le avrebbe voluto bene a prescindere dall’aura protettiva che lo sweeper aveva steso su di lei.
Ognuno di loro sarebbe corso in suo aiuto perché era lei, e non solo la partner di City Hunter, e non le avrebbero rifiutato un favore in ogni caso.
 
“Ma certo, cara ragazza!” rispose l’omino “Puoi contare su di me” le disse mettendosi idealmente e completamente al suo servizio.
 
“Benissimo allora!” esclamò felice la sweeper scoccandogli un sorriso che gli scaldò il cuore “Ho bisogno di un posto in cui nascondermi, magari un magazzino, sul retro del negozio, che abbia almeno una presa di corrente perché questo” e si batté sullo zaino “si sta scaricando” e nel dirlo tirò fuori appena il portatile per farglielo vedere.
 
“Potresti accomodarti lì” ed indicò la saletta in cui teneva i video più hard del momento, ridacchiando a disagio “ma poi saresti costretta a dividere lo spazio con i clienti”
 
“No, no per carità! Ci manca solo quello!” si affrettò a dire lei.
 
“Allora non mi resta che farti scendere di sotto nello scantinato” le disse con un certo rammarico “Mi dispiace, ma non ho altro” e fece spallucce.
 
“Non ti preoccupare, andrà benissimo” e si dispose a seguirlo al di là della famosa saletta, dove uno schermo trasmetteva spezzoni e trailer degli ultimi film usciti.
Kaori abbassò lo sguardo arrossendo pudicamente.
Non si sarebbe mai abituata a quel tipo di sesso, perché ciò che finalmente faceva con Ryo non aveva nulla a che vedere con quelle acrobazie assurde e oscene: loro facevano l’amore e basta.
 
Lo scantinato era freddo ed umido, nonostante la stufetta elettrica che Gen, premuroso, le aveva messo a disposizione.
Kaori tirò su con il naso, e ringraziò grata.
Al riparo da occhi indiscreti, e soprattutto lontana dalla merce in esposizione, la ragazza sperava di rintracciare il segnale radio di Ryo.
Era quasi sicura che il suo fidanzato si sarebbe diretto da quelle parti, ormai libero di spassarsela come meglio credeva.
 
E nemmeno a farlo apposta, poco dopo il portatile emise dei bip inequivocabili, quando nello schermo comparve, come dal nulla, la lucina rossa e pulsante che indicava lo sweeper in avvicinamento.
La socia si fregò le mani soddisfatta e, infilandosi gli auricolari, aprì l’audio per sentire cosa avesse da dire quel depravato che evidentemente non poteva stare lontano dalla fonte dei suoi vizi.
La sua soddisfazione, però, ben presto prese una nota triste, poiché la presenza di Ryo nel quartiere a luci rosse confermava soltanto la sua recidiva, la sua pessima abitudine a frequentare certi luoghi e certe persone; non sarebbe cambiato mai, e forse, si disse, aveva fatto bene a lasciarlo.
 
In quello stesso istante, sopra la testa di Kaori, al piano di sopra, nel negozio di Gen, entrava correndo Ryo Saeba, riparandosi dalla pioggia con la giacca tirata sulla testa.
 
“Che razza di tempo stasera!” esclamò a mo’ di saluto lo sweeper rivolgendosi al gestore che, appollaiato su di uno sgabello dietro il bancone, lo osservava impassibile dietro una cortina di fumo; scrollò la cenere nel posacenere e gli rispose un laconico:
 
“Già”.
 
Temeva di tradirsi, di rivelare in qualche modo che gli stava nascondendo qualcosa, o meglio qualcuno: a Ryo non sfuggiva mai niente e Gen non voleva essere messo in mezzo alle dinamiche di coppia, di strana coppia, dei City Hunter.
 
Per fortuna fu salvato dall’empasse dal sopraggiungere trafelato di un altro cliente, e quando vide che era lo sweeper americano, mentalmente tirò un sospiro di sollievo: almeno così Ryo si sarebbe intrattenuto con il suo compagno di bisbocce e non avrebbe pensato a lui.
 
“Ehi, Ryo, anche tu qui?” lo interpellò Mick allegramente, scrollandosi dai capelli tutta l’acqua che aveva preso uscendo di corsa dalla macchina per infilarsi nel negozio.
 
Gli bastò guardarlo bene in viso per capire che qualcosa non andava.
Immediatamente s’incupì, e si augurò che in tutto questo non c’entrasse Kaori.
Sarebbe stato comunque inutile cercarla lì nella bottega, perché di sicuro non lo avrebbe seguito fin lì.
Si chiese inoltre perché l’amico fosse da Gen, con una serata del genere, e non a casa, al caldo, fra le braccia della sua compagna.
Angel si disse che apparentemente era una faccenda seria, e presto o tardi sarebbe riuscito a scucire al grande stallone di Shinjuku il motivo del suo cruccio: doveva sapere.
   
 
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