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Autore: FreddyOllow    18/03/2022    0 recensioni
La storia è ambientata prima e dopo gli eventi di Raccoon City. Vedremo come Marvin Branagh e gli altri agenti di polizia hanno affrontato l'epidemia di zombie. La trama potrebbe accostarsi o seguire a tratti quella di RE 2/3.
Genere: Avventura, Dark, Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro Personaggio, Nuovo Personaggio, Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Marvin lanciò un'ultima occhiata ai Lickers, che camminavano confusi davanti alla parete organica. Poi si diresse verso il tetto dell'ala est, si fermò dietro un muretto e sbirciò nelle tenebre. Persino la pallida luna piena aveva difficoltà a penetrare quella fitta oscurità. Restò a osservare i contorni vaghi degli oggetti per un lungo momento, poi si avvicinò cauto. Non percepiva nessuno nel buio, nemmeno un movimento o uno scatto improvviso.
"Forse non c'è niente" si disse. "Forse mi sto suggestionando troppo..."
Non si mosse.
Rimase fermo per un po'. Non aveva il coraggio di muoversi. Sapeva che era l'unica strada possibile. Lo avrebbe fatto scendere nel secondo piano, magari si sarebbe imbattuto in alcuni zombie, ma erano meglio loro, che i Lickers.
Gettò uno sguardo alle spalle. Le creature giravano ancora in tondo. Si voltò. "Devo farlo" si disse. Gonfiò il petto in un lungo respiro ed espirò piano per non farsi sentire dai Lickers. Poi s'incamminò basso nell'oscurità.
Seguì il muretto che correva parallelo ai bordi del tetto e arrivò all'angolo senza nemmeno accorgersene. Non si era imbattuto in nessuna creatura. Forse non c'era nessuno, ma scacciò subito quel pensiero. Non doveva abbassare la guardia. Non poteva permetterselo. Doveva tenere gli occhi aperti e le orecchie drizzate.
Diede una nuova occhiata nel buio e proseguì lungo il parapetto, finché sbatté contro qualcosa. Il cuore gli esplose nel petto e una fitta lo colpì allo stomaco. Restò fermo per un momento, impotente. Guizzò gli occhi in ogni direzione e cercò di rallentare il battito cardiaco.
Nessuno lo aggredì.
Il tenente si rilassò un poco, allungò una mano in avanti e sfiorò un muro con le dita. Sgranò gli occhi. "Forse sono arrivato!" si disse.
Si avvicinò piano al muro e lo seguì per un lungo momento, tenendoci una mano poggiata. Toccò il ferro. "Sì, sì, è la porta! Sono arrivato!"
La tastò incredulo, finché toccò il pomello della porta. Sorrise.



 

Johnson si girò e proseguì lungo gli scaffali. Quando aprì la porta, Kevin era sparito. Al suo posto c'era una pozza di sangue scarlatto. Aggrottò la fronte perplesso e uscì nel corridoio.
Kevin, che si trovava di fianco, gli puntò la pistola e sparò.
Il capitano si abbassò, ma venne colpito al braccio sinistro e sparò sua volta.
L'altro si nascose dietro il muro, i proiettili centrarono il muro da cui si sollevò della polvere. "Ti ho beccato, stronzo!" Sbirciò dal muro. "Dove sono Kate e Pete?"
Johnson gli sparò da sotto la porta da cui era uscito. "Questa non me l'aspettavo! Mi hai fregato! Ben fatto!"
"Dove cazzo sono Kate e Pete?"
"Alla destra del Signore o all'inferno!" rise il capitano a crepapelle.
Kevin sbarrò gli occhi scioccato e abbassò l'arma. Non poteva credere che fossero morti per davvero. Non era possibile. Non tutti e due. Una rabbia crescente si insinuò in tutto il corpo, la faccia arrossata, gli occhi serrati. Non sentiva più nemmeno il dolore al braccio. Uscì dalla parete e sparò contro Johnson.
Quello chiuse la porta e corse lungo gli scaffali, i proiettili bucherellarono la porta di legno.
Kevin estrasse il caricatore e inserì con calma i proiettili che li aveva dato Kate.
Il capitano svoltò lo scaffale e inciampò sui corpi dei due agenti, ma si mantenne in equilibrio. Controllò il caricatore. Solo cinque colpi. Non poteva affrontarlo. Non sapeva nemmeno da dove avesse preso le pallottole. Guardò alla sua destra, corse alla porta che dava sulla tromba delle scale e se la chiuse alle spalle.
Kevin aprì la porta, la luce del corridoio squarciò la penombra della stanza e la sua ombra si proiettò lungo il pavimento. Una sagoma a quattro zampe si fermò fuori dalla finestra sbarrata dalle assi di legno. Un'altra si mosse sulla finestra di fianco.
Quando Kevin varcò l'entrata, la zampa di un Licker squarciò un'asse e calò all'interno. Il poliziotto si bloccò. Un'altra zampa spaccò le assi dell'altra finestra e una lunga lingua guizzò all'interno.
Kevin sbarrò gli occhi e puntò la pistola.
Un Licker dilaniò le altre assi rimaste attaccate e zampettò lungo la parete interna, seguito da altri tre Lickers. Un'altra creatura distrusse le assi dell'altra finestra ed entrò rapidamente dentro.
Kevin abbassò la pistola e indietreggiò spaventato verso la porta di legno forata dalle pallottole. La chiuse, si voltò e s'incamminò con passo sostenuto lungo il corridoio. La ferita ritornò a pulsare dal dolore, il sangue rivolava lungo le punte delle dita e gocciolava sul pavimento. Non sapeva quanto sangue avesse perduto, ma percepiva un senso di vertigini.
Quando svoltò l'angolo, urtò contro Elliot.
Quello gli guardò scioccato il braccio sanguinante. "Merda... cosa... cosa è successo?"
"Johnson. Quello stronzo ha ucciso Kate e Pete. E ora è scappato!"
Elliot impallidì. Non poteva credere che fossero morti. Pensava che avrebbero risolto la situazione, che avrebbero ucciso o arrestato Johnson. Li aveva visti troppo convinti, almeno Pete, che gli era sembrato molto determinato.
"Sai trattare questa ferita?" domandò Kevin.
Elliot non gli rispose.
Kevin lo sospinse piano con una mano. "Allora?"
Lui ritornò in sé. "Sì, credo di sì."
"Mi sento svenire..."
Elliot si mise il braccio buono attorno alle spalle e lo condusse nell'ufficio del tenente.
"Dobbiamo chiudere l'accesso al primo piano" disse Kevin, pallido in viso. "I Lickers sono qui."
Elliot gli lanciò un'occhiata, preoccupata.



 

Marvin si chiuse la porta di ferro alle spalle. Finalmente era uscito dal tetto e poteva raggiungere gli altri. Mentre scendeva le scale, si fermò sul pianerottolo. La voglia di fuggire gli aveva fatto dimenticare che poteva incontrare zombie e Licker nell'ala est.
Scese piano e girò l'angolo della scala. Si fermò. Uno zombie gli dava le spalle davanti alla porta.
Non poteva superarlo senza attirare la sua attenzione.
Si avvicinò di soppiatto e gli afferrò la testa puntellata da ciocche di capelli castano chiari. Quello provò a morderlo, ma lui gli sbatté ripetutamente il cranio contro il muro e si afflosciò al suolo.
Poi girò la maniglia e sbirciò nel corridoio. Sbarrò gli occhi. Dozzine di zombie se ne stavano immobili a ridosso di una barricata di fortuna, le teste basse. Non emettevano neanche un gemito.
Lui li osservò per un momento. Non sapeva se passare alle loro spalle e raggiungere la balconata interna della hall, oppure aspettare.
"Aspettare cosa?" si chiese. "È l'unica strada che posso prendere."
Lasciò la porta socchiusa e sgattaiolò alle loro spalle dall'altra parte del corridoio. Subito si arrestò e si nascose dietro una fotocopiatrice. Tre non-morti erano sbucati dall'angolo e zoppicavano diritti. Quando si furono allontanati, Marvin uscì da dietro il nascondiglio e raggiunse l'incrocio a T. Non fece caso alle dozzine di zombie nell'ufficio del maggiore Ethan Norwich e girò a destra. Il corridoio era vuoto. S'incamminò con passo sostenuto verso la porta che dava su una piccola stanza, che precedeva la hall, e girò la maniglia. Era chiusa.
Sgranò gli occhi. Non poteva crederci. Come poteva essere chiusa? Nessuna porta interna della centrale era stata mai chiusa. Chi lo aveva fatto? Irons? Johnson? Qualcun altro? Girò ripetutamente la maniglia con foga, ma non servì a niente. Si voltò.
I tre zombie nell'altro corridoio dirimpetto si voltarono. Marvin scattò nell'archivio e socchiuse la porta. Non aveva nemmeno dato un'occhiata all'interno. Quando se ne ricordò, una zombie lo afferrò per le spalle e cercò di mordergli il collo. Lui le passò velocemente alle spalle e quella cadde bocconi a terra. Poi le schiacciò la testa con la pianta del piede. Una poltiglia marrone colò giù dal cranio fracassato.
Le tre sagome sgranate degli zombie vacillarono dietro la finestra posta nella porta e proseguirono oltre. "Non mi hanno sentito... Questo è strano..."
Marvin abbassò lo sguardo. La non-morta che aveva ucciso era l'agente Virginia De Stefano. Non la conosceva bene, ma ci aveva parlato più di una volta durante le numerose e noiose conferenze di Irons. Era una donna simpatica, molto spiritosa e gentile. Aveva un figlio di due anni, che era stato affidato al marito da cui aveva divorziato.
Non sapeva perché stesse pensando a queste cose, ma erano i sensi di colpa a far riemergere questi ricordi.
Le tre sagome sgranate ricomparvero dietro la finestra posta nella porta e si allontanarono.
Marvin aggrottò le sopracciglia, perplesso. "Perché stanno facendo avanti e indietro? Sorvegliano il corridoio?" smorzò un sorriso, divertito. "Sono morti. Come possono fare una cosa del genere? Eppure sembra così... Ma forse mi sbaglio, anche se... No, stanno facendo davvero avanti e indietro. C'è qualcosa di strano."
Chiuse la porta e si aggirò nella stanza. La luce della luna piena illuminava schedari, scaffali con sopra scatoloni pieni di documenti impolverati e cinque scrivanie con sopra dei pc. Uno di questi era acceso e si sentiva il ronzio della ventola che girava. La luce del desktop schizzato di sangue illuminava il busto e la faccia del maggiore Ethan Norwich. Un morso gli aveva strappato metà collo e la testa penzolava dalla parte opposta. Sotto la sedia, una pozza di sangue represso.
Il tenente gli si avvicinò cauto. Non era sicuro che fosse morto. Poteva svegliarsi e saltargli alla gola. Era meglio non rischiare. Quando si fermò accanto, gli guardò il viso. Aveva un buco in fronte e nella mano destra stringeva una 9mm.
Marvin sospirò affranto e staccò l'arma dalle fredde dita del maggiore. Estrasse il caricatore e lo controllò. Cinque pallottole. Lo rimise dentro, posò la pistola sulla scrivania e si piegò sulla tastiera. "Cosa stava cercando nel pc..?"
Lo schermo era fisso sulla schermata della password.
"Sessione scaduta. Immettere la password..." lesse Marvin. "Se non ricordo male, Irons aveva fatto cambiare le password agli uffici dell'ala est, anche se non capisco perché l'abbia fatto... Forse non l'hanno più cambiata. Proviamo... Re98Capcom."
Lo schermo lampeggiò. Password errata.
Gettò un'occhiata sul tavolo e cercò un post-it o qualcosa del genere che potesse contenere la password. Frugò nei due cassetti della scrivania, poi controllò gli altri. Niente.
Ritornò davanti allo schermo e provò le password più disperate. "Rpd123... raccon123... Capcom... Re... Irons..." sbuffò, frustato. "Che cazzo sto scrivendo? Irons? Non credo sia così stupido da mettere il suo cognome come password... Beh, stupido lo era già, ma non a questo punto..."
Si voltò verso Ethan e gli frugò nelle tasche. Quando gli infilò una mano nel taschino esterno della camicia, la testa si staccò dai filamenti muscolari del collo e cadde a terra con un tonfo.
Marvin sbarrò gli occhi, un fogliettino in una mano. "Cazzo! Gli zombie lo avranno sentito!" Corse all'entrata e trascinò piano una fotocopiatrice contro la porta. Indietreggiò, urtò un piede contro la gamba di Virginia e si nascose dietro uno scaffale. Sbirciò.
Le tre sagome degli zombie barcollarono dietro la finestra nella porta e continuarono diritto.
Marvin si accigliò, confuso. Il rumore era stato forte. "Come hanno fatto a non sentirlo?" Poi gli balenò in mente un'altra frase. "Non ha nemmeno sentito il mio odore..." Sapeva che i non-morti potevano fiutare una persona anche a diversi metri di distanza, ma quelli non l'avevano fatto. "Perché? Cosa hanno di diverso? Perché..."
Sgranò gli occhi e si guardò la camicia sporca. La bava del Licker si era asciugata, ma il tanfo era rimasto e lo poteva sentire se avvicinava il naso al tessuto. "Dev'essere la bava che confonde il loro olfatto..." Lanciò uno sguardo alla testa di Ethan sul pavimento. "Ma il rumore l'avranno sentito sicuramente. Perché non sono venuti qui?"
Restò a fissare la finestra nella porta per un lungo momento. Poi ritornò al pc ancora confuso e aprì il fogliettino piegato in quattro parti che teneva in mano. "Sembra una password. Dovevo aspettarmelo... È il motto del nostro dipartimento. Noi lo facciamo." Lo digitò sulla tastiera.
Sullo schermo apparve un file di testo e una pagina di internet explorer aperta su un articolo del The Raccoon City Times, datato il ventiquattro settembre.
I morti camminano!
Luis Dominguez è stato trovato morto attorno alle 22:00 del 23 settembre 1998 in un vicolo, che si affaccia sulla ventunesima strada tra Downtown e Uptown. Pare che la vittima stesse tornando a casa, quando gli aggressori lo hanno assalito e divorato.
Helena Bounty, una testimone che ha assistito alla scena, dichiara: "È successo tutto così in fretta. Camminavo dietro a quest'uomo, quando i barboni sono apparsi da un vicolo laterale e lo hanno assalito. Così sono fuggita, ma sono inciampata in una piccola buca e mi sono storta una caviglia. Mentre cercavo di rimettermi in piedi, i barboni si sono diretti verso di me. I loro visi... erano tutti sporchi di sangue. Tutti... Poi ho visto quell'uomo rialzarsi con le viscere che gli penzolavano dall'addome... Mi sono vomitata sulla gonna. È stato terribile... Poi mi sono alzata e sono scappata, saltellando su una gamba. Lui era morto, capisci? Non era più vivo. Forse nemmeno i barboni erano vivi. Erano tutti morti e camminavano."
Queste sono le parole di Helena Bounty. Non è la prima cittadina che afferma di aver visto i non-morti aggirarsi nei vicoli. Verità? Psicosi di massa? Nessuno ha una risposta concreta. Quello che sappiamo è che Luis Dominguez è scomparso insieme ai suoi aggressori. La polizia ha ritrovato solo il suo portafoglio sulla scena del crimine, immerso in una pozza di sangue.

Il capo della polizia Brian Irons ha negato e minimizzato questi improvvisi episodi di cannibalismo e violenza in una recente intervista: "Non c'è nulla per cui preoccuparsi. Gli onesti cittadini di questa ridente città sono al sicuro. I miei agenti stanno lavorando notte e giorno per trovare i colpevoli e consegnarli alla giustizia. È solo una questione di tempo."
Quando gli è stato chiesto dei non-morti, ha replicato: "È una battuta? Perché la trovo molto divertente, ma è solo una battuta, giusto? Credete davvero che i morti possano ritornare in vita e mangiare le persone? Forse questa gente ha visto troppi film o giocato a troppi videogiochi. Ora se avete delle domande serie da pormi..."
Parole che screditano le testimonianze di oltre duecento persone. Che il capo della polizia Brian Irons stia nascondendo qualcosa? Che stia cercando di non far degenerare una situazione già precaria?
Da quando sono iniziati questi efferati omicidi e sparizioni, il sindaco Warren non ha rilasciato nessuna dichiarazione in merito e l'Umbrella si tiene lontana dai riflettori già da un paio di settimane. Cosa sta succedendo? I morti camminano davvero tra noi?
Marvin aggrottò la fronte. Aveva letto questo articolo giorni fa, ma non aveva mai creduto che i morti potessero tornare in vita. Sapeva che non era un'opera divina o la resurrezione dei morti, ma solo colpa dell'Umbrella.
Quando cliccò su un altro articolo, sulla pagina comparve un procione in lacrime. Aveva una maglietta e un cappello con su scritto I Love RC e un cartellone su una spalla. "Internet non disponibile" lesse Marvin. "Me ne ero dimenticato... La città è isolata..." Chiuse la pagina e lesse il file di testo aperto.
Ethan Norwich,

11:34
La gente è impazzita. Non bastavano i saccheggi e le rivolte, ora uccidono per il gusto di farlo. Hanno ucciso gli agenti al posto di blocco e ora vogliono le nostre teste. Sono davanti al cancello e urlano.

12:49
Ho parlato con Dominic, poco fa. Crede che quelle persone non siano più vive. Cosa vuol dire? Che sono morti? Gli ho detto che è impossibile, che sono persone, non zombie, ma lui ne era così convinto, che ora dubito persino dei miei pensieri.

16:21
Il capo Irons e il capitano Johnson sono spariti. Nessuna sa dove siano. Alcuni pensano che siano morti, ma è improbabile. Forse sono andati a chiedere aiuto. Irons non è la persona cattiva che tutti credono. Non ci lascerebbe mai qui, non ci farebbe mai morire tutti. Ci salverà!

16:58
Sono entrati! La folla ha invaso l'ala est. Sento gli spari e le urla mentre sto scrivendo. Urla di dolore. Ma cosa diavolo sta succedendo? Sono tutti impazziti?

18:06
Mi sono chiuso negli archivi. Non ho la chiave per chiudere la porta, ma credo di essere al sicuro, qui. La maggior parte degli agenti sono morti. L'ala est non è più sicura. Non ho avuto il coraggio di aiutare gli altri, perché quelle persone... sono morti... Dominic aveva ragione. Sono non-morti! Che Dio ci aiuti!

20:17
Virginia è entrata negli archivi. Sembra stare male, eppure non è stata morsa. Mi ha detto che si è nascosta dietro i distributori nella saletta comune, prima di correre qui. Ha detto anche che gli zombie sanno strisciare sulle scale e presto salirono a questo piano. Mi sembra un incubo. Non può essere vero...

21:19
Virginia sta peggiorando. La sua faccia si è fatta più pallida e gli occhi le si sono arrossati. Non so cosa fare. Non sono nemmeno sicuro che sia infetta. Forse ha qualche altra malattia. Per adesso le ho dato dei farmaci per il mal di testa. Non posso fare altro.

02:34
È notte fonda. Virginia è svenuta. Ho cercato di svegliarla, ma non apre gli occhi. Il suo battito è rallentato. A volte mi sembra che non respiri più. Credo sia infetta. Forse diventerà una di loro... Non so cosa fare. Non riuscirei a spararle...

04:09
È morta alle 03:47. L'ho coperta con il telo di plastica che copriva lo schedario 91. Spero che non ritorni in vita. Non avrei la forza di ucciderla...

05:41
È quasi l'alba. Gli zombie fuori dalla centrale si sono allontanati o forse sono entrati qui, non lo so. Quello che so con certezza è che questo piano ormai pullula di non-morti. Li sento strisciare nel corridoio con quei gemiti terribili e insopportabili. Ormai non riescshhjtjfkcvdh...
Marvin sospirò. "Dev'essere stato morso mentre scriveva... Non si è accorto dell'arrivo di Virginia alle sue spalle." Cliccò su salva file, lo chiuse e spense il computer.




Chung si sedette accanto a Tony, l'addestratore cinofilo della divisione K-9. "Come stanno i cani?"
"Non molto bene."
"Come mai?"
"Non lo so, credo abbiano il virus."
Chung non rispose subito. "Marvin mi ha detto qualcosa sui cani zombie che infestano le strade. Non vorrei ritrovarmeli di fronte. Credi che diventeranno come loro?"
Tony abbassò gli occhi. Amava i suoi cani, li aveva cresciuti e addestrati da solo. Non poteva lasciarli trasformare. Doveva sopprimerli prima che fosse troppo tardi. "Non lo so, ma non lascerò che si trasformino. Loro non lo vorrebbero..."
Chung gli posò una mano su una spalla. "Mi dispiace... So quanto sei legato ai tuoi cani."
"Sono tutto quello che mi è rimasto." Bloccò le lacrime e si alzò. "Vado a controllarli. Magari hanno bisogno di me." Si allontanò.
Chung si alzò e fece un girò attorno alla reception. I sopravvissuti si erano fatti ancora più schivi di prima. Lo guardavano in malo modo e bisbigliavano. Liah e Tania, invece, erano seduti in un angolo in disparte. Lo salutarono con un sorriso, che subito ricambiò. Poi raggiunse gli agenti seduti ai piedi della statua.
"Sono preoccupata per Marvin" disse Rita, con una garza attorno al capo. "Non vorrei che... Non voglio nemmeno dirlo."
"Il tenente sa il fatto suo" rispose il primo agente.
"Sì, la penso anch'io così" aggiunse la seconda agente.
"Più che di Marvin, dovremmo preoccuparci dei sopravvissuti" disse Chung.
Tutti lo guardarono.
"Non ti frega niente di lui?" chiese Rita, irritata.
"Certo che mi frega, come mi frega di ognuno di voi. Per questo dobbiamo stare attenti a quelli là." Puntò il dito verso i sopravvissuti. "Stanno progettando qualcosa e non mi piace per niente."
Rita incrociò le braccia. "Elliot ci ha già avvisati. Sappiamo che aria tira. Non c'è bisogno di ingigantire il problema."
"Ingigantire il problema? Forse non hai capito che aspettano solo il momento giusto per saltarci alla gola. Per questo dobbiamo tenerci tutti pronti."
Gli agenti si scambiarono delle occhiate, ansiose.
Rita lo afferrò per un braccio e lo condusse in disparte da loro. "Non devi spaventarli! Non hanno mai lavorato per le strade come te e me. Non le sanno gestire certe cose. Sono agenti da ufficio."
"Non m'importa se sono stati per tutti questi anni col culo su una sedia, devono fare il loro dovere! Non possiamo permetterci un errore, o quelli stronzi prenderanno il sopravvento e ci ammazzeranno tutti!"
La donna si guardò intorno con disappunto. "Lascia fare a me, ok? Me ne occupo io."
"Lo vuoi capire che siamo in pericolo? Quelli non stanno facendo niente perché credono che siamo ancora armati, che abbiamo ancora le munizioni! Appena sapranno che non abbiamo un cazzo, si fionderanno su di noi e ci faranno a pezzi!"
"Allora fingiamo che sia così ancora per un po'. Nel frattempo manderemo Tony a prendere il borsone." Si guardò in giro. "Dov'è, Tony?"
"È andato dai suoi cani" rispose Chung.
"Allora manderò qualcun altro."
"Da quando hai preso il comando?"
"Da adesso!"
Lui la guardò, torvo.
"Non ti sta bene?" chiese lei in tono deciso. "Allora dillo!"
Chung si limitò a fissarla.
"Finché Marvin non torna, prenderò io le decisioni e tu eseguirai i miei ordini, intesi?"
Si fissarono negli occhi per un po', poi Chung si voltò e raggiunse gli altri agenti.




Quando Elliot e Kevin entrarono nell'ufficio del tenente, Megan balzò dalla sedia. "Cosa è successo? Dove..." Si ammutolì.
Kevin la guardò, ma non gli riusciva di dirle che Pete era morto.
Elliot lo fece sedere sulla sedia d'ufficio di Marvin. "Fammi vedere il braccio. Ok, vediamo... La pallottola è uscita, quindi dobbiamo solo trattare la ferita come da prassi."
Kevin sentiva le sue parole distorte. Non rispose.
Megan li guardò, preoccupata. Un'orrenda sensazione si era insinuata nella sua mente. Non voleva nemmeno pensarci. Poi si sedette, scattò subito in piedi e camminò avanti e indietro nella stanza.
Elliot la seguiva con la coda dell'occhio. Come poteva dirle che Pete era morto?
Kevin non riusciva a guardarla.
Elliot gli posò il cotton fioc bagnato di disinfettante sulla ferita e premette su più punti.
Quello smorzò un grido. "Cazzo...  Brucia... Merda... Vaffanculo... Cristo..."

Poi l'altro gli fasciò la ferita. "Riesci a muovere la mano?"
"Certo, che ci riesco. Guarda!" Gli mosse le dita davanti agli occhi. "Visto?"
"Non c'è bisogno di fare lo stronzo" disse Elliot. "La prossima volta che ti sparano, te la curi da solo la ferita."
Kevin lo guardò in malo modo.
Megan continuava a fare avanti e indietro nella stanza. Non aveva il coraggio di chiedere loro dove fossero Pete e Kate. Era combattuta. Da una parte voleva saperlo, dall'altra no.
I due uomini si scambiarono un'occhiata. Kevin vedeva doppio.
Elliot se ne accorse. "Rilassati. Hai bisogno di riposare un po'. La botta in testa e la ferita sul braccio ti hanno conciato davvero male."
"Non rompermi le palle anche tu! Sono sano! Guarda qua!" Alzò il braccio ferito e smorzò un gemito di dolore. "'Fanculo..."
Elliot lo guardò, torvo. "Ok, fai come cazzo vuoi. Se svieni, poi non aspettarti che ti aiuti. Ti lascerò lì dove sei."
Kevin gli mostrò il dito medio.
Elliot lo lasciò perdere, diede uno sguardo a Nick, i cui occhi roteavano sotto le palpebre, e uscì dalla stanza.
Megan gli andò dietro. "Aspetta!"
Lui si voltò, poco distante dalla soglia. Sapeva cosa voleva chiedergli, glielo leggeva negli occhi umiditi.
Lei vagò con lo sguardo per un momento. Era indecisa. Poi lo fissò. "Pete e Kate..."
Elliot abbassò lo sguardo, affranto.
Megan sbarrò gli occhi. Uno strano formicolio le serpeggiò lungo il corpo e le arrivò in testa. Sentiva un nodulo di sangue dietro la nuca, le gambe pesanti, un vuoto doloroso allo stomaco. Gli occhi le si arrossarono a sangue. Nei suoi pensieri era calato un tetro silenzio. La stanza si era oscurata. Tutto era scomparso. Poi crollò sulle ginocchia, il volto pallido e sconvolto.
Elliot si chinò e le appoggiò una mano sulla spalla.
Lei fissava il vuoto, le lacrime che le scorrevano copiose sul viso. Non voleva sentire queste emozioni che la stavano dilaniando dall'interno. Non voleva sentire più niente. Niente.

   
 
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