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Autore: Ivy001    19/03/2022    1 recensioni
RIECCOMI CON UNA NUOVA FANFICTION, STAVOLTA DAI TRATTI DI UN VERO E PROPRIO GIALLO, CON LA SPARIZIONE DI UNA DONNA E LE INDAGINI CONDOTTE DA ISPETTORI CHE ERAVAMO ABITUATI A CONOSCERE CON I PANNI DI RAPINATORI. SPERO VI PIACCIA. ATTENDO DI SAPERE COSA NE PENSATE PERCHE’ QUESTO MONDO CHE RACCONTO NON HA NULLA A CHE VEDERE CON LA TRAMA DE “LA CASA DI CARTA”
BESITOS A TODOS
Genere: Sentimentale, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bogotà, Il professore, Nairobi, Palermo, Raquel Murillo
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Chi si nasconde dietro le iniziali C.G., è un dubbio che infastidisce Manila durante l’intera nottata. Seppure, alle prese con nuovi e numerosi clienti, la ragazza ha la mente occupata e non trova una soluzione che possa mettere a tacere tanti pensieri.

È quasi l’alba quando ogni dipendente del Mariposas rientra nella rispettiva stanza.

Esauste, le due spogliarelliste operative in quella serata, percorrono assieme il corridoio che separa la camera di una da quella dell’altra.

Stoccolma non è visibilmente in forma, il che sembra mettere da parte le intenzioni di Manila di indagare circa la persona del fax, e focalizzarsi sullo stato di salute della collega.

“Sei pallidissima, cos’hai?”

“Sto benissimo, tranquilla” – risponde la bionda, seppure traballante.

“Sicura di non aver bisogno di aiuto? Non vorrei che tu avessi disobbedito al protocollo bevendo qualcosa offerto da un cliente! Sai bene che non possiamo farlo” – precisa la mora.

“Vuoi ricordarmi le regole? Dimentichi che stai parlando con me? Non mi chiamo mica Tokyo o Nairobi. So cosa va e cosa non va fatto” – alquanto altezzosa, rammenta di essere la sola che non disobbedisce mai, quindi interpreta la preoccupazione di Manila come un attacco alla sua perfezione comportamentale – “Non farmi ramanzine, sai che non sono io quella che le merita! Buonanotte” – così dicendo, lascia il braccio della collega, a cui si era sorretta fino a qualche istante prima, e si avvia verso il proprio uscio.

Manila sa quanto Stoccolma sia fedele a Berrotti ed è cosciente che non riceverà mai risposte da lei. Eppure, il pensiero dell’ignoto C.G. torna ad insospettirla.

“Chi cazzo ha ordinato la riapertura del Mariposas, nonostante l’ordinanza della Polizia?”

Non le converrebbe immischiarsi, né tantomeno porre domande in giro, visto l’ordine ricevuto da Martin, ma è proprio uno strano suono, proveniente da una stanza poco distante dal punto in cui è ferma da alcuni minuti, ad attirare la sua attenzione.

Più che un suono sembra un lamento.

Combattuta se seguire l’istinto o rispettare quanto impostole, la ragazza esita.

In tutta quella faccenda qualcosa comincia a puzzarle, seriamente. Se prima ha finto o ha chiuso non solo un occhio ma entrambi, per un protocollo che ha firmato quando, tempo addietro, mise piede per la prima volta al Mariposas, la sparizione di Lisbona, le indagini, gli ultimi bizzarri comportamenti del proprietario del Night Club, e perfino la “punizione” che quest’ultimo ha detto di aver fatto scontare a Tokyo e Nairobi, iniziano a crearle dei dubbi su cui non può più sorvolare.

Guardandosi attorno, come a volersi sincerare dell’assenza di possibili spioni, in primis la stessa Stoccolma, nota per la fama di cagnolino del boss, Manila a passo affrettato raggiunge il luogo da cui proviene il gemito.

Riconosce subito che quella è la stanza di Nairobi, sparita nel nulla da ormai 24ore.

Allora, decisa a capirne di più, bussa.

Nessuna risposta, se non un continuo lamentarsi.

Per sua fortuna, l’uscio è aperto, così da permetterle di varcarlo e constatare che la collega è stesa sul letto, sotto delle pesanti coperte.

Però dorme.

Un sonno disturbato.

“Nairobi” – la chiama, sperando in un suo risveglio.

Il contorcersi della gitana, infatti, è inquietante.

È come se Agata si ribellasse ad un incubo piuttosto reale.

“Apri gli occhi, per favore. Mi stai spaventando” – ripete. A quel punto, le siede vicino e la scuote.

Ma la zingara non ha reazioni, se non un improvviso e raggelante grido di terrore.

Di fronte a tale urlo, Manila si alza in piedi e si allontana, agitata.

“Cosa ti succede? Che ti hanno fatto?” – domanda, temendo il peggio.

Le idee che le balenano in mente sono molte; tante perfino senza logica.

Setaccia la stanza, cercando delle tracce. Chissà…pensa Manila…magari ha assunto farmaci, o droghe… anche se è espressamente vietato farlo su ordine del Mariposas.

Non trova nulla di tutto ciò, il che è maggiormente preoccupante, in quanto la presenza di qualche prova avrebbe giustificato tali gemiti. Invece non esiste niente che possa dare risposta alla condizione di Nairobi.

L’ultima possibilità di ricerca della verità è verificare lo stato fisico della gitana. Così, raccolto il coraggio e la forza, la ragazza solleva la coperta nella quale è ben celata Agata.

“Cazzo” – esclama, sconvolta, quando ciò che vede dà prova alle sue preoccupazioni.

Ciò accade proprio quando il sole è alto in cielo e Madrid si appresta ad accogliere un nuovo giorno.

Ma cosa è invece accaduto a Lisbona, alcune ore prima?

Già…perché Santiago è fermamente deciso a scoprire l’identità del figlio di Jacov.

“Avete dimenticato qualcosa?” – chiede Dolores, aprendogli la porta, dopo appena cinque minuti dai saluti.

Daniel si appella alla recitazione del socio, non avendo trovato il tempo necessario ad elaborare una bugia adeguata alle circostanze. Lo osserva, limitandosi al silenzio.

“Scusateci, siccome l’Hotel è alquanto distante da qui, mica potremmo utilizzare la toilette”

“Ehm, certo, prego, entrate” – la donna li invita all’interno, accompagnandoli, uno alla volta in bagno.

“Vai prima tu, forza” – sussurra Lopez all’amico, approfittando del fatto che il presunto Axel è seduto proprio in salone, concentrato nel gioco della Play.

E Ramos esegue la performance richiestagli.

Ciò che si presenta al maggiore degli ispettori è una situazione favorevole al suo intento. Approfittando del videogioco può, infatti, attaccare bottone con il ragazzino.

“Wow, e così ti piace cucinare. Io ci provo ma sono una frana. Riesco solo nel barbecue, quello mi viene divinamente”

Il ricciolino dai capelli neri non risponde, si limita a tenere fissi gli occhi sullo schermo del televisore.

“Conosco una donna di nome Agata che è bravissima ai fornelli” – aggiunge, inventando storie su Nairobi, con l’intento di suscitare nel bambino una reazione udendo il nome della presunta madre.

Invece nulla.

Il figlio del croato non batte ciglio.

“Va tutto bene qui?” – chiede Jacov, unendosi ai due.

“Si, notavo che a tuo figlio piacciono i giochi di cucina. Giuro che non ne avevo mai visto uno di questo tipo, per la Play”

“Forse perché sei abbastanza vecchio…” – commenta il minore, ricevendo l’immediato richiamo paterno.

Ma è Santiago stesso a far cenno al capofamiglia di star tranquillo perché non si è offeso.

“Si, hai ragione, giovanotto. Sono un po' over per queste cose, forse…ma non mi hai mai visto giocare a Wrestling nelle vecchie Play” – sostiene Lopez, mostrandosi orgoglioso dei suoi successi in giovane età.

“Ah si? Beh allora… ” – a quel punto il gitano, mantenendo la sua fierezza e la sua freddezza con l’ospite, lo mette alla prova – “… fammi vedere di cosa sei capace!”

Ecco finalmente l’occasione per relazionarsi al moretto e indagare a fondo le sue origini.

“Certo! Non dirmi che hai anche questa tipologia di videogiochi?” – gli domanda, lasciandosi trasportare dal momento di gioco.

“Ovviamente sì” – si mette in piedi, tirando fuori, da una vecchia scatola, quanto necessario.

Daniel, nel mentre, rientrato dalla toilette, non sa più come guadagnare tempo. Chiede dell’acqua, cerca di allungare il brodo quanto può. Tutto ciò accade mentre Lopez e il piccolo sconosciuto danno il via allo scontro virtuale.

“Bisogna inserire i nostri nomi per giocare. Allora… metto subito il mio” – ecco cosa cerca davvero Santiago. Opta per la sola Play, di cui andava ricordandosi, che richiede l’inserimento di un nome di ciascun giocatore. Entusiasta, si affretta a scrivere il proprio, attendendo, ansioso, quello del gitano.

“Ora tocca a te” – gli dice.

È quello il momento tanto atteso.

“Beh, io mi limito a Giocatore2”

“E perché?” – richiesta lecita da parte di Santiago, deluso.

I due si guardano per qualche istante, in silenzio.

Ma è la piccola Victoria, comparsa all’improvviso, con la sua bambola nuova tra le braccia, a rivelare – “Alek, sbrigati! Mi avevi promesso che avrei potuto guardare in santa pace il mio cartone animato preferito. È quasi ora!”

“Alek? È così che ti chiami?” – la domanda dell’ispettore, accompagnata da uno sguardo incredulo, giunge immediata.

“Aleksandar, per la precisione” – spiega Dolores, unitasi al gruppo, per avvisarli che la cena è pronta.

“Ah…” – commento amaro del quarantaduenne.

È Ramos, a quel punto, a prendere in mano le redini della situazione.

“Beh, grazie della toilette. Noi ora andiamo, si è fatto davvero tardi. Buona cena, signori” – preso sottobraccio il socio, lo trascina fuori dalla villa.

Accusato il colpo, Santiago si ammutolisce, cercando di fabbricare idee nella sua testa che diano spiegazioni logiche all’accaduto.

“Siamo quasi arrivati. È mezzora che non apri bocca. Amico, so che sei deluso. È stato un buco nell’acqua, però, l’importante è non averci sperato troppo ed essere giunti alla verità il prima possibile” – sostiene Daniel.

“No” – risponde l’altro.

“No, cosa?”

“È strano, non trovi?”

“Che? A me sembra tutto più che trasparente. Lo zingarello croato è figlio dei signori Marković”
“Mmh… però il nome Alek non ricorda vagamente Axel?”

Il trentenne solleva un sopracciglio, spiazzato da una constatazione ai limiti del paradossale.

“E io mi chiamo Dani, però è simile anche a David. Potrei scoprire di essere un certo David e di essere stato adottato!” – banalizza la situazione, giocandoci sopra – “Dai, siamo seri. Quel bambino non è Axel. Punto”

Giunti in hotel, dopo una abbondante cena, i due si ritirano, esausti dalla giornataccia, ciascuno nella propria stanza.

Dopo un bagno caldo, Santiago cerca di rilassarsi più che può, mettendo da parte la vicenda di Axel.

In fondo, la priorità è Raquel Murillo.

E invece…fatica a concentrarsi. Pensa e ripensa a Nairobi, e non sa darsi pace. È come se sentisse un filo che la tiene legato a quella donna.

Una volta a letto, coperto da morbide e profumate lenzuola bianche, Lopez chiude gli occhi cercando di affidarsi a Morfeo per staccare dalla realtà.

È passata l’alba quando il suo dormire viene disturbato dalla vibrazione del cellulare.

Lo ignora.

Ma il cellulare continua. Poi si interrompe. Poi riprende.

Un susseguirsi di chiamate che iniziano a preoccuparlo.

Rassegnato al destino da ispettore sempre rintracciabile e mai in riposo, nota che a contattarlo con insistenza è un numero sconosciuto.

“Sì? Chi è?” – la sua risposta.

La voce dall’altro lato non è alquanto rassicurante.

“Ispettore Lopez…”

“Con chi parlo?”

“Sono Manila, del Mariposas! Non ho molto tempo, potrebbero scoprire che ho preso un cellulare”

“Che succede?”

“Perché avete riaperto il locale?”

“Cosa? Noi non abbiamo riaperto nulla!”
“E invece sì”
“Mi sembra molto strano, a meno che il nostro sostituto non abbia…” – poi si zittisce, pensando proprio a quella opzione.

“Avete affidato il caso ad altri?” – esclama, incredula, lei.

“Ora ci troviamo altrove, però stiamo ancora investigando sulla Murillo”

“Penso che in gioco ci sia qualcosa di troppo grosso e che non abbia a che fare sono con Lisbona” – confessa, con voce tremante.

“Non capisco”
“Non ci giro intorno… sono stata nella camera di Nairobi e…”

“E?” – sentirla pronunciare il nome della gitana, allerta Santiago che teme il peggio.

“Ho intuito che tra voi c’è stato qualcosa, non sono cieca. Proprio per questo ti ho telefonato… non sta bene”

“Cosa vuoi dire? Ha avuto qualche malore?” – dimenticando il riposo, il sonno, e quant’altro, istintivamente Lopez si alza dal letto accingendosi ad indossare perfino le scarpe.

“Accadono fatti strani…e ho appena visto cosa ha sul corpo”

Quell’affermazione fa sussultare Santiago che terrorizzato, si immobilizza – “Sul corpo? Cazzo, Manila! Cosa mi stai cercando di dire?” – ripete spaventato.

Trattenendo il pianto, ormai prossimo ad esplodere, la giovane rivela - “Temo l’abbiano torturata!”

 

   
 
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