I
minuti precedenti lo sparo, di cui nessun cliente si è
accorto, dato il caos e
la musica alta, vedono Stoccolma chiudersi in una toilette riservata ai
dipendenti, per colpa di una fortissima nausea.
“Eccoti,
finalmente! Credevo stessi fuggendo da me, ti ricordo che abbiamo un
piccolo
conto in sospeso noi due, biondina” – la voce
maliziosa, alle spalle della
donna, appartiene ad Arturo Roman, uomo facoltoso, di buona fama,
nonché
direttore della Zecca nazionale.
Le
mani di lui, si adagiano, con arroganza, sul posteriore della riccia
che,
abituata ad essere l’oggetto sessuale del cliente, non si
ribella.
Continua,
intanto, ad aggiustarsi allo specchio. Le occhiaie in risalto non sono
state
ben coperte dal trucco, il che la dice lunga sul suo malessere fisico,
visto
che Stoccolma è una fin troppo attenta alle apparenze,
specialmente se riguardano
il make-up.
“Vuoi
farlo qui? Lo trovi più eccitante?” – le
sussurra Arturo, slacciandosi la
cintura dei pantaloni.
“No”
– risponde lei, respingendo le avance.
“Come?”
– chiede Roman, spiazzato – “Non mi ami
più?”
Convinto
che la bionda nutrisse per lui dei sentimenti forti, il direttore della
Zecca
di Spagna ha sempre sfruttato a suo vantaggio quella situazione.
Stavolta, al
contrario, vede la spogliarellista ritrarsi.
Monica
non risponde, continua ad aggiustare il trucco, intenzionata a tenere
per sé un
piccolo grande segreto e, per farlo, sa di dover celare il pallore e la
debolezza in ogni modo.
“Cazzo,
mi puoi dire che succede?”
È
solo allora che un rumore fa sussultare i due, colti alla sprovvista.
“Cos’è
stato?” – esclama l’uomo, spaventato.
Stoccolma
si pietrifica per un istante; qualcosa non va. La normalità
è diventata, ormai,
una rarità.
Qualcosa
dentro di lei la convince ad andare a dare un’occhiata.
Ha
il presentimento e il timore che la situazione stia sfuggendo di mani a
tutti.
Ed
è proprio così.
Un
proiettile da arma da fuoco diretto alle tre donne in fuga colpisce in
pieno una
di loro.
Santiago
Lopez ha davanti a sé l’intera scena e
ciò che resta negli istanti successivi
al colpo.
Un
corpo steso a terra, inerme, colpito di spalle,
inaspettatamente… una vita
spezzata in una notte di ricerca della verità. Una notte in
cui una donna dice
addio al suo sogno di libertà. Una notte durante la quale
qualcuno mette la
parola fine alla lotta di una persona, una lotta che le
costò fatica, soldi,
dolore, fisico e psicologico, e le diede
l’opportunità di abbandonare i panni
di Juanito per indossare quelli che ha sempre sognato: le vesti di
Julia.
Tokyo
non ha mai considerato Manila come una fidata socia, piuttosto
l’immaginava
come l’amichetta del cuore di Stoccolma, e quindi, come lei,
una falsa e
traditrice, da cui doversi tutelare.
Le
ultime ore, quelle precedenti alla fuga, sono state segnate, invece, da
un’alleanza
firmata per salvare Nairobi, e per salvare loro stesse da un mondo che
rivelava,
ogni giorno di più, i suoi lati oscuri.
Quanto
del passato vorrebbe cancellare adesso…quante liti
inutili… quanto rancore.
Juanito,
Julia, Manila…tre identità in un solo corpo che
saluta per sempre una realtà
che aveva appena imparato a disprezzare.
Manila
non è ciò che Nairobi e Tokyo credevano; Manila
si è mostrata per ciò che è in
realtà, una donna coraggiosa, pronta a fare da scudo umano
per proteggere le
due compagne di fuga dal colpo fatale.
Già….
Perché quel proiettile puntò proprio
Tokyo…e Manila, accortasi in tempo di un
piccolo dettaglio, ha spinto via la ragazza, cedendole
l’intero peso del corpo
di Nairobi, e posizionandosi da muro, davanti le compagne.
La
ragazza gridò con forza alla collega di spostarsi e
nascondersi, ma accadde
tutto troppo velocemente. Tokyo non fece in tempo a rendersi conto che
la minaccia
del Mariposas incombeva su di loro anche fuori da quelle mura.
L’ispettore
corsole incontro, le rivolge parola, la invita a correre, le grida di
scappare,
eppure nella testa della donna rimbomba quel rumore, e la visione di
Manila
che, con occhi lucidi, si lascia cadere sulle ginocchia, e la saluta
con una lacrima
che le riga il volto, è impresso nella sua mente e ne
controlla le emozioni.
“Manila,
perché l’hai fatto?” – ripete,
restando immobile al suo posto, ignorando i richiami
di Santiago.
“Cazzo,
Tokyo! Che fai lì? Spostati” – a quel
punto, adagiata Nairobi a terra, in un
punto sicuro, il quarantaduenne torna indietro, afferrando, seppure a
fatica,
la ribelle che, non riesce a distogliere gli occhi dal corpo della
compagna.
“No,
lasciami! Lasciami” – cerca di liberarsi dalla
presa dell’uomo, fin troppo
grosso e robusto per cedere a pugni e calci - “Dobbiamo
aiutare Manila! E’ svenuta…non
possiamo lasciarla lì”
Ma
Lopez sa bene che quella coraggiosa Farfalla non è priva di
sensi.
“E’
troppo tardi, Tokyo!”
“No,
possiamo ancora salvarla!” – cerca di
autoconvincersi lei - “Dobbiamo
abbandonarla a questi mostri? No! Io li ammazzo
tutti…”
Intanto
uno strano movimento, probabilmente il Mariposas si è
mobilitato dopo lo sparo,
costringe Santiago ad affrettarsi, ammutolendo Tokyo ponendole una mano
sulla
bocca, trascinandola, così, via da quell’inferno.
Pochi
passi ed eccoli di nuovo vicini a Nairobi.
La
gitana, lentamente, sembra riprendere coscienza. E sono le urla furiose
della
sua migliore amica a portarla ad aprire definitivamente gli occhi.
“Come
hai potuto? Dovresti lavorare per noi innocenti…”
– singhiozza la mora, tuonando
contro chi le ha appena salvato la vita.
“E’
ciò che sto facendo! Eri esposta al pericolo”
“Cattureranno
Manila e la tortureranno, come hanno fatto con Nairobi,
cazzo” – la giovane
sfoga la sua frustrazione, non accettando di aver perduto quella che
poteva
essere davvero un’amica, quella che si è
sacrificata per garantirle la libertà.
“Chi
è morto?” – la voce, fiacca, di Agata
attira subito l’attenzione dei due.
È
un miscuglio di emozioni quello che vivono sia Tokyo che
l’ispettore.
La
prima, dopo un pianto di rabbia, piange di gioia, sedendosi di fianco
all’amica
e abbracciandola. Saperla accanto le dà la forza necessaria
ad affrontare lo
shock.
L’altro,
invece, al solo suono del parlare della sua ex amante, ritrova un senso
di
serenità che credeva smarrito nelle ultime giornate.
“Riesci
ad alzarti?” – le chiede poi, avvicinandosi e
porgendole una mano.
Nairobi
lo guarda, poi abbassa lo sguardo, e senza rispondere, si mette in
piedi, non
esigendo nessun aiuto.
Poi
si stringe a Tokyo e versa, insieme a lei, altre lacrime.
È
durante il ricongiungimento tra amiche che Santiago nota un improvviso
vociare.
Sospettoso,
si avvicina all’aiuola, ben attento a possibili minacce, e
spia quanto accade
sul luogo del delitto.
L’arrivo
di Stoccolma e Helsinki è immediata.
La
bionda impallidisce e trattiene un grido di terrore, riconoscendo la
collega a
terra, priva di vita.
Il
serbo, invece, amareggiato, ingoiando l’ennesimo boccone
amaro, si occupa del
gesto successivo. Carica la mora sulle spalle, sporcandosi di sangue,
ma poco
gli importa, e dice all’altra - “Io porto dentro
lei. Tu occupati di qui, a
Martin non piace se si vede traccia…capito?”
Intanto
Stoccolma è rimasta pietrificata, vorrebbe urlare la sua
disperazione... la
disperazione di chi ha appena perduto una socia a cui teneva
particolarmente.
Distrutta
emotivamente, la donna esegue l’ordine del collega; afferra
una pompa d’acqua,
sistemata esattamente di fianco all’ingresso (un caso
bizzarro, ma al Mariposas
mai nulla è fatto senza una ragione) e la adopera per lavare
via dalla stradina
il sangue e le tracce dello sparo su Manila.
Mai
come allora, la bionda fedele di Berrotti sente di aver commesso un
oltraggio
non solo alla sua amica, ma alla sua stessa dignità di
essere umano pensante ed
emotivo.
“Che
mostri” – pensa Lopez, disgustato da quanto visto.
Dopo
aver appurato il rientro dei dipendenti, assieme alla povera Manila,
all’interno
del Night Club, l’ispettore si riavvicina alle due Farfalle.
“Andiamo
via da qui, immediatamente” – dice loro.
“Manila
merita di essere seppellita dignitosamente, e non
qui…potrebbero darla in pasto
agli animali pur di disfarsi delle prove” – spiega
Tokyo.
“La
polizia sarà sul posto quanto prima, ho fatto in modo che
venisse allertata. Una
cosa però è necessaria…assicurarvi un
posto sicuro in cui nascondervi”
Seguendo
il loro salvatore, le due sentono finalmente, e sempre più
vicina, l’aria di libertà.
O
forse è solo un’illusione?
“Ecco,
salite in auto” – dice lui, giunti al parcheggio
dove Santiago ha sistemato la
sua vettura.
Preso
posto nei sedili posteriori, le donne avvertono il bisogno di piangere
ancora
una volta; un pianto di vittoria meritata, un pianto di amarezza per il
sacrificio di chi aveva tutti i diritti di festeggiare assieme a loro e
che
invece è stata vittima della crudeltà di quella
gente.
Il
veicolo percorre svariati chilometri fino a giungere, fuori
città, ad una villa
talmente sfarzosa da essere il luogo giusto in cui celare due
spogliarelliste.
“Eccoci,
siamo arrivati” – comunica l’uomo.
“Cazzo,
di chi è questo palazzo?” – chiede,
scioccata, Tokyo, sgranando gli occhi.
“E’
la casa di mia madre. Lei abitava qui”
“E
ora dove si trova?” – domanda, curiosa, Nairobi.
“Lontano”
– si limita a dire l’ispettore, invitandole ad
entrare in casa.
Di
fronte alle due c’è il paradiso, altro che casetta.
“Per
ora vivrete qui” – spiega il quarantaduenne.
“Per
ora?” – chiede Tokyo – “Io
vorrei andare dal mio ragazzo, se possibile. Non ci
tengo a rimanere qui a reggere le candele…”
“Come?”
– chiedono in coro gli altri due, imbarazzandosi subito dopo.
“Ecco,
appunto” – commenta la ribelle, sorridendo di
fronte al rossore sui volti di
Nairobi e del grosso omone della polizia.
“Ad
avvisare Cortes ci penso io. Tu piuttosto vedi di fare la brava,
nessun’alzata
di testa, mi raccomando. Ho imparato a conoscerti, anche se si tratta
di pochi
giorni. Perciò… vi mostro le vostre camere,
così potrete rilassarvi” – dopo la
piccola ramanzina, Santiago le conduce nelle stanze.
La
moretta ribelle opta per una ampia e luminosa, con un letto
matrimoniale
decisamente ingombrante nel quale immagina di poter ospitare il suo
fidanzato.
Agata,
invece, casualmente, finisce nella camera di fianco a quella che
è sempre stata
di Santiago.
“Destino”
– commenta poi, osservando, con la coda
dell’occhio, l’uomo, imbarazzarsi.
“Ehm…bene,
direi che potete già sistemarvi. Preparo uno spuntino se vi
va. Sarete affamate”
“Io
ho solo molto sonno!” – spiega la minore delle due
Farfalle, sbadigliando –
“Buonanotte…”
– saluta l’amica con un bacio sulla guancia. Poi,
rivolgendosi all’ispettore
gli dice – “Grazie per avermi salvato prima, e non
aver badato alla mia
cocciutaggine. Adesso, probabilmente, avreste pianto anche me, oltre
che
Manila! Ammetto che avrei voluto condividere questa gioia anche con
lei, però conto
su di te, ispettore! Ti supplico, facci giustizia, e fanne soprattutto
a lei”
“Promesso”
– conclude lui, annuendo deciso – “Quei
bastardi pagheranno. Non si può
uccidere una donna indifesa e passarla liscia”