Quel
quasi bacio dà consapevolezza a Santiago Lopez di quanto la
presenza di Nairobi
riesca a disarmarlo, a mandarlo in crisi, a destabilizzarlo.
Sedendosi
sul suo divanetto, approfittando della solitudine, si sdraia,
liberandosi delle
scarpe, e, con telecomando alla mano, cerca di distrarsi da quanto
accaduto,
provando a superare il “cosa sarebbe potuto
accadere” se solo lui avesse
acconsentito alla richiesta della gitana del bacio.
Invece,
ciò che ottiene dal tentativo di rimozione del ricordo,
è tutt’altro. Nella sua
mente continuano a farsi spazio frame della loro notte di passione.
Crede di
impazzire quando sente perfino riecheggiare nelle sue orecchie i gemiti
di lei.
“Ok,
ora basta” – si mette in piedi, prendendosela con
se stesso – “Placa questi
ormoni, cazzo, Santiago. Hai quarant’anni suonati…
porca puttana”
Non
sono però gli ormoni i responsabili, e forse, Lopez,
inconsciamente, lo sa.
È
il cuore a metterlo di fronte a ciò che in realtà
prova.
Esce
fuori in giardino, osservando il verde che circonda la villetta.
Quante
estati ha trascorso lì assieme a sua madre. Momenti unici
impressi nella memoria.
Difficile
rimuovere le parole della mamma quando, all’ennesimo
fallimento in amore, l’ispettore
le confessò di non volerne più sapere.
“Troverai
la persona giusta per te; non avere fretta, figlio mio. E ti assicuro
che quella
giusta la riconoscerai a pelle, al primo impatto”
“Ti
ricordo che mi hai detto queste cose ogni volta e ad oggi siamo a quota
sette
storie”
“E
sette nipoti” – puntualizza la donna, entusiasta
del piccolo dettaglio chiamato
figli generati per errore.
“A
proposito, la tua ultima ex, abita dove?”
“Ucraina!”
“Bene, amo quel Paese. Credo che ci sia tanto da imparare da
quel popolo”
“Ok,
vedo che hai in programma di andare anche ad Odessa, dico
bene?”
“Certo”
– afferma la signora, sistemandosi gli occhiali da vista,
mentre continua,
attenta, a dipingere, all’aria aperta, sulla sua bella tela
da pittrice – “E tu
verrai con me. Se c’è una cosa che non devi fare,
è abbatterti di fronte alle
delusioni. Lei ti ha mollato?! Tu sii superiore. Comportati da bravo
genitore, aiutala
con la bambina in arrivo e poi metti un punto a tutto. Ovviamente io
sarò lì
con te, al tuo fianco”
Santiago
sorride al ricordo della simpatica e solare signora Lopez.
Quanta
nostalgia ha della sua amata mamma, una persona speciale deceduta per
colpa di
un brutto male, anni addietro, della quale gli rimane in
eredità un’immensa
villa, oltre alla somiglianza fisica.
Deciso
a non pensare a Nairobi, si accinge a raggiungere la stanza da letto
della
padrona di casa.
Apre
la porta, con discrezione, come se sentisse alle spalle la voce materna
che lo
rimprovera di non badare alla sua privacy.
Mette
piede tra quelle pareti, bloccandosi davanti al dipinto centrale.
Un
quadro di grandi dimensioni realizzato proprio su commissione della
donna, qualche
anno prima della sua scomparsa, domina la scena.
“Mi
manchi tanto” – commenta lui, sfiorando
l’immagine che rappresenta una prorompente
signora sulla sessantina circa, dai capelli biondo cenere, legati in
una lunga
treccia, vestita con una camicia bianca e un pantalone di seta celeste,
seduta
in quello stesso giardino, su una sedia da esterno, con lo sguardo
sereno,
volto in cielo.
“Chissà
cosa mi avresti detto oggi sulla storia di Agata” –
aggiunge poi.
Accarezza
il dipinto come se lo stesse facendo con la donna in questione,
fermandosi, poco
dopo, sulla firma incisa nell’angolo della tela.
“Alla
dolcissima Leticia, un caro amico”
Mentre
pensa e ripensa alla adorata mamma, Santiago non si accorge che
qualcuno, alle
sue spalle, lo sta osservando.
Tokyo,
infatti, svegliatasi dopo aver sentito Nairobi cantare, ed elettrizzata
da cosa
possa essere accaduto tra i due amanti, non ha preso più
sonno, e ha optato per
un giro perlustrativo nella gigantesca villa.
“Chi
è questa bellissima signora?” – chiede,
facendo sobbalzare l’ispettore – “Ops,
scusami non volevo spaventarti. È che ho notato la tua
commozione di fronte a
questo dipinto”
“Tranquilla,
è che sono abituato a vivere da solo e devo abituarmi ad
avere altre persone
sotto il mio stesso tetto” – spiega, invitandola ad
avvicinarsi.
“Caspita,
è davvero un capolavoro questo quadro” –
esclama, estasiata, la giovane.
“Si,
ma anche il soggetto ritratto era, per natura, un capolavoro di
persona”
Gli
occhi lucidi e lo sguardo commosso permettono a Silene di intuire,
così da avanzare
la sua ipotesi – “E’ tua madre?”
“Caspita,
potresti lavorare con noi in Polizia. Hai un sesto senso
fuorimisura” – le sorride,
prendendola anche un po' in giro, stanco di concentrarsi solo su
emozioni
tristi o nostalgiche.
“In
un’altra vita, per ora direi che il vostro mondo non mi
appartiene affatto” –
aggiunge Tokyo, ridacchiando. Poi torna seria –
“Dove si trova adesso?”
E
la non risposta dell’uomo vale più di mille parole.
“Ok,
ho capito. Perdonami, ti sembrerò una ficcanaso”
“Non
preoccuparti. È una questione che ho tenuto per me troppo a
lungo. Forse parlarne
con qualcuno può farmi stare meglio… lei non
c’è più! Un tumore me l’ha
portata
via cinque anni fa”
“Mi
dispiace, però sono sicura che sarà fiera
dell’uomo che sei”
Seduti
su un divanetto accanto alla finestra, a pochi passi dallo stesso
dipinto, il
quarantaduenne si mette a nudo, finalmente, e lo fa tirando fuori dalla
tasca il
suo portafogli.
“Questi
sono i miei sette figli”
“Cosa?
Sette?” – esclama, scioccata –
“Stai scherzando, vero?”
“No,
sono serio!” – e così, uno ad uno, li
presenta all’ospite, che non riesce a
credere ai suoi occhi.
“Ad
oggi loro vivono lontani, è dura non esserci, ma sapere che
stanno bene e
vivono le loro vite in serenità è ciò
che mi interessa di più”
“Quindi
hai avuto varie storie”
“Si,
tutte andate male. Forse per questo motivo, dopo la nascita della
più piccola,
Ivana, ho deciso di smetterla”
“Come
mai?”
“Mia
madre soffriva per me nel vedermi sconfitto in amore, e con una prole
in
aumento e un cuore a pezzi. Però… ad oggi, sento
che qualcosa è cambiato”
Le
sue ultime parole fanno sorridere Tokyo, convinta che Santiago si
riferisce ad
Agata. Perciò, indossando i panni di Cupido, tenta di far
scattare la scintilla
definitiva.
“Prima
tra voi cosa è successo? Intendo...tra te e la mia migliore
amica! Ammetto di
avervi sbirciati, poi ho preferito andarmene, insomma non volevo di
certo
assistere a…ehm…”
“Nulla!
Non è successo nulla! Lei si è chiusa in
camera”
“Ma
no!” – commenta, delusa, la ragazza, vedendo
sfumare il suo sogno d’amore per
Nairobi. In piedi, di fronte a lui, cerca di pensare a un modo per
agire e
toccare il cuore della gitana, ancora scossa da vicende terrificanti.
“Devi
trattarla con i guanti gialli, innanzitutto. Ha bisogno di
stabilità, di
certezze. E di amore, tanto tanto amore”
“Io
non voglio affrettare i tempi. Lei ha sofferto e non le serve qualcuno
che la
pressi”
la tenerezza di Santiago sono la prova che è davvero lui
l’uomo giusto per Agata.
Felice
di questo, Tokyo aggiunge – “A lei servi
tu…solo tu puoi guarire il suo dolore.
Nessun altro è in grado di farlo”
“E
come potrei? Ho avuto storie pessime, evidentemente non ho il tatto
adeguato”
“No,
la realtà è che sette ragazze erano sbagliate per
te. È Nairobi quella giusta. Il
destino ha parlato chiaro, siete fatti l’uno per
l’altra”
“Vorrei
solo che sapesse di poter contare su di me”
“Cosa
ti direbbe tua madre se fosse qui?”
“Beh…”
– riflette un po', immaginandosi Leticia seduta in mezzo a
loro, con la sua smisurata
dolcezza, accompagnata sempre dal giusto grado di fermezza –
“Mi direbbe di
buttarmi, senza esitazioni!”
“Esattamente!”
– conferma Silene – “Per sentirti vicina
a lei, forse, potresti…non so…cominciare
utilizzando un nome di città”
“Eh?”
– ripete, confuso, l’uomo –
“Cosa c’entra il nome di città con
questo?”
“Dai,
diciamo che è un primo approccio. Pian piano entrerai nel
suo mood, nel nostro
mondo, e lei capirà che può fidarsi”
“Lei
poco fa stava davvero cedendo, quindi non sarà il nome
Santiago a bloccarla, no?”
“Si,
dico però che potrebbe essere un modo per rompere il
ghiaccio e farla sorridere”
Lopez
è riluttante di fronte a quella che sembra una stupidaggine.
Silene
continua, domandandogli – “Le hai fatto qualche
strana proposta?”
“Certo
che no!” – alza le mani lui –
“Le ho solo promesso di esserci sempre”
“Allora, ascoltami, io sono sicura che Nairo si
sbloccherà se ti vedrà diverso
dal suo passato”
“Suggerimenti?
A parte l’idiozia del nome di
città…”
“Non
è un’idiozia. E poi, rifletti, potresti camuffarti
bene dietro un appellativo
misterioso. Può esserti addirittura utile per le indagini.
Direi di iniziare
così. Trovane uno, va’ da lei, e confessale
ciò che provi. Basta indugi, basta
giri di parole, basta inibizioni. Parlale anche dei tuoi
figli…si sentirà
ancora più in sintonia con te, avendone uno anche
lei”
Adesso
sì che il discorso della moretta sembra avere una logica,
secondo l’ispettore
che, raccolto il coraggio, si mette in piedi e dice - “Hai
ragione! Sei una brava
consigliera, cara la
mia Tokyo”
“Ovvio”
– risponde lei, fiera di se stessa, con l’aria di
chi sa di poter vincere facile.
Dopo
un batti cinque tra i due, la giovane lo accompagna fino alla stanza
della
gitana. Ma prima di congedarsi gli pone un’ultima domanda -
“Hai pensato al
nome?”
Qualche
minuto di esitazione, poi lui annuisce.
“Letizia
è il nome di una città della Colombia, lo
sapevi?”
“Vuoi
chiamarti Leticia? Direi fin troppo femminile” –
sostiene la ribelle delle
Farfalle, ridacchiando al pensiero di Santiago con tale appellativo.
“No, Tokyo, certamente no, però conosco
un’altra città della Colombia che potrebbe
fare al caso mio”
“Quale?”
E
così Santiago Lopez finisce per diventare Bogotà!
*******************************
A
proposito del Mariposas, le ore successive alla fuga delle due farfalle
ribelli, con il conseguente k.o. di Manila, hanno conseguenze su tutti
coloro
che vivono e lavorano tra quelle mura.
Helsinki
aiuta Martin Berrotti a liberarsi dalle corde alla sedia.
Quest’ultimo dà poi
ad Oslo l’ordine di controllare l’uscita
secondaria, richiedendogli la consegna
delle telecamere esterne.
Ciò
che è accaduto è ormai storia.
All’altro
serbo, invece, è dato il compito di raccogliere il corpo di
Manila.
Correndo
con la collega in spalla, il buttafuori, visibilmente scosso, raggiunge
la
camera di lei e la adagia sul letto.
“E’
morta?” – domanda Palermo, scuro in volto.
“Ha
perso tanto sangue” – spiega Helsinki, coprendo la
ferita con delle garze.
“Inutile
che la curi. Non vedi che è morta?!”
“Il
cuore batte ancora, signore” – dice, invitandolo ad
appurarlo.
Il
proprietario del Night Club, turbato, afferra il polso della ragazza e
verifica. Il battito è molto debole…ma
c’è!
“Lasciala
a me, ci penso io” – le parole di Martin non
tranquillizzano il serbo – “Posso
aiutare” – aggiunge lo straniero, in ansia per le
sorti della collega.
“Ti
ho detto di andartene. Va’” – tuona
l’altro, facendogli segno di lasciare la
camera.
Rimasto
solo con Manila, Palermo le siede accanto.
“Potrei
salvarti la vita e rimediare agli sbagli del passato, in fondo non eri
tu che
meritavi questa condizione…” – preso il
suo strumento di contatto con il
superiore assoluto, chiede – “Che si fa
ora?”
La
risposta è immediata - “Portala qui”
“Le
fuggitive?”
“Vedrai
che torneranno strisciando! Ho già in mente
un’idea per punire i traditori e,
soprattutto, per infangare chi si immischia nei nostri
affari”
La
voce malefica non mostra il benché minimo dispiacere per le
condizioni della
giovane morente, piuttosto opta per sfruttarne la quasi morte per
propri
tornaconti.
All’ordine
del Boss, Berrotti non può che eseguire ed accettare quanto
da lì in poi accadrà.
Nel
frattempo, un’abbattutissima Stoccolma percorre i corridoi,
con passo lento e
faticoso, reso ancora più insopportabile dai singhiozzi
isterici.
Si
sente più sola che mai. Non ha nessuno. Manila è
morta. Lisbona è sparita nel
nulla. Perfino le due ribelli, con cui discuteva la maggior parte delle
volte, le
sembrano, adesso, un’ancora di salvezza dalla solitudine.
Purtroppo anche di
loro non c’è più traccia.
“Sono
rimasta l’unica…” – e il fatto
non è piacevole.
Accovacciatasi
a terra, nasconde il volto tra le mani, mentre fiumi di lacrime
continuano a
sgorgare e bagnarle le guance.
“Dovrei
farla finita” – arriva perfino a pensieri malati
verso se stessa.
Ed
è in quel momento che una figura avanza verso di lei.
“Io
per te, tu per me! Non sei sola”
La
bionda si volta verso Helsinki che, nel frattempo, le si è
seduto di fianco.
È
diventato, improvvisamente, il compagno di sopravvivenza che fa al caso
suo.
La
perfetta soluzione al suo dramma.
Teneramente,
il serbo l’accoglie a sé – “Mi
mancherà Manila” – confessa, commosso.
“Tu
sai chi è stato?”
La
riccia scuote il capo, afflitta dal dolore. La vicinanza
dell’omone grosso e
docile la porta a raccogliere il coraggio e confidargli un segreto che
va
sistemato.
“Mi
aiuteresti a risolvere un problema?”
“Quale?”
“Ho
bisogno di una pillola per abortire”
Mentre
tutto ciò accade, la polizia ha raggiunto
l’esterno del locale.
Miguel
Fernandez, rimasto lì in attesa, trepidante per il ruolo che
gli è stato
assegnato, racconta a due agenti di aver saputo di giri di droga nel
luogo, la prima
menzogna che salta alla mente dell’informatico per spingere i
poliziotti ad
entrare e perlustrare.
“La
ringraziamo, ora può andare. Ce ne occuperemo noi”
– dice uno dei due in
divisa.
È
questo l’ultimo minuto che il giovane trascorre
lì, certo che chi di dovere si
occuperà del caso.
E
proprio quando è ben distante e prossimo ad entrare nella
sua abitazione, i due
agenti si scambiano qualche parola - “Angel, hai sentito?
Dici che dovremmo
entrare?”
“No,
Suarez, è tutto a norma qui. Andiamocene, ho sonno e merito
un bel riposo”
Fatta
la loro comparsa, i poliziotti tornano alle loro priorità,
ignari del disastro
combinato nel Night Club e di quanto, da lì in poi, sarebbe
accaduto.