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Autore: EleWar    28/03/2022    6 recensioni
C'è poco da fare, Ryo è un gran vizioso, ma stavolta di quale vizio stiamo parlando? E Kaori sarà ancora disposta a tollerarlo o ricorrerà a drastici rimedi?
Altra avventura per i nostri due super innamorati!
Genere: Commedia, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kaori Makimura, Ryo Saeba
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: City Hunter
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Un filino in ritardo rispetto alla tabella di marcia, eccomi qua a proporvi il cap 7 delle serie :D
La scorsa volta io e Mick vi abbiamo sconvolto, ma si sa che entrambi amiamo raccontare storie eheheheh :-P
Buona lettura!
Eleonora





Cap. 7 Naufragi
 
Inforcata nuovamente la bicicletta, la sweeper riprese a pedalare svogliatamente.
Anche se aveva smesso di piovere, il vento si era andato via via rinforzando, sferzando i passanti con raffiche fredde e gelide.
Ma i gaudenti che avevano preso ad animare le vie della città non ci badavano più di tanto, ridevano sguaiatamente, già alticci, e comunque presto si sarebbero ritrovati nel caldo soffocante dei vari locali o in uno dei love hotel a scaldarsi in altri modi.
Solo Kaori sembrava sentir freddo e, soprattutto, non sapeva dove andare.
 
Di tornare a casa era fuori discussione: sarebbe stato come cedere, darla vinta a Ryo…
E poi non avevano chiarito, anche se, a ben guardare, avevano propriamente litigato?
E poi lui non l’aveva rincorsa, né aveva provato a cercarla per riportarla indietro.
Certo,lei sapeva che era andato a chiedere aiuto ai loro amici, e onestamente non poteva dire che lui si fosse disinteressato della crisi che stavano attraversando; indirettamente aveva pensato anche a lei, ma tornare a casa… quello no!
Anche se…
Quanto avrebbe voluto infilarsi sotto una doccia bollente, o restarsene a mollo nella vasca da bagno per ore… magari con Ryo.
Scacciò dalla mente quei pensieri tentatori e molesti.
Non era il momento!
Prima dovevano risolvere i loro problemi, anche se adesso non sapeva come.
 
Ogni pedalata era sempre più pesante, faticava quasi a stare in equilibrio, e si disse che per prima cosa avrebbe dovuto raggiungere la sua macchina nel parcheggio sotterraneo, poi avrebbe pensato al resto.
Era troppo tardi per tornare da Miki e chiedere ospitalità, come pure bussare di nuovo alla porta di Saeko.
Andare da Mick e Kazue non se ne parlava nemmeno, sia perché non sapeva se vi avrebbe potuto trovare la donna – se cioè non fosse di turno in clinica – sia perché non aveva il coraggio di confrontarsi con loro due, o anche presi singolarmente.
Doveva digerire la cosa.
Nemmeno andare dal Doc era auspicabile, perché si sarebbe preoccupato vedendola lì in quello stato e in piena notte.
In più temeva che ci avrebbe trovato Ryo, anche lui bisognoso di essere accolto e consigliato.
Più logico trovarsi una qualsiasi stanza in albergo.
 
Raggiunse la sua Honda come una naufraga che, dopo tanto nuotare nell’oceano, finalmente approdava in un’isola rigogliosa; e comunque, anche se non aveva nuotato, di acqua ne aveva presa davvero tanta.
 
Con mano tremante inserì la chiave nella serratura e, una volta dentro, si lasciò andare sul sedile con un sospiro di sollievo, dicendosi:
 
“Adesso mi rilasso un attimo, poi vediamo”.
 
E fece giusto in tempo a sfilarsi la giacca fradicia, che sprofondò in un torpore febbricitante e malato.
 
 
 
o.O.o
 
 
 
 
Ryo, profondamente scosso e scornato dall’incontro con Mick, si era allontanato a piedi nel freddo vento della sera; non lo sentiva nemmeno, nonostante si accanisse a fumare una sigaretta che si spegneva in continuazione.
Poco dopo vi rinunciò e la spinse all’angolo della bocca.
 
Era arrabbiato: con Mick, con Kaori, ma più di tutto con sé stesso.
Mick era stato di una brutalità devastante e non poteva confutare ciò che gli aveva appena detto, perché era la pura e limpida verità.
E pur stupendosi della condotta della bella Kazue, dovette ammettere che i due avevano trovato un accordo vantaggioso ed equo per entrambi.
Impossibile però da replicare fra lui e Kaori, poiché immaginarla fra le braccia di un altro gli faceva andare il sangue alla testa, e non era sicuro che non ci sarebbe scappato il morto; e di certo quello non sarebbe stato lui.
Rabbiosamente si strappò la sigaretta e la gettò nella pozzanghera al lato del marciapiede, dove andò a far compagnia alle solite cartacce e a qualche foglia morta.
No, il loro era e doveva restare un rapporto esclusivo.
Aveva protetto la sua Kaori da tutti gli altri uomini fino a quel momento, e adesso non l’avrebbe ceduta o condivisa con nessun altro al mondo.
Che Mick e Kazue facessero i loro comodi; lui era all’antica e voleva rimanere tale.
 
Kaori…
 
Chissà dov’era adesso?
Non l’aveva trovata da Miki, dove presumeva che si sarebbe rifugiata, ma a dirla tutta lì al Cat’s Eye non c’era nemmeno la padrona, quindi sicuramente erano insieme; se era così, poteva stare tranquillo.
E se invece fosse andata da un’altra parte?
Magari a cercarsi compagnia maschile e a rendergli pan per focaccia, come faceva Kazue con Mick?
Ma perché continuava a prenderli ad esempio?
No, no lui e Kaori erano diversi, diversi da tutti, anche se… lui era molto simile a Mick.
Gli piacevano le stesse cose, ed era da egoisti pretendere che le loro donne li aspettassero pazientemente a casa, come geishe devote, mentre loro, i grandi uomini, se la spassavano, per poi gridare al disonore se una di esse avesse cercato conforto altrove.
Eppure erano mesi e mesi che Ryo si comportava bene, da molto prima che si decidesse a fare il grande passo con Kaori, e quando e se andava per locali non era più il lascivo mandrillo di una volta; tutto aveva perso interesse per lui, e ogni volta che usciva non vedeva l’ora di tornare da lei.
Manteneva una certa facciata, un pallido riflesso del porcello di un tempo, però dentro era profondamente cambiato, e chi lo conosceva bene lo sapeva.
Ciononostante, se quando non c’era la sua Sugar Boy lui non si trastullava più con le donnine come un tempo, in sua presenza ancora faceva da matti, suscitando in Kaori feroci attacchi di rabbia.
E anche se ogni tanto ci pensava seriamente, non capiva perché avesse conservato questo rimasuglio di vizio.
 
Di nuovo si chiese dove fosse la sua compagna; sarebbe stata la prima volta che passavano la notte divisi, da che si erano messi insieme, e il motivo di questa separazione gli lacerava l’anima.
Non sarebbe riuscito a chiudere occhio, disteso in quel loro grande letto, ormai troppo grande senza di lei.
Avrebbe costantemente cercato la sua impronta sul cuscino, il suo profumo fra le lenzuola e, girando lo sguardo, ogni più piccolo oggetto che le apparteneva gli avrebbe rinfacciato il suo errore.
E non avrebbe comunque potuto dormire, senza sapere dove fosse e con chi, senza essere sicuro che non fosse in pericolo, o se stesse bene pur avendocela con lui…
Si era strappata i bottoni per non farsi trovare: doveva intenderla come una rottura definitiva fra loro?
Per così poco?
Solo perché continuava a fare l’idiota appena vedeva una bella donna?
E se sotto ci fosse stato altro?
E se quella fosse stata la classica goccia che aveva fatto traboccare il vaso?
A parte questo suo deprecabile vizietto, gli sembrava di essere stato un innamorato tenero e appassionato, aveva cercato di farle dimenticare tutte le sofferenze patite a causa sua, ce l’aveva messa tutta.
Non era abbastanza?
Avrebbe fatto di più, se lei gliene avesse dato la possibilità.
La rivoleva indietro, la voleva con tutto sé stesso, e non poteva credere che avrebbero passato la notte uno lontano dall’altra.
 
Senza nemmeno pensarci si era ritrovato davanti alla Mini, ricoperta da un leggero strato di pioggia che si era trasformata in rugiada notturna.
Che ore erano?
Da quanto tempo non si vedevano?
Salì in macchina e subito il motore, con il suo inconfondibile rombo basso e potente, gli comunicò un senso di famigliarità e pace; era pronta a scattare per le vie di Shinjuku e sembrava chiedergli: “Dove andiamo, amico?
Sicuramente lontano da lì, dal chiasso e dal rumore di una vita notturna che stasera non gli apparteneva; voleva stare solo, o comunque in compagnia di qualcuno che avrebbe potuto capirlo, senza giudicarlo.
Si diresse alla clinica dal Professore.
 
Arrivando davanti all’ala nord, dove si trovava l’ufficio del vecchietto, Ryo non si stupì più di tanto di trovare ancora la luce accesa.
La ghiaia del vialetto scricchiolava sotto le sue scarpe di gomma, e l’orologio ad acqua, posto nel giardino, batté il tempo con uno schiocco sonoro: bambù contro pietra.
 
“Ah, Baby Face, sei tu?” lo salutò l’ometto, con occhi ridenti “Dimmi che hai con te un bel video mokkori!” e il viso rugoso si contrasse in un’espressione da satiro.
 
“No, stasera no, e non mi chiami in quel modo!” rispose asciutto lo sweeper.
 
“D’accordo, Baby Face” gli rispose il Professore, per stuzzicarlo.
 
Ma Ryo, cupo in viso, non si premurò nemmeno di fargli una smorfia di disappunto: si sedette sul divano di pelle e si accese una sigaretta.
 
“Dovresti smettere con questo tuo vizio” gli disse il dottore.
 
“Lo so, e non solo con questo” ammise con rassegnazione Ryo.
 
Il Professore lo guardò attentamente: il suo protetto aveva una faccia da far spavento, sembrava essere invecchiato di colpo; nei suoi occhi non vedeva traccia di malizia, entusiasmo, e nemmeno cinismo e freddezza, meno che meno amore.
Ma quel particolare riflesso poteva vederlo solo quando c’era Kaori nei paraggi o quando parlava di lei.
L’ometto non ci mise tanto a capire che la causa del suo stato disastroso fosse appunto colei che era riuscita ad illuminare, fin nel profondo, il pozzo dell’anima dello sweeper.
E vista la calma con cui apparentemente costui sedeva nel suo ufficio, immaginò che la ragazza non dovesse essere in pericolo di vita, altrimenti il grande Ryo Saeba avrebbe dato da matti e avrebbe messo a soqquadro il mondo intero pur di salvarla.
No, il problema, se c’era, era più sottile, più infido.
Forse, pensò, era un litigio fra innamorati, una crisi temporanea; il Doc sperò che non fosse qualcosa di più.
 
“Secondo lei sono malato?” gli chiese Ryo all’improvviso.
 
“Se vuoi ti faccio un check-up completo, ma così ad occhio, a parte vederti un muso lungo che potrebbe toccare terra, mi sembri in ottime condizioni” rispose il Professore con la sua solita ironia.
 
“Voglio dire” riprese l’altro, come se non lo avesse sentito affatto, e ben deciso ad andare avanti con un discorso tutto suo “Io sto bene con Kaori, le ho confessato i miei sentimenti, la amo, lei mi ama, mi rende felice in tutto…” e in quel momento Ryo si augurò che quel vecchio babbuino non indugiasse in speculazioni morbose, e per impedirgli di farlo gli piantò addosso due occhi di acciaio che avrebbero fatto rabbrividire chiunque.
Il Doc si limitò a sorridere come un angioletto del presepe.
 
Ryo riprese:
 
“Da quando sto con lei, non ho più sfiorato una donna, non l’ho mai tradita e non ne ho la minima intenzione, però… non so… non riesco a spiegarmi perché io debba continuare ad insidiare le altre e a fare il cretino, e sempre e solo quando c’è lei. Una volta lo facevo soprattutto per divertirmi alle sue spalle, per farla infuriare e vedere fino a che punto la sua gelosia sarebbe arrivata, ma ora… Professore cosa c’è che non va in me?” chiese infine Ryo, in tono disarmante.
 
L’uomo, colpito dalla sincerità dello sweeper, non rispose subito.
Non era sicuro di essere stato lui ad iniziarlo ai vizi della carne, ad aver contribuito a quell’insana passione per le belle donne, al sesso come unico e supremo piacere della vita; forse si erano semplicemente trovati.
Le donne e il sesso erano il loro comune denominatore, ma il Professore era certo che se avesse avuto accanto una moglie o una compagna adorabile e amabile come la dolce Kaori, non avrebbe esitato un solo istante a lasciar da parte tutti i suoi vizi da scapolo incallito.
 
Dopo una breve pausa, l’ometto si decise a parlare così:
 
“Io credo che tu abbia vissuto troppo da solo, e che anche quando Kaori è venuta a stare da te, con la scusa che non ti volevi legare a lei, hai continuato imperterrito a godere della vita di giovane scapolo. Senza legami e senza regole è più facile gettarsi a capofitto in avventure e amori effimeri, ci si sollazza, si prende a piene mani tutto il bello che ci offre la vita, e non ci si preoccupa di pagare il conto. Si ha anche l’illusione di restare per sempre giovani…”
 
“Cosa sta cercando di dirmi?” interloquì Ryo.
 
“Che per esorcizzare il tuo passato, e la morte sempre presente nella tua vita al limite, ti sei votato anima e corpo ai piaceri più immediati, agli amori carnali, quelli che ti danno una soddisfazione subitanea e che non chiedono nulla in cambio. Oggi hai una donna, domani un’altra e poi chissà. Così facendo ti sentivi libero in tutto e per tutto, anche di morire, un giorno, senza lasciare rimpianti dietro di te, nessuno che piangesse la tua scomparsa… non è così?” domandò infine.
 
Ryo, stupito dalla sua analisi, restò un attimo in silenzio a riflettere su quella spiegazione, a cui non aveva mai pensato.
 
“Il sesso fine a sé stesso è un palliativo come un altro per sfuggire alla solitudine, ma a lungo andare lascia inariditi e vuoti peggio di prima. Tu mi conosci, e ti sembrerà strana questa specie di paternale fatta da me, proprio da me, eppure ti dico anche questo: se io avessi avuto la fortuna di trovare la donna della mia vita, come hai fatto tu, di certo non avrei pensato di trascorrere il mio tempo libero rincorrendo ogni gonnella o sbavando davanti a qualsiasi donna, di carta o reale”.
 
Le ultime parole le aveva pronunciate con un profondo senso di rammarico, e Ryo ne rimase colpito.
Non si era mai soffermato sul motivo per cui il Professore non si fosse mai sposato, e se quando si erano conosciuti era fuori discussione legarsi ad una donna, almeno nei primi anni in cui erano ritornati a Tokyo, o anche dopo, l’uomo avrebbe potuto pensare di mettere su famiglia.
All’epoca non era poi così vecchio.
Ryo si accorse solo in quel momento di ignorare l’età del suo ospite: quanti anni aveva?
Quell’uomo era un vizioso peggio di lui, e non perdeva occasione per insidiare ogni donna gli capitasse a tiro: anche alla sua Kaori aveva dato noia, e non sapeva spiegarsi come facesse Kazue a sopportarlo.
Però aveva parlato con rimpianto della sua vita…
Forse anche lui era stato innamorato, ma la sua storia non era andata a buon fine; forse aveva cercato la donna giusta per lui, e non l’aveva trovata; o forse l’aveva avuta e infine perduta.
Erano tante le cose che Ryo ignorava del vecchio professore.
 
“Sta cercando di dirmi che, nonostante io sia felice con Kaori, ancora non riesco a rinunciare alla mia libertà per lei? Cioè… come se continuare a correre dietro alle belle donne sia per me l’ultimo barlume di libertinaggio, a cui non voglio rinunciare per paura dei cambiamenti?”
 
“Sei tu che lo dici”rispose l’interpellato “d'altronde se non hai intenzione di tradirla o di consumare le tue conquiste, perché lo fai? Inoltre, se è vero che l’ami come dici, perché vuoi farla soffrire con queste inutili bambocciate?”
 
Ed ecco che anche il Doc era finito per mettere in dubbio il suo amore per Kaori.
Però, dovette ammettere, era la conclusione più logica a cui giungere, di fronte al suo comportamento da idiota: non era questione di giudicare, ma di apparente ovvietà.
Non si offese per le sue parole, piuttosto capì finalmente la vacuità del suo atteggiamento.
Il Professore aveva ragione: era solo questione di paura quella che lo spingeva a reiterare il suo brutto vizio da maniaco, nulla più.
Paura del cambiamento, paura di non essere all’altezza di Kaori e della purezza del suo sentimento, paura di essere felice veramente.
 
Stava ancora rimuginando sulle lampanti conclusioni di questa inaspettata illuminazione, quando il vecchietto lo riscosse domandando:
 
“Cosa è successo fra te e Kaori?  Perché sei qui con un vecchio vizioso come me, in piena notte, e non con lei?”
 
“Abbiamo litigato” rispose subito Ryo “Abbiamo litigato e lei se n’è andata. Mi ha lasciato questi” e ficcando la mano nella tasca della giacca, ne estrasse una manciata di bottoni “Sono le microspie che le facevo indossare in modo che, se l’avessero rapita, avrei saputo sempre come ritrovarla”.
 
L’altro ascoltava annuendo.
 
Ryo continuò:
 
“Ridandomele mi ha fatto capire chiaramente che non vuole essere trovata” e, dicendolo, abbassò lo sguardo sui bottoni variamente assortiti.
 
“E tu, brutto deficiente, le hai dato retta, non è vero?” sbottò il Doc facendolo sussultare: Ryo non si aspettava questa sua reazione improvvisa.
Il Professore riprese: “Le donne vogliono sempre essere trovate, soprattutto dai chi amano! Lei se ne sarà anche andata, ma tu dovevi correrle dietro, farle cambiare idea!” quasi gli urlò contro, con le vene del collo pericolosamente gonfie.
 
“Ma-ma…” balbettò Ryo “il motivo per cui mi ha lasciato è proprio perché faccio il cretino con le altre e si è stancata!”
 
“E allora? Adesso sai perché fai il cretino: perché fondamentalmente sei un idiota, e lo stai dimostrando anche ora. Quella povera ragazza deve avere una pazienza fuori dal comune per continuare ad amarti nonostante tutto, e tu hai passato la serata a ciondolare in giro per la città, mentre lei attendeva di essere trovata!”e gli piantò contro un dito ossuto “Tu le devi una spiegazione, le devi spiegare perché continui a fare il teatrino del macaco! Ora lo sai il motivo, non hai più scuse!”
 
Poi rabbonendosi, dopo una breve pausa aggiunse:
 
“Quella ragazza ha tanto coraggio, più di te e me messi insieme; ha continuamente messo in discussione la sua vita, ma è sempre stata fedele a sé stessa, pur cambiando e adattandosi alle situazioni. Prendi esempio da lei. Ed ora va’, va’ da lei!”
 
“Non so da che parte cominciare a cercarla” mormorò sconsolato lo sweeper, aspettandosi un’altra sfuriata e temendo di fare nuovamente la cosa sbagliata ostinandosi nel volerla trovare.
Ma non poteva sopportare di stare senza di lei, non prima di averle detto la verità su tutto.
 
“Hai detto che ti ha lasciato i suoi bottoni, ma dovresti saperlo che invertendo il flusso, questi si trasformano da trasmittenti in riceventi. Con una piccola modifica ed un apparecchietto ad hoc, questi” e li indicò “ti porteranno lo stesso da lei, perché vedi…?” e prendendone uno lo esaminò con una lente d’ingrandimento “qui c’è una lucina microscopica che sta ad indicare che il dispositivo è in funzione. Può darsi che Kaori te li abbia lasciati apposta, per seguire i tuoi spostamenti, e magari ascoltare anche quello che dicevi. L’ho capito subito”.
E socchiudendo gli occhi, congiunse i palmi delle mani soddisfatto.
 
Ryo rimase sbalordito dall’acume del vecchietto e dalla pochezza del suo stesso intuito.
Accecato dal dolore e dalla delusione per essere stato abbandonato da Kaori, non aveva agito dal professionista che era, e non aveva controllato se nei bottoni ci fosse un qualche attività.
 
E in men che non si dica, il Professore aveva già inforcato degli occhiali appositi con tanto di lente d’ingrandimento incorporata a scendere sul davanti della montatura, e aveva smontato i bottoni con la cura e la precisione di un orefice.
Fischiettando aveva tagliato microscopici fili, saldato microchip, rimosso particelle infinitesimali, con la stessa maestria e sicurezza di un intagliatore di diamanti.
Poi aveva recuperato un palmare dallo scaffale e lo aveva acceso e riconfigurato fino a quando, esultante, aveva esclamato:
 
“Fatto! Ora con questo” e glielo mise in mano “Potrai trovare la tua innamorata, sperando che non abbia ascoltato tutta la nostra conversazione e deciso di spegnere il suo computer, disattivando il segnale per nascondersi da te”.
Poi, abbassando il tono della voce, gli sussurrò: “Però non credo che lo abbia fatto. Ti aspetta da tutta la vita, e penso che lo stia facendo anche adesso”.
 
 
 
 
 
Ma Kaori si era persa tutta la chiacchierata dei due uomini, sia perché troppo lontana per agganciare il segnale, sia perché era profondamente addormentata sul sedile della sua macchina, in un anonimo garage sotterraneo, nel centro città.
 
   
 
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