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Autore: Ivy001    01/04/2022    1 recensioni
RIECCOMI CON UNA NUOVA FANFICTION, STAVOLTA DAI TRATTI DI UN VERO E PROPRIO GIALLO, CON LA SPARIZIONE DI UNA DONNA E LE INDAGINI CONDOTTE DA ISPETTORI CHE ERAVAMO ABITUATI A CONOSCERE CON I PANNI DI RAPINATORI. SPERO VI PIACCIA. ATTENDO DI SAPERE COSA NE PENSATE PERCHE’ QUESTO MONDO CHE RACCONTO NON HA NULLA A CHE VEDERE CON LA TRAMA DE “LA CASA DI CARTA”
BESITOS A TODOS
Genere: Sentimentale, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bogotà, Il professore, Nairobi, Palermo, Raquel Murillo
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Il ventiduenne Anibal Cortes è seduto al bancone del minimarket di famiglia. Annoiato, gioca con una penna che ha tra le dita, con lo sguardo perso nel vuoto.

Il ragazzo sa da ben una settimana della fuga della sua fidanzata dal Mariposas, e non è ancora riuscito, per causa di forza maggiore, ad incontrarla.

Le ha promesso di scappare insieme, ed è ciò che ha intenzione di fare, in un modo o in un altro, anche se questo significa andare contro chi lo ha messo al mondo.

“Hai finito di compilare l’inventario? Dobbiamo consegnarlo!” – lo richiama sua madre, lasciando cadere a terra, rumorosamente, degli scatoloni colmi di prodotti alimentari.

“Ehm…sì, ecco qui” – risponde il giovane, annoiato. Da quando i genitori hanno scoperto della sua relazione con Silene Olivera, alias Tokyo, sono super attenti ad ogni sua mossa; sospettano sempre quando diventa apatico o troppo silenzioso.

Iperprotettivi, contrari alla storia d’amore tra una spogliarellista e il loro adorato unigenito, i signori Cortes sono intervenuti il prima possibile, arrivando perfino ad accordarsi con Martin Berrotti per evitare gli incontri segreti tra i due amanti.

“Posso uscire adesso? O mi volete legare alla sedia?” – aggiunge il cosiddetto Rio, brontolando.

La donna gli lancia un’occhiataccia – “Ricordati quanto ci siamo detti tempo fa, mi raccomando” – riferendosi al rispetto delle regole.

“Uffa, mamma, cazzo!”
“Anibal” – lo rimprovera lei, alzando la voce, contraria a termini poco educati.

“Scusami, è che sono stanco! Sono tre settimane che mi tenete sotto stretto controllo, neanche fossi un delinquente”

“Però ti sei lasciato influenzare da una donnaccia”

E di fronte ad un appellativo inaccettabile, il ragazzo si alza dalla postazione, battendo un pugno sul tavolo – “Non…permetterti…mai più… di chiamarla così, chiaro?” – il tono di sfida, lo sguardo irascibile, spiazzano l’adulta che non riconosce più il suo adorato bambino, quello che la riempiva di baci e abbracci e la venerava come fosse una dea.

Non replica, ma trova immediatamente spalleggiamento nel marito, unitosi alla conversazione proprio allora.

“Ehi, ti sembra la maniera di rivolgerti a tua madre? Chiedi subito scusa”

Rio, stavolta, esita. E rincara la dose – “Io dò rispetto a chi ne dà a me”

“Quella poco di buono ti ha portato su una pessima strada. Ti abbiamo messo in guardia da lei” – aggiunge ancora il padre.

Verde di rabbia, il ventiduenne dà loro le spalle e si avvia all’uscita.

“Se metti piede fuori da questa casa…” – classica frase, che Anibal attendeva da tempo ormai, e che il genitore pronuncia senza ragionare.

“Non dire cose di cui puoi pentirti, caro” - gli sussurra la consorte, prendendogli la mano.

“Io non tollero comportamenti del genere, specialmente se vengono dal sangue del nostro sangue, Elvira!” – puntualizza, tornando poi a parlare al giovane. Puntandogli il dito, ripete – “Se metti piede fuori da questa casa, non potrai più tornare…capito? Mai più!”

“Paco, ti supplico, non…” – la donna è cosciente che il danno ormai è fatto e prega il coniuge di fermarsi il prima possibile.

Anibal, infatti, come previsto dalla mamma, accenna un sorriso compiaciuto, e senza pronunciare parola, tira a sé la porta d’ingresso del negozio, e lascia la sua famiglia nel dispiacere e nello sconforto.

“Ecco, visto? Te l’avevo detto? Gli hai offerto la possibilità di svincolarsi, su un piatto d’argento” – Elvira rimprovera il marito, poi cerca di raggiungere suo figlio e di farlo ragionare ma è troppo tardi.

Rio, a passo veloce, ignora i suoi richiami, e, sotto un cielo minaccioso, coperto da nuvoloni neri che promettono temporali, corre via.

Adesso sì che può considerarsi libero.

Resistere tutto questo tempo alle pressioni familiari è stato autolesionismo, e udire come definiscono la sua Tokyo è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso.

Silene non si tocca.

Silene è la sua vita.

Silene merita rispetto.

E i Cortes si sono dimostrati incapaci di riconoscere la felicità del loro unico figlio, preferendo vivere chiusi nel loro falso mondo, fatto di apparenza, fatto di pregiudizi verso l’altro, un mondo a cui Rio non appartiene e che giorno dopo giorno sentiva sempre più stretto.

Con un cellulare quasi scarico, preso in segreto dal cassetto del bancone, di proprietà del capofamiglia, il ragazzo compone il numero della sua compagna.

Uno squillo

Due

Tre

E al quarto, una voce femminile gli fa tremare il cuore.

“Rio, amore mio! Finalmente! Che fine hai fatto? È una settimana che non ti fai vivo, mi hai fatto morire d’ansia!”

“Mi dispiace, mi vida. Ma sto bene e preparati… sto arrivando, presto sarò da te” – le comunica, trattenendo le lacrime.

La felicità sembra bussare finalmente alla loro porta. La coppia, il cui amore è da sempre stato ostacolato dalla famiglia di lui, può considerarsi libera.

Ricevuta la bellissima notizia, Tokyo comincia ad aggirarsi tra le mura della villa volteggiando, con un sorriso a 36 denti stampato sul viso.

Le due Farfalle hanno temuto per ben 7 giorni di possibili minacce o catture da parte dei loro superiori. E sapere addirittura tramite Santiago e il Commissariato che il locale ha chiuso i battenti, le ha, in parte, tranquillizzate. Sanno di cosa sono capaci Palermo e la sua ciurma, proprio per tale ragione, non abbassano mai la guardia.

Però…in compenso, stanno imparando a vivere il bello della normalità.

“Che ti prende?” – le domanda Nairobi, curiosa, intenta a dedicarsi alla pedicure.

“Amica mia” – esclama l’altra, euforica e radiosa come non mai – “Rio è riuscito a fuggire dalla casa dei suoi genitori!”

“Sul serio? Ma è fantastico!”

“Già! Adesso potremmo andare via da questa città e viverci senza paure o controlli” – afferma, sognante, riflettendo poi su un piccolo particolare – “E tu cosa hai deciso di fare? Verrai via con noi come avevano stabilito mesi fa?”

Agata, che, da principio, prima di incontrare il suo Bogotà, aveva optato per la fuga assieme alla coppietta, vede andare in fumo ogni certezza.

“Non so più cosa fare, a dire il vero!” – precisa la gitana, trovandosi ad un bivio senza uscita.

“Per via di Santiago?” – chiede Tokyo, ipotizzando si tratti della presenza dell’ispettore a frenare Nairobi dal fare le valigie quanto prima. Così aggiunge – “Beh…potrebbe venire con noi, no?”

“Toky, lui ha il suo lavoro qui. Non ho intenzione di metterlo di fronte a un aut aut”

“Però tu qui sei in pericolo, Nairo e lui ne è consapevole. Se ti ama sul serio, non avrà dubbi”

Il ragionamento, a tratti egoistico di Silene, incupisce Nairobi che, confessa, - “Non voglio perderlo, ma… no…non posso andarmene…”

“Proprio perché non vuoi perderlo, mettilo di fronte al fatto compiuto! Vedrai che sarà la prova del nove, hermana, perché capirai cosa nutre davvero per te! Anche se io sono stracerta del suo amore”

Agata è dubbiosa in merito - “Come puoi esserne sicura? In fondo, chi deciderebbe, su due piedi, di partire in vista di una meta sconosciuta, perdendo lavoro e stabilità? Io no, e tu nemmeno. Perché mai lui dovrebbe?”

Di fronte alla estrema resistenza di Nairobi, la Olivera non insiste, lasciandole il tempo per fare ordine tra le sue priorità di vita.

“Allora, amica mia, pensaci bene. Perché se vuoi rimanere, devi essere cosciente di cosa potrebbe accaderti”

“Lo so bene, cosa credi? Mi costa caro. La vecchia Nairobi non avrebbe esitato. Ero io, tempo fa, a sognare la fuga e ad orchestrarla assieme a te, ricordi? Però adesso…” – fa una pausa, respira profondamente e prosegue – “… adesso non so più cosa è bene per me…!”

“Dai la priorità a te stessa, amica mia! Capito?”

Agata annuisce, tornando a dedicarsi allo smalto rosso sulle unghie, mentre Tokyo torna a volteggiare di felicità in tutta casa, lieta di poter finalmente riabbracciare il suo amato Rio.

Alla gitana invece restano solo tanti dubbi e l’amaro in bocca.

Vorrebbe restare con Santiago, e viversi il loro amore, ma lontano da lì. Sa di non poterlo costringere a fuggire insieme dalla sua routine…e soprattutto, il Mariposas le ha ben detto di ricordare che Axel potrebbe non esserle mai restituito se sgarra di un solo passo.

E la sua fuga, non cosciente, ma orchestrata da Tokyo e Manila, la pone in allerta.

Andarsene significherebbe lasciare il bambino a loro, e lei non può permetterlo.

È questo che la trattiene dal seguire il cuore e anche dal porre l’ispettore di fronte alla scelta di vita futura.

Non sa se parlarne con Bogotà potrebbe essere la cosa migliore, e così, si chiude nella sua apatia.

*********************************

Anibal Cortes al corrente dell’indirizzo dove si nascondono le Mariposas, si appresta a raggiungerle con i mezzi pubblici.

Da quando ha avuto a che fare con la gente del Night Club avverte una strana sensazione, ovvero quella di sentirsi spiato.

Scruta le persone sull’autobus, sospettando di ciascuna di loro. Che tra quella gente, decisamente presa dai propri affari, si nasconda il nemico?! Un timore che il ventiduenne vince facilmente, appena giunto alla sua fermata.

Nessuno lo segue, nessuno ha osservato le sue mosse, nessuno appare un tipo losco da cui tutelarsi.

Sceso dalla corriera, è chiamato ad affrontare la pioggia a dirotto.

“Cazzo, una fortuna dietro l’altra…adesso anche il temporale!” – brontola, aprendo un piccolo ombrello, cedutogli dall’autista.

Velocizza il passo, sfidando l’acqua che cade violenta, percorre il tratto di strada indicatogli da Tokyo durante la loro telefonata.

Eppure, la paranoia di ipotetici pericoli da ogni dove, lo costringe a correre il più veloce possibile.

Non è mai stato un codardo, un fifone che al minimo rumore si nasconde sotto la gonnella di mamma; piuttosto, ha dimostrato coraggio da vendere perfino quando, mesi prima, Martin Berrotti si presentò al Minimarket per minacciarlo di stare lontano da Silene.

Impossibile dimenticare con quale prepotenza ed arroganza il proprietario del Mariposas giunse lì, erigendosi a boss assoluto a cui tutti devono rispetto.

Anibal gli ha tenuto testa fino a quando ha potuto…fino a quando tale Palermo l’ha ricattato dicendogli di poter recare male a Tokyo in qualunque momento.

Adesso, l’ansia maggiore che lo domina è proprio questa: se Berrotti riuscisse a trovare le due ragazze, cosa potrebbe mai accadere? Al solo pensiero gli si accappona la pelle.

Ormai è prossimo alla meta, e la tensione inizia a scemare.

“Fiu” – esclama, quando anche la pioggia sembra cessare.

Una villa, immensa, è a pochi passi da lui.

“Mi vida, eccomi, sto arrivando” – commenta tra se e se, ad alta voce.

Avanza, sempre di più, quando un rumore lo trattiene... si tratta della frenata di una gip e delle luci dei fanali che lo accecano.

“Cazzo” – esclama, certo di trovarsi davvero nei casini.

*************************************

“E’ ora di cena, possibile che di Bogotà neanche l’ombra?” – si chiede Agata, preoccupata, camminando avanti e indietro nel salone principale.

“Forse l’hanno bloccato al Commissariato più del dovuto” – ipotizza Silene, rubando del pane da tavola, affamata – “A proposito, chissà se gli hanno dato notizie sul Mariposas. Questa chiusura per ben una settimana, mi sorprende! Che Palermo abbia finalmente deciso di darsi al burraco?” – compiaciuta del brutto finale del locale, Tokyo mette in bocca il cibo, ridendo di gusto – “Direi di brindare, amica mia”

Ma Nairobi è poco convinta che le cose siano finite così facilmente. E i lividi che porta sul corpo sono soltanto una minima prova di cosa la mente che serpeggia al Night Club sia capace di fare. 

“Non abbassiamo la guardia”

“Certo che no, io è questione di giorni e sarò lontana da qui. Mi preoccupi tu, invece…”

“Dai, Toky, per favore, non apriamo di nuovo questo discorso”

L’altra alza le mani in segno di resa; non intende agitare l’amica più di quanto non lo sia già.

Il rumore del chiavistello, all’ingresso, le fa sobbalzare.

È Nairobi a correre verso la porta, mentre l’amica, dietro di lei, continua a mordicchiare la crosta del suo pane.

L’ispettore, intento a liberarsi degli scarponi, viene accolto dalle braccia della zingara -“Bogotà, finalmente! Mi hai fatto stare in pensiero”

“Ehm…tranquilla, sono qui” – la rassicura, stringendola a sé, con un bacio sulla fronte. Da quando Agata ha cominciato a fidarsi di Santiago, avverte la sua presenza come una necessità. Non riesce più a staccarsi.

E pensare, addirittura, di lasciare Madrid assieme a Rio e Tokyo, diventa un’idea decisamente impossibile per il suo stato emotivo.

La lotta tra mente e cuore continua dentro di lei, incessantemente!

Tale ricerca di sicurezza, un lato del carattere della gitana, da sempre ben celato, finalmente viene tirato fuori.

Complice l’amore che nutre per Lopez, oppure i tanti timori sorti in seguito alla brutta vicenda del Mariposas.

“E pensare che ti mostravi come una pantera!” – scherza lui, spostandole una ciocca dal viso.

“Anche le pantere a volte sentono il bisogno di essere coccolate” – spiega lei, avvinghiandosi al suo petto.

“Se ogni volta che torno, a fine turno, mi accogli così, farò tardi sempre” - il quarantaduenne gradisce l’accoglienza riservatagli dopo una pesante giornataccia di lavoro, e gode di quel momento.

“Non provarci nemmeno” – quel commento, a tratti minaccioso e a tratti giocoso, crea ilarità.

“Su, dai datevi questo bacio e andiamo a cenare, ho una fame da lupi” – sdrammatizza Tokyo, facendogli la linguaccia - “Beati voi che stanotte farete le ore piccole, a me tocca dormire da sola fin quando il mio amore non arriverà”

“Chi? Cortes?” – chiede Santiago, cingendo la vita di Nairobi e appoggiando il mento sulla sua spalla.

“Rio…si chiama così, capito?” – precisa la Olivera.

“Ah, beh… se si tratta di questo “Rio”…ti consiglio di aggiungere un posto alla nostra tavolata”
“Che?” – esclama Silene, confusa.

L’ispettore, allora, molla la sua compagna, si volta verso l’uscio e fa cenno a qualcuno di avanzare. 

“Ciao…” – timidamente, fa il suo ingresso proprio lui, Anibal.

“Rio!” – esclama Agata, sconvolta, portandosi una mano sulla bocca.

“Mi vida” – grida Tokyo, non trattenendo la gioia.

“Che fai? Non mi saluti?” – le dice, aprendo le braccia in attesa di accoglierla a sé e respirare quel profumo che tanto gli è mancato.

E Silene lo accontenta subito, compiacendo anche il suo stesso cuore.

Gli salta addosso, aggrappandosi con le gambe alla sua cinta e, sotto gli occhi commossi di Nairobi e dell’ispettore, i due amanti si ritrovano in un bacio lungo, profondo, atteso, e decisamente passionale.

“Dove l’hai incontrato?” – sussurra Agata al compagno.

“Era qui davanti. L’ho interrogato per bene, da bravo ispettore, mi sono accorto della sua sincerità ed eccolo qui” – spiega Lopez.

La gitana gli sorride, fiera, dandogli un tenero bacio sulla guancia.

“Come potrei andarmene e lasciarti qui” – pensa Nairobi, riflettendo sul discorso affrontato con l’amica.

“Ehm, dovremmo andare a cena o si fredda tutto” – interviene poi Santiago, dispiaciuto di interrompere la scena emozionante.

“Certo” – afferma, radiosa, Silene – “Hai ragione” - mano nella mano con il suo ritrovato Rio si può finalmente brindare alla ritrovata libertà.

“A proposito…” – aggiunge ancora l’ispettore – “…sentiti come fossi a casa tua”

“Grazie, grazie di cuore”

“Bentornato tra noi” – lo abbraccia Agata, vedendo ricomporsi, man mano, i pezzi della sua vita.

Manca il tassello fondamentale, però. Quel tassello per cui, chi comanda il Night Club, la tiene sotto scacco.

Axel.

La sua consolazione è sentire la vicinanza di Bogotà, il solo che potrebbe colmare quel senso di vuoto e garantirle la serenità che merita da sempre.

“La cena è stata ottima” – si complimenta l’ispettore, sdraiato sul letto che osserva estasiato Agata, in piedi di fronte allo specchio.

La gitana è alle prese con una crema corpo che spalma, delicatamente, sulle braccia e sul decolté.

Da quanto tempo non si prendeva cura della propria persona in maniera così minuziosa!

Nonostante il benessere del momento, la zingara ha la testa altrove.

Non si accorge neppure che l’uomo si è alzato dal letto ed è esattamente alle sue spalle.

Le braccia di lui si adagiano, con dolcezza, sui suoi fianchi, e può sentire la barba dell’uomo pungerle sul collo. Il respiro caldo di Santiago, le mani che viaggiano lungo tutto il suo corpo, arrivando ad abbassarle la spallina della vestaglia da notte, sono il chiaro segnale di un desiderio che divampa.

Nairobi cerca di non pensare a nulla, cedendo a quei gesti, lasciandosi andare, e per la prima volta, non prendendo controllo della situazione.

“Tutto bene? Ti vedo strana” – precisa l’ispettore, quando, entrambi sotto le lenzuola, dopo i teneri ed eccitanti preliminari, sono prossimi al momento intimo.

Agata si chiude nel silenzio; non trova le parole giuste per esprimersi, mentre di sottofondo il rumore proveniente dalla camera di Tokyo fa intendere che anche l’altra coppia gode del ritrovato amore.

“Ho sbagliato in qualcosa? Ti prego, dimmelo se è così. Non voglio farti sentire a disagio”

“No, no” – finalmente apre bocca per rasserenarlo, lo bacia sulle labbra e aggiunge – “Non sei tu”

“E allora cosa succede?”

“Non sei mai stato tu! Sono io il problema”

L’espressione disorientata del quarantaduenne esorta Agata a spiegarsi meglio - “La vecchia Nairobi si sarebbe sfogata in altri modi, come sta facendo adesso Tokyo con Rio!”

“Già… lo so” – le sorride timidamente lui. Ma la sua voce rassicurante, continua – “Amore mio, se ti spaventa qualcosa o qualcuno, devi parlarmene, ci penserò io”

“Sei così dolce e premuroso” – è così felice di avere accanto una persona tanto speciale che non esita a dirglielo, accarezzandolo e osservandolo come fosse il suo tesoro più grande.

“Sai, prima di conoscerti, io avevo altri piani…”

“In che senso?”

Tirandosi su, sollevando il cuscino per potersi distendere meglio, la zingara rivela - “Immaginavamo il giorno in cui, fuori dal Mariposas, saremmo potute scappare via”

“E lo avete fatto, siete scappate via. Siete state super coraggiose!”
Agata scuote il capo – “Non intendo questo. Dico … andarcene da Madrid…per sempre!”

“Beh, ma perché non c’ero io…adesso che siete qui, io vi proteggerò, non c’è bisogno di lasciare la città”

Gli occhi lucidi della gitana lasciano emergere altro… e l’ispettore coglie il nocciolo della questione - “Nairo, cosa stai cercando di dirmi?” – sente la terra tremargli sotto i piedi quando gli appare dinnanzi la solita scena: una donna che dice di amarlo e che poi va via – “Mi stai mollando?”

“No, ascolta, Bogotà. Con il ritorno di Rio, Silene mi ha ricordata della partenza che avevamo organizzato insieme, e…”

“Te ne vuoi andare con loro?”

“Non lo so!” – spiega, amareggiata.

Saperla dubbiosa sulla scelta di sparire dalla sua vita, delude Lopez che, non controllandosi, commenta - “Sei come le altre…anche tu”

“Ma cosa stai dicendo?”

“Come tutte quelle che mi parlavano di amore e sentimenti e che alla prima occasione, mi hanno lasciato!”

“Non è affatto così! Sai bene quanto io sia in pericolo rimanendo a pochi passi da quelli lì…la faccenda è seria! Non è la stessa cosa delle tue ex”

“Ci sono io, cazzo, Nairobi. Io! Possibile che non riesci a capirlo? Nessuno ti torcerà un solo capello!”

Ma Agata non replica. Lo osserva riconoscendo nei suoi occhi un dolore penetrante che combacia esattamente con il suo.

“Io ancora non ho preso la mia decisione!”

“Beh, sai che ti dico? Fa’ come vuoi!” – si alza dal letto, rivestendosi, nervosamente.

Il tutto sotto lo sguardo della gitana che, cambiando umore, gli risponde - “Prima hai voluto sapere cosa mi turbava, e adesso che lo sai ti stai infuriando! Lo vedi che facevo meglio a tenermi tutto dentro?”

“No, no! Troppo facile dare la colpa a me ora. Io sarei il responsabile perché ti ho vista star giù e volevo aiutarti? Non funziona così, Agata”

Si allontana, dirigendosi alla porta.

“Ora dove vai?” – chiede la donna, dispiaciuta di averlo ferito, ma al contempo frustrata nel doversi sentire sempre e comunque la sola colpevole.

“Voglio stare da solo. Buonanotte” – con il cuore in pezzi e la sensazione di aver sbagliato donna, per l’ennesima volta, Lopez lascia la camera, sbattendo con forza l’uscio e si chiude nella propria.

Coricatosi, solo con se stesso, sfoga in un lungo pianto la sua delusione.

 

   
 
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