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Autore: Kim WinterNight    02/04/2022    2 recensioni
Storia incentrata su Mike Patton.
DAL TESTO:
C’è qualcosa che mi distrae.
Una voce tra le voci, uno speaker alla radio, un mormorio in mezzo a una folla impossibile.
È sempre così alla stazione della metro, ma stavolta un fattore diverso mi attrae. Non me lo so spiegare, ma succede.
Quella voce parla di sette casi. Sette casi di qualcosa, in Cina. Mi concentro, ma è difficile sentire in mezzo a questo caos.
La gente mi viene addosso, mi parla in faccia, ride e corre di qua e di là. [...]
Da quanto tempo sono chiuso qui dentro?
Genere: Angst, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Mike Patton
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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3
 
 
 
 
 
 
You did one thing wrong
You woke up
It looked better before
More! More!
[…]
Look in the mirror…
 
 
Mi sono svegliato e ho avvertito subito una rabbia incredibile fluire dentro me.
Oggi è una di quelle giornate in cui non mi sopporto e non so come separarmi da questa sensazione, non so come allontanarmi da me stesso e dallo schifo che sono.
Ho sbagliato ad aprire gli occhi, so che sarà un’agonia.
Un supplizio.
Finché dormivo, tutto andava bene. O meglio, andava come al solito.
Poi ho aperto gli occhi, il sole li ha feriti e mi ha infastidito.
Allora la rabbia mi ha investito e mi sono strappato le coperto di dosso.
Tutto è ostile attorno a me – dentro di me.
Mi aggiro irrequieto per casa, vorrei soltanto distruggere quello che mi circonda.
Per un attimo intravedo la mia immagine riflessa nello specchio del bagno.
So che non devo guardare, però non riesco a evitarlo.
È un richiamo primordiale, mi disgusta ma mi attrae in maniera inesorabile.
Compio i pochi passi che mi separano dal vetro riflettente e la rabbia monta ancora di più dentro me.
Non so neanche perché sono incazzato, ma lo sono e tanto. Ce l’ho con me stesso perché non sopporto neanche di appartenermi.
Guardo la mia faccia di merda e vorrei prenderla a pugni.
I miei occhi sono pozzi di rabbia, profondi e senza fine. Sono talmente stretti e insopportabili.
La barba incolta mi disgusta, mi prude sulle guance e sul mento.
Il naso è inguardabile, le labbra secche e screpolate che vorrei mordere fino a farle sanguinare, gli zigomi spigolosi fanno male, mi bucano la pelle dal colorito insano e vomitevole.
Che razza di mostro mi sta fissando? Che razza di creatura stomachevole mi restituisce un ghigno furibondo?
È mattina, mi sono alzato da poco e già non mi sopporto.
Vorrei non esaminarmi, vorrei trovare il coraggio di uscire di qui e non dover più convivere soltanto con me stesso.
E con la luce del sole che mi abbaglia, la mia immagine riflessa è ancora più disgustosa.
Tutto è troppo brillante, ogni dettaglio troppo evidente.
Non voglio guardarmi e non voglio che qualcuno mi veda.
Credo che tornerò a letto, getterò la testa di cazzo che ho sotto le coperte e, come gli struzzi, mi nasconderò dalla vita che mi sta facendo sempre più schifo.
Che mi spaventa ogni giorno di più.
 

Don't look at me
I'm ugly in the morning!
 
 
[Ugly In The Morning, Faith No More]
 
 
 
 
§
 
 
 
 
There's something wrong with me
[…]
I've never been so melancholic
My rhetoric is stuck in falling tears
 
 
Non appena lui entra in casa mia, non riesco a trattenere le lacrime.
Non so cosa mi prenda, ma improvvisamente le mie emozioni sono impetuose e incontrollabili.
C’è qualcosa che non va in me, in realtà non esiste qualcosa che sia come dovrebbe nella mia testa.
Non sono mai stato tanto triste come in questo momento.
Roddy è una delle persone più allegre e positive che io conosca, ed eccolo di fronte a me, pronto a farsi carico della mia merda.
Ne ha passate tante e non si merita tutto questo.
Vorrei tanto cacciarlo, mandarlo via, respingerlo per impedirgli di incupirsi a causa mia, ma l’unica cosa che riesco a fare è piangere.
Tutto quello che provo è racchiuso nelle gocce che mi bruciano sulla pelle e che non provo neanche ad asciugare.
Mi lascio cadere sulla poltrona e, con il capo chino, piango in silenzio.
I singhiozzi non sono frequenti, non mi scuotono, non fanno troppo male. il mio è uno sfogo calmo, un momento di cui forse avevo bisogno, o che non mi servirà.
Roddy recupera una sedia e la piazza accanto a me, vi si lascia cadere e mi osserva senza dire una parola.
Quanto vorrei mandarlo via.
Quanto vorrei che rimanesse.
Mi sento in colpa, questo è il mio schifo e io devo sguazzarci finché non riuscirò a uscirne.
Però lui è qui, è venuto a trovarmi ed è evidentemente in pensiero per me.
È strano.
Roddy non parla. Non mi infastidisce come vorrei, non mi investe con i suoi sproloqui, non cerca di estorcermi una verità che non sono disposto a condividere neanche con me stesso.
Non mi urla contro, non cerca di toccarmi.
Mi rimane semplicemente accanto – come non aveva mai fatto.
Forse ascolta le mie lacrime, i miei sospiri, le mie emozioni impetuose.
Vorrei che facesse tutte quelle cose che in genere mi irritano.
Vorrei sentire la sua voce e alzare gli occhi al cielo per l’esasperazione.
Invece lui no, se ne sta qui come una mummia.
Lo guardo attraverso le lacrime: non siamo poi così diversi.
Sono sicuro di avere un aspetto decisamente terribile, forse quei suoi occhi blu non vedono altro che un fantasma di cui avere compassione.
Tiro su col naso e mi limito a fissarlo, senza nascondere come mi sento e quanto faccio schifo.
Il suo sguardo non mi abbandona per un solo istante, mi studia e mi analizza – forse mi sta scavando dentro alla ricerca di qualcosa di buono a cui appigliarsi, ma non lo troverà.
La mia casa, con lui, non sembra più tanto ostile.
Vorrei dirglielo, ma ancora una volta la voce mi muore in gola – mi succede spesso, troppo spesso, come potrei andare in tour in queste condizioni?
Spero lo capisca dai miei occhi, ma temo che non sarà così.
Roddy sospira e si mette in piedi. «Ti preparo qualcosa da mangiare» dice, è la prima frase che pronuncia.
Poi lo noto: un sacchetto della spesa appoggiato sul tavolo della cucina, deve averlo portato con sé.
Prima di riuscire a parlare, devo schiarirmi la gola un paio di volte. «Non serve, qualcuno mi consegna il pranzo ogni giorno» bofonchio.
Ma lui si guarda attorno e si gratta il mento, scuotendo il capo. «Cucinerò qualcosa, poi darò una sistemata qui. Questo posto è un tugurio.»
«Beh… non è poi così male» commento.
Lui si volta nella mia direzione e non riesco a decifrare l’occhiata che mi rivolge, poi torna a darmi le spalle e si mette all’opera.
Sta facendo ciò che volevo chiedergli: ha trovato un pretesto per stare qui con me e infastidirmi.
In fondo questa non sembra essere una giornata totalmente inutile e malinconica.
Prima che lui arrivasse lo era, adesso lo è un po’ meno.
 

Please come with me
Follow me
Cover me
Bother me


 
[Medicine, Melancholia]
 
 
 
 
§


 
 
 
And I'm a shadow of a ghost


 
Mi guardo allo specchio e non mi riconosco.
Oggi ho avuto il coraggio di esaminare il mio volto sciupato, di incrociare il mio sguardo spento, di osservare come i miei capelli sono sfibrati e fragili.
Rispecchiano ciò che sento nel petto.
Vuoto.
È così che devono sentirsi i fantasmi: per attraversare le pareti e oltrepassare gli universi in cui non sono mai ben accetti, devono essere necessariamente vuoti dentro.
I ricordi della vita che avevo mi feriscono in ogni istante, eppure non riesco a credere che quello fossi proprio io: l’uomo energico, creativo, folle, instancabile.
L’uomo che viveva di musica e che affermava di non avere tempo per riposare, perché nella sua mente c’era troppa roba e doveva lasciarla fluire nell’unico modo che conosceva.
Quello non sono più io.
Mi guardo e non mi riconosco.
Dov’è finita la voglia di sperimentare e di riempire ogni istante di nuove idee?
Dov’è finito quel tipo curioso e affamato di scoprire sempre di più?
Dov’è finito colui che desiderava collaborare con artisti particolari e imparare da ogni singola esperienza?
Non lo ritrovo in quel riflesso sbiadito.
Sono l’ombra del mio stesso fantasma, è come se qualcuno si fosse impossessato di me e mi avesse rubato ogni stimolo.
Eppure dovrei saperlo: è tutta opera mia, non posso incolpare nessuno.
Do le spalle ai miei stessi occhi, ma non smetto di sentirmi osservato.
L’ansia ricomincia a crescere.
 
 
It's feeling as if somebody has taken host
 
 
[Particles, Nothing But Thieves]
 
 
 
 
§
 
 
 
 
Il fattorino arriva puntuale, come ogni giorno.
Consegna il pranzo al solito indirizzo.
In allegato un biglietto, scritto al computer e anonimo.

 
 
I learned what I could do with my voice on stages and because of the people that I was around. It wasn't me sitting in a room by myself. I didn't know what I was doing. I was figuring it out on the fly.
[Mike Patton]
 
 
 
 
 
 
NOTA:
In questo capitolo compare Roddy Bottum, storico tastierista dei Faith No More.
  
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