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Autore: Sasita    06/04/2022    1 recensioni
"You changed me Dean... because you cared, I cared. [...] I love you"
Storia post series finale, dove finalmente Dean fa i conti con i suoi sentimenti e con l'angelo che ha cambiato, e l'ha cambiato, per sempre.
Tutti noi vorremmo che l'ultimo episodio non fosse mai stato girato, almeno non in quel modo. Dean in paradiso, in attesa di Sam, una distanza imbarazzata tra tutti i personaggi e un grande, sofferente, insostenibile vuoto. Non bastano un sorriso e un sospiro alla menzione di Castiel a colmare la lacuna lasciata dalla sua assenza, a dare pace a un tormento che si protraeva da fin troppi anni, e che troppo a lungo ha accompagnato Dean e Castiel nella scoperta di sé stessi, e del loro vero essere. Ma se tra il momento in cui Dean ha salutato Bobby in Paradiso per mettersi in viaggio, e quello in cui Sam l'ha finalmente raggiunto, non fosse passato così poco come l'episodio lascia intuire? Il tempo passa diversamente in Paradiso, ma Dean non può scappare da sé stesso, e non può scappare da colui che, per undici anni, l'ha amato e protetto sacrificandosi per lui senza remore.
Genere: Avventura, Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
Capitoli:
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NdA. Come promesso, ecco il punto di rottura. Spero che il capitolo vi piaccia, io ne vado molto fiera. Le due canzoni che lo ispirano sono Faithfully dei Journey, e Heaven, di Bryan Adams. Piccola chicca: la versione di Heaven in link nel titolo è cantata niente di meno che da Jensen Ackles.


 


CAPITOLO X
Faithfully from Heaven 

 

Oh boy, you stand by me
I'm forever yours, faithfully

 

Oh once in your life you find someone
Who will turn your world around
Bring you up when you're feelin' down
Yeah nothin' could change what you mean to me
Oh there's lots that I could say
But just hold me now
'Cause our love will light the way

 

Circus life
Under the big top world
We all need the clowns
To make us smile
Through space and time
Always another show
Wondering where I am
Lost without you

 

And baby, you're all that I want
When you're lyin' here in my arms
I'm findin' it hard to believe
We're in heaven
Yeah and love is all that I need
And I  found it there in your heart
It isn't too hard to see
We're in Heaven, yeah

 

And being apart ain't easy on this love affair
Two strangers learn to fall in love again
I get the joy of rediscovering you
Oh boy, you stand by me

 

I've been waitin' for so long
For somethin' to arrive
For love to come along
Now our dreams are comin' true
Through the good times and the bad
Yeah I'll be standin' there by you

 

I'm forever yours

 

You're all that I want
You're all that I need

 

Faithfully

 

 

«Dean, ti prego…», lo fermò Castiel. «Sei turbato»

Dean sentiva le sue mani tremare, ma non aveva nessun tremore dentro. «No… No, Cas. Sono— non sono mai stato più sereno», disse. «I-Io… non voglio più aspettare. Sono stanco di aspettare. Sono stanco di frenarmi— io… sarò sempre un maledetto casino, e farò un sacco di errori ma… non voglio farne adesso, adesso voglio solo… lasciarmi andare a quello— io voglio te, Cas, e ci ho messo anche troppo tempo per capirlo e troppo tempo per accettarlo e adesso ogni istante di attesa è un tormento…»

Castiel gli prese il viso tra le mani e affondò le dita tra i suoi capelli, spingendosi contro di lui, labbra contro labbra. «Allora lascia che te ne liberi…», gli sussurrò sulla bocca schiusa. Dean fremette, poi attorcigliò le braccia al suo collo e lo tirò ancora più a sé, finendo per franare insieme sul divano. 

L’angelo fermò la caduta con un braccio, socchiuse gli occhi nel bacio e li fissò in quelli dell’altro, poi gli aprì le labbra a forza e ci si insinuò. I loro respiri si confondevano. 

Dean ruotò i fianchi per scontrarli contro quelli di Castiel, provocandogli un gemito rauco. Le mani dell’uomo correvano lungo tutto quel corpo sopra di lui, incapaci di scegliere un solo punto su cui fermarsi. Alla fine si decisero a finire il lavoro iniziato, sganciando un bottone dopo l’altro. Le dita calde di Dean avanzavano decise, come mosse da un potere proprio: forse era vero che non aveva mai sfilato dei vestiti a qualcuno con cui condivideva forme e taglie, ma si rese conto che non era poi una grande mancanza. 

La passione è passione verso chiunque sia rivolta, soprattutto se coinvolge qualcuno che ami tanto quanto Dean sentiva, in quel momento, di amare Castiel. 

Con i polpastrelli gli sfiorò le costole e correndo su tutta la loro lunghezza risalì prima verso lo sterno, poi fino alle spalle, insinuandosi sotto gli strati di vestiti che ancora nascondevano quel corpo alla sua vista con la sola esclusione del sottile triangolo della camicia aperta. Dean si separò dalle labbra di Castiel, scostò un po’ il viso per guardarlo mentre tentava di sciogliergli il nodo della cravatta; non era abituato a farlo da quell’angolazione, ed era troppo impaziente per imparare in quel momento, così semplicemente infilò le dita nel colletto e la sfilò in un paio di strattoni, lasciandola cadere sul pavimento. 

Gli occhi di Castiel gli arroventavano la pelle celata dalla stoffa e Dean sentiva il calore scorrergli sul viso come lava che risaliva dal petto fino al collo e le guance. Gli riportò le mani sulle spalle e spinse perché camicia, giacca e impermeabile scivolassero via in un colpo solo. Castiel lo aiutò, senza mai distogliere lo sguardo dai suoi occhi verdi, provocandogli scosse di eccitazione e adrenalina: spostò un braccio e poi l’altro, mantenendosi eretto sopra di lui con un’espressione famelica e stupefatta insieme. 

Dean gli liberò finalmente i muscoli tesi, e sospirò: aveva gli occhi erano accesi di uno sguardo estatico, la bocca piegata in una piccola “o” da cui l’aria entrava e usciva al tempo aritmico del suo cuore. In vita sua aveva visto molti corpi nudi o seminudi. Per lavoro o per svago, dal vivo o su uno schermo. Aveva accarezzato donne bellissime, alcune dalle morbide curve femminili, altre androgine; alte e meno alte, più e meno giovani, dalla pelle chiara come la panna o scura come l’ebano. A volte aveva nascostamente percorso con lo sguardo le forme di qualche ragazzo. 

Con le mani ai lati della sua testa, il torso nudo dalla cintola in su, vestito solo dei pantaloni neri del suo completo, Castiel non era forse il corpo canonicamente più bello che avesse mai visto, ma per lui era semplicemente perfetto. Il solo guardarlo, dopo anni passati solo ad immaginarlo, copriva di brividi tutta la pelle di Dean. Castiel non era mai stato un tipo muscoloso o statuario, esattamente come non lo era lui: non era il tipo da braccia gonfie, trapezi sporgenti, addominali perfettamente definiti e pettorali larghi e pieni. Piuttosto era atletico e asciutto, la sua pelle era morbida ed elastica, calda, le sue spalle erano stondate ma forti, le sue braccia mostravano appena il segno dei bicipiti, il suo petto era snello e flessuoso e il suo addome piatto e compatto. Tutto in Castiel gridava normalità, eppure Dean poteva sentire sotto quella pelle leggermente olivastra il potere sovrannaturale che nascondeva, e ne era rapito: poteva percepire attraverso ogni stilla del suo essere il desiderio che gli montava dentro. Si leccò le labbra. Con gli occhi accompagnò le proprie mani, beandosi del respiro tremante e spezzato che il suo tocco provocava in Castiel. 

Anche il suo respiro era spezzato. Si sentiva di nuovo quindici anni più giovane. Si sentiva invincibile e spensierato, innamorato ed eccitato. La sola consapevolezza che era lui, un semplice, piccolo e incasinato uomo, a scatenare quelle reazioni umane e sovrumane nella creatura celeste davanti a lui, la creatura che era caduta, si era rialzata, si era fatta uomo, si era sacrificata, aveva perso le ali, aveva accettato il suo destino, l’aveva combattuto, che lui aveva chiamato amico e fratello, lo sconvolgeva.

Con un largo sorriso che gli illuminava il viso arrossato, incatenò di nuovo le pupille a quelle di Castiel, fece scorrere le mani fino ai suoi capelli e lo tirò a sé. L’angelo si lasciò guidare, docile, dentro quel bacio. Dean spostò i palmi sulle sue guance per tenere i loro visi vicini e gli morse il labbro inferiore. La sua bocca gli scivolò sul suo mento e percorse tutta la linea della mandibola fino al lobo del suo orecchio, per poi ridiscendere, abbandonando baci roventi e incalzanti lungo il suo collo fino all’incavo della spalla, dove affondò il viso. Castiel emise un lungo suono gutturale, la sua pelle emanava luce e calore a ogni piccolo tocco di Dean. Quando i denti dell’ex cacciatore affondarono nella pelle della sua spalla, l’angelo inspirò rumorosamente, spalancò gli occhi azzurri e sorreggendosi con un solo braccio usò l’altro per costringere Dean sui cuscini del divano, tenendolo fermo mentre opponeva resistenza. 

Una bolla di eccitazione gli esplose nel ventre, mentre guardava dal basso Castiel che spostava il peso sulle ginocchia ai lati dei suoi fianchi lasciando che i loro bacini si toccassero, impedendogli di spostarsi. Con entrambe le mani il serafino afferrò i bordi della sua maglietta e gliela sfilò da sopra la testa insieme alla felpa, per poi lanciarle da qualche parte oltre al divano. Adesso erano entrambi a torso nudo, bloccati in un’impasse. Castiel si fermò a guardarlo, e Dean si sentì vulnerabile; un’emozione che non aveva mai veramente apprezzato. Quello che gli stava riservando il serafino non era lo sguardo malizioso ed eccitato che gli era stato spesso rivolto dalla ragazza di turno; non era il tipo di sguardo che lo divertiva titillando il suo ego: no, era uno sguardo adorante e innamorato, eppure possessivo. Era come se attraverso le linee tese del suo corpo Castiel potesse vedere oltre, vedergli dentro. Il suo sterno si abbassava e si alzava al ritmo scostante dei suoi respiri, finché Dean non riuscì più a sopportare di essere guardato così. 

Non era ancora pronto a quel tipo di sguardo, non era ancora sicuro di meritarlo davvero. 

Così cerco di sollevare il busto per avvicinarsi, ma Castiel glielo impedì: con una sola mano gli afferrò i polsi e glieli bloccò sopra la testa, avvicinando pericolosamente i loro corpi seminudi. Dean sentiva il calore della sua pelle, le vibrazioni del suo respiro, il suono del suo cuore, i brividi che sembravano passare dalle membra dell’uno a quelle dell’altro. E in quella vicinanza, ancora troppo distante, cercava con tutto sé stesso di colmare quei pochi millimetri che ancora separavano il petto di Castiel dal suo. Si divincolò, cercò di ruotare i fianchi, di inarcare la schiena, di spostare le mani, ma non c’era modo: in confronto all’angelo Dean non era che un fuscello, e per spezzarlo a Castiel sarebbe bastato anche solo un millesimo della sua vera potenza.

La consapevolezza di essere completamente succube, di non avere alcun potere in quella situazione, di essere per la prima volta dall’altra parte della barricata, alla totale mercé di Castiel, lo fece esplodere di eccitazione e desiderio. Il suo respirò accelerò, non era più capace di accumulare abbastanza aria senza respirare con la bocca; i suoi occhi erano spalancati, le pupille dilatate, il cuore martellante. Immobilizzato come era, con solo la testa in grado di spostarsi un poco, la inclinò per poter sfiorare con lo sguardo la sottile ma dolorosa fessura creata dai loro corpi paralleli. Le labbra di Castiel erano così vicine alle sue, eppure così irraggiungibili. Si sentì sul punto di pregarlo di colmare quello spazio.

Fu allora che lo colpì, la consapevolezza. I suoi occhi verdi si spostarono in quelli di Castiel in cerca di conferma. «Mi stai torturando…», soffiò, la voce ridotta a un ringhio.

«Mi sto solo godendo la vista di Dean Winchester che si lascia sopraffare da un bambino con l’impermeabile», sussurrò l’altro vicino al suo orecchio, talmente vicino da solleticargli la pelle. Lunghi brividi gli corsero lungo il collo. 

Dean deglutì e sbatte le palpebre. «Smettila»

«Di fare cosa?»

«Di fare co—», grugnì nel tentativo di essere sarcastico. Aveva un’espressione esasperata e infiammata insieme. 

«Sì…», insistette Castiel. «Cos’è che vuoi, Dean?», chiese con una punta di finta innocenza.

Dean aveva il fuoco dentro. «Per fav—»

«Credevo che tu non… pregassi», lo schernì l’angelo, continuando a percorrere con il respiro la linea della sua mandibola. «Credevo che per te fosse come… com’è che hai detto? Supplicare»

Dean tremava. «Smettila di fare lo stronzo…»

«Dimmi cosa vuoi»

La bocca di Castiel adesso era a pochissimi millimetri dalla sua, e lui non riusciva a pensare ad altro che era una maledetta sfortuna che non si fosse rimesso i jeans invece del pigiama; il suo corpo non era più sotto al suo controllo, ed era difficile mentire su cosa volesse.

«Basta… Cas… non—»

«Dillo»

«Baciami e basta, maledetto stronzo…», ringhiò, cercando inutilmente di liberarsi dalla stretta.

«Non mi sembra una gran preghiera»

«Sei proprio—»

«Dean»

L’uomo esalò un respiro tremulo, il desiderio gli gorgogliava dentro. «Cas…», tossicchiò e si corresse. «Castiel, ti prego…»

«Si, Dean?»

Il suono del suo nome sussurrato sulla sua bocca era come un incendio che gli irretiva i sensi.

«Baciami»

Castiel franò su di lui, gli liberò i polsi e fece scivolare le braccia sotto la sua schiena, stringendolo a sé in un abbraccio smanioso, pelle contro pelle, cuore contro cuore.

Libero dalla presa, con i muscoli doloranti per la resistenza che gli aveva opposto, Dean portò le mani sulle scapole dell’angelo, vi ci conficcò i polpastrelli, si lasciò affogare dal suo bacio. Poi le sue dita corsero più in basso, raggiunsero la base della schiena, sfiorarono le fossette di venere che si acuivano ad ogni movimento; sentì i brividi scorrere sulla pelle di Castiel ovunque passasse, ne percepì il calore della luce che divampava intermittente. Raggiunse il bordo dei pantaloni ed esitò. Bastò quell’incertezza a riportare Castiel alla realtà.

«Sei— va tutto bene?»

«Benissimo», rispose Dean, ansante. «Perché non… perché non ci spostiamo in camera?»

La vista di Castiel nervoso, tanto in contrasto con la determinazione di un attimo prima, riempì Dean di tenerezza e allo stesso tempo di ardore.

L’angelo si morse un labbro, ma non fece cenno di volersi spostare. «E la cena?»

«Sono sicuro che puoi riscaldarla dopo…»

«Ma…»

«La camera. Adesso

Dean era pronto ad andarci camminando, ma Castiel non la pensava allo stesso modo. In un fruscio furono sul letto, nella stessa identica posizione. 

«Non mi ci abituerò mai…», rise.

«Probabilmente neanche io»

Dean gli accarezzò i fianchi; gli avambracci di Castiel erano ancora intrecciati dietro la sua schiena. Riuscì a scostarsi, liberandosi dal peso del suo corpo per mettersi in una posizione più comoda. Poggiò le ginocchia sul materasso e sollevò il busto, e l’angelo lo imitò, fronteggiandolo. Dean si avvicinò per riprendere il bacio, ma l’altro lo guardò schivo.

«Hai esitato»

«E quindi?»

«Perché?»

«Non sapevo—»

«Non dobbiamo—»

«Cas—»

«Ti assicuro, non—»

«Cas!», Dean abbassò un po’ la testa, le sue labbra erano una linea tesa che si piegava appena in un sorriso malizioso, i suoi occhi scrutavano Castiel attraverso le ciglia. «Non sapevo come infilare le mani sotto i tuoi dannati pantaloni per raggiungere le tue belle chiappe, con questa maledetta cintura che hai addosso…»

Castiel arrossì, e Dean si godette quella piccola rivincita. Spinse i fianchi contro i suoi e gli afferrò le spalle per portarlo di nuovo incollato a sé, baciandolo con foga. Un piccolo gemito gli uscì dalle labbra quando sentì le mani di Castiel che scendevano lungo la sua schiena, giù, giù fino all’elastico del pigiama. 

Volle batterlo sul tempo; le sue dita gli scivolarono sull’addome, superarono l’ombelico e arrivarono ai pantaloni. Staccandosi di getto dal bacio, occhi negli occhi, Dean slacciò la fibbia e strattonò via la cintura in un gesto violento, lasciandola cadere sulla panca con un tonfo sordo. Poi si mosse di nuovo, tra baci e sguardi e respiri spezzati, e armeggiò impaziente con il bottone, che sembrava non voler cedere.

«Accidenti», imprecò, staccandosi dal bacio per capire dove stesse sbagliando.

Castiel sorrise, pose una mano sulla sua e cercò i suoi occhi. «Lascia fare a me», disse.

Dean annuì e si inumidì ancora le labbra, secche riarse e gonfie. Allontanò riluttante le mani dal corpo di Castiel e osservò i suoi movimenti fluidi mentre con un solo gesto si sbottonava i pantaloni e apriva la cerniera. Si sentì arrossire come un ragazzino alla sua prima esperienza; il calore gli invadeva le guance annebbiandogli i pensieri. Quando l’angelo sollevò gli occhi su lui, lo trovò rosso e affannato: aveva le mani sudate appoggiate sulle cosce ancora coperte dal pigiama, e fissava esitante la stoffa grigia, tesa, che intravedeva sotto la lampo.

«Va tutto bene?»

Dean deglutì, i suoi occhi tremolarono da una parte all’altra prima di incontrare quelli di Castiel. Sorrise e annuì, spostò le mani all’elastico dei suoi pantaloni e se li tolse. L’angelo lo imitò. Entrambi respiravano appena, non sapendo dove guardare, tanto avrebbero voluto immergersi in ciò che vedevano senza doverne scegliere un singolo segmento. Quando tutti e due ebbero le gambe libere, Dean tornò presto all’attacco. Dritto sulle ginocchia, il peso tutto sulle tibie, si sporse verso Castiel, scontrando ancora le labbra con le sue. Fece aderire i loro corpi e intrecciò le loro cosce, ansante.

Ormai non c’erano che pochi, sottili ed effimeri centimetri di cotone a dividerli. Niente che fosse in grado di nascondere ciò che entrambi provavano.

Con un braccio a far da bilanciamento intorno al busto di Castiel, Dean fece scorrere l’altra mano sui suoi fianchi; il suo tocco era sempre più timido via via che scendeva, finché non raggiunse il limitare dei boxer e si trovò di fronte a un bivio: se avesse esitato, Castiel avrebbe interrotto di nuovo il flusso dei loro movimenti, ma se non l’avesse fatto… ci pensò, ed effettivamente non avrebbe avuto niente da perdere. Deciso seppur tremante lasciò che le sue dita oltrepassassero l’elastico e si insinuassero su quel suo lembo di pelle ancora invisibile, all’attaccatura dell’anca. Castiel fremette, un’altra vampa di luce riempì la camera illuminata solo dalla luna. 

Tremavano entrambi, tanto incerti quanto impazienti. Dean spostò la mano sul gluteo di Castiel, approfondì il loro bacio e lo tirò a sé, facendo scontrare i loro bacini. Una scossa elettrica e un brivido eccitato e spaventato insieme gli corsero lungo tutta la spina dorsale, facendogli rizzare i capelli sulla nuca. Castiel inspirò rumorosamente e l’aria gli si fermò in gola; scostò un poco il viso, guardò Dean negli occhi e gli prese il volto tra le mani. I loro corpi pulsavano l’uno contro l’altro.

«Sei la cosa più bella che mi sia mai capitata in tutti i millenni che ho vissuto», gli disse. Nei suoi occhi l’uomo poteva leggerci molte cose: brama, desiderio, attesa, bisogno, ardore, timore. Ma una spiccava sopra tutte le alte. «Io ti amo, Dean Winchester»

Tutta la tensione e la paura che Dean sentiva scemarono. Qualunque cosa fosse successa, qualunque cosa avesse provato, non aveva niente da temere: lui e Castiel avrebbero trovato il modo per affrontarla insieme.

«Puoi averla», soffiò, gli occhi fissi nei suoi.

Castiel gli accarezzò lo zigomo con il pollice, sul viso aveva dipinta l’espressione più sorpresa  e beata che si potesse immaginare. «Cosa?»

«Ogni parte di me». La sua voce era graffiata, il suo viso in fiamme. 

L’angelo non si trattenne più, un’esplosione luminosa uscì dal suo petto e in un attimo Dean si trovò con la schiena schiacciata sul materasso e le labbra dell’altro che gli scorrevano sul mento, poi sul collo. La sua grazia gli solleticava ogni atomo del corpo, connettendosi con esso. Castiel si fermò un istante a saggiare il suo pomo d’Adamo, poi scivolò sulla clavicola. Dean tremò di aspettativa, un mugolio emerse dalla sua gola. Aveva gli occhi serrati, le lenzuola strette nei pugni abbandonati lungo i fianchi. Castiel scese sul suo sterno, poi gli sfiorò il petto. Dean sollevò un ginocchio, strusciando la coscia contro il fianco dell’angelo. 

Il tocco leggero della corta barba di Castiel gli lasciò linee roventi lungo la linea degli addominali fino all’ombelico. Dean aprì la bocca per respirare, tremiti sempre più forti gli scuotevano il corpo e il rombo del cuore gli ovattava l’udito. Ogni suo muscolo era in tensione.

Castiel si sollevò un po’ guardandolo dall’alto: sentendosi osservato, l’uomo aprì gli occhi e lo vide sorridere mentre con le mani ripercorreva la strada spianata dai suoi baci fino ai suoi boxer. Ogni parte di Dean gridava desiderio. L’odore salino della sua pelle umida, appena intriso di ansia e aspettativa, riempiva l’aria della stanza. Ma Castiel esitò.

Stava per parlare di nuovo, ma Dean non ce la faceva più con tutte quelle parole. In un gesto impulsivo si portò le mani ai fianchi e finì di spogliarsi da solo.

Nudo, eccitato, vulnerabile.

Castiel assorbì ogni centimetro di quella vista, incapace di muoversi, terrorizzato alla sola idea di fare qualcosa di sbagliato.

Dean lo vide e prese un respiro profondo, appena tremolante. «Pudding!», esclamò in una risata nervosa, muovendo impacciatamente i fianchi in un moto circolare.

Al suo gesto inaspettato e improvviso Castiel arrossì, e un’espressione confusa gli apparve sul viso. «Dean, tutto mi sembra tranne che mollic—»

Quella reazione lo fece scoppiare a ridere, abbassando la tensione del momento. «Oh, ci puoi scommettere… infatti mi chiedo perché diamine tu stia esitando…», e così facendo gli afferrò una mano e se la portò all’interno coscia.

Non si aspettava che il suo corpo reagisse così violentemente. Il tocco delle dita di Castiel sulla sua pelle sensibile lo fece sussultare; un’onda di piacere e desiderio lo fece quasi affogare nel suo stesso respiro, e istintivamente sollevò i fianchi per andare incontro alla sua mano.

Spinto dalla reazione di Dean, Castiel si issò sopra di lui posando il peso lateralmente su un avambraccio, mentre con la mano libera gli accarezzava la coscia, su verso il ginocchio e giù verso l’inguine, in un movimento lento e pressante.

«Cas…», mugugnò Dean, incapace di attendere oltre. Il suo corpo era pervaso dai brividi, la sua voce era spezzata, gutturale.

Castiel stava sfiorando con i polpastrelli ogni suo lembo di pelle, evitando accuratamente di accarezzarlo dove Dean lo desiderava di più. «Si?»

«Non—», un gemito gli ruppe a metà la frase. «Non farmi pregare di nuovo»

«Per cosa?»

Dean non sapeva se Castiel volesse essere seducente, fargliela pagare per tutti quegli anni di attesa, fare lo stronzo oppure se avesse studiato tanto bene la sua cronologia dei siti a luci rosse da aver imparato perfettamente cosa avrebbe voluto avere da un rapporto in cui non fosse lui ad essere dominante. 

Ma una parte dell’uomo percepiva che Castiel stava esitando anche perché in cuor suo, proprio come lui, aveva paura. 

Esisteva un punto di rottura, tra il passato e il futuro, in ciò che stavano facendo in quel momento. Sicuramente si erano spinti molto oltre, ma c’era ancora un filo sottile che li teneva separati dallo stravolgere tutto. Superato quel limite, tagliato quel filo, tutto sarebbe stato diverso. Non sarebbe cambiato nulla, e insieme sarebbe cambiato tutto. E Dean aveva una paura fottuta di perdersi in quel cambiamento, di non saper più camminare su quel terreno sconosciuto. E anche Castiel, sicuramente, ne aveva. Forse lui aveva più paura per Dean, piuttosto che temere per la propria, di incapacità di camminare. Castiel sapeva benissimo cosa voleva, di questo lui ne era consapevole. Eppure esitava. In parte per torturarlo, in parte per rimandare quel momento decisivo in cui non ci sarebbero più stati un Dean Winchester il cacciatore e un Castiel l’angelo del signore: sarebbero diventati uno, avrebbero rotto il cerchio intorno al quale si erano rincorsi per anni, e si sarebbero uniti al centro, senza più possibilità di tornare indietro. Ma Dean era stanco. Stanco di pensare solo alle conseguenze, stanco di nascondersi, stanco di fare passi indietro e ritrarsi dal tocco di Castiel.

La presa stretta che adesso agognava non era quella che l’avrebbe risollevato dalla perdizione, ma quella che ce lo avrebbe potuto far precipitare. Eppure non c’era perdizione più bella, più profonda e oscura e eterna che potesse desiderare, di quella in cui tagliare quell’ultimo filo avrebbe potuto scagliarlo.

«Castiel», lo chiamò ancora.

«Sì, Dean»

Un gemito gli gorgogliò in gola, ma si costrinse ad aprire gli occhi e fissarli in quelli chiari e luminosi del suo angelo. Aprì la bocca per parlare, ma non gli uscì alcun suono. Il solletico che sentiva gli faceva tremare le cosce, gli faceva girare la testa. Non si era mai sentito così in tutta la sua vita. Così sul punto di rompersi. Deglutì, sbatté le palpebre. 

«Toccami», lo pregò.

E Castiel lo fece.

Un’esplosione di puntini luminosi si accese nel buio dietro le palpebre di Dean. Il sollievo e il piacere si diffusero dentro di lui come un liquido caldo. Con movimenti ritmici andò incontro alla presa di Castiel, accompagnandola, tra ansiti e bassi ringhi. 

Cercò di spostarsi con fatica, senza smettere di muoversi insieme alla sua mano, e tirò l’angelo a sé in un bacio accaldato. Era in caduta libera. Ogni spinta in quella presa era un metro in più nell’oblio.

Quando sentì di non poter reggere oltre, portò la sua mano su quella di Castiel, e lo fermò. Aprì gli occhi e gli sorrise, poi invertì leggermente i loro corpi, pregandolo con lo sguardo perché si lasciasse sopraffare anche solo per un istante. Mordendosi un labbro, con le iridi verdi che non sapevano dove posarsi, liberò anche Castiel dell’ultimo indumento che gli rimaneva indosso. 

Gli mancò il respiro.

Fino a quel momento ben poco se non la consapevolezza di trovarsi con quell’angelo che era comparso distruggendo un intero impianto elettrico undici anni prima era stato diverso dalle sue esperienze del passato. E la barba, certo. Anche il fatto che avessero tutti e due la barba, anche se sottile, era un cambiamento abbastanza evidente. 

Ma adesso aveva davanti agli occhi l’intero corpo nudo di Castiel, che di contro lo stava guardando esitante, insicuro, trattenendo il respiro. Dean si passò la lingua sulle labbra, fu pervaso da un tremito ma lo soppresse, prese un respiro profondo. Alzò gli occhi fino ad incontrare quelli di Castiel, aggrottati, scuri, impauriti.

«Sei bellissimo»

Bastò quello a trasformare la sua espressione corrugata in un sorriso in grado di illuminare  letteralmente tutta la stanza. 

Dean deglutì e prese coraggio. Voleva farlo da troppo tempo da farsi fermare da qualche stupido freno inibitore, da qualche stupida paura infondata. Sapeva esattamente cosa doveva fare perché era perfettamente consapevole di cosa, a parti inverse, lui avrebbe voluto, e di come l’avrebbe voluto. I loro corpi funzionavano allo stesso modo, e non si sarebbe lasciato sfuggire questo vantaggio: avrebbe dato a Castiel tutto il piacere e il sollievo e la gioia che meritava, che aspettava, che voleva.

Quando le dita di Dean lo sfiorarono, Castiel si irrigidì, i suoi occhi si spalancarono e dalla sua bocca uscì un respiro rotto, rumoroso. Poi si mossero e l’angelo si inarcò istintivamente, il suo petto si abbassava e si alzava allo stesso ritmo della mano dell’uomo. Dean si beò di ogni reazione, di ogni gemito, di ogni brivido e tremito e fascio di luce Castiel emettesse. Più si muoveva, più si sentiva sicuro, più le sue barriere di sabbia franavano sotto il vento della libertà, più voleva dare sfogo alla sua audacia e alla sua fantasia. 

Per quanto avesse creduto di aver represso quei pensieri in passato, la sua immaginazione sapeva benissimo cosa avrebbe voluto fare a Castiel se mai ce ne fosse stata l’occasione. E ora che l’occasione si era presentata, non si sarebbe trattenuto.

Con gli occhi fissi sul viso di Castiel, che faticava a mantenere la concentrazione, avvicinò la bocca alla sua coscia, mordicchiò piano, passò la lingua sulle piccole aree sollecitate dai suoi denti. Castiel gemette, il suo corpo pulsò, i suoi muscoli guizzarono. Dean assorbì ogni ansito del suo piacere come una pozione che alimentava il proprio.

«D-Dean», balbettò l’angelo.

Era consapevole che lo stava portando al limite, ma non aveva intenzione di fermarsi, e gli parve del tutto naturale colmare quell’ultima distanza: quando le sue labbra umide e calde lo abbracciarono, Castiel tremò e la luce si fece così forte che se Dean fosse stato vivo, sulla Terra, non ne avrebbe potuto sostenere lo vista. Ma in Paradiso poteva, e l’emozione che provò era un’esplosione di euforia.

Si sentiva la testa leggera. Il sapore di Castiel sulla lingua lo inebriava e sorprendeva allo stesso tempo. L’angelo si muoveva, dettava il ritmo, ormai completamente assorbito e abbandonato; aveva le mani aggrappate alle spalle di Dean, strette fino a conficcargli le unghie nella carne, ma a lui non importava. Anzi, quel lieve dolore lo spingeva a proseguire, aizzandolo e inebriandolo. Poi Castiel per sbaglio spostò un po’ la mano e sfiorò il punto dove un tempo si trovava la cicatrice che gli aveva lasciato. 

L’uomo ansimò, ma strinse gli occhi e si concentrò con tutto sé stesso per non fermarsi, mentre Castiel riversava inconsapevolmente in lui tutto ciò che stava provando. Come una supernova, Dean sentì detonare dentro di sé il vigore delle sue emozioni. Si vide muoversi ritmicamente tra le sue gambe attraverso i suoi occhi. La vigoria del suo desiderio si unì a quello di Castiel, fondendosi con la sensazione di sorpresa, di gioia, di sollievo, di piacere, d’amore. Le loro emozioni si confusero, Dean era incapace di distinguerle: chi dei due non era mai stato tanto felice come in quel momento in tutta la sua esistenza, lui o Castiel? Probabilmente entrambi. 

Sentì i brividi percorrergli tutto il corpo, l’angelo serrò ancora di più la stratta sulla sua pelle, forse ignaro della forza che stava usando. Dean non si fermò. Immerso in una bolla tra le sue azioni e il suo viaggio attraverso le sensazioni di Castiel sentì dentro di sé montare qualcosa che non sarebbe mai stato in grado di descrivere, neanche con tutte le parole più belle e profonde di ogni lingua del mondo, era qualcosa di troppo potente, di troppo struggente, per essere descritto. Era l’amore divino, qualcosa di totalizzante e annichilente insieme. Concentrandosi, sentì Castiel arrivare al limite, tendersi, spezzarsi e lasciarsi andare. Lo sentì dentro e fuori, sulla lingua e nello spirito.

Quando ansimante, pulsante, in preda agli spasmi, Castiel lasciò andare la presa sulle sue spalle interrompendo il loro collegamento, Dean si sentì quasi svenire. Deglutì, si passò il dorso della mano sulle labbra e si sdraiò accanto a Castiel, respirando a fatica. 

Lui aprì gli occhi con le palpebre tremanti, il respiro affannato.

«L’hai sentito»

Non era una domanda, ma Dean rispose comunque. «Sì»

«Non saprò mai descriverlo… ma potrò sempre mostrartelo»

«Posso mostrartelo anche io?»

Castiel annuì. Dean gli prese il volto tra le mani, e lo baciò con passione; cercò di imprimere in quel bacio ogni sua emozione, ogni suo sentimento, ogni sua frustrazione del passato spazzata via. Si concentrò sugli sguardi che avevano scambiato, su tutte le volte che l’aveva desiderato, su tutte le volte che l’aveva perso, su quelle in cui l’aveva ritrovato. Si concentrò sulla sua prima confessione, in uno dei momenti più bui di tutta la sua esistenza, sulla prima volta in cui gli aveva detto “ti amo”. Si concentrò sul momento in cui aveva capito, a sua volta, di amarlo. Pensò ai loro baci, alle loro parole, alle loro carezze, alla soddisfazione e il piacere impareggiabili e indescrivibili che aveva appena provato, quale causa della sua felicità. Poi i suoi pensieri scivolarono su qualcosa di nuovo che emergeva dalle profondità del suo essere, formandosi sulla scia della sua immaginazione: era desiderio, era volontà, era sicurezza.

Si staccò dal bacio trovando gli occhi di Castiel spalancati di fronte ai suoi, umidi, grandi, amorevoli.

«Ne sei sicuro?»

Dean annuì, il cuore gli martellava nel petto. Si stese di schiena sul materasso e in un istante Castiel gli fu sopra, sorreggendosi su una mano, incastonato tra le sue ginocchia aperte. I loro occhi si incontrarono, Dean aveva il respiro tremante ma lo sguardo sicuro. Con due dita della mano libera, Castiel gli sfiorò la fronte: un fascio di luce dorata si sprigionò lieve, rilassandolo completamente. Dean sentì ogni suo muscolo distendersi e un’umidità oleosa diffondersi dentro di lui; gli venne da ridere.

«Non ti pare blasfemo usare la grazia per questo?», esalò.

Castiel piegò le labbra in un sorriso. «Non vedo nessun migliore utilizzo possibile»

Con la stessa mano l’angelo percorse l’addome di Dean fino al punto in cui i loro bacini si scontravano, e iniziò ad accarezzarlo di nuovo, accompagnando la stretta e i movimenti ritmici a piccole vampate di grazia. L’uomo affondò la testa tra i cuscini dietro di lui, inspirò, chiuse gli occhi. Poi si ricordò dello specchio e si voltò per incontrare la sua immagine riflessa. 

Vide il sorriso di Castiel mentre lo toccava e vide il proprio viso rosso e la propria pelle sudata.
Vide il proprio corpo teso, pronto.
Si vide ruotare i fianchi e muovere le labbra come spinte da una volontà a parte, stregate dal potere del suo inconscio, quando parlò.

«Prendimi», pregò. E sembrava proprio una supplica.

Vide Castiel che lo guardava. 

E poi lo sentì, quando in un travolgente, singolo movimento, cessarono di essere due, e divennero uno.




 

   
 
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