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Autore: Lilium Noctis    22/04/2022    0 recensioni
Si narrava che i canti delle Masche risvegliavano le antiche leggende andare perdute.
Con la guerra di cinquant'anni prima, però, esse si sono dissolte e gli uomini ritengono che tutte le creature di Colle Salmastro siano solo delle storielle per i bambini. Tuttavia esistono città dove questi racconti sono ben radicati.
Il giovane Tommaso si stava abituando alle strane usanze di Borgovecchio, un paesino sperduto tra i monti della regione, quando il suo cuore decise di rincorre la bella Sofia.
Nel tentativo di raggiungere i loro desideri, Tommaso e Sofia si troveranno catapultati in un mondo che conoscevano solo tramite le fiabe.
Una storia ispirata in tutto e per tutto al folklore italiano!
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Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shoujo-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Quando Tommaso uscì dall'ostello del signor Pepe era da poco terminata l'ora di pranzo e si ritrovò a sorridere mentre una folata di vento gli spettinò i capelli castani.

Sentire l'odore del mare lo divertiva: Borgovecchio era un paesino sperduto su un colle nel bel mezzo dei monti della Cuturina, il luogo abitato più a nord del territorio, eppure dal fiume che scorreva giù dal precipizio saliva il profumo della salsedine. Dopotutto, rifletté, la regione si chiamava Colle Salmastro per un motivo.

Si portò una mano sulla fronte e osservò il limpido cielo soleggiato, aguzzando la vista alla ricerca dell'orologio posto al centro di quel piccolo piazzale. Erano da poco passate le tre. – Accidenti...

Diede un'ultima occhiata all'edificio dietro di sé prima di correre verso la piazza principale. Si diresse verso la scalinata in mattoni, salendo a due a due i gradini, e percorse la via maestra scansando abilmente tutta la gente che gli rallentava il percorso.

Borgovecchio era una cittadina molto semplice, formata da un agglomerato di case e da negozietti in legno e mattoni dagli spioventi tetti rossastri, le cui strade ciottolate facevano echeggiare il suono degli zoccoli dei cavalli e dei carri. Un particolare che aveva da subito divertito il ragazzo erano le farfalle disegnate ai lati delle porte d'ingresso: la leggenda diceva che difendevano le abitazioni dal malumore dell'Orcolat, un essere tanto grande e tanto forte da poter spezzare le ossa con due dita.

Ciò che però rendeva più affascinante quel borgo, però, erano lo spiccare di un castelletto in pietra sul punto più alto del colle e la chiesa in marmo dalle vetrate colorate davanti al piazzale.

Giunto a piazza del Sole, Tommaso si fermò sul ciglio della strada a riprendere il fiato, ringraziando sé stesso per non aver dato ascolto a Berta e aver indossato la veste leggera anziché quella dalle lunghe maniche.

Ripresosi dallo sforzo si soffermò a osservare il via vai delle persone, sorridendo entusiasta nel vedere tutti all'opera per decorare lo spiazzo in vista della festività imminente, Ostara. Aveva da poco scoperto che nella data dell'equinozio di primavera si svolgeva una ricorrenza dove l'intera popolazione era riunita prima in preghiera, chiedendo un buon auspicio per la caccia e per i raccolti; si preparava un grande falò in cui si bruciava una bambola di grano e, infine, si mangiava e festeggiava per l'arrivo della bella stagione.

– Attenta! – Con un passo svelto si fiondò e prese al volo una ragazzina che stava per inciampare.

– G–grazie...

Tommaso non ebbe modo di assicurarsi che stesse bene perché, la fanciulla dall'abito verde e dalla chioma biondo fragola, si confuse all'istante nella folla come se non si fosse mai distaccata dal centro di essa.

– Ecco dov'eri finito, se ti aspettavo davanti a casa mia si faceva notte!

La pacca sulla spalla da parte di Luca non tardò ad arrivare: nonostante non fosse visibilmente muscoloso si sentiva fin troppo bene il suo tocco da aspirante fabbro.

– Ho fatto tardi alla taverna, – Guardò l'amico. – non hai idea di quanti cacciatori siano venuti! Uno ha addirittura voluto cucinato l'agnello che aveva appena comprato... ci ho messo un'ora a pulirlo...

– Vedila così: – Gli sollevò il magro braccio. – almeno inizi a mettere su qualcosa.

– E smettila! – Arrossì allontanandosi per osservare distrattamente il suo vestiario: una leggera sciarpa grigia velava il colletto del panciotto e un soprabito nero sbottonato gli scendeva sino agli stivali. – Ma non hai caldo?

Luca aggrottò le sopracciglia. – E tu non hai freddo? Guarda che l'unico che andava in giro con la giacchetta leggera, d'inverno, eri tu.

– Ma perché da dove vengo io così si sta in estate.

L'amico rise dandogli l'ennesima pacca. – Voglio proprio vedere cosa farai fra qualche mese!

Tommaso scosse il capo sorridendo divertito. Era vero, lui era abituato alle rigide temperature della regione a nord di Colle Salmastro, Vetta Gela, dove sino a pochi mesi prima aveva vissuto con la famiglia prima di andarsene. Sapeva di essere ancora giovane per una scelta simile ma la sua voglia di cambiare aria l'aveva preceduto.

Quando era giunto a Borgovecchio aveva trovato all'ostello del signor Pepe sia un lavoro che un luogo da poter chiamare casa; si trovava bene e non sarebbe tornato indietro per nulla al mondo.

I due amici camminarono e chiacchierarono per l'intero pomeriggio, aiutando ad addobbare e a posizionare delle uova sode in giro per la piazza, già pronta a festa, quando alcuni uomini chiesero loro una mano.

Il sole stava lentamente iniziando a calare quando un colpetto di gomito da parte di Luca lo fece sussultare. – Che c'è?

– Guarda chi arriva. – Gli sussurrò ammiccante indicando con un cenno di capo alle due ragazze che ora stavano passando davanti alla chiesa.

Con un sorriso raggiante e i lunghi capelli neri a risaltare gli occhi azzurri, la pelle ambrata e il lungo abito porpora, Carlotta Roncisvalle salutava di rimando chiunque la chiamava o guardava: lei era la fanciulla più importante dell'intera città, la secondogenita del Cavaliere Roncisvalle.

Suo padre sarebbe dovuto essere l'uomo a capo di Borgovecchio, un politico e un guerriero che agiva e adoperava secondo le leggi dell'Ordine dei Cavalieri, un ente nato per dare il libero arbitrio ai progressi della mente umana. Però, con l'elezione di pochi anni prima, il popolo si era mostrato più legato alle tradizioni e alla preghiera che desideroso di innovazioni e, quindi, l'Ordine Sacro aveva l'ultima parola per qualsiasi cambiamento in città.

Ma a Tommaso a non importava nulla della politica o dell'affascinante Carlotta, lui aveva occhi solo per la sua dama da compagnia: Sofia.

Lei aveva un viso d'angelo con iridi scure, labbra rosse piene e capelli color del grano. Non si capacitava perché tutti la deridessero a causa del suo zoppicare, non riusciva a capire perché tutti vedessero solo quel difetto in cotanta bellezza.

Da quando l'aveva incontrata per la prima volta, il mese prima, e l'aveva vista con la sua famiglia cenare alla taverna, non aveva passato un singolo giorno senza pensare a lei.

– Ti sei innamorato, eh? – Lo canzonò Luca.

Si voltò per dargli una spintarella, paonazzo in volto. – Siamo solo conoscenti...

L'amico scosse il capo. – Sei esasperante! Spero che, perlomeno, stasera tu voglia invitarla a ballare.

Tommaso diede un'ultima e fugace occhiata a Sofia prima di voltarsi costringendo Luca a seguirlo nella direzione opposta alla loro, ignorando i suoi commenti sarcastici ben sapendo che aveva ragione: doveva decidersi a parlarle, non poteva vivere di sole fantasie.

 

⊶ ⨗ ⊷

 

Sofia si sistemò lo scialle che indossava quando una lieve folata di vento le fece venire la pelle d'oca sulle braccia.

– Vuoi che rallenti un poco?

Alzò il viso e Carlotta era a pochi passi da lei, ferma nel bel mezzo del sentiero del bosco che circondava gran parte del borgo. Mosse svelta le gambe cercando di non inciampare, scuotendo il capo in segno di dissenso prima di guardarsi attorno.

– No, ce la faccio.

L'altra le sorrise prendendole la mano. – Siamo quasi arrivate.

Rafforzò con dolcezza quella stretta e rimase al suo fianco per tutto il percorso che le separava dalla loro meta. Erano dirette alla Cava delle Streghe, una grotta da cui tutti si tenevano lontani a causa delle dicerie causate dalla guerra di cinquant'anni prima, un luogo dove loro potevano fare quello che preferivano perché sole.

Il sole cremisi stava iniziando a scomparire oltre agli alberi quando Sofia si sedette al fianco della sua signora su un tronco abbattuto poco distante al'ingresso di quella caverna che, in quel bosco, pareva essere totalmente fuori contesto.

– Finalmente siamo da sole... – Il sussurro di Carlotta la fece voltare.

– Finalmente... – Ripeté avvicinandosi al suo volto.

Ogni volta che la baciava si sentiva mancare il fiato: sapeva che era sbagliato, che il loro era un peccato mortale, ma non le importava. Se sentire le sue esili e fredde dita sulle guance bollenti e le sue sottili e umide labbra sulle proprie equivalevano all'inferno, lei ci sarebbe andata più che volentieri.

– Sai perché questo posto si chiama Cava delle Streghe? – Domandò pochi minuti dopo Carlotta. – Si chiama così perché, prima della caccia alle streghe, loro si radunavano qui per far unire persone alla congrega e per svolgere i loro rituali.

Sofia non smise di guardarla, curiosa, mentre univa la mano alla sua. – E perché mai delle persone si sarebbero volute unire a loro?

– Perché i loro desideri non erano ritenuti un peccato. – Si lasciò prendere il volto e le concesse un altro bacio. – Perché quelle come noi erano accettate all'inferno da dove provenivano.

– E come le sai queste cose?

Scostò i lisci capelli neri e si umettò le labbra. – Fannio ha dei libri a riguardo... diciamo che non è tornato dalle rovine senza qualche oggetto di studio.

Lasciò che un breve silenzio cadde prima di baciarle il palmo. – Perché parlare di tuo fratello e di una guerra passata quando potremmo approfittare di questo tempo per noi?

Carlotta adocchiò il cielo dalle tinte arancioni prima di sorriderle. – Hai ragione.

 

 

Spazio curiosità

Nel Friuli-Venezia Giulia vi è la leggenda dell'Orcolat, un essere mostruoso, simile a un orco, al quale si attribuisce la causa dei terremoti.
Secondo i racconti un giorno l'Orcolat si addormentò a causa di alcuni funghi velenosi e, nel mentre, un gruppo di briganti ne approfittò per rubare e creare scompiglio in alcuni villaggi circostanti. Al suo risveglio l'Orcolat li cacciò e gli abitanti, per ringraziarlo, salirono alla sua caverna per portargli dei doni ma lo trovarono addormentato e ricoperto da delle farfalle.
Da allora gli abitanti di Bordano dipinsero sulle loro abitazioni decine, se non centinaia, di farfalle in modo tale che l'Orcolat non li disturbasse.
Al giorno d'oggi a Bordano c'è un posto chiamato "La Casa delle Farfalle", una "tana" di 1km quadrato composto da tre serre con centinaia di farfalle, animali e piante di vari ecosistemi!

 

   
 
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