Serie TV > Our flag means death
Segui la storia  |       
Autore: Bethesda    26/04/2022    2 recensioni
"[...] Lo voleva morto.
Voleva che provasse in pochi minuti il dolore che lui stesso aveva subito dal momento in cui si era reso conto di essere stato abbandonato come un cane su quel maledetto molo."
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Equipaggio della Revenge, Stede Bonnet
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Quando gli uomini di Bonnet gettarono l’ancora, finalmente giunti in un porto sicuro, il capitano tirò un profondo sospiro di sollievo.

Non pensava che ce l’avrebbero fatta, non dopo l’ultima incursione – quasi vittoriosa, certo, ma che aveva procurato una falla nella chiglia particolarmente grande e per la quale non era così sicuro sarebbero riusciti a non perdere nave e bottino.

Quando venne gettata la passerella si mostrò sorridente ai suoi uomini e questi lo ignorarono bellamente, riversandosi a terra in modo caotico.

Solo Lucius gli rimase accanto.

 

«Tortuga», sussurrò Stede.

 

«Già».

 

«Pensi che riusciremo a farci aggiustare la chiglia?»

 

«Quanto basta per arrivare in un porto un po’ più fornito».

 

Si voltò verso il ragazzo, osservando la cicatrice profonda che attraversava il suo volto.

Non se ne lamentava mai, nonostante fosse stato lui stesso la causa della mutilazione. Diceva che gli dava un’aria più vissuta, piratesca.

Aveva scoperto dagli altri membri che andava in giro a raccontare che fosse stato un dono di Barbanera stesso, inferto in un sanguinoso scontro prima di essere gettato in acqua.

Ma non l’aveva mai raccontata così al proprio capitano, e per due motivi.

Il primo era che il taglio in realtà gli era stato procurato da una remata in faccia che Stede stesso gli aveva inferto quando per caso lo aveva trovato intento a galleggiare vicino all’isola dove gli altri erano stati abbandonati.

Il secondo era che sulla nave era vietato fare alcun cenno a Barbanera, ordini del capitano.

 

«Scendiamo. Ho proprio voglia di sgranchirmi le gambe e vedere un po’ questa fantomatica Tortuga. Come sto?»

 

Stede sentì su di sé lo sguardo critico dell’attendente, che lo scrutò alla ricerca di note fuori posto. Dopo il furto della Ravange e conseguentemente la perdita di tutto il proprio armadio, a causa anche delle ristrettezze economiche che implicava l’aver scelto – ancora una volta – una vita da fuorilegge, la scelta del vestiario del capitano si era particolarmente ristretta e con l’acquisto di una nuova nave – la Revenge II – aveva dovuto tagliare notevolmente le spese.

Pochi abiti, debitamente scelti, ma dai tessuti pregiati.

Era pur sempre il pirata gentiluomo, non un barbaro qualunque.

 

«Incantevole».

 

«La barba non è troppo incolta, vero?»

 

«Della giusta lunghezza. Ben curata. Approvo».

 

«Allora siamo pronti a presentarci al mondo».

 

 

Stede scese dalla nave con passo sicuro, sentendo subito su di sé lo sguardo dei marinai presenti sul molo.

Sapeva di far sempre effetto e in quel caso sembrava che tutti lo stessero ammirando.

Forse che le sue ultime imprese fossero già arrivate sull’isola?

Non uno, non due ma ben tre vascelli in due mesi!

Certo, il primo alla fine si era rivelato essere un peschereccio privo di alcunché di utile – a parte dell’ottimo pesce che li aveva sfamati per diversi giorni – e il terzo li aveva quasi affondati con una cannonata ben assestata, ma con il secondo avevano fatto davvero faville.

Ormai quella vita gli andava a pennello, come un paio di babbucce confortevoli, e non aveva più alcun disagio neanche in un posto come Tortuga.

 

«Hai visto, Lucius? Sembra quasi ci conoscano tutti».

 

Lucius parve sorpreso, effettivamente, dell’accoglienza.

Ogni singolo pirata o marinaio presente sul molo si voltò a guardarli mentre passavano e notò addirittura alcuni di loro indicare la bandiera, gomitandosi.

Stede, da parte sua, si crogiolava nella presunta fama e procedeva diligentemente verso il centro abitato.

Neanche si accorse della nave tre banchine alla sua destra che svettava un vessillo ben noto e che indubbiamente avrebbe dovuto riconoscere.

Lucius, invece, la notò presto e dovette bloccarsi sul posto per non cadere.

 

«Capitano, credo che dovremmo andarcene».

 

«Sciocchezze. Perché mai?», disse l’altro, continuando a camminare imperterrito.

 

Prima ancora che l’altro potesse rispondere un muro umano, composto da quattro uomini, si frappose fra Stede e il termine del molo.

 

«Ah, buongiorno signori. Posso fare qualcosa per v--»

 

Preso di peso, come un sacco, Bonnet non riuscì neanche a terminare la frase che venne trascinato via urlante, mentre Lucius tentava di nascondersi – invano – dietro a dei barili.

 

 


 

 

Stede non amava essere rinchiuso.

In particolare, non amava essere rinchiuso senza sapere il motivo.

Aveva provato a chiedere con gentilezza e ciò che aveva ottenuto era stato uno sputo per terra seguito da una bestemmia.

 

Sapeva per certo che anche Lucius era stato catturato ma non si trovava con lui in quell’istante.

Che si trattasse degli inglesi?

Forse lo avevano trovato, dopo tutto quel tempo. Ma a Tortuga? Non aveva visto alcun vessillo governativo e certo il re non poteva aver mobilitato un’intera isola di pirati solo e unicamente per lui.

Certo, stava cominciando a farsi una nomea, ma così gli sembrava un po’ eccessivo.

 

Giaceva in un angolo su di uno sgabello sgangherato, domandandosi il perché di quel trattamento. Sentiva qualcuno cantare da qualche cella lontana, forse qualche ubriaco molesto – e per esserlo per un gruppo di pirati doveva esserlo in modo peculiare – ma a parte ciò nulla. Un fetore di chiuso ed umido permeava l’area, rendendola difficile da respirare e da una grata situata all’altezza della sua testa ogni tanto vedeva i piedi di qualche passante.

Dopo quelle che gli sembravano ore l’altro prigioniero si zittì all’improvviso.

Forse era svenuto, si disse, ma era bello non dover sentire più le stesse quattro strofe cantate all’infinito.

Ma dopo pochi istanti di silenzio alle orecchie gli giunse un suono di passi mal cadenzati. Qualcuno con una lieve zoppia, lento ma stabile.

Stede alzò lo sguardo e non riuscì a nascondere un’espressione di pura sorpresa.

 

«Izzy!»

 

L’espressione disgustata dell’uomo era intuibile anche nella semi-oscurità del luogo e Stede era convinto che riuscisse a renderla ancora più disgustata quando posava gli occhi su di lui, anche dopo ben tre anni di distanza.

Si alzò, avvicinandosi alla grata per vederlo meglio.

 

«Tu che--»

 

L’uomo lo afferrò per il bavero, spingendolo contro il metallo, facendogli sbattere il volto.

 

«Tre anni, Bonnet. Sono tre anni che aspetto questo momento».

 

«Che non vedi l’ora di rivedermi?», provò a scherzare.

 

«Che aspetto di vederti appeso sull’albero maestro della tua stupida nave».

 

«Oh, beh. Un po’ maleducato dopo tutto questo tempo, non trovi?»

 

Un ghigno sardonico comparve sul volto dell’altro ma durò poco.

 

«Peccato solo che non possa dare io stesso l’ordine».

 

Un nodo strinse lo stomaco di Stede mentre con lo sguardo cercava gli occhi dell’uomo che lo aveva venduto agli inglesi e che alla fin fine era stato la vera causa di ogni disastro – oltre alla propria codardia.

 

«Lui è qui?», si lasciò scappare.

 

«Se pensi che possa essere tuo diritto anche solo pensare a lui ti sbagli di grosso».

 

«È stato Edward ad ordinare la mia cattura?»

 

La morsa dell’altro si fece ancora più ferrea e Stede provò ad allontanarsi facendo forza sulle sbarre, invano.

 

«Non. Chiamarlo. Edward».

 

«Mi odia, vero?»

 

Israel lo guardò come se si stesse trovando di fronte ad un completo imbecille e lo mollò, spingendolo indietro, facendolo cadere nel lordume della cella.

 

«Farò in modo», continuò, «che di te non resti neanche un brandello di carne».

 

E come era giunto Izzy se ne andò, lasciando Stade solo.

 

 


 

 

Lo aveva cercato.

In lungo e in largo, seguendo le dicerie delle sue scorribande.

Lo aveva fatto nonostante tutta la sua ciurma fosse contraria, visto ciò che era accaduto.

Aveva tentato di uccidere ognuno di loro e Lucius stesso con le proprie mani, nonostante tutto ciò che si erano detti sul togliere personalmente la vita ad un'altra persona.

E Jim. E Frenchie.

Nessuno sapeva se fossero ancora vivi o cosa potesse averne fatto.

Eppure aveva provato a raggiungerlo, a lasciargli dei messaggi nei porti comuni, ad aspettarlo.

Tutti coloro a cui chiedeva informazioni lo snobbavano o gliele davano sbagliate.

E dopo un anno e mezzo di ricerca infruttuosa aveva ceduto. Aveva smesso di cercare.

L’oceano era troppo grande e se qualcuno voleva nascondersi poteva farlo senza alcuna difficoltà. Per uno come Barbanera, poi, sarebbe stato un gioco da ragazzi.

 

Pensava spesso al dolore che doveva avergli provocato.

Al fatto che fosse riuscito a ferire il più grande pirata della loro epoca e forse di tutti i tempi.

Lui, un misero ragazzotto ricco con un sogno e una spada giocattolo.

E se ne vergognava così tanto.

 

Seduto nel fango e nella paglia della cella, Stede si ritrovò a pensare a quel tramonto sulla spiaggia ormai così lontano, come spesso gli capitava quando era sovrappensiero o solo.

Chissà, si domandò, se ci pensava anche Edward.

O se aveva eliminato quel ricordo dalla propria mente, sostituendolo con il rancore.

 

Doveva vederlo, si disse.

Doveva parlargli, anche solo chiedergli scusa.

 

Forse lo avrebbe ucciso.

Magari con le proprie mani, con un coltello piantato nell’addome o stringendogli le mani intorno al collo gracile.

Il pensiero lo terrorizzava ma al tempo stesso era consolatorio.

In un oceano ricco di pericoli, il pensiero di portar sollievo all’unica persona di cui davvero gli importava un poco lo tranquillizzava.

Ma era presto per pensarci.

Ancora non sapeva se lo avrebbe mai voluto incontrare di nuovo.

 

Poteva solo sperare.

 

   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Our flag means death / Vai alla pagina dell'autore: Bethesda