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Autore: alice95cullen    28/04/2022    0 recensioni
Alice Brandon è una ragazza trasferitasi a Forks dopo che la sua famiglia è rimasta uccisa da un attacco animale, sfortunatamente, lei lo aveva previsto in un sogno e sa per certo che non sono stati gli animali a uccidere la sua famiglia.
Cosa succederebbe se si innamorasse di colui che appartiene alla stessa specie di coloro che li hanno uccisi? E se le sue scelte la portassero alla morte?
Genere: Drammatico, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alice Cullen, Clan Cullen, Jasper Hale | Coppie: Alice/Jasper
Note: OOC | Avvertimenti: PWP | Contesto: Nessun libro/film
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Capitolo 4

Alice’s POV

Era passata una settimana da quando Jasper mi aveva salvata dalle mani di Ben. Una settimana che veniva a prendermi tutte le mattine per accompagnarmi a scuola, per poi riaccompagnarmi a casa.
Incontravamo Ben raramente a scuola, aveva cambiato gli orari delle lezioni che coincidevano con i miei. A mensa, ormai, sedevo sempre con i Cullen, avevo legato molto con le ragazze, in particolare con Bella. Si vestiva alquanto male ma avevo imparato a volerle bene. Emmett non faceva altro che prendermi in giro per la mia molto bassa statura, beccandosi tutte le volte una gomitata da parte di Edward o Jasper.
Jasper, dal canto suo, continuava ad essermi “amico”. Si era mostrato interessato ma non riuscivo a capire fino a che punto. Non si esponeva, e io avevo troppa paura di un suo possibile rifiuto per poter fare qualche passo. Almeno saremmo rimasti amici. A volte mi sembrava di scorgere della gelosia nei suoi occhi quando qualcuno mi si avvicinava, ma era molto bravo a dissimulare e ricomporsi. Forse non gli piacevo quanto lui piaceva a me. Forse era il caso di interrompere quel circolo vizioso in cui mi ero addentrata.
Se solo smettesse di essere così tenero e dolce con me, avrei di certo potuto tenerlo alla larga più facilmente…
In quel periodo, le mie notti scorrevano tranquille, senza sogni. Da una parte mi sentivo sollevata, anche perché la maggior parte delle volte preannunciavano tragedie, ma dall’altra mi sentivo così terribilmente smarrita.
Grazie ai miei sogni riuscivo a farmi un’idea, anticipando gli eventi.
Lo avevo sognato mentre mi dichiarava il suo amore, ma, ahimè, quel sogno non si era avverato. Forse la mia mente fantasticava troppo su quel ragazzo.
Forse avrei dovuto rilassarmi e aspettare che le cose accadessero senza forzarle, come ero solita fare la maggior parte delle volte.
Eppure, sentivo che c’era qualcosa che non mi diceva. E, forse, quel qualcosa aveva a che fare con il fatto che non si esponesse più di tanto.
Forse era rimasto deluso da una sua storia precedente, quindi voleva andarci cauto. Mi sarebbe stato bene. In fondo, io non avevo mai avuto una vera e propria relazione con un ragazzo, non sapevo nemmeno come comportarmi per certi versi. Avevo dato il mio primo bacio a John, la sera in cui erano morti i miei genitori, davanti a un film romantico. Ma, dopo quell’evento isolato, non sapevo cosa comportasse legarsi a un’altra persona sentimentalmente, sicuramente lui aveva avuto più esperienze, quindi, inevitabilmente, aveva un bel termine di paragone.
Mi passai una mano tra i capelli, sbuffando. Quanto dovevo sembrargli stupida e inesperta!
Persa nei miei pensieri non mi resi conto di essere rimasta immersa nella vasca per più di un’ora, tanto da avere le dita raggrinzite.
Uscii dalla vasca e mi preparai per mettermi a letto.
 
Jasper’s POV

“Oh, andiamo! Emmett smettila di giocare con quel grizzly! Lo stai spaventando!” Emmett sapeva essere davvero infantile quando voleva. Cercai di calmare quell’orso per dargli una morte il più serena possibile.
Finalmente si decise ad addentarlo, mettendo fine alle sue sofferenze.
Deglutì soddisfatto mentre io mi accingevo a cacciare un puma. Succhiai avidamente il sangue della bestia fino a che non ricadde inerme ai miei piedi.
Da quando avevo deciso di stare a stretta vicinanza di Alice, andavo a caccia tutte le notti. Un po' mi aiutava ma la voglia di assaggiare il suo sangue era sempre presente. Fortunatamente lei riusciva a distrarmi, mi bastava guardarla negli occhi, ascoltare la sua risata che aveva il suono di mille campanellini e la mia voglia di mangiarla si assopiva improvvisamente, sostituta dalla voglia di averla solo per me.
“Sai, sono sicuro che lei non aspetta altro…” Edward! Smettila di intrometterti nei miei pensieri! Lo fissai torvo. “Scusa fratellino. Cercavo di darti una mano.” Sghignazzò mentre dava una gomitata ad Emmett. “Non è così semplice Ed. Sento anch’io cosa prova e mi uccide il fatto di non poter fare niente.”
“Ma smettila! Tu devi fare qualcosa. L’ho sentita farsi mille domande sul tuo comportamento! Crede di avere un problema perché il ragazzo che le piace non fa alcun passo avanti. Tu sai quanto è felice quando ti sta accanto, non rovinare tutto…” Era vero. Sentivo la sua felicità quando le sfioravo la mano o quando le mostravo attenzioni. Sapevo quanto le parole di Edward fossero giuste, ma non potevo rischiare di metterla in pericolo soltanto per egoismo. Lei l’avrebbe superata. Forse saremmo rimasti amici. “Al diavolo Jasper! Quando la smetterai di colpevolizzarti per quello che sei?”
“Ho ucciso Edward! Ho ucciso tante persone nel corso della mia lunga esistenza! Come faccio a non colpevolizzarmi? Sono un dannato mostro che non è capace a controllarsi e che potrebbe uccidere l’unica cosa bella che gli è capitata.” Emmett, che fino ad allora aveva ascoltato in silenzio, sbottò “Tutti abbiamo ucciso, Jasper! Viviamo in questo modo per evitare di fare del male alle persone. Non sentirti in colpa per il tuo passato. Non hai deciso tu di vivere quello che hai vissuto, non precluderti la possibilità di essere felice soltanto perché senti di non meritarlo!” Lo fissai intensamente negli occhi, frustrato. Mi passai una mano tra i capelli “Cosa dovrei fare secondo voi?” Edward si illuminò “Potresti cominciare col chiederle di uscire, fare le cose che fanno gli umani. So che le piace fare shopping, magari puoi accompagnarla.” Shopping! Io odiavo lo shopping! Avevo dei ricordi terrificanti di quelle volte che Rosalie e Nessie mi avevano coinvolto a fare shopping con loro…
Edward rise “Credimi, da quello che raccontano i suoi pensieri, quello che hai vissuto con Rose e Nessie è stato il paradiso.” Perfetto! Avevo giusto bisogno di un incentivo Ed! “Scommetto 100$ che la lascia lì e scappa.” Diedi un pugno a Emmett.
“Andata!” Asserì Ed con una stretta di mano al fratello orso. Sorrisi scuotendo la testa, mentre ci avvicinavamo a casa.
 
Alice’s POV

Era una giornata uggiosa. Una di quelle giornate in cui il cielo è talmente triste e barboso da metterti di cattivo umore. Eppure, io non ero mai stata più felice.
Ero in quella che sembrava una strada trafficata, piena di negozi, Jasper mi teneva la mano nella sua mentre passeggiavamo, mentre nell’altra portava alcune buste piene, segno che ci eravamo fermati a comprare qualcosa lungo la strada. Non smettevo di sorridere. Lui mi guardava trasognato “Sei felice.” Non era una domanda. Era come sopraffatto, incantato dal mio sorriso…


Driiiiin… No! Non ora! Volevo disperatamente sapere cosa accadeva dopo.
Ero elettrizzata dal sogno che stava pian piano svanendo dalla mia mente, lasciandomi quel piacevole torpore e reminiscenza di quello che avevo vissuto.
Non sapevo ancora come collocarlo nel tempo ma sapevo per certo che quel sogno sarebbe diventato realtà.
Mi alzai e iniziai a prepararmi per la scuola. Tra poco sarebbe passato a prendermi. Da circa una settimana la zia usciva molto presto per andare al lavoro, il che significava non dover dare spiegazioni sul fatto che passasse a prendermi tutti i giorni, ormai.
Una volta pronta, saltai giù a fare colazione. Mangiai la mia tazza di latte e cereali, sciacquai la tazza e la riposi sullo scolapiatti.
Sentii il rumore delle gomme che frenavano sull’asfalto, sbirciai alla finestra e lo vidi.
Il mio cuore prese a battere all’impazzata. Non smetteva mai di farmi quell’effetto. Mi sentivo mancare tutte le volte che lo vedevo, eppure, ormai dovrei esserci abituata…
Infilai il cappotto di panno, presi la borsa e uscii richiudendo la porta. Lo guardai.
Mi aspettava nella sua posa preferita, appoggiato al cofano con le mani affondate nelle tasche. Sorrideva sghembo. Mi avvicinai. Ci scambiammo un bacio sulla guancia “Buongiorno piccola.” Sorrisi. Adoravo il tono che usava quando pronunciava “piccola”, era così dolce. “Buongiorno a te.” Mi aprì lo sportello e, dopo essere salita, prese posto accanto a me.
Percepivo un leggero nervosismo in lui. Potevo capirlo dal fatto che continuava ad affondare la mano in mezzo a quei boccoli biondi troppo spesso. Di solito lo faceva quando si trovava a disagio. Sperai che il motivo del suo disagio non fossi io. Si voltò di scatto a guardarmi “Sei in imbarazzo. Perché?” Trovai sconcertante il fatto che riusciva a capire che fossi imbarazzata in quel momento, credevo di averlo nascosto bene ma, evidentemente mi sbagliavo… A quanto pare ero un libro aperto per lui. “Scusa! Ho notato che sei teso, quindi… ecco… mi chiedevo se non c’entrassi qualcosa io…” Dannazione! Non riuscivo neanche a formulare una frase di senso compiuto ora. Sospirò “In realtà sì. Devo chiederti una cosa e…” S’interruppe, ma lo incoraggiai con un sorriso a continuare. Intanto il mio cuore fibrillava. “Ok, lo chiederò e basta! Tu però non sentirti in dovere di accettare se non vuoi. Non sei costretta… capirò se non vorrai…” Stavo impazzendo, avrei voluto che smettesse di blaterare “Per l’amor del cielo Jasper! Continua! Sto impazzendo!” Sorrise amaramente, parcheggiò al parcheggio della scuola e continuò voltandosi completamente verso di me “Vorrei chiederti se ti andrebbe di andare a Seattle dopo la scuola. Potremmo passeggiare e, se vorrai, potrai fare un giro per negozi e…” Non riuscivo a crederci! Il mio sogno si sarebbe avverato oggi! Non riuscivo più a contenere il mio cuore, sembrava volesse esplodermi nel petto. Non lo feci finire “Certo che mi va! Non vedo l’ora!” Con uno scatto mi lanciai al suo collo, abbracciandolo forte. Il suo profumo era irresistibile. Una droga. Lo sentii ricambiare l’abbraccio e poi irrigidirsi. Mi staccai, sentendo quel cambiamento, per guardarlo in faccia. Aveva un’espressione sofferente, stava trattenendo il respiro e i suoi bellissimi occhi dorati avevano fatto spazio a due pozze nere con delle occhiaie molto pronunciate che fino a quel momento non avevo notato. Rabbrividii. L’istinto mi suggeriva di scappare, ma non ne avevo il coraggio. Abbassò lo sguardo, sembrava che stesse combattendo con qualche demone interiore. “Scusami Alice! Mi dispiace tanto.” Restai interdetta per qualche secondo, poi allungai la mano a sfiorargli il ginocchio “Che cos’hai Jasper? Stai male! Stai trattenendo il respiro e i tuoi occhi…” Non riuscii a terminare la frase.
Alzò di nuovo lo sguardo verso di me “Hai paura…” Stavo per negare con il capo alla sua domanda, ma mi accorsi subito dopo che non era una domanda. Lui sapeva. “Non ti farò del male… fidati di me.” Lo disse in un sussurro.
Sapevo che potevo fidarmi di lui. Forse lo sapevo ancora prima di conoscerlo. Ma quello che avevo appena visto… Era in lotta con sé stesso per qualcosa. Avrei tanto voluto sapere cosa.
“Mi fido, Jasper! Ma devi dirmi la verità!” Il mio tono non ammetteva repliche, lui annuì “Un giorno saprai la verità. Te lo prometto. Ma fino a quel giorno, ti prego, fidati di me…” Annuii pensierosa. Non avrei potuto non fidarmi di lui, anche volendo.
Scendemmo dall’auto, raggiungendo i suoi fratelli che ci aspettavano all’entrata. Avevano delle espressioni indecifrabili, ma cercarono di non darlo a vedere e si mostrarono cortesi come sempre. “Ehi, Alice! Stai benissimo!” Reneesme mi abbracciò, spostandosi per ammirare il mio abbigliamento. Sorrisi. Notai che Edward e Jasper si scambiarono un’occhiata eloquente, come se riuscissero a parlarsi senza parlare. Edward si accorse del mio sguardo inquisitore, così mi rivolse un sorriso rassicurante ma era tangibile la sua preoccupazione “Come va folletto?”
“Oh, molto bene visto che ho appena saputo che mi aspetta un bel pomeriggio in giro per negozi!” Tornai ad essere la solita esuberante Alice. Eliminai la scena dell’auto dalla mia memoria e l’ansia lasciò il posto alla felicità.
Bella alzò gli occhi al cielo “Un’altra fissata con lo shopping.” Rosalie rise “Andiamo Bella! Sei l’unica ragazza a cui non piaccia lo shopping!” abbassò lo sguardo sull’orologio al polso ed esclamò “Emmett siamo in ritardo con algebra! Oggi c’è il test! Ci vediamo a mensa ragazzi!” Così sparirono in direzione dell’aula.
Era tardi anche per noi, quindi ci avviammo per le nostre aule. Non avevo nessuna lezione insieme a Jasper, quindi avrei dovuto aspettare di rivederlo a mensa. “A dopo.” Mi salutò e sparì insieme ad Edward, mentre io, Bella e Reneesme avevamo fisica.
Arrivati in classe, ci posizionammo all’ultima fila unendo due banchi in modo da poter stare vicine. Il professore era in ritardo così Reneesme poté farmi il terzo grado “Allora? Jasper odia lo shopping! Come l’hai convinto?” Bella le diede una gomitata. Aggrottai la fronte “Non ho dovuto convincerlo. Me l’ha chiesto lui.” Nessie spalancò gli occhi e Bella sorrise soddisfatta.
“Finalmente z…Jazz si è deciso a chiederti di uscire! Si vede che gli piaci!” Arrossii. “Anche se non è giusto! A me dice sempre di no quando gli chiedo di accompagnarmi!” S’imbronciò. Cercai di trattenere una risata, immaginando la scena.
“Evidentemente voleva accompagnarci qualcuno di speciale…” Esordì Bella, facendomi l’occhiolino. Sorrisi. Forse ero davvero speciale. Per questo mi chiedeva di fidarmi.
Il professore fece il suo ingresso scusandosi per il ritardo e iniziando la lezione. Spostai l’attenzione alla lezione, ma la mia mente vagava e cercava indizi riguardo cosa nascondesse Jasper.
 
Jasper’s POV

Il professore parlava, ma la mia mente era altrove. Ripensavo a cosa era successo nella mia auto poco prima. Ero così sopraffatto da quello che stava provando che quasi non mi ero reso conto.
Sentire il contatto della sua pelle calda contro di me era la sensazione più bella che avessi mai provato, ma è bastato un attimo. Sentire la giugulare che pulsava così vicino alle mie labbra, e quell’odore così dolce e irresistibile… avevo quasi perso il controllo. La sete era tornata. La gola ardeva.
La cosa peggiore era che lei sapeva che qualcosa non andava in me. Ma come avrei potuto continuare a fingere di essere un normale essere umano, se quando mi abbracciava avevo voglia di ucciderla?
“Ehi fratello! Va tutto bene…” Edward mi mise una mano sul braccio con fare comprensivo. Ero arrabbiato, anzi, furioso con me stesso! Un attimo prima lei aveva accettato di uscire con me e l’attimo dopo ero lì a trattenere il fiato per sopprimere l’istinto della caccia. Era frustrante. E come se non bastasse avrei dovuto darle delle spiegazioni plausibili per il mio comportamento. Sapevo che non si sarebbe accontentata di nulla se non della verità. Era testarda.
“Un giorno le dirai la verità… ci sono passato con Bella… vedrai che capirà…” Lo fissai torvo. E se non capisse? Se non vedesse altro che il mostro che sono e decidesse di non vedermi più?
“Lei prova qualcosa per te, Jazz! E tu sai meglio di chiunque che è così! Ci sono i presupposti affinché non vada così male…” Fissai le nuvole fuori dalla finestra, assorto.
Non mi sento ancora pronto a dirglielo! Edward annuì. “Glielo dirai quando sarai pronto… Hai tutto il nostro appoggio, fratello.” Sorrisi debolmente. Sapevo quanto i Cullen tenessero a me. Nonostante fossi con loro soltanto da sessant’anni, sentivo che eravamo una famiglia.
Le lezioni si susseguirono lente, sapevo di non avere nessuna lezione in sua compagnia, e questo fece sì che le ore scorressero ancora più lente.
L’ora di trigonometria era quasi finita, poi ci sarebbe stata la pausa pranzo.
Scattai dalla sedia tre secondi prima del suono della campanella, dirigendomi verso la sua classe per andare a mensa insieme.
Le occhiate che mi lanciavano le ragazze erano alquanto insopportabili. Mi infastidivano perciò mi mostravo spesso cupo e serio.
In due minuti ero davanti alla porta della sua aula, sentivo che parlava con il professore di alcuni argomenti affrontati durante la lezione, chiedendogli approfondimenti. Sul mio volto spuntò un sorriso spontaneo. Era così bella…
Uscì dall’aula e s’illuminò quando mi vide. Sperava di trovarmi lì e io non avevo deluso le sue aspettative. Mi si avvicinò e mi prese per mano. “Stai meglio!” Non era una domanda ma annuii.
Era strano. Era come se riuscisse a capire cosa mi passasse per la testa.
In silenzio raggiungemmo la mensa, la sua mano ancora nella mia. Avvertivo l’invidia, la gelosia e lo stupore della gente che ci guardava, istintivamente aumentai la stretta sulla sua mano.
Mi condusse insieme a lei al bancone, prese un piatto e lo riempì fino all’orlo. Trattenni una risata. Riempii il mio e, insieme prendemmo posto al nostro tavolo.
Nessie sembrava più elettrizzata del solito, la fissai interrogativo. Edward sbuffò, rispondendo alla mia domanda mentale “Ha appena scoperto che il ballo quest’anno è aperto anche a ragazzi o ragazze che non frequentano questa scuola, purché facciano da accompagnatori o accompagnatrici…” Sorrisi. Ora aveva senso. “Capisci? Potrà venire anche Jake!” La sua gioia mi travolse. Al contrario, Bella alzò gli occhi al cielo “Fantastico!” disse con sarcasmo. Emmett rise forte “Forza Bellina! Ci sarà da divertirsi!” Edward lo fulminò “Non è divertente Emm!”
“Non riuscite a smettere di parlare come se io non fossi presente? Jake è il mio ragazzo, prima o poi dovrete accettarlo!” Nessie si alzò stizzita e corse fuori. Edward e Bella la seguirono.
Accanto a me, sentii Alice confusa così decisi di dare qualche spiegazione “Jacob è il fidanzato di Nessie, vive nella riserva dei Quileute e frequenta la scuola lì. Come hai potuto intuire non piace molto ad Edward e Bella…”
“Beh, non credo siano affari loro!” Sbottò indignata. Emmett rise e Rosalie mi lanciò uno sguardo d’intesa. Di certo non avrei potuto dirle che Nessie era la dolce bambina diciassettenne di due eterni diciottenni, così abbozzai un sorriso “Hai ragione… sono decisamente troppo protettivi con lei. Reneesme è l’ultima arrivata nella nostra famiglia, si preoccupano…”
La campanella suonò così, l’accompagnai all’ultima lezione e mi diressi verso la mia.
Trovai Nessie seduta al nostro solito banco. Era ancora arrabbiata. Presi posto accanto a lei calmandola. Il suo sguardo assente si posò su di me e abbozzò un sorriso “E’ ingiusto quello che fai!” mi rimproverò bonariamente.
“Solo se serve a farti stare meglio, altrimenti è tutto inutile…” Spostò lo sguardo alla finestra “Non capisco quale sia il loro problema! Mamma lo conosce dall’infanzia, è praticamente parte della famiglia!” Ascoltai il suo sfogo mentre guardavo il professore. Sapevo che nessuno avrebbe potuto sentirci, i nostri erano sussurri impercettibili all’orecchio umano, ma la prudenza non era mai troppa.
“Tesoro, io credo che loro pensino a te come alla loro bambina, cresciuta troppo in fretta e catapultata in un mondo dove essere l’imprinting di un lupo sia l’unica maniera di esistere. Vorrebbero che la loro figlia vivesse una vita che più si avvicini al concetto di normalità…” Un risolino amaro uscì dalle sue labbra “Noi non abbiamo niente di normale, zio! Non dovremmo neanche mescolarci agli umani ed andare a scuola!” Sospirai. Aveva ragione. “Lo so. Ma tu hai qualcosa che noi non abbiamo… Una parte di te è umana, Ness! Tu non hai costantemente voglia di saltare al collo a qualcuno, potresti farlo, vivere come una normale ragazza di diciassette anni, avere degli amici, viaggiare, vivere da umana…” Mi fissò seria “Ma l’altra parte di me non lo è! E non m’importa di fare tutte queste cose se non ho chi amo al mio fianco.”
Come darle torto. Sorrisi, accarezzandole la guancia rosea “Non ascoltarli.” Lo stupore si fece largo sul suo viso, “Fa ciò che ti dice il cuore. In fondo hai l’eternità davanti, se Jacob ti rende felice non sprecare nemmeno un attimo dell’eternità…” Mi prese la mano, commossa “Non lo farò zio Jazz! Grazie!” Le sue emozioni tornarono a sopraffarmi positivamente.
Tornai a concentrarmi sulla lezione, non avevo ascoltato neanche una parola di quello che diceva il professore, in fondo erano cinquant’anni che i programmi dei licei erano sempre gli stessi. Sapevo già tutto ciò che dovevo sapere.
“Zio Jazz?” Mi voltai verso mia nipote
“Dimmi…” Mi guardò sorridente, ma sentivo l’indecisione farsi strada dentro di lei “Ness, non aver paura, puoi dirmi tutto, lo sai.” Si fece coraggio e parlò “Pensavo di organizzare la mia festa di compleanno sabato, posso chiedere ad Alice di venire?” Rabbrividii al pensiero di Alice in una casa addobbata a festa piena di vampiri, ma Nessie ci teneva quindi annuii, incerto.
Cercò di trattenersi ma era al settimo cielo, e non poteva certo nasconderlo a me. “Tranquillo zio, andrà tutto bene. Non c’è pericolo!” Mi lasciai trasportare dalla sua gioia finché non suonò la campanella e mi diressi verso l’uscita ad aspettare Alice.
Dopo un po' vidi i suoi capelli corvini fare capolino dietro due ragazze. Sul suo volto si aprì un grande sorriso imitato subito dal mio. Riuscivo a percepire chiara la sua eccitazione che, come sempre, divenne parte di me.
Si avvicinò prendendomi la mano e camminammo fino all’auto.
Si accomodò al posto del passeggero, presi posto anch’io e partimmo. Era agitata, quasi in ansia… “Tutto bene?” Arrossì annuendo “Sì è solo che non ho avuto molti appuntamenti, sono un po' nervosa…” Sorrisi rassicurante infondendole un po' di calma “Sta’ tranquilla… Sentiti libera di essere te stessa!” Fissò i suoi enormi occhi blu nei miei, con fare colpevole, facendo una smorfia “Non so se vuoi scoprire la vera me in una strada piena di negozi…” Scoppiai a ridere, passandomi una mano tra i capelli “Ad essere sincero, penso che mi piacerà!” Sorrise compiaciuta guardando fuori dal finestrino.
Mi ricordai della conversazione con Nessie “Alice…” Si voltò a guardarmi “Mh?”
“Reneesme vorrebbe invitarti alla sua festa di compleanno, sabato…” Alle parole “invitarti” e “festa” sentii la sua eccitazione crescere “Davvero? Mi piacerebbe molto! Allora dovrò trovare un vestito adatto!”
Ero completamente estasiato da quell’esemplare di donna che si trovava vicino a me. Non riuscivo a credere che un corpicino così piccolo riuscisse a contenere tutte quelle emozioni.
“Jasper?” La guardai incitandola a procedere “Voglio dirti che, qualsiasi cosa sia successa questa mattina… Sono qui quando ne vorrai parlare… Mi fido di te!” La decisione con cui pronunciò “mi fido di te!” fece sì che il mio cuore, ormai fermo, ebbe un sussulto. Avvertivo l’illusione di sentirlo battere di nuovo. Annuii, incapace di articolare una frase vera e propria.
Arrivammo a Seattle in un paio d’ore, parcheggiai e proseguimmo a piedi per la strada dei negozi.
Alice, a quella vista, sembrava una bambina che aveva appena ricevuto la sua bambola preferita il giorno di Natale. Non riusciva a contenere la sua gioia, che venne inevitabilmente proiettata su di me. Dal canto mio, non riuscivo a toglierle gli occhi di dosso. Era così appagante vederla felice.
Passava da un negozio all’altro, provava dei capi, comprava quelli che le piacevano di più, il tutto con me che la seguivo e facevo da porta pacchi tra un negozio e l’altro. Era diverso dallo shopping con Rose e Nessie, mi rendevo conto che mi piaceva guardarla mentre sceglieva vestiti e mi piaceva guardarla mentre provava tutto ciò che attirava la sua attenzione. Era una dea. Le stava bene tutto. Ed io non potevo far altro che starmene lì, senza respirare, a guardarla.
Camminammo per le strade di Seattle ancora un po', mano nella mano, non riuscivo a distogliere lo sguardo da lei, adoravo quella nuova sensazione che provavo.
“Sei felice.” Le sussurrai roco. Sorrise a trentadue denti e annuì, “E’ senz’altro lo shopping migliore che abbia mai fatto!”
“Potrei dire lo stesso…” La sua risata mi scaldò il cuore. Si fermò, mi si avvicinò pericolosamente, smisi di respirare. Si alzò sulle punte, i nostri nasi erano vicini, sentivo il calore della sua pelle, il suo respiro soffiarmi sulla pelle, la gola bruciava, deglutii a vuoto. Non volevo rovinare quel momento. Jasper resisti! Eravamo quasi sul punto di baciarci quando, un suono alquanto fastidioso ci ridestò. Era il suo cellulare. “Scusa! È mia zia, non l’ho avvisata.” Rispose.
-Mary Alice Brandon dove diavolo sei? – La vidi allontanare il telefono dall’orecchio con fare teatrale “Scusa zia! Sono a Seattle a fare shopping.”
-Per quale motivo non mi hai avvisata? Con chi sei? – Trasalì
“Emh… Con Jasper… Scusami, siamo venuti qui dopo la scuola, non ho avuto il tempo di chiamarti…”
-Non mi interessa dovevi trovare il tempo per avvisarmi! Sappi che esigo che torni prima di cena e, ovviamente, sei in punizione! – La vidi sbuffare “Va bene zia…” e attaccò. “Mmh… direi che è ora di rientrare…” Le sorrisi rassicurante.
“Già…” Aggrottò la fronte. Gettai uno sguardo all’orologio, era quasi ora di cena ma, sarei riuscito a rispettare l’orario. “Andiamo!” Le presi la mano, conducendola verso l’auto.
Il viaggio trascorse in silenzio, sembrava assorta chissà in quali pensieri, così, decisi di interrompere il suo monologo interiore “Sai, credo che tu non abbia ancora risposto alla mia domanda di qualche giorno fa…” Sussultò e si voltò a guardarmi interrogativa “Quale?” Sorrisi divertito “Non mi hai ancora detto se ti andrebbe di venire al ballo con me…” Sostenne il mio sguardo, fissandomi maliziosamente. Ci pensò su “Mmh… non mi sembra che tu mi abbia chiesto di accompagnarti al ballo…” Alzai un sopracciglio. Rise sonoramente. “Se non ricordo male, tu mi hai chiesto: se te lo chiedessi, verresti con me? Non è una vera e propria domanda. È un’ipotesi…” Touché… Alzai gli occhi al cielo “Bene!” Sospirai, passandomi una mano tra i capelli. “Allora signorina Brandon, le piacerebbe venire al ballo della scuola insieme a me?” Sentii i suoi battiti accelerare, fece finta di pensarci su, “Mmh… Una proposta ufficiale, eh? È furbo signor Hale! Sa che non potrei mai rifiutare una proposta ufficiale…” Sorrisi divertito, accostando al vialetto di casa sua. Il tempo era letteralmente volato e lei già mi mancava. Spensi il motore, scesi ad aprire la sua portiera “Non ce n’era bisogno…” Replicò, ma non potevo farci niente, avevo vissuto altre epoche, non riuscivo a non farlo.
Era imbarazzata e l’indecisione si fece largo in lei. Sapevo cosa voleva. Lo volevo anch’io, così, trattenni il respiro, avvicinandomi al suo volto molto lentamente. Il suo cuore non accennava a rallentare, mentre le mie labbra accorciavano le distanze, arrivando alla sua bocca, così morbida e calda.
All’inizio fu uno sfiorarsi innocente, saggiando il sapore l’una dell’altra, poi le lingue iniziarono a rincorrersi in una danza perfetta. La gola ardeva forte, ma in quel momento la perfezione di ciò che stava avvenendo assopì la mia sete. Affondò le dita nei miei capelli, accarezzandoli dolcemente e avvicinandomi a lei. Era un uragano di dolcezza, felicità, passione, ne fui completamente assorbito.
Lentamente, mi staccai da lei, sentendo il vuoto farsi strada dentro di me, man mano che mi allontanavo. La guardai.
Aveva uno sguardo languido, trasognato e uno scintillio negli occhi che la rendeva ancor più irresistibile. Le sorrisi e le sussurrai “Buonanotte piccola.” Lei, per tutta risposta mi si avvicinò, posando la mano sul mio petto, e guardandomi negli occhi, disse “Buonanotte Jazz…”  

 
  
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