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Autore: Jeremymarsh    28/04/2022    3 recensioni
Una volta si erano ripromessi di affrontare ogni cosa insieme, ma poi lui le aveva lasciato la mano, abbandonandola di nuovo.
Ora lei lo ha ritrovato e riportato nel Dritto, incurante delle conseguenze, ma si renderà conto che la parte più difficile deve ancora arrivare.
Ofelia e Thorn scopriranno che prima di amarsi, prima di cominciare quella vita tanto agognata, dovranno trovare il coraggio per affrontare ciò che sono diventati. Eppure nemmeno quello avrà importanza, se prima non impareranno a condividere i rimorsi e le proprie paure.
Scopriranno che l’unico modo per curare le ferite e colmare i vuoti sarà affidarsi all’altro e cominciare un nuovo viaggio insieme.
Genere: Angst, Hurt/Comfort, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate
Capitoli:
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 Il Polo
 


Roseline restò ad ascoltare il rumore proveniente dalla cornetta per qualche secondo anche quando dall’altra parte avevano ormai attaccato; l’apparecchio le rimandò indietro il suono del suo respiro pesante insieme al classico tu-tu che proclamava la linea caduta. Infine, inspirò ed espirò un’ultima volta e poggiò il ricevitore al suo posto. Non aveva ancora completato del tutto il gesto che una voce particolarmente acuta e agitata le risuonò nelle orecchie — troppo acuta.

“Allora? Che hanno detto? È durata tremendamente poco la telefonata. Avresti potuto passarmeli; ho diritto quanto te di parlare con mio nipote!” Berenilde le stava parlando da dietro le spalle, rischiando di spaccarle i timpani a causa del tono elevato. Roseline si accigliò e poi la ignorò, andando a sedersi subito sulla poltrona a lei più vicina. O sarebbe stato meglio dire che si accasciò come un peso morto su di essa, sentendosi incredibilmente pesante e leggera allo stesso tempo. Forse stava per svenire. In effetti, a un occhio esterno appariva estremamente pallida e sudaticcia. Riconoscendo i sintomi — e conoscendo ormai la signora — una domestica si affrettò a raggiungerla, agitandole un ventaglio davanti al viso e, subito dopo, dei sali sotto il naso. Erano due oggetti che gli aiutanti di quella dimora erano ormai abituati a portare sempre con sé in quell’ultimo periodo, soprattutto da quando i nipoti delle due dame avevano cominciato a condividere notizie destabilizzanti e scioccanti.

“Ebbene?” la interrogò ancora Berenilde, la quale non parve accorgersi dello stato dell’amica, troppo presa dalla propria impazienza — che richiamava anche quella del nipote, per certi versi.

Roseline finalmente rialzò il capo verso di lei e le lanciò un’occhiata carica di disapprovazione. “Per tutti gli antenati! Non può una vecchia signora avere il tempo di rallentare il proprio cuore impazzito in questa casa? Preferiresti che io mi accasciassi a terra svenuta prima di avere il tempo di rispondere alle tue domande insistenti?” Si raddrizzò tutta impettita, cercando di darsi un minimo di contegno e far dimenticare lo spettacolo un po’ penoso che aveva appena dato. Se avesse potuto, avrebbe sistemato i vestiti ora tutti sgualciti così come faceva con la carta che tanto amava riparare.

“Suvvia,” le ripeté la padrona di casa sventolando la mano, “non fare la melodrammatica; non è da te, Roseline.” Berenilde si sistemò accanto a lei, poi si rivolse alla domestica. “Un caffè per me e una tisana per distendere i nervi alla signora, grazie.” Quando la giovane se ne andò, si voltò ancora verso l'Animista, impaziente, e lo sguardo penetrante che le lanciò le fece intendere che se non avesse cominciato a parlare a breve avrebbe dovuto aspettarsi un’emicrania.

“Hmph,” sbuffò Roseline. “Io sarei la melodrammatica? Sembra di sentir parlare il cugino Giacomo,” borbottò tra sé e sé. “Ebbene, non arruffare troppo le tue penne, Berenilde, ma sembra che i nostri nipoti siano finalmente pronti a tornare a casa.” E come se non avesse detto nulla di particolare — o qualcosa che aveva rischiato di farla svenire solo poco prima — cominciò a bere la propria tisana placidamente.

L’amica restò a bocca aperta, poi si voltò a guardare la figlia che aveva osservato il dibattito combattuta tra l’essere divertita o scocciata, come a volerle chiedere conferma di ciò che aveva appena udito.

“Torneranno?”

Roseline si limitò ad annuire, non smettendo per un attimo di sorseggiare la bevanda.

Calò il silenzio nella stanza, così opprimente che sembrava dovesse protrarsi all’infinito. Quando infine si spezzò, fu il caos e niente e nessuno avrebbe potuto assicurare che sarebbe finito presto.

 

***

 

I preparativi lanciarono l’intera dimora in uno stato di fervente attesa ed eccitazione. Berenilde era così contenta di sapere che il nipote un tempo creduto morto sarebbe tornato che non si risparmiò. Per fortun  non aveva nemmeno un briciolo di sangue animista, pensava Roseline, ugualmente stremata da quell’organizzazione, perché altrimenti avrebbe dovuto aspettarsi di vedere la casa alzarsi in punta di piedi e cominciare a ballare o, peggio, darsela a gambe levate!

Ma non fu soltanto quell’abitazione l’obiettivo di tali preparazioni; tutt’altro. Siccome Thorn non stava tornando da solo, bensì con la moglie, bisognava preparare un luogo consono alla loro vita matrimoniale. Non potevano, d’altronde, aspettarsi che continuassero a vivere scortati dalle zie, vero? Senza considerare che la loro vita intima avrebbe potuto risentirne e Berenilde era pronta a scongiurare subito quell’evenienza. Il nipote e la moglie avrebbero dovuto farsi da fare per ripopolare quanto prima il loro clan caduto in disgrazia e, per farlo, avrebbe messo a disposizione un luogo tutto loro. Ordinò, dunque, che uno dei tanti castelli di Thorn — quello più vicino, ovviamente — fosse riportato all’antico splendore e modernizzato cosicché potesse ospitare la coppia e le loro abitudini senza problemi. Dopo un po’, cominciò a essere soddisfatta dei risultati, sebbene pensasse che i domestici fossero troppo lenti, e tutta la fibrillazione che ruotava attorno alle due dimore richiamò inevitabilmente l’attenzione di gran parte della popolazione.

In quei giorni, il Polo non avrebbe potuto definirsi l’arca ordinata e tranquilla che era diventata New Babel. E, veniva da pensare, se non lo era stata ancora prima del riemergere delle vecchie terre, non c’era nessuno motivo di credere che i nuovi sviluppi avessero potuto cambiare in positivo quella verità.

I clan che erano stati al vertice della società, quelli pretenziosi, attenti solo alle apparenze e affamati di potere, non avevano preso di buon grado il necessario rimodellamento dell’arca né l’aggiunta di cittadini non classificati. Nessuno degli abitanti del vecchio mondo apparteneva a una famiglia prestigiosa perché, dunque, ammetterli tra le loro file? Per loro, la soluzione più accettabile — anzi, quella naturale — era confinarli ai margini, dove i senza poteri e i decaduti erano tenuti a restare. In pratica, non volevano nessun cambiamento, nonostante le ultime traversie avessero cambiato già tutto. Ciò, però, non era stato logisticamente possibile e l’Intendenza aveva subito deciso che gli spazi e i beni sarebbe stati meglio distribuiti. Se avessero davvero confinato tre quarti della nuova popolazione nei bassifondi, non ci sarebbe voluto molto affinché una rivoluzione scoppiasse — e una rivoluzione era l'ultima cosa che desideravano in quel momento.

Ahimè, l’ordine era ancora ben lontano dall’essere ottenuto, anche tre anni dopo la riunificazione e il caos era proprio ciò che attendeva Thorn e Ofelia. Soprattutto ora che quei vecchi clan erano stati informati del ritorno della coppia.

Infatti, l’aver attirato l’attenzione aveva anche portato a delle domande a cui Berenilde, con l’aiuto di Archibald e ignorando le lamentele di Roseline, non aveva esitato a rispondere. Così fiera era del nipote che volle proclamare a gran voce il suo ritorno, aggiungendo che Thorn sarebbe ritornato per essere un uomo libero e d’onore, insieme a una moglie che lo aveva aiutato a sventare piani destinati a portare la distruzione del mondo conosciuto. Loro due, insisteva, avrebbero riportato in auge il Clan dei Draghi. Quell’orgoglio, unito all’esibizionismo di cui nemmeno Berenilde era esente, aveva minacciato di far svenire più di una volta la povera Roseline, la quale avrebbe preferito che l’arrivo dei due ragazzi fosse rimasto segreto ancora per un po’. Non voleva, infatti, che fosse messa troppa pressione su di loro appena giunti al Polo e — gli Antenati lo impedissero! — si causasse un cambio di idee nei loro cuori.

Purtroppo, però, quello che l’Animista ancora non capiva dopo tanti anni passati al Polo, era che non era in linea con le tradizioni di quell’arca fredda fare tutto in sordina, sebbene Thorn fosse riuscito in precedenza a farla franca. Dunque, il grande arrivo divenne subito di dominio pubblico e ciò portò alla luce problemi che erano stati messi inizialmente da parte: il vecchio processo e lo stato familiare di Thorn.

 

***

 

“Sono sicura che mio nipote fosse ben consapevole di ciò che lo aspetta a casa quando ha preso la decisione di tornare al Polo,” proclamò Berenilde tutta fiera, calcando con cura la parola ‘casa’. “Ricordo benissimo la determinazione di Ofelia nel momento in cui si è trattato di salvarlo dal pericolo della mutilazione; non sono mai stata così orgogliosa di poter dichiarare qualcuno parte della mia famiglia. Ma soprattutto, non dimentichiamo ciò che accadde dopo: quel giorno Ofelia è riuscita a strappare parole importanti a Faruk che, all’epoca, deteneva ancora la sua importanza e il suo aiuta-memoria. Ciò significa che quanto detto è stato riportato esattamente nei suoi diari. Se Thorn non fosse scomparso, la questione sarebbe già stata risolta, anche perché già all’epoca la situazione su quest’arca stava cambiando.”

“Oh, Berenilde, io comprendo come tu possa sentirti, ma non credi che dopo tutti questi anni sia un po’ impossibile recuperare quanto appuntato dall’aiuto-memoria?” la contraddisse Roseline che mancava di tutta quella fiducia e cominciava a preoccuparsi della sorte dei due sposi una volta giunti al Polo.

“Voi dimenticate la mia presenza, cara Roseline,” annunciò Archibald entrando spavaldo nella stanza con il suo cilindro sbrindellato in mano. I pallidi capelli, tutti disordinati, gli caddero sugli occhi quando si chinò per baciare galantemente il dorso della mano dell’Animista, lasciandovi le labbra per qualche secondo in più di quel che si sarebbe definito appropriato. Quando, infine, raddrizzò la schiena e spostò i ciuffi chiari dal viso, il rosso sulle guance di Roseline era diventato ormai scarlatto. “S-signor Archibald,” lo salutò lei, imbarazzata, “non potrei mai!”

“Suvvia, madama, non vi biasimo mica. Tuttavia, nonostante gli sfortunati eventi che mi hanno inseguito negli ultimi anni, conservo ancora il mio carisma e gran parte delle mie risorse.” Ammiccò e poi prese posto tra le due donne. Subito una domestica si affrettò a portargli il solito, una bevanda che aveva cominciato a bere a seguito del suo ritorno al Polo.

Roseline lasciò che il suo sguardo vagasse un po’ di più sulla sua figura e notò che, nonostante avesse mantenuto i suoi modi di fare e cercasse di nascondere il suo stato deperito dietro di essi, la malattia aveva decisamente fatto il suo corso. Le guance scavate e rosse dallo sforzo, il petto che si alzava e abbassava più velocemente, la lentezza dei suoi gesti glielo ricordavano. Si affrettò a riportare gli occhi sulla propria tisana quando Archibald arcuò leggermente un sopracciglio. Non voleva essere sorpresa a fissarlo; non era un atteggiamento consono a una signora della sua età.

“Ora che ho finalmente raggiunto voi signore, lasciate che riprenda da dove la cara Berenilde si è interrotta.” Regalò un sorriso smagliante alla domestica che abbassò il capo e scomparve dalla loro vista non appena ebbe posato l’intruglio sul tavolo da tè, poi si schiarì la gola. “L’aiuta-memoria deve aver segnato ogni parola del vecchio Faruk e con quelle il caro ex-intendente non avrà alcun tipo di problema,” esclamò, sicuro.

“Come avete intenzione di fare?” lo interrogò Roseline visto che non si decideva ancora a essere chiaro.

“Recuperare il diario ovviamente!” rispose lui come se fosse la cosa più ovvia del mondo. “Credete che in questa corte abbiano cancellato anche solo un oggetto appartenuto al vecchio spirito di famiglia?” Scosse la testa. “Anche se Faruk non detiene più alcun potere, i clan hanno ritenuto una scelta saggia conservare i suoi averi, credendo che potesse tornare utile un giorno. Vi devo ricordare ciò che è accaduto quando si è inizialmente saputo che lo spirito di famiglia era tornato bambino? Hanno cominciato a litigare come poppanti per la sua custodia, tentando di diventare i prossimi ad avere potere su tutta l’arca. Senza dubbio, quelle stesse persone hanno considerato saggio salvare i suoi beni per poterne usufruire in seguito. Peccato che sarà qualcun altro a sfruttarli al posto loro.” Ammiccò, sfoggiando un altro sorriso, più malizioso questa volta.

“Gli appunti dell’aiuta-memoria saranno utili, certo, ma non come avevano immaginato coloro che li hanno conservati. In quelli, è scritto che Faruk ha non solo affrancato Thorn dal suo stato di bastardo, ma gli ha anche concesso un titolo nobiliare e la possibilità di un processo onesto,” aggiunse Berenilde. “Questo è ciò che mi disse Ofelia prima di ripartire per Anima. E non importa se tutto ciò è stato detto anni fa: all’epoca Faruk era al potere e contava la sua parola. Ciò vuol dire che Thorn è diventato un nobile di questa corte e, con lui, anche la nostra Ofelia.”

“Credevo che i titoli nobiliari non contassero più di tanto ora,” si accigliò Roseline, facendo riferimento a uno dei tanti cambiamenti in atto. “In più rimane sempre la questione del processo.”

“Una cosa alla volta, cara Roseline, una cosa alla volta,” la tranquillizzò Archibald prendendole sfrontatamente una mano tra le sue e carezzandogliela. “Nel frattempo, che ne dite di lasciare a me il compito di recuperare quegli appunti? Che sia cambiata o no quest’arca, il disordine vige ancora tra la popolazione e l’odio non esiterà a riversarsi di nuovo sul nostro sfortunato ex-intendente. Chiarire la sua posizione, anche se di poco, aiuterà di certo il suo rientro.”

Roseline lo guardò con accenno di sospetto, facendo rimbalzare lo sguardo tra lui e Berenilde. “E come mai vi state tanto affaccendando per nostro nipote?” Non voleva ricordare esplicitamente l’animosità — per non utilizzare un termine più rozzo — che aveva sempre unito l’ambasciatore e l’intendente, ma era nella sua natura dubitare in certe circostanze.  

“Oh, che domande, mia cara signora,” esclamò Archibald, sventolando il cilindro bucato. “Non credete che in tutto questo tempo io abbia sviluppato un affetto sincero per il nostro Thorn?” Ridacchiò, non credendo nemmeno per un secondo alle sue stesse parole. Non odiava l’uomo né poteva dire di volergli sinceramente bene, tuttavia un sentimento, per quanto blando, era nato. Lo divertiva da matti punzecchiarlo, scatenare in lui una reazione — e il fatto che fosse un obiettivo così facile e prevedibile aveva assicurato che Archibald vi si affezionasse a suo modo. Non vedeva l’ora di rivederlo, pensò mentre una scintilla contemplativa gli brillava negli occhi. “Non dimentichiamo, poi, che voglio solo il meglio per la nostra cara Ofelia,” si affrettò ad aggiungere. “E qualunque sia la posizione di Thorn si rifletterà su sua moglie.” Detto ciò, riprese a bere la sua bevanda per nascondere il rinnovato affanno dovuto al lungo discorso e l’ennesima risatina che gli stava nascendo in petto.

“Mmm, non vogliate scambiarmi per ingrata; apprezzo qualsiasi cosa farete e mi fido del buon senso di Berenilde quando si tratta dei nostri nipoti. Ovviamente, voglio che la situazione sia quanto più possibile pacifica al loro arrivo. Tuttavia, desidero anche ricordarvi che Ofelia è, appunto, una donna sposata e dovete fare attenzione a come vi rivolgete a lei o a come ne parlate. Anche il vostro comportamento si rifletterà su di lei e non vorrei che la sua condotta ne risentisse,” concluse con una nota di disapprovazione. Non aveva dimenticato le abitudini di Archibald, sebbene ogni tanto i suoi gesti tendessero ad annebbiarle per un attimo la mente. E se si stava discutendo del rientro in società dei due giovani e della possibilità di offrir loro una vita quanto più tranquilla possibile, allora bisognava prendere in considerazione tutto.

Berenilde allungò la mano e le diede un colpetto affettuoso. “Non ti preoccupare, cara; Archibald sa benissimo cosa deve e non deve fare.” Lanciò uno sguardo penetrante all’ex ambasciatore i cui occhi azzurri si illuminarono per un attimo prima di ridacchiare.

“Bene, quindi dobbiamo a questi famosi appunti la nostra sicurezza? Voi pensate a recuperarli, al resto ci penserò io. Se quelle parole sono state scritte su carta, non c’è nulla che possa danneggiarle una volta che saranno nelle mie mani,” affermò sicura.

“Non avevamo dubbi, cara signora; le sue doti, d’altronde, sono famose al Polo tanto quelle della vostra figlioccia,” la lodò Archibald prima di balzare in piedi con tutta l’energia che non possedeva più e sparire dalla vista delle due, il suo compito ormai concluso. Ora ne aveva uno ancora più importante da portare a termine. Bisognava preparare quella società troppo vecchia all’arrivo dell’ex intendente e Archibald intendeva farlo per bene. E il suo entusiasmo non era per nulla falso come le illusioni dei Miraggi; ci teneva davvero a vederlo tornare con quanti meno intoppi possibile. D’altronde, l’averlo di nuovo tra loro gli avrebbe assicurato una nuova fonte di divertimento e ultimamente le sue giornate erano diventate troppo noiose per lasciarsela scappare.

 

***

 

Se il caos vigeva sul Polo, i cui abitanti d’élite non riuscivano a tenere testa ai tanti cambiamenti che avevano visto protagonista l’arca, dire lo stesso per l’Intendenza sarebbe stato un eufemismo.

Nel momento in cui la posizione era diventata vuota, gli uomini avevano cominciato a sfilare fuori e dentro quell’ufficio una volta occupato da Thorn, tentando inutilmente di svolgere il lavoro meglio di quanto avrebbe potuto fare lui. In realtà, avevano solo causato un problema dopo l’altro: non solo erano generalmente persone poco competenti od opportuniste, ma non sarebbero state nemmeno in grado di eguagliare l’ex intendente, figurarsi superarlo. E questo influiva su tutto il resto; la mancanza di una figura adeguata alla mansione di certo non rendeva facile mantenere un contegno tra la popolazione abituata a lamentarsi e richiedere — e richiedere. 

Quando poi lo spirito di Famiglia era tornato al Polo come un bambino, la situazione era degenerata. Si trattava, a quel punto, di ricostruire la società dalle sue fondamenta e per farlo, avevano bisogno di una figura autoritaria che non si facesse mettere i piedi in testa da quei clan arrivisti. Per fortuna, in quel periodo ne era appena subentrato uno che si era dimostrato abbastanza tenace e testardo, appartenente a uno dei clan che nella vecchia società detenevano zero potere. In pratica, non aveva alcun interesse a farsi comandare da certe persone dispotiche, semmai il contrario. Purtroppo, però, gestire l’Intendenza in seguito a così tanti sviluppi si era rivelato un lavoro impossibile anche per lui che di determinazione ne aveva avuta tanta. E nei giorni in cui il vociare tra le strade si erano fatto ancora più assordante a causa del ritorno imminente di Thorn e Ofelia era più che pronto a dimettersi.

Udire che l’ex intendente, colui che era riuscito a governare quella massa di deficienti pur non detenendo alcun titolo o valore ai loro occhi, sarebbe tornato presto fu la migliore notizia che avesse mai potuto ricevere.

Quel giorno, molti poterono notare una nuova luce nei suoi occhi, spesso arrossati dalla stanchezza e dalle lacrime nervose, e un colorito migliore sulla sua pelle normalmente giallastra. Sì, il solo venire a conoscenza della lieta notizia aveva migliorato la salute che quel lavoro aveva deteriorato. Si prospettavano giorni sereni e lui aveva ogni intenzione di renderli ancora più allettanti.

Se il suo predecessore sarebbe tornato al Polo — e se i suoi calcoli e ricordi erano corretti — lui aveva in mente giusto il piano perfetto per far procedere tutto liscio come l’olio. Nessuno lo avrebbe intralciato, nemmeno dei Miraggi le cui menti erano state rovinate dalle loro stesse illusioni. 

 

 

***

 

Faceva freddo il mattino in cui era previsto l’arrivo della coppia e le due zie, con l’aiuto di Archibald, si erano assicurate di non far trapelare quella notizia. Volevano scongiurare una stazione affollata di gente a cui non interessava per nulla il benessere di Thorn e Ofelia. Quando, però, si avviarono, richiamarono inevitabilmente l’attenzione; Roseline sperava non al punto da spingere le persone a seguirli.

Faceva freddo, così freddo che lo si poteva sentire trapelare sotto la pelle, conficcarsi in essa come tanti aghi appuntiti grazie anche alla complicità del vento che sferzava forte. Il consueto strato di neve, però, non era poi così alto e non arrivava all’altezza degli stivali che si era soliti indossare per gran parte dell’anno in quell’arca. Berenilde si era assicurata di avvolgere come si deve la figlia in diversi strati caldi, facendo sì che apparisse comunque al suo meglio, e quando aveva concluso, Roseline aveva ritenuto opportuno apportare le proprie modifiche. Vittoria ci era più o meno abituata: per il modo in cui si comportavano le due donne, talvolta le sembrava di avere due madri che non potevano essere una più diversa dall’altra.

Partirono una volta che furono raggiunti da Archibald, il quale aveva fatto loro sapere la sera prima che mai, per nulla al mondo, sarebbe mancato al party di benvenuto dei giovani sposi. A nulla erano valse le raccomandazioni di Roseline che gli aveva ricordato quanto non  facesse bene alla sua salute. No, l’ex ambasciatore l’aveva graziosamente ignorata e si era presentato al maniero vestito come suo solito e dando l’impressione che fuori ci fosse un clima degno del Deserto e non del Polo. Tuttavia, ognuno di quei pensieri svanì dalle loro menti nel momento in cui raggiunsero ’aerostazione. L’eccitazione era ormai palpabile e Roseline aveva già le guance solcate dal lacrime di gioia che il freddo aveva ghiacciato. Non mancava molto, ma per tutti quegli ultimi secondi di attesa furono sicuramente i più insopportabili.

Ferme sulla banchina, con Archibald lì accanto che intratteneva la sua figlioccia e si beava della sua risata cristallina, le due dame si guardarono negli occhi e sorrisero. Non si sentivano così felici da tempo e, sebbene la compagnia reciproca era stata come un balsamo e le aveva salvate in più di un’occasione, ora avrebbero finalmente riempito un vuoto che era sembrato incolmabile fino a poco prima.

Thorn e Ofelia stavano per tornare e occupare il posto a loro riservato. Null’altro importava.



 


N/A: 

Eccomi, puntuale come un orologio svizzero!
Vi aspettavate Thorn e Ofelia? Mi spiace se vi ho deluso, ma narrativamente parlando, penso fosse più ordinato spostare il focus sul Polo e coloro che hanno continuato ad abitarlo. Non c'è bisogno di dire che, data la società di prima, l'arca abbia subito non pochi cambiamenti, anche poco accetti. Consideriamo poi, che già prima della guerra con l'Altro già l'aria stava cambiando. Ho tentato quindi di dare una panoramica di ciò che aspetta i nostri due protagonisti - e spero di esserci riuscita - oltre ad accennare ai principali problemi di cui bisognerà occuparsi.

Spero di non aver fatto confusione, ma comunque molto ancora verrà spiegato nei prossimi capitoli, e che vi sia piaciuto un pov diverso dal solito con le due dame e Archibald. Per qualsiasi dubbio, comunque, non esitate a farmelo sapere!
Infine, nel caso in cui non lo sapeste già, questa storia viene aggiornata anche su Ao3. Siccome ultimamente Efp dà problemi un giorno sì e anche l'altro, per qualsiasi evenienza, controllate anche lì!

Ci vediamo tra due settimane con il capitolo che vedrà l'effettivo ritorno dei fidanzati - ora sposi - dell'inverno. Vi abbraccio tutti e vi ringrazio per il sostegno continuo! 💖

   
 
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