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Autore: Severa Crouch    01/05/2022    2 recensioni
Questa storia partecipa alla challenge "May the inspiration be with you" indetta da PinguinaMati sul forum Writing Games! Ferisce più la penna.
È una raccolta di one-shot in cui due generazioni di Lestrange si confrontano: Rodolphus Lestrange, capostipite della Old Generation, e Roland Lestrange, il suo primogenito, nato nel dopoguerra dal suo secondo matrimonio.
1. Insonnia
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Famiglia Lestrange, Rodolphus Lestrange
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica, Nuova generazione
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Insonnia

 

1 maggio: Kid-fic

 

Castello Lestrange, Cornovaglia, 1 settembre 1960

 

Rodolphus non riusciva a chiudere occhio. Doveva essere abituato al vento della Cornovaglia, ma quella notte sembrava quasi che il vento volesse buttare giù il castello. Si sentivano persino i rami della vecchia quercia sbattere contro la serra della mamma.

Si tirò sui gomiti e si guardò intorno alla ricerca di un po’ di luce. Aprì la tenda del baldacchino e la penombra della luna unita al bagliore incandescente delle braci del camino illuminarono leggermente i profili degli oggetti della sua stanza. Polly, la sua elfa domestica, deve essere passata da poco a spegnere il fuoco nel caminetto. Riconobbe in un angolo i poggiapiedi della sua scopa giocattolo.

Un tuono in lontananza lo distrasse e lo portò ad avvertire quel forte senso di preoccupazione dentro di sé. Si domandò se Rabastan avvertisse lo stesso disagio, se stesse bene, se quel senso di preoccupazione che lo teneva sveglio fosse legato a suo fratello. Così decise di alzarsi, annodò la cintura di lana della sua vestaglia verde e si avventurò nel corridoio.

Dalla porta accanto sentì provenire il russare profondo di Rabastan. Rodolphus sorrise, sollevato del sapere che il vento non teneva sveglio suo fratello. Si voltò verso le scale e si accorse che i suoi genitori erano ancora al piano di sotto.

Lentamente e senza far rumore, Rodolphus si avventurò. Sapeva che se lo avessero visto, sarebbe finito in punizione, così cercò di essere più silenzioso possibile.

“Roland, mon dieu, cosa è accaduto?”

“Un incidente, ma cherie, niente di grave,” la voce di suo padre era dolorante, ma cercava comunque di rassicurare la mamma. Rodolphus sbirciò e vide le maniche bianche macchiate di sangue. “Aiutami a fermare l’emorragia, s’il te plait,” le sussurrò mentre si accasciava sul divano mordendosi il labbro per il dolore. 

Roland Lestrange era un uomo forte, Rodolphus era certo di non aver mai visto nessuno forte come il suo papà. Forse lord Dolohov o lord Avery, ma non ne era sicuro. Suo papà era anche distinto, la mamma diceva che sapeva fare conversazione e le signore parlavano un gran bene di lord Lestrange al punto che la mamma gli aveva confermato che era il mago migliore del mondo. 

Rodolphus non lo aveva mai visto sopportare il dolore in quel modo. Nemmeno quando Rabastan era caduto dalla quercia e aveva rotto un vetro della serra finendo in un vaso di piante carnivore; Rodolphus aveva creduto che non sarebbe sopravvissuto. Invece, la mamma e il papà avevano armeggiato intorno al calderone per giorni, avevano parlottato fittamente tra loro, proprio come stavano facendo in quel momento, e avevano preparato un filtro che aveva salvato la vita a Rabastan.

In quel momento, Rodolphus vide la mamma prendere posto accanto al papà sollevando le maniche della camicia. Le braccia di Roland Lestrange erano piene di tagli profondi e grondavano sangue. Rodolphus chiuse gli occhi spaventato. Subito dopo, però, li riaprì, incuriosito da quanto avrebbero fatto i suoi genitori.

Ricordava la bravura della mamma nel medicarlo quando cadeva dagli alberi o quando Rabastan lo buttava giù dalla scopa. La mamma si chinò sulle ferite del papà e intonò un canto, simile a una nenia. Rodolphus non ne comprendeva le parole, erano in una lingua antica e a lui sconosciuta, ma lentamente produssero il loro effetto: le ferite si rimarginarono e il sangue smise di scorrere. La mamma pulì le braccia del papà con un fazzoletto umido e fece scomparire ogni traccia di sangue. Aveva la stessa espressione attenta e premurosa di quando lui e Rabastan si facevano male. 

“Mi sa che abbiamo compagnia, chérie,” disse il papà indicandolo con lo sguardo. Rodolphus fece un passo indietro, spaventato dall’idea di finire in punizione.

“Vieni Rodolphus. Non ha senso che tu ti nasconda,” gli disse il papà. Esitante, Rodolphus si fece vedere avvolto nella sua vestaglia di lana e con i ricci tutti in disordine. 

“Je suis desolé,” esordì titubante.

“Hai visto tutto?” domandò il papà. Rodolphus annuì e il padre fece un sorriso amaro. Lo invitò a prendere posto sul divano tra lui e la mamma.“Vedi, Rodolphus, noi siamo maghi e presto, quando imparerai gli incantesimi più difficili, scoprirai che la magia più complessa può ritorcersi contro il mago.”

“Come quando cadi da un albero?” domandò curioso.

“Sì, proprio come quando cadi da un albero, ma questo non ti impedisce di continuare ad arrampicarti, no?” 

“Direi proprio di no,” sospirò la mamma rassegnata. “Tra lui e Rabastan non so chi è più spericolato.” La mamma gli frizionava le spalle come per riscaldarlo e iniziò a mettergli in ordine i ricci. Rodolphus scosse la testa infastidito. Non era più un bambino piccolo, il prossimo anno sarebbe andato a Hogwarts!

“Per fortuna c’è la mamma che è brava con le magie curative,” disse Rodolphus. Il papà scoppiò a ridere e aggiunse: “La mamma è brava con molte cose.”



 

Castello Lestrange, Cornovaglia, 1 settembre 2009

Roland apre gli occhi. Fuori dalla finestra, il ramo della quercia sbatte contro il vetro della serra e non lo fa dormire. Si volta sul fianco e vede il letto vuoto di Orion.

Da quando suo fratello è partito per Hogwarts, dormire è diventato più difficile. E dire che dovrebbe esservi abituato, visto che sono quattro anni che ogni settembre parte per Hogwarts. Il prossimo anno partiranno insieme e Roland si domanda se riuscirà a dormire in un sotterraneo, in compagnia di qualcuno che non sia un suo fratello.

Afferra la camicia da notte di lana e si stiracchia. Il corridoio è immerso nella penombra e il ritratto di zio Corvus Lestrange III gli intima di tornare a letto. Scuote la testa, indifferente a quel rimprovero, per avvicinarsi alla porta della stanza dei suoi fratelli. Roddie e Rab stanno dormendo profondamente e Roland vorrebbe infilarsi nel letto di Rab e stringersi a lui per non sentirsi più solo, quando un rumore proveniente dal piano di sotto lo ferma. 

Sbircia dalle scale e vede il papà uscire dal suo studio e andare verso il salotto da cui proviene la luce del caminetto. Si accuccia nell’ombra per non farsi vedere e non appena il papà è entrato nel salone scende le scale silenziosamente. Orion gli ha insegnato a camminare senza far rumore per fare gli scherzi a Roddie e non credeva che questa capacità gli sarebbe tornata utile un’altra volta.

Il papà tiene in braccio un fagotto realizzato con il suo mantello, è completamente bagnato per via del temporale che imperversa fuori e la mamma lo osserva preoccupata.

“Rod, cosa succede?”

“L’ho trovato nel bosco, non potevo lasciarlo lì,” le spiega mentre le mostra il contenuto del fagotto. “Possiamo fare qualcosa?” 

La mamma si china verso il papà e Roland vorrebbe sapere cosa sta accadendo, ma sa che se facesse un passo ulteriore verrebbe scoperto. “Ma questo è…”

“Un Demiguise, è stato colpito da un fulmine.”

“Non è riuscito a prevederlo?”

“Credo che i lupi del parco lo abbiano distratto e disorientato. I Demiguise della colonia qui intorno non si sono mai spinti così vicini alla proprietà. È una fortuna che stessi tornando con le erbe per la dispensa.”

“Rod, ma dovevi andare proprio con questo tempo?”

“Lo sai che alcune erbe bisogna raccoglierle con la luna piena e la pioggia non mi ha mai spaventato. Dovresti saperlo.”

La mamma prende tra le sue braccia il fagotto e sospira: “Oh, cucciolo, se ci fosse qui Orion impazzirebbe per te… Vediamo cosa si può fare. Io so curare gli umani, ma le creature magiche… beh… proviamoci.” Roland la osserva mentre fa scorrere una mano lungo il corpo del Demiguise e le ferite si rimarginano. Gli occhi della mamma si accendono di entusiasmo e anche quelli del papà che esulta: “Lo sapevo che saresti riuscita a guarirlo!”

È il Demiguise a smascherarlo, a correre verso di lui e farlo venire allo scoperto. 

“Cosa ci fa in piedi, il signorino?” domanda la mamma sorpresa.

“Non riuscivo a dormire, mi manca Orion,” spiega preparandosi alla punizione. La mamma, però, sembra incline alla magnanimità quella sera e gli domanda: “Ti va di aiutarci a riportarlo dai suoi simili?”

Roland annuisce entusiasta e dopo un colpo di bacchetta della mamma si ritrova vestito e pronto per uscire nel bosco. La mamma tiene in braccio il Demiguise, il papà invece tiene per mano Roland e insieme si avventurano nel bosco.

“Ci sono i lupi?” domanda spaventato.

“Sì, ma non ci faranno niente. Non preoccuparti,” lo tranquillizza il papà. Se hai paura, stringimi la mano. Camminano su un sentiero di foglie secche sotto la pioggia battente, riparati dalla bacchetta della mamma che crea uno scudo magico contro la pioggia. Quando vedono gli altri Demiguise, la mamma mette giù il piccolo e lo lascia raggiungere i suoi simili. È come un battito di ciglia prima che tutta la colonia ritorni ad essere invisibile e Roland torni al castello con i suoi genitori.

“Meno male che la mamma sa curare anche i Demiguise!” esclama.

Il papà scoppia a ridere mentre si libera del mantello e con la bacchetta asciuga tutti loro. “La mamma sa fare molte cose.”

“Persino togliere le vostre impronte di fango dal tappeto antico,” aggiunge divertita. 

Roland si scambia un sorriso complice con il papà, è strano vederlo venire rimproverato dalla mamma proprio come uno di loro. 

“Su, a dormire!”

“Non riesco!” protesta Roland, “Non ho sonno!”

Il papà rivolge uno sguardo alla mamma e le dice con tono accondiscendente: “Perché non vai in camera a prepararti per la notte e nel frattempo io e Roland scriviamo una lettera a Orion? Gli raccontiamo del Demiguise e scommetto che gli mancherà casa. Cosa ne dici?”

“Poi mi leggi una favola?”

“Non ti pare di chiedere troppo?”

“Dai, le avventure di Dedè, la preferita di Orion!”

Il papà rimane per qualche istante a rifletterci, guarda la mamma che sorride e non sembra più arrabbiata. “Ti aspetto in camera,” gli dice prima di dare un bacio a entrambi. Roland si sistema in braccio al papà allo scrittoio del salotto e, insieme, scrivono una lettera per Orion che affidando ad Antares, la civetta della mamma.

Roland si lascia condurre a letto, il papà fa ricomparire il pigiama e gli rimbocca le coperte. Solo ascoltando la voce profonda del papà che legge “Le avventure di Dedè”, Roland si addormenta. Non importa se Orion quella favola l’ha letta un milione di volte e se Roland la sa a memoria. In quel momento, sentire il papà che legge, come quando lui e Orion erano bambini, gli fa sentire il fratello meno lontano e finalmente scivola nel sonno.

 

Note:

Lo so che sono pazza. Alla fine hanno vinto i miei amati Lestrange. 

Il tema della raccolta è il cambiamento e ho scelto Rodolphus perché volevo mostrare il cambiamento che ha attraversato nel corso della sua vita, mostrare come affronta le varie fasi della sua vita come protagonista e poi come papà in questo confronto con Roland. Vuole essere anche il tentativo di ritrarre due generazioni di Lestrange, quella che si affaccia alla prima guerra magica, e quella uscita sconfitta dalla seconda guerra magica e le sfide che si trovano ad affrontare durante la crescita. Il cambiamento non è solo generazionale e di mentalità, ma anche sociale e di rapporti di potere. 

Ora, la challenge funziona come il writober. Riuscirò a postare una storia al giorno sapendo che maggio sarà un mese infernale a lavoro? Lo scopriremo solo vivendo.

Un abbraccio e buon #writingmay a tutti!

Sev

 
   
 
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