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Autore: Tabychan    03/05/2022    0 recensioni
Ogni persona contiene dentro di sé una certa percentuale dei quattro elementi: terra, aria, fuoco e acqua. La maggior parte non se ne rende conto e non sa sfruttarli.
Ma cosa succederebbe se esistessero combinazioni di elementi più potenti di altre? Le vite delle persone che li ospitano finirebbero influenzate? O sconvolte?
L'istituto Kosmos di Ambervale si occupa di scoprire proprio questo.
E lo scopriranno, a loro spese, anche tre giovani allievi...
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Nei giorni successivi alla rivelazione del suo matrimonio, Dorcas si ritrovò come sequestrata da Rao. Era entusiasta all’idea che Dorcas si sposasse e la seguiva ovunque per discutere di cerimonia, fiori, abiti e via dicendo, facendo ogni volta apparire un ampio catalogo di qualsiasi categoria le venisse in mente. Rao era decisamente più felice di quanto non fosse Dorcas stessa, ma non sembrava dar peso alla cosa.

Per quanto avesse sempre saputo ci fossero altissime probabilità che il suo destino amoroso sarebbe stato determinato dall’istituto, non si aspettava che la notizia sarebbe arrivata così presto. Ogni volta che Rao la avvicinava tentava di condividere il suo entusiasmo, ma ogni volta le riusciva più difficile. Avrebbe voluto parlarne con Tia, era certa che lei le avrebbe dato un buon consiglio; ma negli ultimi giorni per lei si era rivelato davvero complicato riuscire ad avere un dialogo con qualcuno che non fosse il generale.

«Il tuo promesso sposo è un mago eccezionale, giovane e di nobile famiglia» spiegò Rao dopo aver chiuso l’ennesimo libro di abiti da sposa «ed è un mago del sacro come te! Sherry è davvero emozionato, sarete la prima coppia del sacro nella storia di Kosmos, e forse del mondo intero! I vostri figli saranno bellissimi!»

Nel tempo trascorso con lei, Dorcas aveva imparato che Rao non era molto empatica. Aveva la sua visione del mondo e delle persone e, a meno che non le leggesse nella mente, difficilmente riusciva a cogliere le sfumature di umore o i sentimenti di qualcuno. Era il motivo principale per cui Dorcas non si sentiva molto incline a confidarsi con lei: per quanto fosse gentile, sembrava completamente assorbita da Sheraltan e dai suoi ordini. Non sarebbe stata una buona idea quindi rivelarle che covava dei dubbi riguardo l’intera questione dello sposarsi. D’altronde, non sapeva nemmeno lei quanto peso dare proprio a tali dubbi.

«Quando sarà la cerimonia, Rao?» chiese Dorcas durante una delle loro chiacchierate forzate «Pensi che potrò incontrare prima questo ragazzo?»

Rao chiuse gli occhi per qualche secondo.

«Sherry dice che vorrebbe organizzarla il prima possibile, ma i genitori del mago ci tengono a fare qualcosa di carino. Probabilmente avverrà tra un paio di mesi.»

Dorcas fece un mezzo sorriso; non sapeva se considerarla una buona o una brutta notizia.

«Ha detto però che, se vuoi, puoi incontrarlo la prossima settimana. Si terrà un torneo di combattimenti a Saoria, la città pirata. A quanto pare Reis ci va sempre. Sherry dice che è presto per farti partecipare come combattente, ma potresti andare l’ultimo giorno come spettatrice e conoscerlo là».

La maga bianca non aspettava altro: un giorno di libertà, lontano dalle mura e per di più in una città pirata nel pieno di un torneo di lotta.

“Praticamente il mio addio al nubilato”, pensò. Il suo viso si illuminò e stavolta reagì con entusiasmo sincero.

«Sarebbe fantastico, non ho mai assistito ad un torneo! Posso chiedere anche a Tiamal e Theodore di accompagnarmi? Non vorrei perdermi, non sono mai stata in una città pirata.»

Rao storse il naso.

«Perché loro due? Sono cadetti, non ti sarebbero molto d’aiuto. Sarebbe meglio se ti accompagnassi io oppure Steaves.»

«Non vorrei disturbare il capitano Steaves, so che da quando Er- il capitano Redblood ha dato di matto, è molto impegnato.»

«Allora vengo io!»

«Tu, ehm…»

Dorcas si morse il labbro: le serviva subito un’idea geniale che tenesse Rao abbastanza impegnata per abbastanza tempo. Purtroppo l’unica che le era venuta in mente non le piaceva per nulla, ma non poteva permettersi di fare la schizzinosa. Raccolse tutto il suo coraggio e lanciò la sua proposta:

«Perché non ci prepari una festa di fidanzamento per il nostro ritorno?»

Per Rao era l’idea più bella che potessero proporle. Emise un grido di gioia e si gettò su Dorcas, stringendola forte; non si accorse che l’entusiasmo non era ricambiato.

«Allestirò la sala conferenze e preparerò insieme ai cuochi i dolci più buoni che tu abbia mai mangiato! Potrei provare a coinvolgere qualche mago elementale per creare famigli danzanti, e poi ovviamente ci servirà musica, e luci, e decorazioni… C'è tantissimo da fare, che bello!»

Volteggiò su se stessa in preda alla gioia e saltò sulla sua bolla gigante, rimbalzando a mezz’aria. 

«Vuoi organizzarla insieme a me?»

Dorcas si affrettò a scuotere la testa.

«No, grazie, preferisco la sorpresa.» mentì «Mi fido di te, sono sicura che sarà meravigliosa.»

Rao le sorrise e si sollevò ancora più in alto, sempre comodamente seduta sul suo insolito, profumato mezzo di trasporto.

«Va bene, allora comincio già adesso a cercare qualcosa. Se hai qualche desiderio particolare fammi sapere, mi raccomando! Voglio che sia una festa perfetta per te.»

E così dicendo volò fino alle finestre del quinto piano, infilandosi in una di esse con un “pop”.

Dorcas sospirò. Aveva sempre pensato di essere una persona spontanea, sincera e amichevole, eppure negli ultimi giorni mentiva e fingeva come se per lei fosse la cosa più naturale del mondo. Non le piaceva il lato di sé che stava emergendo ma non riusciva a trovare alternative che non implicassero il litigare con Rao. Decise che ne avrebbe parlato con Ti, e si avviò verso il corridoio delle aule, ad aspettare che lei e suo fratello terminassero la loro lezione. 

 

Non dovette attendere molto, anzi: non dovette attendere per niente.

Theo era già fuori dall’aula che parlava con il capitano Steaves, circondato da qualche altro ragazzo che li fissava con aria adorante. Tia doveva invece essere ancora in classe. Si avvicinò in silenzio, per non disturbare i due che discutevano.

«…so che non compensa il danno che hai subito, ma sappi che è raro che il comandante faccia doni.»

Steaves stava terminando un discorso che accese subito la curiosità di Dorcas. Si aggiunse agli altri ragazzi in ascolto per cercare di mettere insieme i pezzi del discorso.

«Posso chiedere qualsiasi cosa?» replicò Theo con aria stupita.

«Se è sensata, sì. Con te è meglio specificarlo.»

Theo alzò le spalle in un mezzo ghigno, mezzo sbuffo.

«Vorrei due cose, allora. La prima è un colloquio con il comandante.»

«Farò il possibile, ma potrebbe non essere immediato né tantomeno certo. La seconda?»

«Ho bisogno di un’arma.»

Theo diede questa risposta in un tono così serio che Dorcas si domandò se stesse scherzando; ma dall’espressione nei suoi occhi si capiva che non era così, affatto. Steaves lo fissò a sua volta, altrettanto serio, e, dopo qualche secondo di riflessione, annuì.

«Questa mi sembra una richiesta decisamente più ragionevole. Se hai tempo posso portarti anche subito in armeria. Tieni conto che ti sarà comunque proibito girare armato al di fuori dell’istituto se non sei in missione.»

Theo alzò le spalle di nuovo in segno di assenso e si guardò intorno.

«Volevo avvisare Tia prima, ma è ancora dentro. Ah, Dorcas!»

Alcuni dei ragazzi che prima affollavano il corridoio se n’erano andati, e la chioma bionda di Dorcas spiccava ora a poca distanza.

«Buongiorno capitano, ciao Theo» li salutò lei con la mano «hai avuto una promozione?»

«No, ma a quanto pare il comandante Moses si è offerto di… risarcirmi.»

«Non è un risarcimento» precisò Steaves a Dorcas «ma un ringraziamento. Finalmente abbiamo avuto le prove che i membri delle squadre del comandante Redblood agivano per il loro tornaconto. Se non fosse tornato Theodore a testimoniare avremmo avuto solo in mano solo chiacchiere di corridoio. E proprio perché è riuscito a tornare - vivo - l’offerta del comandante è anche un premio. Era la tua prima missione, dopotutto.»

«È un grande onore, Theo! Non sei contento?» gli chiese Dorcas, sinceramente stupita - e un po’ invidiosa - del successo ottenuto in così poco tempo dal suo amico.

«Oh sì, assolutamente fantastico!» rispose lui in falsetto, imitando la voce di Dorcas «Quando incontrerò il comandante gli farò assolutamente un bel- ahi! Ha preso anche lei l’abitudine di darmi schiaffi in testa ora?»

«Il motivo non dovrebbe stupirti, intelligente come sei.» gli rispose Steaves, la mano ancora sollevata.

«Sono sicuro che da parte sua non sia legale.»

Theo si rivolse quindi a Dorcas.

«Tia si è addormentata in piedi mentre stava rispondendo a una domanda, o qualcosa del genere. Sembrava stesse pensando e invece si è come bloccata per diversi secondi. Per me si era solo persa un attimo, ma la professoressa si è allarmata e ha insistito per parlarne. È ancora dentro, puoi aspettarla tu e riferirle che vado in armeria con il capitano? Ci possiamo incontrare dopo in caffetteria.»

Dorcas annuì.

«Certo, nessun problema. È capitato anche con me che si bloccasse, è stato quando le hai telefonato durante la tua missione. Forse le capita quando è agitata.»

«Può essere, non le farebbe male smettere di preoccuparsi sempre per tutto e tutti ogni tanto. A dopo allora.»

I due si salutarono e Theodore si mosse dietro al capitano, diretti verso l’armeria.

 

*

 

«L’armeria non è un locale a cui normalmente gli studenti hanno accesso» iniziò a spiegare Steaves «È riservata ai soldati, e anche loro non hanno a completa disposizione tutte le armi. Alcune sono troppo potenti.»

«In che senso?» chiese Theo «Ci tenete dei cannoni?»

«No, cose molto più pericolose. Le armi, come tutti gli oggetti, possono essere potenziate grazie alla magia. Alcune in modo temporaneo, usando le pietre elementali. Io in un certo senso “funziono” così: inserisco una pietra negli incavi sul mio corpo e questa mi permette di sprigionare la forza che contiene. Ovviamente l’effetto si esaurisce quando la pietra si scarica.»

«Non è doloroso? Già solo farsi tutti quei buchi…»

«Quando un soldato semplice senza particolari capacità entra in contatto con questo posto, si rende conto subito di quanto lui sia limitato. Questo metodo mi ha fornito una possibilità. È stato doloroso all’inizio però, sì. Il mio corpo non era nato per sopportare flussi di energia elementali e ho dovuto allenarmi un bel po’ per abituarmi. Ora non mi da’ particolarmente fastidio, anche se ogni volta che uso pietre d’acqua poi devo sempre correre in bagno.»

Theo accennò un mezzo sorriso ma non si azzardò a fare battute. Steaves era una delle poche persone che stava davvero cominciando ad apprezzare, e rispettare. Anche se non poté fare a meno di domandarsi cosa spingesse una persona a fare questo al proprio corpo.

«Perché voleva tutta quella forza? Era davvero necessario?»

«Proprio tu ora vuoi farmi parlare dei miei sentimenti? Pensavo che fosse il comandante quello che volevi conquistare.»

Theo rise ma non si scoraggiò:

«È solo curiosità, questo posto è pieno di gente quantomeno non comune. Vengono fuori discorsi interessanti.»

«Vero, infatti dovremmo riprendere il nostro di prima. Ma ti sarà più facile capire con qualche esempio sottomano.»

I due si fermarono davanti ad una grossa, doppia porta blindata su cui troneggiava la scritta “Armeria”. A lato, sopra a quello che sembrava un dispositivo elettronico, galleggiava una piccola sfera bianca: Steaves vi infilò la mano dentro e dopo qualche istante il portone si spalancò. Il capitano fece cenno a Theo di seguirlo, e i due si incamminarono lungo un corridoio bianco.

 

Theo era sinceramente meravigliato: i lati del corridoio erano vetrate trasparenti dietro alle quali galleggiava un liquido color bianco perla, leggero come l’aria, ma dalla consistenza più densa. Somigliava molto al reagente elementale, ma sembrava più…

«Compresso» spiegò Steaves «Lì dentro c’è reagente elementale ad alta pressione. Se entra qualcuno di non autorizzato, le porte si chiudono e nel reagente vengono lasciate cadere pietre elementali dell’elemento opposto a quello dell’intruso. Tenendo conto che può anche caderne più di una, gli effetti possono essere devastanti.»

«Non è un tantino estremo come sistema di sicurezza?»

«In teoria i non autorizzati vengono bloccati ancora prima di entrare dal terminal all’ingresso. Questo sistema è per chi riesce comunque ad arrivare qui, per esempio teletrasportandosi.»

«Ma vale solo per questo corridoio?»

«No, c’è uno strato di reagente nelle pareti di tutta l’armeria.»

«E allora un’esplosione del genere non dovrebbe danneggiare anche le armi?»

«Ci ho pensato anche io, più volte. Credo che il comandante abbia protetto le armi in qualche modo, ma non ho mai capito quale. Puoi chiederglielo tu durante il vostro appuntamento.»

Con un cenno, Steaves fece passare il ragazzo davanti a sé: entrarono così nella prima sala dell’armeria.

 

Alle pareti erano appese decine e decine di armi, di ogni genere: armi bianche, da lancio, da fuoco, oltre ovviamente a munizioni e suppellettili di qualsiasi tipologia. Con un filo di delusione, però, Theo notò che avevano tutte un aspetto abbastanza ordinario.

«Questa è la sezione delle armi comuni. Qui potrai scegliere la tua.»

Theo fece una smorfia di disappunto alla spiegazione di Steaves.

«Non c’è qualcosa di più originale?»

«Certo, ma non la affiderei mai ad un mago che non sa nemmeno quale sia il suo elemento.»

Colpito e affondato. 

«Devi solo essere paziente, d’altronde sei appena arrivato. Se mi segui posso continuare a spiegarti perché è importante che chi maneggia armi magiche sia ben consapevole di cosa sta facendo, e soprattutto di cosa vuole fare

Steaves si incamminò verso la seconda, grande sala.

 

La quantità di armi presenti era già diminuita molto, ma in compenso queste ne guadagnavano in qualità.

In ogni arma erano stati ricavati uno o più incavi, di diverse dimensioni in base alla tipologia dell’arma: alcune possedevano solo un unico, grosso buco, altre invece erano tempestate di numerose piccole cavità. Al centro della stanza, suddivise in tante piccole teche, erano disposte le pietre elementali. Formavano un arcobaleno iridescente di mille colori, sfumature e intensità. Theodore le osservò con stupore: notò che, nonostante gli elementi di base fossero quattro, le categorie in cui le gemme venivano suddivise erano molte di più. Alcune probabilmente erano derivate da elementi base, come per esempio quelle sotto l’etichetta “esplosive”.

Un lampo balenò nella mente di Theo: i suoi occhi cominciarono freneticamente a cercare pietre nere. Durante il test, il reagente elementale era diventato scuro come le pece: se avesse trovato qualcosa dello stesso colore forse avrebbe capito almeno un po’ la natura del suo potere.

Rosse, marroni, grigie, viola… nere!

Il cuore del ragazzo iniziò a battere all’impazzata. Corse con lo sguardo in alto, verso la scritta stampata, e finalmente lesse:

“Teletrasporto”.

Theo rimase immobile qualche secondo.

“Teletrasporto?”, pensò.

Ricordava di aver avvertito qualcosa quando vide il portale, qualche giorno prima. Ma che razza di elemento poteva essere il “teletrasporto”? E soprattutto, perché tanto segreto se era qualcosa che utilizzavano comunemente nell’istituto stesso?

Stava tentando di arrivare ad una conclusione logica quando sentì Steaves urlare il suo nome in lontananza, già diretto nella terza sala.

Il ragazzo si sollevò dalla teca di pietre, demoralizzato. Notò con la coda dell’occhio che ve n’erano altre nere, con l’etichetta “Sacro”. 

“Ma il sacro non è quella roba bianca di Dorcas? Chi riordina qua deve essere più confuso di me.” 

Con molto meno entusiasmo di quando si era avvicinato, Theodore si allontanò dalla teca delle pietre per continuare a seguire Steaves, il cui tono si era fatto più insistente. La sua testa era però persa tra mille ragionamenti: l’unica spiegazione era che il teletrasporto dovesse essere una parte del suo potere, una derivazione di qualcos’altro sfruttata per scopi pratici. Non che questo però gli fosse d’aiuto. Forse il suo elemento era qualcosa come lo “spazio”? Ammesso che un elemento del genere esistesse.

«Sei ancora tra noi?»

Theo si risvegliò dai suoi pensieri e annuì frettolosamente al capitano. Avevano raggiunto la terza stanza, decisamente più piccola delle altre. Tutte le armi erano però protette dietro teche singole, ed erano decisamente più particolari delle altre. Alcune parevano anche mozzate: c’erano spade senza lama, oppure bastoni che reggevano il nulla. 

«Come ti stavo dicendo, alcune armi possono essere potenziate temporaneamente utilizzando le pietre elementali. Queste, invece, sono costruite direttamente in pietra elementale, del tutto o in alcune loro parti. Questo significa che possono essere sia caricate in precedenza, sia potenziate sul momento, se la persona che le sta usando è un mago.»

«In che senso?»

«Prendi questo per esempio.»

Steaves si avvicinò ad una teca contenente un pugnale: l’impugnatura era molto scura, di un materiale alla vista simile alla pietra. La lama era invece color bianco perla, larga e irregolare; numerose punte sporgevano dai lati, entrambi affilati, come spine dal ramo di una rosa.

«Questo è un pugnale molto versatile. È pericoloso già di per sé, grazie a tutti quegli spuntoni. Ma la lama è in pietra elementale: dalla ad un mago del fuoco ed inizierà ad emettere fiamme. Ti faccio l’esempio del fuoco perché è il più semplice, è un elemento che tende ad essere pericoloso già in natura, mentre altri hanno bisogno di essere manipolati per ottenere effetti offensivi. Ti assicuro comunque che non deve essere piacevole tagliarsi con questo e ritrovarsi un seme che comincia a radicarsi nella ferita.»

Theo ebbe un brivido.

«È disumano, in effetti.»

«Spero perciò che tu abbia capito perché l’utilizzo di queste armi è molto limitato. Se chi le usa non ha perfettamente sotto controllo non solo la propria magia, ma anche la propria mente ed emozioni, rischia di causare danni tremendi. Prova tu a fermare una lama che continua a bruciare senza mai spegnersi o un fucile che spara all’impazzata proiettili di aria compressa. Non è facile se non sei un mago a tua volta.»

Theo immaginò persone teletrasportarsi all’infinito dopo essere stati colpiti da un suo pugno. 

“Il terrore di Kosmos”, pensò ironico. Guardò verso le bianche pareti della sala e notò che non proseguivano oltre.

«Abbiamo finito?»

«Sì, queste sono tutte le armi che possediamo. Ma in realtà esiste un’ultima categoria di armi magiche.»

Theo alzò le sopracciglia, curioso.

«Sono le armi possedute. Alcune armi, per esempio appartenute a persone particolarmente importanti o costruite in materiali rari, possono ospitare degli spiriti e addirittura ottenere la loro forma.»

«Fermo un attimo. “Spiriti”? Esistono anche gli spiriti? Cioè anime dei morti?»

«Non ne ho mai visto uno, ma sì, sono spesso citati nei manuali di magia molto avanzata. La definizione generica è di “entità senza un corpo”, che quindi può essere ospitata da un oggetto materiale come un’arma. Immagino possano essere anime dei morti o creature puramente elementali, o forse ancora esseri di altri mondi. Ho imparato che in questo mondo se non sei disposto ad aprire la mente non vai molto avanti.»

«Decisamente. Trovo assurdo che la gente comune non sappia niente, quando certe informazioni potrebbero sconvolgere le loro vite.»

«La gente comune non può sperimentare certe realtà e da’ per scontato che non esistano. Non sono certo segreti tenuti nascosti apposta. Anche perché altrimenti non sarei qui a parlarne con te, letteralmente l’ultimo arrivato. È un mondo da cui bisogna farsi coinvolgere in qualche modo, altrimenti sembrerebbero solo chiacchiere da ciarlatani. Anzi, personalmente credo sia una fortuna che ora esistano scuole e istituti come questo dove la magia viene studiata e insegnata. Immagina se persone come te o tua sorella avessero cominciato a manifestare capacità potenzialmente letali senza sapere come controllarle.»

«Sì, beh, non approvo sempre i vostri metodi. Ma penso di iniziare a capire i motivi. Fatico a credere però che non abbiate nessuna di quelle super-armi qua dentro.»

«La mia opinione è che le tenga il comandante Moses in qualche luogo accessibile solo a lui. Lo trovo sensato, visto quanto devono essere pericolose.»

«Ma significa anche che quell’uomo ha la potenzialità distruttiva di una bomba atomica nelle sue mani. E solo nelle sue.»

«Ti assicuro che se volesse uccidere qualcuno potrebbe farlo anche senza armi.»

Theodore non si aspettava un commento del genere.

«E vi va bene stare alla mercé di un individuo del genere? Non mi sembra si faccia problemi a far impazzire la gente, come quella Erica.»

«Capitano Redblood, Theodore. Se quello che vuoi sapere è se ho paura di lui… Non credo di volerti rispondere. Penso però che lo capirai da solo quando lo incontrerai.»

«Questo è sicuramente l’appuntamento al buio più atteso della mia vita.»

«Non prendermi in giro.»

Theodore si voltò e lo guardò con sguardo interrogativo.

«Non sei tipo da appuntamenti al buio. Chi mai ti consiglierebbe a una ragazza che ha l’incredibile fortuna di non conoscerti?»

Steaves gli scompigliò i capelli con un ghigno divertito, che conteneva però anche un leggero tono paterno. Theo si finse incredibilmente offeso.

«Queste sono sicuramente molestie psicologiche. Tratta così tutti i suoi studenti?»

A questo commento, il capitano si fece serio tutto d’un tratto, come gli fosse stato fatto notare qualcosa di importante.

«No, in effetti no.»

Sembrò indeciso sul continuare o meno la frase. Theo fece un cenno col mento nella sua direzione, per invitarlo a incedere. Steaves si grattò la fronte pensieroso e trasse un profondo sospiro.

«Tieniti care la tua testa e le tue motivazioni, Theo. È facile perderla qui dentro.»

«Insegnante, soldato, molestatore e ora anche psicologo?»

«Sono un uomo versatile. Piuttosto, hai pensato a che tipo di arma vuoi?»

Theodore annuì e i due tornarono nella sala iniziale.

«In realtà ad ora non ho molte opzioni. Ho una pessima mira e non sono forte abbastanza da portarmi dietro aggeggi come questo» disse, indicando un gigantesco spadone con un drago inciso lungo la lama.

«Preferisco qualcosa di comodo da portare e che può tornarmi facilmente utile. Come il pugnale di prima… o queste.»

Si fermò davanti ad una lunga teca, nelle quali tantissime lame corte di tutte le forme e le dimensioni erano disposte rigorosamente a coppia.

«Lame gemelle? Quasi ironiche per te.» commentò Steaves

«Le ho usate durante l’addestramento al governo, non pesano troppo e sono veloci. Se ne perdi una, poi, hai sempre l’altra di riserva.»

«Una scelta ragionevole. Puoi scegliere quelle che preferisci allora, sono armi senza nome né proprietario fisso.»

Theo fece scorrere lo sguardo tra le decine di lame lì presenti: non ne sapeva ancora abbastanza per fare una scelta mirata, quindi decise di cercare qualcosa di bilanciato. Aprì il vetro della vetrina ed estrasse due lame di media lunghezza, dall’impugnatura semplice. Terminavano con una lama curva che le faceva assomigliare a due lunghi e sottili coltelli da sopravvivenza, più che a piccole spade.

«Queste vanno bene. Ovviamente vedrò di venire a cambiarle il prima possibile con qualche fucile spara-laser o un’altra di quelle cose strambe che avete nelle altre stanze.»

Theo sollevò anche la cintura, i foderi delle due spade e si fissò tutto sulla vita in modo che non gli impedissero i movimenti. Come sperava, le due lame non erano molto pesanti.

«Me lo auguro, siamo sorprendentemente a corto di buoni soldati ultimamente. Non so se hai notato che io e Erica siamo gli unici capitani e lei ora è in una situazione precaria, per così dire.»

Steaves richiuse l’espositore e si diresse verso l’uscita dell’armeria.

«Come mai così pochi ufficiali?» 

«Di solito i diplomati si dividono in due: maghi, e non maghi. Un mago diplomato è un individuo così potente da non necessitare di qualcuno che lo sorvegli. È un po’ come una categoria a parte, non sono subordinati ma nemmeno ufficiali a loro volta. Noi capitani serviamo più che altro a gestire le reclute che decidono di rimanere qui nonostante non abbiano vere e proprie capacità magiche, e non sono molte. La specialità di Kosmos è valorizzare i maghi, non le persone comuni, a meno che queste non decidano di sottoporsi ad operazioni particolari come ho fatto io.»

«Potrei diventare un capitano io, allora.»

«Dipende da quanto fallirai come mago.»

Steaves richiuse il pesante portone principale dell’armeria e si voltò ad esaminare le nuove armi di Theo.

«Hai davvero avuto una grande fortuna ad ottenere quelle. Vedi di non farci sciocchezze, ok?»

«Sarò l’emblema della disciplina. Abbiamo finito con il giro, quindi?»

«Finito, puoi tornare alle altre tue lezioni. Ti faremo sapere se dovesse esserci qualche altra missione per te, ma mi auguro onestamente di no.»

«Non so se augurarmelo anche io.»

Theo fece un saluto militare al suo capitano e si congedò, diretto verso la caffetteria dove sua sorella e Dorcas lo stavano aspettando. Non pensava avrebbe apprezzato qualcosa di banale come una chiacchierata con un suo superiore; stava cominciando, finalmente, a sentirsi un po’ a casa.

 

*

 

Theodore trovò Tia e Dorcas sedute ad un tavolo della caffetteria, la prima con un cappuccino pieno di schiuma davanti, la seconda intenta a divorare un muffin alla marmellata. Si avvicinò al loro tavolo facendosi largo con orgoglio tra la folla di studenti che fissavano la sua cintura con ammirazione. Aveva già preparato nella sua mente le frasi da dire alle due ragazze per pavoneggiarsi anche con loro, ma la realtà lo colpì in pieno; con la voce di sua sorella.

«Sei ridicolo», commentò schietta Tiamal «A cosa ti serve portare delle armi in caffetteria? Vuoi tagliarti da solo i tramezzini?»

Dorcas scoppiò in una risata; Theo afferrò una sedia in malo modo e si sedette seccato.

«Sei di cattivo umore, sorellina? Il comandante in persona ha deciso di farmi questo regalo e non vedo perché non dovrei vantarmene. E poi, non si può mai sapere: quei panini sembrano effettivamente molto duri.»

Tiamal gli rivolse un mezzo sorriso.

«Scusa, dopo potrai raccontarmi per filo e per segno la storia di quelle spade. Ora non mi va molto.»

Theo guardò Dorcas interrogativo, e lei di risposta gli rivolse uno sguardo triste.

«Dice che non si capacita di essersi addormentata a occhi aperti così, oggi. Ma può succedere quando si è stanchi, no? Te lo ha detto anche la professoressa.»

«Lo so, lo so.»

Tia rimase qualche secondo immobile a fissare la schiuma del suo cappuccino, come se vi cercasse dentro le risposte alle sue domande.

«Mi ha riempito la testa di raccomandazioni… Se mi sento stanca non devo farmi problemi ad andare in infermeria, se faccio fatica a controllare il mio elemento posso procedere a passi più lenti… Mi sentivo una bambina dell’asilo. E non capisco perché si sia fissata con me: Theo dorme sempre e non gli dice mai niente nessuno!»

«Non conosco nessun altro in grado di controllare il proprio elemento così bene alla tua età. Forse era solo preoccupata che ti stessi sforzando troppo.»

Tia emise un gemito di mezzo assenso e sospirò. Dorcas, preoccupata nel vedere l’amica così giù, strinse i pugni e attivò la sua modalità “sorriso perfetto”.

«Visto che ora ci siete entrambi, ho una bella notizia per voi: la prossima settimana si terrà un torneo nella città pirata di Saoria, e a quanto pare il mio promesso sposo sarà lì.»

Sia Tia che Theo - che nel frattempo aveva infilato il naso in un krapfen al cioccolato - alzarono improvvisamente lo sguardo verso di lei. Dorcas arrossì, diede un piccolo colpo di tosse e continuò.

«L’ultimo giorno, a quanto pare. Il comandante e il generale hanno detto che possiamo andare ad accoglierlo per conoscerlo, tutti e tre. O meglio, ovviamente l’invito principale era rivolto solo a me, ma ho detto a Rao che da sola rischio di perdermi e che il vostro supporto mi farebbe piacere.»

I gemelli si guardarono, più confusi che altro. Tia prese la parola ma il suo tono era decisamente meno entusiasta del suo solito. Sembrava più velato di una triste accettazione, e compassione.

«Sarebbe magnifico, non ho mai assistito a un torneo di lotta! E le città pirata possono davvero essere molto pericolose, per fortuna ora Theo ha i coltelli nuovi.»

Theo, che sembrava non voler essere assolutamente chiamato in causa, rispose anche lui con un sorriso sgangherato e si diede dei colpetti sui foderi delle lame.

«Al tuo servizio. Mi sembra un luogo un po’ strano però per un incontro di fidanzamento, non c’era qualcosa di più romantico?»

«A quanto pare il mio» Dorcas ingoiò a forza un grosso nodo in gola prima di proseguire «…fidanzato, assiste al torneo ogni anno.»

«Magari è un atleta figo e muscoloso, come un modello da copertina.» scherzò Tia, o almeno ci provò.

«Non credo, Rao ha detto che proviene da un’antica famiglia di maghi.»

Scese un lungo, imbarazzante silenzio in cui nessuno sapeva come commentare.

Dorcas guardò di sottecchi i suoi amici: erano chiaramente a disagio, nessuno sicuro su cosa poter o non poter dire.

“È ridicolo.” pensò la maga. Trasse un respiro profondo e raddrizzò la schiena: il suo sguardo ora era un po’ più sicuro, un po’ più fiero. 

«Un partito degno della sottoscritta, insomma. Sarà un matrimonio sicuramente stimolante, che mi aprirà un sacco di possibilità. Non vedo l’ora.»

Tia le sorrise di rimando e le strinse la mano: tremava un po’, ma dagli occhi della giovane maga bianca la tristezza sembrava essersene andata; almeno per ora.

«Theodore, se hai finito di sporcare mezzo tavolo con quel bombolone potresti raccontarci di dove hai preso quelle armi, e soprattutto perché.» continuò Tiamal.

Theo le fece il verso, si pulì la bocca dalla cioccolata, estrasse una delle due lame e cominciò a descrivere le armi, l’armeria e la sua chiacchierata con Steaves.

Dorcas ascoltava incuriosita, ed entrambi i fratelli fecero ben attenzione a non nominare più alcun mago di antica famiglia per tutto il resto della giornata.

   
 
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