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Autore: TheLegendary    11/05/2022    0 recensioni
“Per quanto non vedessi più nulla, le mie orecchie funzionavano ancora. O almeno, credevo lo facessero ancora. Credevo di sentire una voce leggiadra e dolce urlare al mio fianco, le sue parole incitavano qualcuno di svegliarsi. Ignorai ben presto quella voce, chi mai vorrebbe che riaprissi gli occhi?”
Quando spezzi il cuore di qualcuno, specialmente quello di una persona distrutta dalle esperienze della vita, c’è sempre la possibilità che non finisca bene. Può portare a un litigio ben più pesante di quanto mai si aspetti, a conseguenze inaspettate… proprio come la morte. O un coma.
Genere: Angst, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Il fresco dell’autunno è sempre stato rilassante… una brezza di cambiamento dall’afa e dal calore estivo che aveva accompagnato la mia vita in quell’anno.

Il cielo ingrigito mostrava segno di pioggia imminente, ma alla mia mente non importava. I clacson delle macchine nella distanza, i motori rombanti e qualche voce flebile che raggiungeva le mie orecchie era tutto quello che riuscivo a sentire… oltre a un grande vuoto.

Sarebbe bello esser capaci di leggere nel pensiero altrui. Credevo di essere un buon giudicatore d’animo, di essere capace di leggere una persona e le sue emozioni senza troppe difficoltà… oh, Marco, che ingenuo che eri.

La visione di qualche ora fa era rimasta ben impressa nella mia testa, e per quanto mi sforzassi di cancellarla e di concentrarmi su qualcosa del mondo che mi circondava non riuscivo. Quei capelli dorati fluenti, mossi e ben tenuti… quelle pozze azzurre che erano i suoi occhi mortificati alla mia visione, le braccia esili che stringevano il corpo tonico di un altro uomo. Era inutile alzare le coperte che li avvolgevano per vedere che erano nudi, uniti in un abbraccio d’amore e passione adultera. 

Fu una scena dopo l’altra, la mia fuga in questo pezzo di terra desolato. Abbandonai il luogo del misfatto con il rumore del mio cuore che si rompeva, sordo al suo richiamo del mio nome. Sentii di sfuggita la piccola custodia di plastica sfuggire dalla tasca dei miei pantaloncini mentre entravo nella mia macchina e, senza guardarmi indietro, mi allontanavo. 

Avrei tanto voluto sapere come leggere la mente dell’uomo. Conoscere una persona nel modo più intimo possibile, rendendo le bugie impossibili. Ahimè, non sarà altro che qualcosa che non fa parte di questo mondo, una fantasia per una vita alternativa. 

La bottiglia di whisky giaceva al mio fianco, ancora da aprire… doveva essere riservato per dei momenti festivi, ma non importa più ormai. Voglio solo dimenticare quel dolore che mi affligge nel petto, dopo anni di felicità… mai avrei pensato che fosse capace di tale tradimento. Feci un sospiro, prendendola nella mano e aprendola, lasciando che il suo odore pungente entrasse nelle mie narici. Era la prima volta che avrei bevuto un superalcolico, quindi era molto… non so, mi sentivo timoroso.

Ma ingoiai quell’emozione, e iniziai a scolare la bottiglia come se la mia vita dipendesse da quel liquido. E, in un certo senso, era proprio così.

Già potevo sentirlo bruciare nella sua via per la gola, fino allo stomaco. Già stavo sentendo qualche effetto, ma a quanto pare il mio fegato riusciva a reggere questo colpo.

Guardai il braccio sinistro, segnato da un passato che non se n’era mai andato. Quei segni orizzontali che percorrevano il mio arto erano il simbolo della mia sopravvivenza, del mio oltrepassare la depressione e l’autolesionismo. 

Sentivo qualcuno urlarmi di spostarmi indietro, che era pericoloso rimanere dove mi trovavo. Guardai in basso, potendo chiaramente riconoscere il piccolo ruscello che percorreva il terreno sotto al ponte in cemento sul quale mi trovavo. I fumi dell’alcol erano pesanti, ma riuscivo a tenere a mente che un’altezza del genere mi avrebbe ucciso.

Un conflitto si accese in me. Da una parte volevo smettere di soffrire, di oltrepassare l’ultimo varco e mostrare con il gesto più esplicativo il mio dolore. E dall’altro il mio istinto di sopravvivenza voleva farmi indietreggiare, mi urlava di smettere di pensare blasfemie e combattere questa sofferenza che cresceva.

Già… combattere. Se solo avessi avuto la forza di farlo.

Mi alzai in piedi, traballante ma ancora stabile abbastanza da non inciampare sui miei stessi piedi. Sentivo il cellulare nella mia tasca vibrare già da vario tempo, probabilmente Elena stava cercando di contattarmi. Non era più importante, la mia scelta l’avevo compiuta.

Sotto gli occhi dei camionisti inorriditi e dei viaggiatori in auto scioccati, mi sporsi in avanti… nel vuoto, nell’aria che ora mi colpiva il viso con una freddezza che mai avevo sperimentato prima. Freddo e duro, proprio come il terreno sul quale pochi secondi dopo mi schiantai.

Era ormai troppo tardi per me…

   
 
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