Anime & Manga > Boku no Hero Academia
Ricorda la storia  |       
Autore: _ A r i a    12/05/2022    1 recensioni
[ post!canon | what if | possibili spoiler del manga ]
Scendono di nuovo giù per le scale, fino a tornare all’ingresso. A un certo punto, però, Enji sente un gemito di dolore che lo mette subito in allarme, costringendolo a voltarsi.
Trova Keigo piegato su se stesso, le braccia strette attorno al proprio corpo, e questo basta a riempirlo di paura.
«Hawks!», lo chiama, terrorizzato. Lo raggiunge all’istante, stringendolo a sé.
«S-se continui a restarmi così vicino mi fai mancare il respiro, Endeavor-san…», lo provoca Keigo, lanciandogli uno sguardo ammiccante.
Enji lo fulmina con lo sguardo. «Ti sembra il momento di flirtare, ragazzino?», lo rimprovera, ma la sua voce non suona per niente arrabbiata, piuttosto solo terribilmente preoccupata.
«Ho f-flirtato con te fin dal primo momento in cui ci siamo incontrati, se non te ne fossi accorto…», gli fa notare il ragazzo. Un sorriso compare sul suo volto nell’osservare lo sbigottimento di Endeavor, ma poco dopo entrambi sono costretti a mutare espressione. Keigo, infatti, sembra essere scosso da una nuova fitta di dolore, il volto che si contrae per la sofferenza, mentre Enji torna a posare su di lui occhi pieni di apprensione.
Genere: Hurt/Comfort, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Endeavor, Hawks
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

I see through you
Prologue: Dinner




Appena entra nel ristorante, Enji individua Keigo all’istante.
Il ragazzo è seduto ad un tavolo in fondo alla sala, vicino alla vetrata panoramica che mostra una vista mozzafiato sullo skyline cittadino. Enji non è sorpreso, ha ormai compreso la predilezione di Hawks per tutto ciò che riguarda l’altezza.
Keigo si sbraccia visibilmente per farsi notare, anche se Enji l’ha già visto. L’uomo si limita ad attraversare la sala del ristorante, osservandola distrattamente nel mentre: le pareti sono rivestite di velluto rosso, a terra c’è una moquette purpurea con dei decori dorati dall’aspetto pregiato e dal soffitto pendono scintillanti lampadari di cristallo. Apparentemente, Hawks non si è risparmiato nella scelta della location.
Endeavor lo raggiunge, rivolgendogli uno sguardo severo, tuttavia si accomoda comunque al tavolo circolare che il ragazzino ha prenotato per loro.
«Diciamo che la riservatezza non è il tuo forte, Hawks», commenta brevemente. «Mi hai detto che dovevi parlarmi. C’era bisogno di un luogo così affollato per farlo?»
Enji nota che sono entrambi vestiti in maniera piuttosto elegante, camicie bianche, pantaloni scuri. Dopotutto, quando quel pomeriggio una piccola piuma rossa si è messa a picchiettare contro la vetrata del suo ufficio in agenzia e, aprendo, si è visto consegnare un bigliettino che gli dava appuntamento per quella sera in uno dei ristoranti più eleganti della città, ha ben pensato che fosse opportuno optare per un dress code adeguato.
Keigo continua a tenere fissato su di lui solo un occhio, il destro, fin da quando ha fatto ingresso nella sala di quel ristorante così lussuoso, in cima ad uno dei grattacieli più alti di Tokyo. Il sinistro è perso di lato, oltre la vetrata, e inizialmente Enji pensa che sia perché Hawks sta osservando il panorama.
«Beh, Endeavor-san, dovresti sapere che a volte, per parlare di argomenti particolarmente delicati, è meglio essere in mezzo a tanta gente. Sai, si finisce per essere invisibili», replica Keigo, ed Enji non riesce a non percepire qualcosa di strano nel tono in cui ha pronunciato quelle parole, anche se non sa ancora di che cosa possa trattarsi. «Comunque, se a turbarti è l’idea di essere continuamente disturbati durante la cena puoi stare tranquillo, ho chiesto allo staff del ristorante di mantenere massima riservatezza durante tutta la cena e di invitare la clientela a fare altrettanto. Per il resto, avevamo una cena in sospeso dai tempi di Fukuoka e ho pensato che questa potesse essere la volta buona per rimediare.»
A sentir nominare Fukuoka, Enji resta interdetto per un momento. Gli sembra che da allora siano passati secoli, ormai – invece, all’incirca, si tratta solo di un anno e mezzo. Certo, nel mentre sono successe mille cose, ma quello è un altro discorso.
«Non mi devi niente, Hawks», si appresta a rassicurarlo Enji.
E lo pensa davvero. Nonostante sia passato del tempo e Keigo continui a ripetergli che non sia così, Enji non fa che sentirsi maledettamente in colpa per quel che è capitato al ragazzo durante la guerra.
In ogni caso, era perfino insolito vederlo a Tokyo. Quando avevano finalmente riportato tutta la situazione sotto controllo, Keigo era comprensibilmente ripartito per il Kyushu. Nessuno l’aveva biasimato, dopotutto lui aveva già la sua agenzia avviata lì ed era giusto che continuasse il suo operato sul luogo. Di tanto in tanto ritornava comunque a Tokyo per collaborare con altri eroi in alcuni casi particolarmente spinosi, ed Enji continuava a sentirlo spesso al telefono, oltre a sapere che era in contatto anche con diversi colleghi tra cui Jeanist e Mirko. Di fatto, però, Fukuoka continuava ad essere casa sua.
«Oh, ma io non mi sento in alcun modo costretto!», gli assicura in fretta il ragazzo. «Lo faccio con piacere, anzi. Comunque, conviene che cominciamo a dare un’occhiata al menù, tra poco verranno a prendere le ordinazioni e se non ci sbrighiamo non sapremo cosa scegliere.»
Enji apre riluttante il menù che Hawks deve essersi fatto consegnare mentre lo attendeva. La verità è che ha l’impressione che entrambi, lì, siano un po’ dei pesci fuor d’acqua. Non è certo la prima volta che Enji si ritrova a cenare in un contesto così artefatto, eppure gli sembra che la sensazione di disagio che prova sia sempre la stessa.
Perfino Keigo, che è quello che ha avuto l’idea di incontrarsi lì, pare piuttosto in imbarazzo. Osserva il menù con aria un po’ distratta, la testa che, spesso e volentieri, continua a ruotare in direzione della vetrata.
Come se volesse scappare da lì. Come se non vedesse l’ora di dispiegare le sue grandi ali cremisi, ormai completamente ricresciute da tempo, e volare via, lontano, fino ad essere completamente inghiottito dal buio della notte.
È una cosa insolita, per Keigo. Enji non riesce a darsene una spiegazione.
All’arrivo del cameriere, Hawks recupera in fretta il solito aplomb. Gli sorride affabile, e consegna con nonchalance la sua ordinazione – Enji non ha ben chiaro di che cosa si tratti, il nome è complesso e non è certo di aver capito, tuttavia conoscendo i gusti di Hawks e da quello che gli è parso di sentire, probabilmente è un piatto che contiene del pollo, da qualche parte.
Enji si limita ad ordinare il piatto che, dal nome, gli è parso più comprensibile, un secondo anche lui.
«Con queste ordinazioni direi che sarebbe perfetto un buon vino rosso, non trovi anche tu, Endeavor-san?», domanda Hawks, lanciandogli un breve sguardo e un sorriso raggiante.
Enji si limita a rispondere con un lieve borbottio.
Keigo sembra soddisfatto, per cui torna a rivolgersi al cameriere. «Di sicuro lei saprà consigliarci la scelta migliore», commenta, con condiscendenza.
Concordato con il cameriere l’abbinamento di vino, l’uomo si allontana dal tavolo, salvo poi tornare dopo qualche istante e versarne un poco nei loro calici. Dopo ciò si allontana nuovamente, e stavolta restano soli un po’ più a lungo, in attesa dell’arrivo della cena.
C’è un silenzio strano. Endeavor non è abituato a sentire Hawks restare così a lungo senza dire nulla.
Quello è il primo segnale che gli fa intuire che c’è qualcosa che non va.
«Non mi hai ancora detto come mai volevi parlarmi», gli fa notare Enji. Si muove un poco sulla sedia, è come se vivesse di rimando la sensazione di disagio dell’altro.
Keigo continua a non guardarlo – ed è strano, ha avuto quei grandi occhi dorati puntati su di sé in ogni momento, anche quando ormai per tutti era diventato un mostro. Lo sguardo è ancora perso oltre la vetrata, mentre tiene in una mano il calice con il vino, che mesce lievemente.
«È tutto così complicato…», ammette Keigo, con un sospiro stanco. «Non saprei neppure da dove cominciare.»
A Enji non sembra di averlo visto così rassegnato neppure durante la guerra. È strano, e continua a preoccuparlo sempre di più.
Allunga piano una mano sopra il tavolo, fino a raggiungere quella del ragazzo, che prende delicatamente nella sua. Col pollice gli disegna piccoli cerchi sul dorso, e Hawks sembra piuttosto sorpreso dal gesto, tanto che per un momento gli pare perfino di vederlo sobbalzare appena.
Al tempo stesso, se ne sente incredibilmente rassicurato. Gli sembra di essere tornato ai tempi della guerra, solo che, allora, quello ad aver maggiore bisogno di rassicurazioni era stato Enji. Forse anche a Keigo sarebbero servite, ma aveva soffocato ogni sua necessità pur di stare accanto al suo eroe e cercare di alleviare in qualche modo le sue pene. Dopotutto, Enji era stato così cieco in quel periodo che, probabilmente, dubita che avrebbe notato se Keigo avesse avuto bisogno del suo aiuto.
E quella è l’ennesima cosa di cui si sente in colpa.
«Non c’è problema», gli assicura Enji. «Comincia pure da quello che vuoi, vedrai che andrà bene.»
Keigo solleva l’occhio destro su Endeavor, che pare rendersi conto solo in quel momento quanto gli fosse mancato quel mare dorato. Il ragazzo si lascia sfuggire un sospiro stanco – sembra che quelle parole siano riuscite ad avere l’effetto desiderato, rassicurandolo, al tempo stesso però Enji si ritrova a valutare che non l’ha mai davvero visto così esitante.
«Va bene», concede Hawks, abbandonando la mano alle carezze gentili di Endeavor. «Qualche giorno fa è terminata la pena detentiva di mio padre.»
Enji resta in silenzio per qualche secondo, aspettandosi di sentire Hawks andare avanti, tuttavia le sue labbra sembrano essersi sigillate di colpo.
Endeavor stesso, in realtà, è piuttosto sbigottito e a corto di parole. Era certo che, vista la lunga lista di reati che quel criminale si portava dietro, sarebbe rimasto a marcire in carcere fino alla fine dei suoi giorni.
In quel momento, neppure il pensiero di poter avere tutti gli occhi dei presenti su di sé riesce a preoccuparlo.
«Com’è possibile che sia stata permessa una cosa del genere?», domanda, incredulo.
Nel riflesso della vetrata vede Hawks sorridere tristemente. «L’HPSC è stato sciolto, ricordi?», spiega, e c’è un tono così profondamente amaro nelle sue parole.
Sì, Enji se lo ricorda, e fino a quel momento ha continuato a pensare che fosse un bene per tutti – soprattutto per Hawks, visto cosa lo avevano costretto a fare. Di colpo, però, si ritrova a chiedersi se sia stato veramente un bene o meno.
Tra loro cala nuovamente il silenzio. È una cosa a cui Endeavor non è minimamente abituato, Hawks è sempre stato quello bravo a riempire ogni momento con il suo fiume in piena di parole.
Questa volta capisce che, però, si trovano in una situazione ben diversa.
Nel frattempo vengono consegnate loro le ordinazioni che hanno effettuato. Enji sente un profumo avvolgente di carne brasata salire dal suo piatto, mentre intuisce che il pollo in quella di Hawks deve essere in una delle riduzioni che accompagna la pietanza, tra le quali anche vino, aceto e agrumi, sebbene continui a non riuscire a figurarsi alla perfezione cosa sia. Nessuno dei due, però, sembra essere più interessato al cibo.
Hawks continua a guardare fuori dalla vetrata, mentre ha ancora in mano il calice con il vino, da cui non ha bevuto nemmeno un sorso. Enji nota che ha un’espressione tristissima.
«Due sere fa l’ho trovato sotto casa mia.»
A quelle parole, Enji sente il sangue raggelare nelle vene, a discapito del proprio quirk.
«Io… non so come abbia fatto a trovarmi», ammette Keigo, la voce tremolante. «Forse mi sarei dovuto trasferire, non lo so… ho sempre pensato che, anche se dopo lo scioglimento dell’HPSC i file che mi riguardavano non sono più stati secretati, non corressi alcun pericolo, dopotutto la guerra era finita…»
Enji lo vede proseguire a fatica in quel discorso, le frasi che s’interrompono, il respiro che si fa sempre più breve e irregolare. Tiene gli occhi fissi sulla figura del ragazzo, che gli sembra fragile come non l’ha mai visto in quegli anni, e ha quasi paura di vederlo svanire davanti a sé da un momento all’altro.
«Hawks, non è colpa tua.» Enji cerca di rassicurarlo, ancora una volta, in tono fermo. «Non potevi saperlo…»
Dal vetro, Keigo gli rivolge l’accenno di un sorriso tremante, sembra essergli grato per quelle parole. «Stavo rientrando da lavoro. È stata una giornata intensa e massacrante. A un certo punto ero arrivato davanti alla porta di casa, stavo per mettere le chiavi nella serratura, te lo giuro… quando ho sentito la sua voce. Ha ancora lo stesso suono sgradevole di quando ero bambino. Ho pensato di essermelo immaginato, ero stanco, magari era un’allucinazione, e poi non era possibile, ero certo che fosse ancora in carcere.» Hawks fa una breve pausa, approfittandone per riprendere fiato. Non gli sembra di aver parlato a lungo, eppure è come se quella sera gli svanisse di continuo l’ossigeno dai polmoni. «Mi è sembrato di gelare sul posto. Non ricordo le parole esatte che mi ha detto, ma il succo è che si vergogna di me ed è deluso del fatto che io sia diventato un eroe, sebbene non ne sia sorpreso, dopotutto per lui il mio valore è sempre stato pari a zero fin da quando ero piccolo. Poco dopo l’ho sentito afferrarmi per un polso e non… sono riuscito ad oppormi in alcun modo. Mi ha scaraventato a terra, sull’asfalto del marciapiede, e ha… cominciato a colpirmi, come quando ero piccolo. Calci, pugni… a-avrei dovuto cercare di fermarlo, evocare Ali Possenti e difendermi, lo so, ma avevo battuto la testa ed ero terrorizzato, mai mi sarei aspettato di rivederlo, figurarsi che mi sarebbe piombato addosso così…»
Lo sguardo di Enji si fa sempre più cupo. Sente un nodo familiare salirgli alla gola, ma cerca di ignorarlo.
Hawks si prende un’altra pausa. Tira respiri tremanti, ed è grato del fatto che Endeavor non stia cercando in alcun modo di mettergli fretta. «Alla fine se ne è andato e mi ha lasciato sotto la luce fioca di un lampione. Io ero ancora disteso a terra, non so da dove ho trovato la forza di alzarmi e arrivare fino alla porta di casa, ma alla fine ci sono riuscito», conclude il ragazzo. «S-scusami, non volevo parlare così tanto…»
Enji scuote la testa, risoluto. «Non… non dirlo neanche per scherzo, Hawks», cerca di rassicurarlo, almeno per quell’ultima parte del suo discorso. Probabilmente Hawks è l’unico vero amico che abbia mai avuto in vita sua, e gli sembra paradossale che si senta in dovere di scusarsi con lui per aver parlato troppo, soprattutto di un argomento del genere. Avrebbe voluto essere allertato prima dal ragazzo di quello che era accaduto ma non glielo fa pesare, forse non se la sentiva neppure di parlarne.
Enji avvicina lentamente una mano al volto del ragazzo. Gli prende il mento tra due dita, portandolo a voltarsi completamente nella sua direzione per la prima volta da quando è cominciata quella cena.
Quello che trova davanti a sé lo fa trasecolare, mentre sente rabbia e orrore ribollirgli in corpo.
Keigo prova a rivolgergli un sorriso incerto, ma sa che gli occhi di Endeavor sono puntati sul vistoso livido violaceo che gli circonda l’occhio sinistro e parte dello zigomo.
La prima emozione che Enji sente di star provando in quel momento è repulsione. Detesta l’idea che qualcuno possa aver fatto del male a Hawks in una maniera simile, ma c’è anche qualcos’altro a turbarlo.
Il suo passato che gli bussa su una spalla, probabilmente.
Le dita di Enji risalgono lungo la guancia del ragazzo, fino a sfiorare la pelle all’altezza dell’ematoma. Keigo lo guarda, finalmente con entrambi i suoi occhi dorati, e sembra terrorizzato, come se stesse per scoppiare a piangere da un momento all’altro.
A memoria di Enji, non è mai stato così sul punto di spezzarsi.
Endeavor lascia ricadere la mano sul tavolo, come colto da una stanchezza improvvisa e fuligginosa. Si sente in colpa per quello che è successo a Hawks, anche se sa di non averne materialmente alcuna responsabilità.
La verità, però, è che non riesce a non pensare alle proprie colpe, in quel momento. Alla persona orrenda che è stato, a come abbia reso impossibile la vita alla sua famiglia
È davvero così dissimile dal padre di Hawks, per quanto abbia cercato di fare ammenda per le proprie azioni?
Keigo, come sempre, sembra leggere alla perfezione ciò che sta passando in quel momento nella mente dell’altro. Questa volta, infatti, è lui ad allungare la mano sopra il tavolo e a prendere quella dell’altro nella propria, disegnandovi piccoli cerchi sul dorso. Come durante la guerra, quel desiderio incondizionato di rassicurarlo, di comunicargli in qualche mondo che lui sarà sempre dalla sua parte, torna a presentarsi anche quella sera.
Sapeva di correre questo rischio, decidendo di raccontare la verità ad Endeavor, ossia che lui potesse immedesimarsi fin troppo in tutta quella storia. Ciononostante, non si sente in colpa per averlo fatto: vuole essere onesto con lui, inoltre si sarebbe sentito decisamente peggio continuando a nascondergli quanto è accaduto.
Enji alza appena lo sguardo sul ragazzo, che accenna di nuovo quel sorriso titubante, sebbene i muscoli del volto debbano dolergli parecchio anche solo per quel piccolo gesto.
«Non te ne ho parlato perché tornassi di nuovo a tormentarti con i tuoi sensi di colpa, Endeavor-san», cerca di fargli notare Hawks.
Enji sospira brevemente. «Lo so», commenta, la mente che prova a concentrarsi di nuovo solo su Keigo. «Comunque, non mi pare opportuno che continui a vivere lì. Se ha davvero scoperto dove abiti, potrebbe tornare in qualsiasi momento.»
Hawks annuisce brevemente. C’ha pensato anche lui, solo che non è ancora riuscito a elaborare una strategia a riguardo.
«Per stasera potresti venire a dormire da me», gli propone Enji, convinto.
«C-che?», domanda Hawks, sorpreso.
«Ma sì.» Endeavor si ritrova a giocare involontariamente con le dita dell’altro. «Figurati se ti faccio tornare a Fukuoka in queste condizioni. E soggiornare in un hotel non è un’opzione, mi sentirei molto più tranquillo a saperti sotto il mio stesso tetto.»
Hawks si sente ancora in imbarazzo per via di quella proposta, tuttavia si rende conto che, effettivamente, non ha altre alternative, oltre al fatto che questa è decisamente la migliore che potesse capitargli. Certo, avrebbe bisogno di recuperare diverse cose a casa sua, in particolar modo il suo pc, ma di questo pensa di poterne parlare tranquillamente con Enji l’indomani.
A sorpresa, però, Endeavor pare aver già intuito i suoi pensieri, così lo anticipa in fretta. «Se hai bisogno di qualcosa, domani non ho impegni, posso accompagnarti a casa tua», gli comunica. «Preferisco venire lì con te, sinceramente.»
Keigo lo fissa, sbigottito ma pieno di riconoscenza. «P-Perché fai tutto questo per me?», domanda, in un sussurro.
Enji gli sorride di rimando. «Perché è giusto che sia così», commenta. «E poi lo faccio con piacere.»
Nel sentirlo riprendere le stesse parole che lui aveva usato quella sera, Keigo avverte un leggero tuffo al cuore, le guance che prendono appena colore.
Le pietanze, ormai, hanno perso irrimediabilmente calore, ma nessuno dei due sembra esserne dispiaciuto.
«Endeavor-san.»
«Mh?» Enji lancia uno sguardo perplesso al ragazzo.
Keigo gli sorride sincero, e in quel momento i suoi occhi sembrano essere colmi di stelle. «Grazie», mormora, commosso.





notes
non ricordo se in passato avessi detto che volevo scrivere sul canon. però è vero, volevo farlo – so here I am, I guess.
tra l'altro mi sa che è la prima volta in vita mia che pubblico una long che non sia un'au, uh.
parto subito col dire che è da un mese, ovvero da quando ho finito la stesura, che rifletto e mi chiedo se sia opportuno pubblicare questa storia o no. quando ho cominciato a scriverla non avevo minimamente contemplato questa possibilità, pensavo sarebbe stato l'ennesivo lavoro destinato a occupare spazio sul pc. il problema è che, come tutte le storie che mi prefisso di scrivere /per me/, il risultato mi ha soddisfatta più del solito. premetto che so perfettamente di star postando una long che è tutto fuorché perfetta, ma siamo ficwriters, scriviamo anzitutto per passione, per cui forse è anche sbagliato pretendere ogni volta la perfezione da noi stessə. ciò non vuol dire che la storia sia stata scritta senza cura, anzi, so io quante ricerche ho fatto durante la stesura.
ho iniziato a scrivere per sfogarmi di qualcosa che era realmente successo nella mia vita, e a un certo punto mi sono ritrovata a chiedermi se questa storia non avrebbe potuto aiutare anche chi l'avesse letta, dopo me. così, forse, se oggi sono qui è per questo.
va detto che, se vogliamo essere precisi, questa storia ha un'ambientazione post!canon. e sì, è una what if, e di what if ce ne sono più d'uno per giunta. uno riguarda l'HPSC, citato in questo capitolo: c'è scritto che è stato sciolto, ma dopo un mese da quando avevo cominciato a scrivere è uscito il capitolo in cui si scopre che non è così. posto che a me avrebbe fatto più comodo che fosse stato ancora presente anche qui invece in canon sarebbe ora che lo sciogliessero rip alla fine non ho modificato perché – onesta – mi scocciava. l'altro what if diciamo che riguarda le condizioni di base di questa storia, perché se siete in pari con il manga sapete che probabilmente uno di questi due non arriverà vivo alla fine, ma per non fare spoiler non specifico chi.
questo progetto è molto importante, per me. comunque vada, sono felice di postarlo qui.
see ya
aria
   
 
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Boku no Hero Academia / Vai alla pagina dell'autore: _ A r i a