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Autore: Il cactus infelice    16/05/2022    2 recensioni
Estate 2020. Il riscaldamento globale colpisce non solo il mondo Babbano, ma anche quello dei Maghi. La frenesia dei social, della tecnologia, sta travolgendo anche i maghi e le streghe. Bisogna tenersi al passo coi tempi.
Ma mentre queste questioni vengono lasciate ai Babbani - che se ne intendono di più - il Mondo Magico avrà un'altra gatta da pelare.
Harry Potter si ritroverà a dover risolvere un altro mistero, forse addirittura a combattere un'altra guerra e questa volta lo riguarda molto, molto da vicino.
Tutto inizia con un ritorno inaspettato una mattina del 10 Luglio 2020.
Genere: Angst, Azione, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Famiglia Potter, Famiglia Weasley, I Malandrini, Nimphadora Tonks, Teddy Lupin | Coppie: Bill/Fleur, Harry/Ginny, James/Lily, Teddy/Victorie
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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A SPASSO CON LO ZIO 

 

L’estate era arrivata in tutto il suo splendore, e quindi era un buon momento per starsene rilassati, non pensare ai drammi, ai compiti o a qualsiasi altra cosa potesse rovinare l’umore. 

Almeno James Sirius era di questo parere, mentre se ne stava a bordo piscina col costume insieme a Veronica, e Lily che si esercitava coi pattini a rotelle. Albus, come al solito, era seduto all’ombra con un libro che aveva abbandonato da una parte per scrivere una lettera. Probabilmente Scorpius. Era l’unico che conoscevano a non avere un cellulare. Strana famiglia, i Malfoy. Scorpius era strano, secondo Jim, ma guai se lo avesse detto ad Albus. L’ultima volta che lo aveva fatto il fratello gli aveva fatto crescere delle orecchie di maiale in testa. L’unica fattura che gli era uscita davvero bene al primo colpo, e doveva ammettere che lo aveva divertito, anche se aveva fatto finta di arrabbiarsi come una iena. 

Gli piaceva innervosire Al, almeno così gli tirava fuori qualche reazione per farlo uscire dal suo angolino. 

Il ragazzo chiuse gli occhi, soddisfatto. La psicologa che lo seguiva sapeva fare il suo lavoro. E finalmente riusciva a dormire la notte. Con della Pozione sonno senza sogni, certo, ma a dosi contate e che male c’era a farsi aiutare un po’? Le sue paure stavano poco a poco scemando. Non del tutto ovviamente, ma almeno non era più terrorizzato dall’uscire di casa. 

Dopotutto, se qualcuno era riuscito a penetrare a Hogwarts e rapirlo, farlo nel suo quartiere sarebbe stato un gioco da ragazzi. Ma non poteva vivere rinchiuso come un eremita. Perciò aveva iniziato a fare delle brevi passeggiate qui e là, col cellulare rigorosamente in tasca e la bacchetta in mano, giusto per essere pronto a ogni evenienza. 

“Andiamo al parco da skate oggi pomeriggio?” chiese Lily guardando il fratello maggiore. 

“Devo andare al campo da quidditch. Oggi ricominciano gli allenamenti dei piccoli”, rispose Jim, il tono un po’ dispiaciuto. Era però contento di riprendersi in mano le sue vecchie abitudini e stare qualche oretta lontano da casa. E poi ci sarebbero stati Tyler, Veronica e altri suoi amici. Non che volesse mettere in pericolo loro se qualche Mangiamorte avesse tentato nuovamente di rapirlo, ma stare in gruppo e sapere di poter contare su qualcuno lo aiutava a stare tranquillo. “Però puoi venire con me”. 

Lily sorrise. “Va bene. Ma solo se poi ci alleniamo insieme”.

“Affare fatto!” esclamò, portando due dita alla fronte per segnalare l’accordo. Poi girò il capo verso Albus. “E tu, Al? Vieni con noi”?

“Per guardare un mucchio di mocciosi schiantarsi sulle scope? No grazie”, rispose il Serpeverde in tono quasi schifato, e con una smorfia. 

Jim rise: “Suvvia, non fare il guastafeste. E poi vuoi passare tutta l’estate a casa a sospirare dietro Scorpius?”

Albus assunse un’espressione sbigottita. “Io non sospiro dietro a Scorpius”.

“Raccontalo a chi ci crede”.

Albus fece per ribattere ma si interruppe quando due figure si aggiunsero al loro piccolo randez-vous. Jim, ritrovandosi improvvisamente all’ombra perché qualcuno gli aveva oscurato il sole, aprì gli occhi e si esibì in un sorriso a trentadue denti quando vide chi c’era. “Oh, Nic! Finalmente metti piede fuori di casa. Stavo quasi pensando che fossi diventata più eremita di Albus”. 

Dominique fece una finta risata. “Molto divertente, Jamie”.

“Vedo che il tuo bodyguard non ti molla mai” osservò il ragazzo, notando Regulus poco distante da lei. 

“Non sono un bodyguard”, borbottò Black, sedendosi sul bordo di una delle sdraio, lo sguardo basso. 

“Ma sei sempre con lei”, commentò l’altro, senza smettere il tono divertito e un po’ canzonatorio. Si vedeva che non era sua intenzione indagare, ma solo prendere bonariamente in giro le persone attorno a lui. Si divertiva in quel modo, e sapeva che riusciva a risollevare tutti i morali, anche se le persone facevano finta di infastidirsi. 

“Jim, dovresti imparare a farti i cazzi tuoi”, gli disse la cugina, prendendo parola per non mettere Regulus nella situazione di dover rispondere. Non che il ragazzo non ne fosse in grado, ma non voleva che si sentisse a disagio. Alle volte Jim prendeva le persone in contropiede. Era uno che prendeva in giro e sbeffeggiava, ma lo faceva sempre senza serietà. 

“Oh, Nic, sei acidella oggi. Hai le tue cose?” 

Dominique lo guardò stizzita. “Non provocarmi. Non sono ancora del tutto in me”.

Non mentiva. Quella settimana di disintossicazione era stata… Una montagna russa, per usare un eufemismo. Aveva vomitato per diversi giorni, avuto anche la febbre e sbalzi d’umore che manco con le mestruazioni. Senza contare le volte che uno strano prurito la travolgeva e non riusciva a stare seduta o ferma, e si trovava a scavare un solco nel pavimento del salotto per resistere alla tentazione di scappare e andare a cercare della droga. Se non fosse stato per Regulus e le sue pozioni miracolose… Non ce l’avrebbe mai fatta. 

Quello era il primo giorno che aveva avuto le forze di avventurarsi in giardino. 


“Non so, non riesco a togliermi dalla testa che… Dici che è stata colpa mia se Dominique ha iniziato a drogarsi?”

Non sarebbe stato da Teddy non darsi la colpa di cose che non poteva controllare e che erano ben lontane dall’essere colpa sua. Qualcuno che conosceva bene suo padre avrebbe detto che era tutto nei geni; tale padre, tale figlio e questo detto non poteva essere più rappresentativo dei due Lupin. Si era incolpato quando si era ammalato la prima volta, poi quando era quasi morto e suo padre era precipitato lungo una spirale di autodistruzione e a volte si incolpava pure dei pazienti che morivano per una malattia incurabile. Vicky alle volte si chiedeva come facesse ad alzarsi la mattina, con tutta questa mole di colpa ingiustificata che si portava dietro. Teddy semplicemente sentiva di avere il potere di migliorare le cose e quando non ci riusciva…

Vicky sospirò e posò a terra, vicino ai propri piedi, il bicchiere di carta del caffè da asporto che avevano preso nel bar accanto al San Mungo. Avevano approfittato della pausa pranzo di entrambi per mangiare una piadina italiana su una panchina del parco. 

“Teds…”, cominciò piano, sentendosi come una madre che deve insegnare una lezione importante al proprio figlio. “Dubito che l’abuso di droghe di mia sorella sia dovuto solo al suo cuore spezzato. E anche se fosse… Non puoi farti carico di questa responsabilità. Per cosa? Perché non ti sei innamorato di lei? Dominique ha fatto le sue scelte… di merda e sono scelte sue. E mi dispiace, le voglio bene da morire e farò di tutto per aiutarla, ma non spetta a te o a me assumerci colpe che non abbiamo”. 

Teddy si lasciò andare contro lo schienale della panchina, buttando il proprio bicchiere di caffè nel cestino accanto. Non disse niente in un primo momento, poi: “So che logicamente hai ragione, ma… La mia testa continua a dirmi che se magari avessi prestato più attenzione o… Avessi ascoltato”. 

“Teddy!” Lo interruppe Vicky, il tono leggermente più alto ora. “Come avresti potuto farlo? Non è che vivessi con noi o stavi tutto il tempo con noi. Dominique è sempre stata riservata, non parla mai dei propri sentimenti o di quello che combina. Siamo ciò che decidiamo di essere e lei ha scelto di essere così. Non la sto incolpando, non del tutto, sono certa che si sia fatta travolgere dagli eventi, come capita a tutti, ma spetta a lei fare ammenda e fare scelte diverse. Il supporto lo ha e… Okay, ammetto che non sono stata la sorella più presente per lei da quando è successo il tutto, e ho esagerato l’altra volta… È solo che… è tutto nuovo anche per me e onestamente non so come comportarmi”. 

Teddy ridacchiò: “Non puoi assumerti colpe di quello che non puoi controllare”.

“Oh, Lupin! Non citare me stessa a me”, rispose Vicky piccata, ma con ironia, dandogli un pugno scherzoso sulla spalla.

Il ragazzo controllò il proprio cerca persone e, alzandosi in piedi, disse: “Devo andare. Ne riparliamo stasera”. Posò un bacio veloce sulle labbra della moglie e scappò in direzione dell’ospedale. 


“Una Lamborghini, Harry?” 

“Be’, mi serviva una nuova macchina. La mia Mercedes è distrutta”.

“Sì, ma qualcosa di più sobrio, no?”

Harry scrollò le spalle. “Mi piace sperimentare”.

Ginny alzò gli occhi al cielo. Voleva apparire stizzita ma la verità era che era divertita da tutta quella situazione. E lo erano pure i loro figli, James, Sirius e Lily che erano venuti a trovarli quella sera. 

“Sai zia, credo proprio che lo zio abbia una crisi di mezz’età”, commentò Dominique, osservando la nuova macchina nel vialetto di casa Potter. 

“Mi sa che hai ragione, tesoro”.

“Crisi di mezz’età?? Non ho nemmeno quarantacinque anni!” sbottò Harry guardando storte le due donne. 

“Quei capelli bianchi parlano da sé", gli rispose la moglie ironicamente, un mezzo sorriso sulle labbra. 

“Ehi!” fece l’uomo passandosi una mano tra i capelli freneticamente.

I due Malandrini scoppiarono a ridere. 

“Pa’, credo sia in atto una congiura contro di te. Meglio che scappi”, gli disse Jim. “Comunque a me piace la macchina. Mi porti a fare un giro?” 

“Certo! Ma prima…”. Harry salì sul portico guardando verso Dominique. “Vorrei mi accompagnassi in un posto”

Dominique inarcò le sopracciglia perplessa. “Dove?”

“È una sorpresa”. 

“Uhm… Non sono fan delle sorprese”.

Harry cercò di mettere su la sua migliore faccia da cucciolo supplicante. “Fallo per rendere felice tuo zio con la crisi di mezz’età”.

La ragazza sbuffò alzando gli occhi al cielo. “Va bene! Però così non vale”.

Harry ridacchiò. “Oh! Sapessi quante regole non valgono con me”. Si girò verso l’auto aprendola col telecomando e poi si girò un’altra volta verso la famiglia mentre Dominique faceva il giro per mettersi al lato del passeggero. “Ci penso io alla cena. Cinese va bene per tutti?” 

“Perfetto!” rispose Ginny. 


Dominique non riusciva ad immaginare dove suo zio la volesse portare, ma di certo quello era l’ultimo dei posti a cui avrebbe pensato. Anche se, a ben pensarci, doveva essere ovvio. E meno male che era una Corvonero! Le droghe le avevano davvero fottuto il cervello.

“Non dirmi che è uno di quei posti da sfigati dove dobbiamo sederci in cerchio e venire salutati con un ciao in coro?” 

Harry ridacchiò. “È esattamente così. Ma ti assicuro che non è così da sfigati. E no, non ci salutiamo in coro. Quello forse lo fanno agli alcolisti anonimi. Ma qua siamo ai narcotici anonimi”. 

Oh. 

Era tutto quello a cui Dominique riuscì a pensare. Non era sicura di sapere come piazzare tutti quei sentimenti che provava. Non aveva mai pensato che un giorno si sarebbe trovata ad andare agli incontri degli ex tossici e a dirla tutta non ci voleva nemmeno andare. Voleva uscire di corsa dall’auto e scappare il più lontano possibile da lì. Ma qualcosa la tratteneva e non era soltanto la cintura di sicurezza. 

Harry tirò fuori una monetina dalla tasca con un 20 inciso sopra. Era una monetina perfettamente rotonda, più simile a una fish o un medaglione che a una moneta. 

L’uomo se la rigirò tra le dita prima di parlare nuovamente: “Questa l’ho ricevuta dopo che non mi facevo più da vent’anni. E ora sono più di venti gli anni che non ho più usato le droghe. So bene cosa si prova, Dom. Non sei sola”.

Dominique alzò gli occhi sullo zio, le labbra posizionate in una piccola o di sorpresa. Non le era venuto in mente. Certo, sapeva che lo zio aveva avuto problemi con le droghe, come lei, per quello aveva deciso di aiutarla, e non era qualcosa che tenevano nascosto in famiglia, anche se non ne parlavano apertamente. Era qualcosa che faceva parte del suo passato e probabilmente qualcosa che cercava di accantonare il più possibile. Improvvisamente la ragazza sentì un moto di vergogna per aver detto quello che aveva detto sugli incontri e gli NA.

“Se continui così avrai anche tu la tua medaglietta. Una settimana, un mese, sei mesi, un anno… Non sarà semplice, ma a poco a poco diventerà più facile”.

“E se non volessi andare?” fece la ragazza, riposizionandosi sul sedile e guardando dritto, fuori dal cruscotto. “Se non volessi andare là dentro?”

Harry rimise in tasca la moneta. “Puoi non andare. Nessuno ti può costringere. Ma prova a vederla così. Non lo fare per te. Non oggi almeno. Sei qui per accompagnare me. Okay? Sei qui per accompagnarmi, per darmi il tuo supporto e ascoltare quello che ho da dire. Quello che gli altri hanno da dire”.

Dominique spalancò gli occhi, nuovamente sorpresa. “Cos’è? Un modo per convincermi?”

“No, affatto. Sono sincero. Avevo bisogno di un incontro e non volevo andarci da solo”.

La ragazza inarcò gli occhi, perplessa. "Perché? Pensavo che dopo vent’anni…”.

Harry ridacchiò. “Dominique, ti rivelerò una cruda verità che però potrebbe rincuorarti in qualche modo. Un tossico può smettere di drogarsi, ma la voglia di drogarsi, il desiderio di farsi una dose… quella resterà sempre. E non te lo dico per demoralizzarti o per farti sembrare che è tutto inutile. Te lo dico perché è semplicemente così. Ci sono giorni in cui tutto si fa talmente pesante che vorrei solo mollare tutto e andare a cercare dell’eroina. E in quest’ultimo anno questo desiderio si è fatto più impellente. A volte succede quando capitano delle cose impreviste nella vita, delle cose che senti di non poter controllare…”.

“E come fai a resistere? Come fai a dire di no alle droghe?” domandò la ragazza, il tono incerto senza guardare l’uomo accanto a lei, un braccio stretto attorno alla vita come a proteggersi da qualcosa. 

Harry sospirò piano, umettandosi le labbra prima di rispondere, la voce calda e rassicurante. “Sarà scontato è un po’ banale ma di solito sono le cose più banali a tenerci coi piedi per terra. In quei momenti penso alla famiglia, a tua zia Gin, ai nostri figli, a te, Vicky, Teddy e tutti gli altri. A Ron ed Hermione. E ora anche ai miei genitori e Sirius e alle persone che sono tornate. Anche quelle persone là dentro mi hanno aiutato enormemente. Tutto questo mi aiuta a non pensarci. Sapere di avere il loro supporto e la loro stima… e il futuro. Soprattutto il futuro”.

Dominique piegò le labbra in un breve sorriso amareggiato. “Il futuro è proprio quello che mi spaventa. E che mi fa venire voglia di mollare tutto”.

“Lo so, piccola. Il futuro è spaventoso. Ma è anche speranzoso. E se ti metti in testa che sei tu che puoi decidere come farlo andare, decidere di controllare quello che puoi controllare, be’… È un po’ più facile. E non devi per forza affrontare tutto insieme. Ti concentri su un giorno alla volta, un piccolo passo alla volta. I successi possono misurarsi anche sulle piccole cose: una colazione fuori con tua sorella, un’uscita coi tuoi, una passeggiata con un vecchio amico… Non devono essere grandi progetti. Non nasciamo tutti per salvare il mondo”.

Dominique scoppiò a ridere. “Detto da te è un eufemismo”.

Poi chiuse gli occhi appoggiando la testa contro il poggiatesta, una ciocca di capelli sfuggita al codino che le solleticava la guancia, ma non si disturbò a spostarla. 

“Dover salvare il mondo è stato quello che mi ha rovinato, quindi ti assicuro che non è il miglior progetto di vita”, rispose Harry, il tono scherzoso nonostante il commento macabro.

Rimasero in silenzio per qualche istante, poi il mago chiese nuovamente: “Allora? Vuoi accompagnarmi e farmi da supporto morale?”

Dominique aprì gli occhi e annuì con un mezzo sorriso. “Ma sì, andiamo”.


L’incontrò non andò così male come aveva temuto. Anzi. C’erano persino del caffè e delle ciambelle. Facevano entrambi schifo però erano una specie di comfort.

Harry le introdusse Gina, una donna di una sessantina di anni piuttosto robusta che stava aiutando a sistemare le sedie. Non appena lo vide, la donna si aprì in un sorriso enorme. Lo abbracciò forte e Dominique avrebbe scommesso che quell’abbraccio era più forte persino di quelli di nonna Molly. 

Gli disse di essere felice di vederlo, ma si preoccupò subito di trovarlo lì. Harry la confortò dicendole che andava tutto bene e che aveva semplicemente sentito il bisogno di venire lì. Le indicò Dominique dicendole che era sua nipote e che era venuta per supportarlo. La ragazza apprezzò che non avesse rivelato nulla del suo problema, ma qualcosa le disse che Gina aveva capito, se i suoi grandi occhi scrutatori che le squadrarono il volto erano indicativi dello sguardo comprensivo che le diede. Tuttavia, si limitò a offrirle un piccolo abbraccio e a darle il benvenuto. 

Poi Harry incontrò altri due uomini che conosceva, tutti e due più anziani, uno dei due disse che aveva avuto una ricaduta, circa sei mesi fa. 

Suo zio si muoveva in quell’ambiente come fosse casa sua, o comunque un posto dove si sentiva a suo agio, offrendo un sorriso o un cenno sia a quelli che conosceva che a quelli che non conosceva. E Dominique iniziò a capire quello che le aveva detto in macchina. 

Tutto andò come lui le aveva promesso. Nessuno attirò l’attenzione su di lei, nessuno la costrinse a parlare. Si limitò ad ascoltare le storie degli altri, commuovendosi di tanto in tanto ma premurandosi di asciugare subito le lacrime. Con qualcuno incrociò lo sguardo o un sorriso e, con un po’ di ingiustificata sorpresa, notò che c’era un’altra ragazza della sua età, o forse poco più vecchia. Aveva due profonde occhiaie sotto gli occhi e uno sguardo stanco, come di qualcuno che aveva vissuto troppe vite anche se ne stava vivendo a malapena una. Pure lei rimase lì come Dominique, nascosta, invisibile, non ancora pronta a condividere la sua storia. 

Quando risalirono in macchina, Dominique si mise la cintura senza dire nulla, gli occhi bassi e la testa piena di pensieri. 

“Allora? È andata bene?”

La ragazza esitò prima di dire: “Mi sento stupida”.

Harry inclinò il capo, sorpreso da quella risposta. 

“Tutte quelle persone… Non dico abbiano una motivazione giusta per drogarsi ma… Almeno hanno una motivazione che ha senso. C’è chi ha perso dei figli, chi ha avuto un incidente, e la Magonò che è stata maltrattata dalla sua famiglia perché non aveva i poteri. E persino tu, con tutti i tuoi traumi. Voglio dire… io quale giustificazione ho? Sentirmi inadeguata? Non riuscire ad accettare che le persone, soprattutto i ragazzi, mi vengono dietro per l’aspetto fisico? Essere gelosa di mia sorella?” Dominique non si era accorta di aver alzato la voce che stava risuonando nel piccolo abitacolo dell’auto. 

“Dominique!” la interruppe Harry. “Pensi davvero che avere dei traumi sia una giustificazione per drogarsi? O che qualsiasi cosa possa essere una giustificazione? Ci sono migliaia di altri modi molto più sani per far fronte alle proprie tragedie. E poi… Non sei stupida. Ti sei solo trovata… in un brutto momento”.

Dominique sbuffò forte. Harry girò il busto verso di lei per guardarla meglio. “Dico sul serio. Non prenderla in questo modo. Se proprio hai bisogno di usare le motivazioni, be’, tu hai avuto le tue. Se altri hanno avuto traumi peggiori dei tuoi, non significa che i tuoi non siano validi. E nessuno ti giudica per questo. Ma non ha senso rimuginare sul perché, piuttosto pensa ad andare avanti e a stare bene. Pensa a questo perché qualsiasi tipo di rimuginamento ti farà rimanere bloccata. E sarà più dura andare avanti”.

La ragazza sospirò rimuginando su quelle parole. “Anche tu hai fatto così?” 

“Più o meno. Io ho avuto un sacco di ore di terapia per riflettere sul mio passato e imparare a lasciarlo andare. Ne sono uscito io, ne uscirai anche tu”.

Dominique chiuse per qualche istante gli occhi e annuì. “Va bene”.

“Ora andiamo. Gli altri a casa staranno morendo di fame”.

 

***

Buonsalve e buon Lunedì!! Eccomi col solito aggiornamento settimanale. Devo dire che mi è piaciuto molto scrivere il dialogo tra Dominique ed Harry. I rapporti tra zii e nipoti sono sempre un po’ speciali, quando hai dei zii fighi, ovviamente ^^ 

E sì, Harry ha una passione per le macchine costose. Se lo merita, dai, considernado che da giovane non ha mai speso i propri soldi in cagate XD

Fatemi sapere cosa ne pensate.
A presto,

C.

   
 
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