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Autore: Lego    20/05/2022    0 recensioni
- Ehi Roxas! - distolsi lo sguardo dalle stelle per girarmi verso di lei - Mmmh? - risposi mezzo addormentato. - Cosa vuoi fare da grande? - mi chiese Holly stesa sull'erba accanto a me. Ci pensai un po' su - Voglio proteggere le persone nella Città con la mia Luce! - esclamai puntando il pugno al cielo. Holly batté le mani contenta - Guarda che questa è una promessa, sai? - Il ricordo sfumò come vapore nell'aria e mi ritrovai da solo, perso nell'Oscurità.
Questa non è una storia totalmente bianca o totalmente nera, è una storia fatta di sfumature. Di ombre, anche.
Questa è la storia di un ragazzo che entrò a far parte dell'Accademia per seguire il suo sogno, di come sviluppò i propri poteri e di come, pian piano, cambiò, cercando di fare la cosa più giusta. Questa è la storia di Roxas Stern.
Genere: Dark, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il tempo. Non. Scorre. Più. Sottolineai il pensiero sbattendo la testa contro il banco. Ogni volta fa più male e mi sento sempre uno stupido, ma almeno passo il tempo in maniera costruttiva. Mi presento: mi chiamo Roxas Stern, ho 14 anni e sono alto per la mia età. In realtà sono le altre persone che me lo dicono, io mi sento perlopiù goffo nei miei panni, con le braccia lunghe che ciondolano lungo i fianchi perché non so mai dove mettere durante le conversazioni. Frequento l’ultimo anno delle scuole obbligatorie, l’anno in cui si decide ogni cosa. Carriera, amicizie, opportunità, tutto insomma. Nessuna pressione, nessuna ansia.

Osservai la classe per la milionesima volta sperando di trovare qualcosa di diverso, di interessante, ma rimango deluso dalla vista: i muri ormai sbiaditi e sopravvissuti ad anni e anni di continui tormenti inflitti da generazioni di insegnanti e studenti che continuamente appendono e staccano le mappe della Città, gli organigrammi storici o qualunque altra cosa possa essere utile per formare giovani menti come quella del sottoscritto. Il mio sguardo si posò pigramente sul poster più recente: si tratta di un’immagine della Città in una prospettiva laterale: non la migliore delle rappresentazioni c’è da dire. La piantina mostra un cilindro in scala che nella realtà dovrebbe essere poco più alto di un chilometro. Sulla superficie del solido, a diretto contatto col sole, è posta quella che comunemente viene definita la Città, il luogo dove sono nato e dove ho trascorso tutta la mia vita. La Città è divisa a sua volta da quelli che comunemente vengono chiamati dischi, ovvero dei cerchi concentrici che dall’esterno rimpiccioliscono man mano che vengono verso il centro. L’interno dell’intero cilindro è invece raramente mappato, chilometri e chilometri di tunnel e aree sono totalmente sconosciute. Man mano che si scende giù per i livelli del cilindro si trovano i ceti più bassi della società: i poveri, gli esiliati e, nei livelli ancora inferiori, i Residui. Mi stufai velocemente di osservare la parete, non era di super intrattenimento. Tutta la mia scuola non era un granché in realtà: si trova nel settimo disco, uno dei più esterni del livello superiore. La lezione che sto frequentando riassume appieno la frase “non è granché”.

- … esami di ammissione che vi permetteranno di frequentare il corso scelto in base alle proprie vocazioni personali oltreché abilità oggettive… -

Bla bla bla. La noia ricoperta da un sottile strato di insofferenza e confezionata in un croccante formato giornaliero per preservarne il sapore estremo in maniera continuativa. Una merenda adatta esclusivamente ai ragazzi più tosti.

Finalmente sono arrivato al fantomatico ultimo giorno di scuola. Dopo di questo ci sarà una settimana prima degli esami di ammissione ai corsi superiori che indirizzeranno in maniera definitiva il corso della tua esistenza. E io non so ancora dove voglio andare a parare nella vita. In realtà una cosa che vorrei fare ce l’ho e non è sicuramente andare a lavorare in qualche tipo di centrale nei livelli sotterranei. Vorrei entrare nell’Accademia. 

Quasi come se mi leggesse nella mente il professore proseguì nel suo monologo - … so che molti di voi sognano di accedere all’Accademia, ma vorrei ricordarvi che è un privilegio riservato solamente a coloro che riescono a manifestare un’Arma o dimostrare di possedere un’Ars. Senza la benché minima inclinazione in uno di questi due campi vi risulterà pertanto impossibile accedere alla nostra prestigiosa Accademia… -

Bah. Lo so benissimo, non ho mai dimostrato di possedere né l’uno né l’altro. Non mi è mai comparsa in mano un’arma fighissima né ho mai manifestato qualche potere stravagante, sono solo un ragazzo normale che probabilmente avrà un futuro normale e condurrà una vita normale. Per disperazione leggo la pagina del libro sotto di me, libro che ho aperto prima per fingere di seguire la lezione, si intitola: “Disamina storico-sociale della nostra Civiltà”. Non so neanche cosa significhi la parola “Disamina” e lo studiamo da ormai un anno.

 

Un’ Arma, o Armae al plurale, è la manifestazione fisica della propria luce e può assumere diverse forme a seconda dell’individuo che la richiama, la forma viene influenzata dalla personalità e dall’ immaginazione. Mortali se adoperate contro i Residui si rivelano invece poco efficaci contro altri esseri umani: si ipotizza che ciò sia dovuto alla presenza o meno della luce all’interno dell’obiettivo. La sua evocazione e l’utilizzo sono comunque limitati all’interno dei confini della Città. Si stima che una percentuale inferiore al 5% sia in grado di richiamare queste armi peculiari e a sua volta solo il 40% è effettivamente in grado di adoperare anche le Ars a un livello almeno basilare.

Dagli appunti di Kos, il Primo tra i Sacri.

 

Chiusi il libro rabbuiato, mi raccontava solamente quello che sapevo già, che non ero speciale e che mai lo sarei stato. Giuro che normalmente non sono così cupo/noioso, ma è la lezione che mi sta portando in quella direzione. Immerso nei pensieri quasi sobbalzai al suono squillante della campanella. 

Non resistetti un minimo di più chiuso in quell’aula soffocante e troppo piccola, afferrai lo zaino e mi precipitai fuori, sentendo a malapena la voce gracchiante del professore seguirmi come una sirena che si allontana - Fate piano! E ricordate, mancano pochi giorni alle iscrizioni per gli esami di accesso dei corsi! - 

- Finalmente la settimana è finita! E ora mi aspetta la parte migliore - sussurrai tra me e me. 

Ripercorsi mentalmente la strada che avrei dovuto seguire per raggiungere il ristorante al quale mi ero dato appuntamento con Holly una volta che entrambi avessimo terminato le lezioni. Forse vi devo alcune spiegazioni a riguardo: Holly è la mia migliore amica fin da quando ho memoria, siamo nati nello stesso quartiere e abbiamo frequentato le stesse scuole. È la persona che mi conosce meglio in assoluto e la mia più grande confidente: per me è come una sorella. Anche se forse ultimamente cominciavo a vederla in modo un po’ diverso. Uscii dalla scuola e di fronte mi si parò il consueto intrico di tubi, scale, passerelle e pareti. Tutto con forme e colori diversi. È in questo modo particolare che è stato realizzato, e che verrà realizzato anche in futuro, il settimo disco. Qui è dove abito io da sempre, il disco adibito alle case popolari degli operai e piccoli artigiani quello dove insomma abita chi non riesce a permettersi di abitare nei dischi più centrali. A causa continuo aumento di persone che devono vivere e lavorare, si è deciso di costruirlo anche in verticale, aggiungendo e rimuovendo all’occorrenza pezzi vari. Il risultato? Un labirinto assurdamente caotico nel quale solo chi ci ha vissuto per tutta una vita riesce a raccapezzarsi. Capisco che questa sia l’unica soluzione di fronte al recente problema del sovrappopolamento nelle zone più povere del disco, ma comunque non trovo giusto che noi dobbiamo abitare in stanze piccolissime mentre i residenti dei dischi più centrali possono permettersi stanze lussuose  e grandi solo in virtù del loro lavoro o, ancora peggio, per diritto di nascita. Scossi la testa lasciando che queste ingiustizie evaporassero dalla mia testa come una pozzanghera d’estate e mi diressi subito verso il luogo dell’appuntamento. 

Il cemento sembrava correre sotto i piedi pensando a lei, superai il negozio di alimenti e la vidi: i capelli dorati che scendevano lunghi a bocconi intorno alle spalle catturano la luce del sole facendoli brillare ancora di più. Indossava una semplice maglietta senza maniche e dei jeans strappati che le stanno davvero benissimo; nonostante la semplicità dell’abbigliamento è veramente fantastica - Ciao Roxas! Come butta? - esclamò divertita non appena mi vide arrivare trafelato verso di lei: la sua energia è un qualcosa che ho sempre apprezzato in lei, riesce a illuminarmi le giornate, soprattutto quelle un po’ buie come quella di oggi - Ciao Holly! Butta bene grazie - rispondo stando al gioco, un gioco stupido che neanche noi capiamo ma che continua a divertirci e farci sorridere ancora oggi. 

 

- Dai sbrigati, ho stra fame e devo assolutamente dirti una cosa - proseguì immediatamente avviandosi con passo deciso verso l’interno del ristorante. Prendemmo posto al tavolo e iniziò a parlare con un luccichio malizioso negli occhi castani.

- Indovina cosa ho visto oggi? - e, senza aspettare la mia risposta, continuò - Ho visto Alice e Brom baciarsi dietro il monumento della Costruzione! - 

Cosaaaa?! - il mio urlo coprì le ultime sue parole. Rise della mia reazione esagerata - Si! Lei probabilmente andrà all’Accademia e lui si è dichiarato prima che smettano di vedersi! Improvvisamente sembra che un’ombra sia calata sul mio umore - Pensi sia quello che accadrà a noi quando andrai all’Accademia? - chiesi serio in viso, vidi il suo sorriso incrinarsi leggermente per poi tornare, anche se forse più forzato di prima - Non può essere dai, insomma, siamo noi due, Holly e Roxas! Continueremo a vederci ogni volta che tornerò a casa! - 

Voglio fingere di crederci, voglio pensare che andrà tutto bene anche stavolta e che non ci faremo abbattere da il primo ostacolo che si parrà davanti. So di mentirmi da solo. Una volta che si entra all’Accademia si cambia, fisicamente e mentalmente, si fanno nuove conoscenze, si sta nel secondo disco e ci si allontana da tutta ciò che era la propria vita precedente. I miei pensieri mi stavano portando troppo lontano e notai che Holly mi osservava con uno sguardo tra l’interrogativo e il preoccupato. - Si dai - mi affrettai a rispondere - ci vedremo comunque abbastanza spesso - aggiunsi un po’ in imbarazzo - Però mi mancherai comunque tantissimo - notai che queste ultime parole l’avevano colta in contropiede, la sua bocca si socchiuse come per dire qualcosa ma per coprire l’imbarazzo mi affrettai ad aggiungere - Invece, mi mostri la tua Arma dopo? - 

 

Terminato il pranzo, ci dirigemmo rapidamente verso le mura della Città, dove sapevamo di trovare delle scale incustodite che portavano ai piani inferiori. Non era la prima volta che sfruttavamo quel passaggio e che passavamo del tempo là sotto, era un luogo non troppo profondo e relativamente sicuro grazie alla luce perennemente accesa emessa dai faretti posti sul soffitto, esattamente come nelle vecchie miniere. 

Come al solito non trovammo nessuno di guardia tranne qualche vecchio cartello che vietava l’ingresso ai non addetti, cartello che ignorammo bellamente perché siamo dei bulli a quanto pare. Ci spostammo con passo sicuro verso la buca che avevamo imparato a conoscere bene nelle nostre scorribande infantili e che contiene al suo interno delle scale di metallo sottile che si immergevano in un pozzo buio per quelli che saranno circa tre livelli. Una volta discese, si rivelò a noi un tunnel orizzontale del quale non si intravedeva la fine: ampi archi laterali bloccati da colate di cemento stese in fretta e furia spezzavano la monotonia dell’ambiente ogni dieci metri circa. Non ho mai capito bene a cosa servisse il tunnel, forse veniva impiegato in origine per il trasporto delle merci tra un lato e l’altro della Città e poi è semplicemente caduto in disuso col passare degli anni: in ogni caso è un mistero. Le luci soffuse che evidenziavano mulinelli di polveri sottili donavano un’atmosfera d’abbandono e d’immutabilità alla struttura, ma forse proprio per questo percepivo anche una sensazione di forte intimità, simile allo stare sotto le coperte in una notte stellata. Da piccoli eravamo soliti esplorarlo, il mix di timore ed eccitazione che provavamo era quasi inebriante mentre negli ultimi tempi l’abbiamo riscoperto in seguito alla comparsa dell’Arma di Holly. Ad ogni modo, è un luogo veramente perfetto per provarla in santa pace. 

- Dai, prova a evocarla! - sussurrai eccitato - Sai che non è facile, dammi un attimo - rispose sempre sussurrando. Chiuse gli occhi per concentrarsi e pian piano cominciarono a materializzarsi delle fioche spirali di luce che dalla sua spalla sembravano scivolare verso la sua mano destra, ruotando intorno al gomito come se fossero dei piccoli asteroidi attirati da un punto gravitazionale. Le linee di luce diventarono sempre più splendenti e cominciarono a formare un conglomerato luminoso che si allungò fino a diventare quasi accecante: a quel punto con un suono acuto come di ghiaccio che si spezza, comparve l’Arma di Holly. 

 

Si trattava uno stocco lungo e sottile, dal manico impreziosito da una serie di volute tendenti all’avio che elegantemente andavano a formare la guardia della spada. La lama era lucida e color perla e si concludeva con una punta minuscola che ben si adatta a uno stile improntato all’affondo. Holly ruotò la mano per osservarla meglio, tenendola al contempo lontana dal corpo e stretta, come se fosse un animale pericoloso che potrebbe fuggire da un momento all’altro - Non mi abituerò mai - esclama stupita. - A cosa? A evocarla o ad ammirarla? - domandai con un sorriso furbo - Entrambe le cose! - controbatté facendomi la linguaccia - È come se ogni volta tirassi fuori un pezzo di me, è qualcosa che sento istintivo ma quasi fastidioso - 

Mentre parlava tirò qualche affondo poco convinto all’aria per testarne il peso. La prima volta che riuscì a evocarla quasi cadde dal letto: circa un mese fa stava leggendo distesa, super tranquilla, e ha come sentito che qualcosa dentro di sé si era sbloccato: a quel punto si è alzata e si è concentrata sulla sua mano destra finché non le è comparsa all’improvviso. Da quel giorno la sua vita è cambiata totalmente. Nonostante il suo desiderio di diventare medico infatti, per senso del dovere ha deciso di entrare all’Accademia e provare almeno a entrare a far parte dei Portatori, il corpo di vigilanza della Città i cui membri devono obbligatoriamente essere in grado di evocare e maneggiare la propria Arma. Sia chiaro, sono molto contento per lei e per la fortuna che le è capitata, ma non posso fare a meno di provare un pizzico d’invidia nei suoi confronti; dopotutto le è accaduto quello che ho sempre desiderato, e senza neanche che lo volesse!

- Tutto a posto? - mi domandò facendo scomparire lo stocco e distogliendomi dai miei sentimenti contrastanti - Si tranquilla, stavo solo pensando a quanto piacerebbe anche a me avere un’Arma come la tua, lo sai - ribattei ricomponendo all’istante la mia espressione in un sorriso. Si è sempre preoccupata per me e sembra che ultimamente questo suo lato sia diventato ancora più marcato, come se sapesse quello che provo. - Davvero? Sai che invece io avrei preferito qualcosa di meno tecnico? Non so, la trovo un po’ complicata da usare, forse una mazza era meglio! - risi alla scena che mi balenò immediatamente in testa: lei col suo corpo minuto che maneggiava traballando un’ enorme mazza tipo da uomo delle caverne - Ti ci vedrei proprio! - Aprì la bocca per rispondere quando all’improvviso nel tunnel scese l’oscurità.

 

I fari che stavano illuminando l’ambiente si sono evidentemente spenti. Beeene. L’unica fonte di luce rimasta proveniva dalle scale che portano al livello superiore, quelle dalle quali siamo scesi poco prima. Un’unica lama di luce distante che taglia l’invisibile polvere che ricopriva tutto il tunnel - Tutto ok? - chiesi alla sagoma indefinita che supponevo essere Holly - Si tutto a posto, ma faremmo meglio a tornare mi sa, non mi piace stare qui al buio - Tutte le persone sane di mente temono il buio, è risaputo che sia l’oscurità a generare i Residui, i mostri che si cibano della luce delle persone, luce che a loro volta temono, essendone l’antitesi perfetta. 

Dammi la mano e andiamocene da qui - le risposi con un piccolo tremore nella voce mentre a tentoni cercavo la sua mano per afferrargliela. Con la coda dell’occhio notai un mutamento del buio, era come se qualcuno avesse fatto colare dell’acquarello nero su una tela già dipinta; il colore al centro si solidifica mentre ai bordi scorre via sfumando e contaminando tutto ciò che incontra. Mi salì un brivido lungo la schiena che non aveva nulla a che fare con la temperatura del tunnel. 

Holly - sussurrai - Scappiamo. Ora. - Lei capì al volo e senza neanche rispondere cominciò a correre insieme a me verso la la salvezza. Dopo pochi metri però ci fermammo e rimanemmo immobili a fissare il Residuo davanti a noi che ci bloccava la via di fuga. Uno davanti e uno dietro, la situazione continuava decisamente a migliorare. Inoltre se è vero che la sfortuna genera sempre tre figli non sono intenzionato a scoprire quale sia il terzo. Era più facile da vedere ora che è vagamente illuminato dalla luce emessa dalle scale: una larga massa informe di oscurità circondata da quelli che sembrano essere degli arti o protuberanze di diverse lunghezze e dimensioni che spuntano lungo tutto il suo corpo centrale spezzandolo continuamente in maniera sgraziata. 

Holly gridò alla vista della creatura mentre io rimasi totalmente paralizzato, la mente azzerata e incapace di pensare a qualsiasi cosa. - Che facciamo ora? - urlò Holly scuotendomi il braccio. Il suo panico stranamente mi calmò abbastanza da provare ad elaborare una parvenza di piano. 

Prova a evocare l’Arma, vediamo se riusciamo a sgattaiolare via in qualche modo - chiuse gli occhi per un secondo per provare a concentrarsi ma continuava a riaprirli per controllare i movimenti della creatura - Non ci riesco! - esclamò, la sua voce rotta dai singhiozzi e dal panico che le cominciava a montarle dentro. - Provaci ancora! - Insistetti. Intanto il Residuo cominciava ad avvicinarsi lentamente scivolando sul terreno, quasi avesse capito che siamo delle buonissime e facili prede. Holly era quasi sull’orlo della disperazione, mentre dal canto mio non riuscivo a fare altro che rimanere fermo. Mi guardai indietro e notai con orrore che anche l’altro Residuo cominciava a prendere coraggio e avvicinarsi a noi. Ormai solo una decina di metri ci separava. La fuga non era un’opzione possibile a causa della larghezza del tunnel e il combattimento neppure a giudicare dalle condizioni di Holly. Ormai ci erano quasi addosso, gli arti cominciarono a ruotare e piegarsi più volte su sé stessi come ad indicare l’eccitazione della creatura, il tutto nel completo silenzio. 

Venni investito da un’ondata di rabbia mai provata prima. È tutto così ingiusto! La mia vita è finita ancora prima di cominciare realmente, e tutto a causa loro. Ma soprattutto non avrei mai potuto accettare che anche per Holly finisse tutto in questa maniera. Qualcosa dentro di me si spezzò e mi viene la pelle d’oca su tutto il corpo mentre un’ondata di calore mi pervase dalla testa ai piedi. Mi sembrava come se il mio corpo non fosse più in grado di contenere ciò che provavo dentro. Le punte delle dita fremettero e si contrassero aprendosi e chiudendosi come ad afferrare qualcosa e allora quasi con naturalezza lascia fuoriuscire tutte queste sensazioni attraverso gli unici punti che mi sembravano possibili, i più istintivi: l’estremità delle mani. Gridai mentre sentivo il calore scorrermi dentro senza controllo fuoriuscendo all’esterno come sangue che sgorga da una ferita. Nastri di seta oscura si dimenarono dalle mie mani come pesci tirati fuori dall’acqua per poi essere immediatamente soffocati da un’unica lama di luce dai contorni frastagliati, che collegava il palmo di una mano all’altro. I Residui si ritrassero di scatto davanti a questa manifestazione. Non persi tempo a pormi domande esistenziali, afferrai la mano di Holly e insieme corremmo via, prima verso le scale, poi verso la salvezza della luce del giorno, ormai tendente al crepuscolo. 

Finalmente salvi lasciammo che le nostre ginocchia cedessero di scatto e ci sedemmo violentemente sul cemento vecchio, inframezzato da ciuffi d’erba ribelli che spuntano qua e là come in un campo. - Co-co-cosa è successo? - balbettò Holly - Non lo s.. - mi interruppe urlando - Cos’hai in mano?! - Ancora confuso girai la testa seguendo la direzione del suo sguardo e quello che vidi mi lasciò senza fiato. La mia mano destra stava stringendo un bastone liscio e scuro, ma di una tonalità opaca che lo faceva quasi brillare alla fievole luce di quell’ora. I miei occhi salirono verso l’alto seguendo il gambo del bastone che terminava all’improvviso in una lama ricurva, il colore bianco che la permaneva ricordava quello delle ossa sbiancata dal sole. Col dito la seguii per tutta la lunghezza fino ad arrivare alla punta, tagliente come un rasoio. - Non ci posso credere, Roxas, è una falce! Hai evocato anche tu un’Arma! - esclamò sgomenta Holly. Ancora attonito la fissai nella sua interezza. È bellissima e sono stato io ad evocarla. 

Non me ne ero ancora reso conto, non avrei neanche potuto in effetti, ma in quel momento il ragazzo normale di poco prima con una vita e un futuro normali scomparì, lasciando il posto a una persona diversa, dalle potenzialità e dal futuro imprevedibili. Questa è la storia di Roxas.

Ehi, se sei arrivato fin qui complimenti! Scherzi a parte, sentiti libero di lasciare un commento se pensi che qualcosa possa essere migliorato, se vuoi fare un apprezzamento o anche solo se vuoi scambiare due chiacchiere! Questa è una bozza di un progetto che mi piacerebbe diventasse più grande, dunque aspettati modifiche! Al momento attuale ho ulteriori due capitoli pronti, magari in futuro pubblicherò anche quelli. Detto questo: adiós e alla prossima volta! (Seguimi anche su Wattpad se vuoi!)
   
 
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