Cap. 3: Silence
between the words
Was I not there when I told I needed you
And you told me we're through?
And was I not there when you needed someone new
To hand yourself over to?
Two of a hearts now oceans apart
Maybe we'll heal but carry the scars
It isn't easy, it's something we must do
The meaning is found in the silence between the words
No love and no lust, lets do what we must though it hurts
Gone is the face of beauty I found in you
Gone is the grace and gone are the days we knew.
(“Silence between the
words” – The Dark Element)
“Maledizione! Cosa diamine sta succedendo
qui?”
Tiago fu svegliato bruscamente dal suo sonno
inquieto da una voce rabbiosa e da rumori per nulla rassicuranti, pugni che
sbattevano contro il tavolo, ciotole e vasetti che s’infrangevano sul
pavimento… ma che accadeva? Il povero spagnolo riuscì appena ad aprire gli
occhi prima di essere investito da un violento ceffone che lo sbatté per terra.
Disorientato, confuso e con la guancia dolorante, si rese conto che era Erik: era
entrato nella piccola casetta dove lui aveva deciso di abitare e di lavorare
come guaritore e adesso stava facendo un macello vero e proprio.
“Ma… ma… cosa fai? Perché stai distruggendo
tutto?” mormorò Tiago, cercando di rialzarsi in piedi. Gli girava la testa e
non capiva cosa stesse succedendo e perché Erik fosse tanto infuriato.
“Osi anche chiedermelo, stupido schiavo? Come
ti sei permesso di andartene dalla dimora regale senza dirmi niente e, peggio
ancora, di prenderti la libertà di abitare per conto tuo?” ringhiò l’uomo,
mentre con uno sguardo carico di rabbia fulminava il povero ragazzo.
Tiago aveva affrontato molte volte Erik e lo
aveva visto anche arrabbiato, ma non gli aveva mai fatto tanta paura come in
quel momento, forse perché non riusciva a comprendere la sua furia e cosa
avesse fatto di sbagliato per scatenarlo così.
“Non credevo che fosse un problema” provò a
rispondere, intimorito. “Tu hai trovato una persona con cui stare, la shieldmaiden che ho visto alla festa, e
così ho pensato che non avessi più bisogno di me. Ho pensato che…”
Erik lo afferrò per le braccia e lo sbatté
contro il muro. Altri vasetti che stavano su una mensola lì accanto caddero a
terra in mille pezzi.
“Gli schiavi non devono pensare!” gli urlò in faccia. “Devono solo obbedire!
Riesci a immaginare la figura che ho fatto con Grethe e con i miei amici
quando, ieri sera, non sei tornato a portarmi l’arrosto come ti avevo ordinato?
O quanto ha riso Grethe stamattina quando sono stato per un sacco di tempo a
chiamarti perché ci portassi l’acqua calda per il bagno? Tu sei il mio schiavo e il fatto che ora non abbia
più bisogno di te come schiavo da letto non significa che tu non mi serva per
le cose normali!”
Per un attimo a Tiago parve di vivere un
incubo: ciò che stava accadendo non poteva essere reale. Aveva immaginato molte
volte che Erik, tornato ad una vita normale, prima o poi avrebbe trovato una
donna che gli piacesse davvero e che avrebbe voluto vivere con lei,
dimenticandolo. Lo sapeva e lo accettava, non aveva mai creduto veramente che
l’uomo fosse innamorato di lui. Però non aveva nemmeno pensato che potesse
trattarlo con tanta cattiveria o che volesse tenerlo come suo servetto
personale! Perché gli stava facendo questo? Aveva già dimenticato che era solo
grazie a lui se ci vedeva di nuovo? Che era stato lui a salvargli la vita
quando Ingrid aveva mandato la sua serva ad ucciderlo? Come poteva, adesso,
comportarsi in quel modo?
“Io non sono il tuo schiavo, non ci sono più
schiavi a Kattegat” provò a spiegare. Era allibito, spaventato e lacerato da un
dolore tanto fisico quanto morale e la voce gli uscì in un sussurro. “Me ne
sono andato per non disturbare te e Grethe e ho deciso di avere un piccolo
spazio tutto mio dove fare il guaritore per la gente della città.”
“Ma che razza di idee ti sei messo in mente?”
ruggì Erik, schiaffeggiandolo di nuovo. “Certo che sei uno schiavo e, tra
l’altro, non sei neanche un Norreno, per cui sei ancora più inferiore degli
altri schiavi! Non hai alcun diritto di prendere decisioni per conto tuo. Devo
forse marchiare anche te per farti
capire che cosa sei realmente?”
Tiago era agghiacciato e lacrime silenziose
cominciarono a scorrergli sulle guance. Intanto, attorno a lui, tutto ciò per
cui aveva lavorato e si era impegnato tanto era distrutto e Erik… Erik sembrava
impazzito, avrebbe potuto fargli qualsiasi cosa in quel momento. Lo avrebbe
marchiato? O forse lo avrebbe addirittura ucciso di botte? Il giovane spagnolo
sapeva che in certi casi, quando era ancora un trafficante di schiavi, Erik
aveva effettivamente ammazzato alcuni dei ragazzi e delle ragazze di sua
proprietà a forza di percosse e maltrattamenti… Sarebbe successo lo stesso
anche a lui?
Tuttavia, per fortuna, Erik era sempre lo
stesso che prendeva decisioni d’impulso senza minimamente pensare alle
conseguenze e, difatti, aveva fatto irruzione nella casetta lasciando la porta
aperta e aveva esclamato a voce alta tutte le sue bestialità, così da attirare
l’attenzione dei cittadini di Kattegat che, pian piano, si erano avvicinati per
capire cosa stesse accadendo. E, tra di loro, i primi ad arrivare erano stati
Hvitserk e Helgi. I due giovani, non appena si resero conto di quello che Erik
aveva fatto a Tiago, entrarono anche loro nella piccola casa e, mentre Helgi si
precipitava a confortare e rassicurare Tiago, Hvitserk sguainò un pugnale e lo
puntò alla gola di Erik senza tanti complimenti.
A dirla tutta, a Hvitserk non dispiacque
avere un motivo per strapazzare l’uomo. Non gli era mai piaciuto, lo trovava
ambiguo e non capiva come avesse fatto Bjorn a dargli tanta fiducia, facendolo
addirittura suo primo consigliere.
“Non azzardarti nemmeno per scherzo ad
avvicinarti a Tiago” gli sibilò in faccia. “Non so chi ti abbia fatto credere
diversamente, ma il ragazzo è stato catturato da Bjorn e da me durante una
spedizione nella penisola iberica, anni fa, pertanto caso mai è un servitore
della famiglia reale, non certo il tuo. E, comunque, adesso è stato liberato e
quindi può andare a vivere dove gli pare e piace!”
Erik fremeva di rabbia repressa, ma sapeva di
non poter reagire colpendo o, peggio, aggredendo con un’arma il fratello del
Re.
“Tiago è stato il mio schiavo per tanti mesi
e a voi non è mai importato niente, cosa vi cambia adesso?” si limitò a
rispondere, in tono brusco.
“Ma allora non capisci proprio, devo farti un
disegno? Tiago non è di tua proprietà e può fare quello che vuole” replicò
Hvitserk, sempre più innervosito dall’arroganza di quell’uomo.
Intanto erano giunti anche Ivar e Aethelred
e, ancora una volta, la voce del Principe Sassone risuonò calma e pacata per
riportare la pace e la tranquillità in una situazione che stava per degenerare.
Non aveva affatto paura di Erik e, del resto, dopo aver affrontato disarmato
l’intero esercito Sassone e suo fratello Alfred per difendere Ivar, non c’era
più niente che potesse intimorirlo.
“Non ci sono più schiavi a Kattegat” disse,
come spiegando cose ovvie in un convegno di imbecilli. “Re Bjorn ha liberato
tutti gli schiavi di Kattegat ormai da mesi e quindi Tiago ha ogni diritto di
scegliere come vivere la sua vita.”
Nonostante adesso la situazione fosse completamente
ribaltata, Erik non perse la sua arroganza. Fece un passo indietro per allontanarsi
dal pugnale di Hvitserk e scoppiò in una risata.
“Oh, sì, va bene, Re Bjorn ha dato la libertà
agli schiavi di questa cittadina” disse poi, “ma uno schiavo resta schiavo per
sempre, anche se lo chiamate con un nome diverso. È un essere inferiore e non
ha alcun diritto, tanto meno uno come quel ragazzino spagnolo, che non è neanche
un Vichingo!”
Un lampo passò negli occhi di Aethelred.
“Molto bene” disse, in un tono freddo che in
pochi gli avevano sentito. “Se è così che la pensi, allora faremo meglio ad
andare tutti a parlare con Re Bjorn, così potrai spiegargli quello che hai combinato.
Vedremo cosa dirà lui. Avanti, portatelo al cospetto del Re.”
Dopo un primo attimo di incredulità, perché
in effetti Aethelred sembrava davvero molto arrabbiato e non era una cosa
consueta per lui, Hvitserk e Helgi furono ben lieti di assecondarlo e,
afferrato Erik per le braccia, uno da una parte e l’altro dall’altra, lo
spinsero fuori in malo modo dirigendosi verso la dimora regale.
“Chi ti credi di essere? Bjorn è amico mio,
non tuo, ascolterà me e non te!” urlò Erik mentre i due Vichinghi lo portavano
via. “Neanche tu sei un Norreno, non puoi prenderti tutte queste libertà a
Kattegat, sei un Sassone, uno dei nostri nemici, mi ascolti?”
Ma Aethelred non aveva nessuna intenzione di
ascoltarlo. Mentre gli altri cittadini di Kattegat cominciavano a disperdersi,
visto che lo spettacolo sembrava essere finito, il Principe entrò nella casetta
e si avvicinò a Tiago, aiutandolo a rialzarsi.
“Stai bene?” gli disse, controllando che non
avesse ferite. “Non preoccuparti, sistemeremo tutto e poi ti aiuteremo a
rimettere in ordine qui, così potrai usare questa casetta come abitazione e
come luogo per esercitare il tuo mestiere di guaritore. Erik non potrà più
farti del male, Re Bjorn non glielo permetterà.”
Tiago sembrava più tranquillo. Si guardò
intorno tristemente, il cuore gli doleva sia per il disastro che vedeva per
terra sia per come lo aveva trattato Erik, ormai era chiaro che non ci sarebbe
mai più stato niente tra di loro, da quel punto non si poteva tornare indietro.
Sarebbe stato molto più facile rimettere a posto erbe medicinali e infusi
piuttosto che il suo cuore spezzato… ma il giovane spagnolo aveva affrontato
tante difficoltà nella sua vita e sarebbe sopravvissuto anche a questa.
“Grazie, io… ringrazio davvero tutti voi,
credo che mi abbiate salvato la vita” mormorò. “Non preoccupatevi, qui riordino
io, mi farà bene tenermi occupato.”
“Preferisci restare qui, dunque? Te la senti
di restare da solo?” gli domandò ancora Aethelred.
“Sì, anzi, preferisco darmi da fare, così non
avrò tempo per… per pensare… insomma, ecco…”
“Va bene, allora noi raggiungiamo gli altri
alla dimora regale” disse il Principe. “Comunque, se avrai bisogno di qualcosa,
non farti problemi a chiedere. Quello che Erik ha detto è una colossale
idiozia: chiunque abiti a Kattegat è un cittadino di Kattegat, Norreno o
straniero che sia, e ha gli stessi diritti di tutti. Ne ho già sentiti
abbastanza di discorsi del genere e, almeno qui, non voglio mai più sentirne
parlare!”
Aethelred sembrava ancora molto irritato
quando si avviò verso la dimora regale insieme a Ivar, che lo aveva aspettato
guardandolo in modo strano. Lo prese sottobraccio, appoggiandosi a lui e
stringendolo a sé.
“Lo sai che mi ecciti quando fai il duro, vero?” gli sussurrò all’orecchio.
“Però non ti avevo mai visto così, c’è qualcosa che devi dirmi?”
Aethelred si abbandonò all’abbraccio caldo e
rassicurante di Ivar, tuttavia non era ancora del tutto tranquillo e l’ombra
nei suoi occhi non scomparve.
“No, niente di particolare, è solo che non
sopporto le ingiustizie e tanto meno i discorsi come quello che ha fatto Erik,
mi ricordano fin troppo le chiacchiere di Elsewith contro i pagani” replicò.
“Non voglio sentire sciocchezze del genere a Kattegat, qui chiunque è il
benvenuto e a tutti è data una seconda opportunità.”
“Ah, questo è vero, se non lo so io…” scherzò
Ivar. Si rendeva conto che Aethelred non gli stava dicendo tutto e che c’erano
cose che lo ferivano nel profondo, ma non voleva insistere e preferì buttarla
sul ridere. “Sbrighiamoci a raggiungere gli altri, non vedo l’ora di godermi lo
spettacolo di Bjorn che si infuria con qualcuno che non sono io, per una
volta!”
E Ivar aveva tutte le ragioni per essere
compiaciuto, perché in effetti Bjorn era molto arrabbiato. Quando lui e
Aethelred raggiunsero la Sala Grande, Hvitserk e Helgi avevano già raccontato
tutto al Re di Kattegat che era rimasto particolarmente deluso e addolorato
perché aveva sempre concesso grande fiducia e anche privilegi a Erik e non era
per niente contento di vedere che lo ripagava così.
“Io ho combattuto contro i Rus’ e ho
rischiato la mia vita per te”
protestava Erik, “e tu adesso vuoi rimproverarmi o magari punirmi per uno
stupido schiavo che non vale niente?”
Anche Gunnhild, seduta accanto al marito,
aveva lo sguardo affranto visto che anche lei si era fidata di Erik. Ingrid, al
contrario, che si trovava poco distante, cercava di apparire imperturbabile ma
un sorrisetto le si era disegnato sulle labbra: ancora una volta Erik
dimostrava di essere uno sciocco presuntuoso e si rovinava da solo con le sue
stesse parole!
“No, Erik, non avrei voluto punirti per
quello che hai fatto al giovane Tiago, anche se non ne avevi alcun diritto”
replicò Bjorn, con una rabbia gelida nella voce, “ma perché proprio adesso hai messo
in discussione un mio ordine. Sono mesi, ormai, che ho abolito la schiavitù a
Kattegat e tu continui a riferirti al ragazzo come a uno schiavo: significa che non tieni in alcun conto un mio preciso
decreto.”
Lo sguardo di Bjorn era penetrante e Erik
comprese che, come al solito, aveva fatto tutto da solo. Si diede mentalmente
dell’idiota, se l’era presa fin troppo per una scelta di Tiago perché si era
sentito ferito nell’orgoglio, quando avrebbe dovuto fregarsene e lasciarlo
fare. Voleva diventare un guaritore? Che lo facesse pure, a lui non importava
più, aveva già trovato di meglio… Invece aveva voluto riaffermare il suo potere
su di lui e, così facendo, si era messo tutti contro. Ora non ci sarebbe stato
più posto per lui a Kattegat, aveva deluso Bjorn e Gunnhild, non lo avrebbero
più accettato come primo consigliere. Gli altri non erano mai stati dalla sua
parte, poteva vedere anche da lì Hvitserk e Ivar che sorridevano soddisfatti
per la sua caduta in disgrazia, per non parlare di Ingrid, quella maledetta
strega… Era inutile insistere, sarebbe riuscito soltanto a innervosire ancora
di più Bjorn.
“Ti chiedo perdono, Re Bjorn” disse allora,
cercando di salvare il salvabile. “Tu e la tua Regina siete stati fin troppo
generosi con me e io ho abusato della vostra magnanimità e vi ho mancato di
rispetto. Ma, in fondo, tu sapevi fin dall’inizio che non sono una brava
persona, che ho commesso molti crimini. È stato nobile da parte tua offrirmi
una seconda possibilità e io l’ho sprecata. Forse non sono fatto per vivere a
corte e per comportarmi onestamente.”
Hvitserk e Helgi si scambiarono uno sguardo
perplesso, mentre Ivar fissava l’uomo cercando di capire dove volesse andare a
parare con quel discorso.
“Ti sarò sempre grato per quello che hai
fatto per me e per il resto della mia vita sarò fiero di aver servito il grande
Re Bjorn di Kattegat” riprese Erik. “Adesso, però, è giunto il momento che
parta di nuovo e che riprenda la mia vita di prima, con alcuni dei miei
compagni di razzie e… con Grethe, la donna che ha deciso di restare al mio
fianco.”
“Io non ti sto cacciando da Kattegat” precisò
Bjorn.
“Lo so, ma sono io che non posso rimanere e
forse era il mio destino. Sono stato accanto a te quando ne hai avuto bisogno,
ma adesso ci sono altri che possono prendere il mio posto e io sono pronto a
salpare per nuove avventure” replicò Erik. Insomma, alla fine era riuscito a
cadere in piedi e a far credere a tutti che andarsene da Kattegat fosse una sua
decisione. Oppure chissà, forse lo era veramente, forse aveva fallito troppe
volte nella sua scalata al potere, era stato umiliato da Ingrid, aveva capito
di non essere tagliato per gli intrighi di corte.
“Vuoi dire che riprenderai a fare il pirata?”
domandò Gunnhild.
“Pirata, mercenario, quello che capiterà”
rispose Erik, scrollando le spalle. “In fondo sono un Vichingo, ho bisogno di
azione e di avventura. Esplorerò altre terre, combatterò per chi mi pagherà
meglio… insomma, quello che facevo prima. L’unica cosa che vi prometto, Re
Bjorn e Regina Gunnhild, è che mai e poi mai combatterò contro di voi e contro
la vostra gente. Per questo mi dirigerò verso terre lontane, forse in Islanda.”
“Ah, bene, ci manca soltanto che lui e
Kjetill diventino amici” mormorò Helgi, cupo. Hvitserk lo strinse
affettuosamente a sé.
“Non sappiamo neanche se Kjetill sia davvero
in Islanda o se sia ancora vivo. Non devi più preoccuparti di lui, te l’ho
detto un milione di volte” gli disse.
“E sia, allora” decretò Bjorn. “Erik
Thorvaldsson, sei libero di partire da Kattegat e di dirigerti dove vorrai, con
tutti coloro che desidereranno unirsi a te. Ti sono comunque grato per aver
combattuto al mio fianco contro i Rus’ e per esserci stato quando ne avevo
bisogno. Non lo dimenticherò, ma forse gli dèi hanno deciso che le nostre
strade debbano separarsi. Che Odino ti protegga.”
Erik si inchinò davanti ai sovrani e poi si
congedò, lasciando la Sala Grande. Si sarebbe dedicato ai preparativi necessari
e sarebbe partito il mattino successivo, all’alba. Del resto, già da qualche
giorno aveva parlato di questa possibilità con Grethe e con qualcuno dei suoi
antichi compagni e l’incidente con
Tiago aveva semplicemente affrettato le cose.
Sì, già, perché lui non era affatto pentito
di quello che aveva fatto a Tiago e, a dirla tutta, non ci pensava nemmeno più.
Gli scocciava aver fatto brutta figura davanti a Bjorn, ma riteneva di essersi
difeso bene e adesso avrebbe ricominciato la sua vita da vagabondo e
mercenario, magari era proprio questo che gli dèi volevano per lui. Non avrebbe
avuto alcun rimpianto, non era tipo da rimuginare sul passato.
“Mi sembra che se la sia cavata fin troppo
bene” obiettò Ivar, dopo che Erik ebbe lasciato la Sala Grande. “Insomma,
Bjorn, gli permetti di andarsene così?”
“Cosa avrei dovuto fare, farlo impiccare per
aver picchiato un ragazzo che, fino a poco tempo fa, era al suo servizio? Se
così fosse dovrei giustiziare mezza Kattegat” replicò Bjorn. “Non approvo
quello che ha fatto, ma la sua decisione di andarsene è la cosa migliore per
tutti. Non posso dimenticare che è stato uno dei pochi a rimanere al mio fianco
anche nei momenti peggiori, quando tu
hai portato qui i tuoi amici Rus’ per invaderci.”
“Dovevi proprio dirlo, vero?” ribatté Ivar,
indispettito. Probabilmente la sua reazione sarebbe stata anche più furiosa, ma
colse lo sguardo impaurito e addolorato di Aethelred e tutta la sua collera
svanì come portata via dal vento. Voltò le spalle al fratello e strinse il
compagno tra le braccia: non capiva ancora perché Aethelred continuasse ad
essere così cupo e dimostrasse tanta insofferenza verso ogni forma di violenza,
ma non sarebbe stato lui a ferirlo iniziando una discussione con Bjorn. Del
resto, cosa gli importava della sua opinione? Per lui contava solo Aethelred,
il suo affetto e il suo amore.
“Comunque sia, Erik non piaceva a nessuno qui
a Kattegat, staremo tutti meglio quando se ne sarà andato” commentò Hvitserk,
per chiudere lì la faccenda.
“Ad ogni modo, ci sono diverse questioni
molto più importanti di cui devo discutere con voi” disse Bjorn, “e, se anche
non fosse accaduto questo spiacevole episodio con Erik, vi avrei convocati
comunque per parlarvene.”
Un silenzio carico di tensione calò sulla
Sala Grande, mentre Erik svaniva dalla mente di tutti come se non fosse mai
esistito. Bjorn avrebbe parlato del Danelaw e della sua decisione di affidarne
il governo a Hvitserk o c’erano fatti più gravi che loro ancora ignoravano?
Ivar sentì che Aethelred tremava leggermente
tra le sue braccia e, ancora una volta, si sentì impensierito per lui. Da
quando avevano fatto ritorno dal Wessex non era più il giovane determinato e
sereno che conosceva, sembrava sempre tormentato e angosciato per qualunque
cosa. Che gli stava succedendo?
Fine capitolo terzo