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Autore: shilyss    25/05/2022    1 recensioni
Ecco a voi una raccolta di shot legate alla fanfiction "Tutte le tue bugie." Nonostante alcuni riferimenti alla long fic, potete leggere i vari capitoli anche considerandoli come testi scollegati rispetto alla storia madre.
Dal capitolo 1: Se Loki fosse stato meno sarcastico, se nei suoi occhi chiari Odino avesse visto l’ombra di un sincero pentimento, le cose sarebbero potute andare diversamente. Ma Lingua d’Argento era stato sprezzante e tronfio e si era presentato ammantato di tutta la sua feroce eleganza di fronte al padre adottivo che non lo aveva chiamato figlio, ma prigioniero. Un altro imperdonabile errore dovuto non alla mancanza di discernimento di Odino, ma all’amara constatazione di come Loki, il suo brillante figlio, non fosse poi così acuto come pensava e sembrava.
Dal cap. 4: Solo che Loki era un furfante travestito da principe, un cantastorie come nemmeno nelle piazze più oscure della città se ne trovava uno uguale.
Non tutto è come appare, quando di mezzo c'è il dio dell'inganno in persona.
Capitoli 3-9: Barbare usanze;
Cap. 10 - Forse era scritto nel destino.
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Loki, Odino, Sigyn, Thor
Note: Lime, Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'La tela degli inganni'
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I fell in to a burning ring of fire

I went down, down, down

And the flames went higher

And it burns, burns, burns

The ring of fire, the ring of fire

(Ring of fire, June Carter, cantata da Johnny Cash)

 

 

 

Vali Lokason era vispo come sua sorella Sonje e aveva la testolina ricoperta di ciuffi soffici e chiarissimi, che facevano presagire come avesse ereditato i capelli d’oro di sua madre. Lo sguardo, per diverso tempo, era stato di un colore incerto, ma poi si era attestato sulla medesima sfumatura brillante di suo padre, quel verde intenso che però, in lui, avrebbe assunto una sfumatura più dolce, meno spietata. Guardando suo figlio, Loki avrebbe sempre riconosciuto quest’immensa differenza, tra loro. L’anima di Vali, pure se corrosa da ombre cupe quasi quanto quelle del dio dell’inganno, avrebbe sempre posseduto una luce in più. Qualcosa di scintillante ereditato da lei – una fiducia nelle persone e nelle cose che lo scaltro mago non aveva mai posseduto. Ma soprattutto, era il primo maschio a nascere nella schiatta reale di Vanheim da lunghissimo tempo. Era sano, forte e bello e tutti volevano rendergli omaggio, per vedere da vicino quella famiglia così strana di cui si era tanto parlato. Di Sonje si sarebbe sempre detto che era stata lo strumento con cui Loki si era insinuato nella famiglia di Njord, ma Vali era la prova che quell’unione su cui nessuno avrebbe mai scommesso reggeva. Sigyn sfoggiava la radiosa stanchezza di una madre felice, ma dietro allo sguardo innamorato che riservava ai suoi bambini e al marito c’era un velo di preoccupazione che non sapeva spiegarsi né spiegare.

Era come un’onda che l’avvolgeva, sommergendola, nei momenti più disparati, un senso di pericolo impossibile da scacciare. Aveva sentito della profezia fatta dal mostro sotto il tempio. Vali, che s’addormentava tra le sue braccia o in quelle di suo padre, era stato chiamato lupo. Su di lui pesava un destino incerto, ma già filato. E se Loki, nella sua regala tracotanza, ignorava e anzi sfidava quelle parole oscure e cariche di presagi, lei non riusciva a farlo.

Le sembrava che la felicità che le scaldava il petto anche il quel momento fosse fatta di cristallo: davanti a lei Loki, fiero ed elegante come suo solito, cullava il loro secondogenito col piglio sicuro di chi sa esattamente cosa sta facendo, mentre Sonje seduta sulle sue ginocchia, si impegnava in un disegno. Un simile momento così tenero e raro doveva essere protetto e custodito con cura: non meritava di essere sprecato preoccupandosi inseguendo problemi futuri e lontani, incontrollabili. Alcune minacce potevano essere sventate e contrastate, ma altre no, andavano affrontate solo quando e se si fossero presentate. Questo le diceva Loki con la sua voce ammaliatrice e sicura – questo si ripeté sperando di convincersi e dando un bacio ai ricci neri della sua bambina.

“Mamma, perché tieni una penna in mezzo ai gioielli?” domandò di punto in bianco Sonje, voltandosi verso di lei e fissandola con quei suoi occhi indagatori.

Sigyn sorrise, scostandole una ciocca ribelle dal visino. “In qualche modo lo è. Me l’ha regalata il tuo papà,” spiegò.

La bimba assottigliò le palpebre in un modo che le ricordò terribilmente Loki: la spiegazione che le aveva dato non la convinceva del tutto, dedusse.

“Perché non la usi mai per scrivere, allora?”

“L’ultima volta che l’ho usata è stato al nostro matrimonio.”

Quell’affermazione fece scintillare d’interesse lo sguardo grigio di Sonje. Amava le storie che le raccontava zio Thor su suo padre e moriva dalla curiosità di sapere come i suoi genitori si fossero conosciuti e innamorati. Non era un racconto che potesse ascoltare una bambina, ma, per fortuna di Sigyn, la curiosità della figlia si concentrò sulla cerimonia. Lasciò stare il disegno, afferrò per la coda il coraggioso Gatto Too, fedele animale di pezza che si portava dietro ovunque e, con la vocina più supplichevole di cui era capace, chiese a sua madre di raccontarle tutto, ogni cosa.

 

***

 

Erano state nozze sontuose ed elaborate, organizzate in poco meno di due cicli lunari. Njord aveva posto come condizione che il popolo non individuasse nessuna rotondità capace di ricordargli le circostanze in cui quell’unione si celebrava. Loki aveva acconsentito: quando stringeva degli accordi o stipulava dei contratti, amava che le firme dei contraenti fossero apposte il prima possibile, per evitare scomodi ripensamenti e sugellare il prima possibile quanto deciso. Sigyn portava in grembo un figlio loro – una figlia, per l’esattezza[1]. L’ingannatore non poteva assolutamente tollerare che Njord, spinto da Freyr, da qualche famiglia nobile fintamente offesa come il casato di Theoric o vittima, come Odino, di una turba mentale di quelle che prendono in vecchiaia, osasse sfidare apertamente lui e Asgard dopo quanto era stato detto e fatto in sua presenza. L’ombra scura del Tempio non era stata ancora del tutto cancellata e non lo sarebbe stata finché Sigyn non fosse diventata ufficialmente sua moglie.

Prima si celebravano quelle nozze e con più facilità i rapporti tra lui e il vecchio re si sarebbero ristabiliti.

 

Sigyn non ebbe nulla da obiettare, al riguardo. Comprendeva e condivideva le loro ragioni. In quanto nipote del re, aveva sempre saputo che il suo matrimonio sarebbe stato più fastoso di quanto lei stessa avrebbe desiderato. Se avesse sposato un nobile di Vanheim, però, il rituale sarebbe stato più semplice, la cerimonia, per quanto sfarzosa, molto più contenuta e meno d’impatto. Ma lei, contro ogni sua previsione, sarebbe diventata la sposa del dio dell’inganno, del principe perduto di Asgard, dell’erede al trono di Jotunheim, del grande mago e condottiero il cui nome era noto a tutti, nei Nove Regni. Tra le cose messe in chiaro da Loki, su cui l’Ase non intendeva trattare, c’era che la loro unione mescolasse i riti dei tre grandi regni di Asgard, Jotunheim e Vanheim. Una serie di passaggi e di formule che lo scaltro ingannatore avrebbe memorizzato e sfoggiato con la consueta eleganza spigliata, ma su cui lei, che pure era una principessa dei Vanir, avrebbe potuto inciampare.

E poi, c’era l’altro grande interrogativo, quello messo su pergamena la notte in cui aveva accettato la sua proposta, prima di fare l’amore con lui – la prima come coppia ufficiale, mentre Loki sfoggiava ancora i segni della battaglia contro il fratello e aveva il braccio immobilizzato e steccato. Un contratto sottoscritto da entrambi, che conferiva a Sigyn la libertà che aveva sempre sognato e un matrimonio in cui non fosse schiava di suo marito, ma la fiera compagna. Parole che l’inorgoglivano, che sperava potessero cambiare le cose nel suo paese, ma che si augurava non rimanessero lettera morta. Per far sì che questo accadesse, l’unione con Loki avrebbe dovuto funzionare, ma i sentimenti e le relazioni hanno evoluzioni impreviste, sono soggette alle tempeste della vita. Non c’era nulla che le garantisse che sarebbe stata felice con lui, che l’amore che le scioglieva il cuore, capace di farle fare follie, l’avrebbe protetta dalla sofferenza. Loki era mutevole, ambizioso, volitivo, audace ed egoista. Si sarebbe stancato di lei e del figlio che aspettava? Oppure sarebbe venuto il giorno in cui lei stessa, Sigyn, non sarebbe stata in grado di sopportare quelle ombre che gli avvelenavano il cuore, così dense da essere quasi tangibili?

Nel corso della loro relazione burrascosa non aveva mai immaginato un futuro con Loki.

 Anche solo osare sognarlo le era sempre parso un desiderio bambinesco, a cui era folle abbandonarsi. Per un momento aveva osato sperare, ma quel suo sogno era stato brutalmente soffocato dal dio dell’inganno stesso. Ma ora che tutto era diventato reale e possibile, ora che le migliori sarte di Vanheim si erano già messe al lavoro per confezionare il più bell’abito della loro vita mostrandole le sete più pregiate e i pizzi più preziosi, temeva che qualsiasi cosa ci fosse tra lei e il dio dell’inganno potesse infrangersi contro i flutti dell’esistenza.

Le sembrava di osservare la vita di un’altra Sigyn – non poteva essere lei, quella ragazza in piedi, fasciata dalla seta più candida, futura moglie dell’uomo di cui era innamorata, futura madre di un figlio che già cresceva dentro di lei. Solo dieci giorni prima la sua vita era completamente differente – si era trasformata in incubo da cui non sapeva come svegliarsi.

 

“Sorridi, Sigyn. Sarai bellissima.”

Freya guardava, insieme a lei, il suo riflesso nello specchio. Ma mentre l’esperta zia pareva soddisfatta dalla sua immagine riflessa, lei continuava a non riconoscersi. La struttura imbastita e appena abbozzata della gonna e del corsetto la fasciava con delicata grazia, i capelli erano acconciati in modo da caderle graziosamente su una spalla lasciandole, però, scoperto il viso. Ecco i primi tentativi di trasformarla nella moglie del dio degli inganni. Era la Sigyn di sempre, quella che la fissava nella cornice? Lo sguardo preoccupato, le labbra serrate ancora offese dallo schiaffo di Freyr, le guance pallide che risentivano delle nausee mattutine? Si aggiustò la stoffa all’altezza del seno.

“Ho troppe cose da tenere a mente, per questo matrimonio,” iniziò, accennando un sorriso debole, tirato. Dentro di lei c’era un bambino. Questa consapevolezza ancora la meravigliava. Il terrore di perderlo e l’ostinata volontà di nascondere la sua relazione con Loki non le avevano concesso di riflettere su ciò che le sarebbe capitato, sulla trasfigurazione della sua esistenza il cui primo segno era la donna, identica a lei eppure differente, che la fissava con curiosità attraverso lo specchio.

Freya le cinse le spalle. “Sei stata educata come una principessa per questo, Sigyn. Te la caverai, lo so. E poi, se anche l’emozione dovesse vincerti, vederti commossa piacerà al popolo. Ti adoreranno.”

“Anche se ho contravvenuto alle nostre leggi?”

“Lo hai fatto per amore e rimedierai nel più consono dei modi. Come in una fiaba,” sentenziò la donna senza alcuna incertezza nella voce cristallina. Si alzò per prendere delle stoffe e avvicinargliele al viso, scartandone immediatamente uno. “Non essere severa con te stessa, non pensare più a ciò che è stato. Avrete un bambino – che sarà l’erede di Vanheim e di molte altre cose. Pensa solo a questo.”

“Mi spaventa, questo. Non so se sarò adatta,” confessò Sigyn rapida, lisciandosi la gonna. “Non so se sarò pronta. Non so se sarò una brava madre. E non so se sarò una brava moglie.” Sospirò. “E se a Loki, questo, basterà.”

“È normale che tu sia preoccupata, che tu abbia dei dubbi e sia piena di interrogativi,” sorrise Freya dopo averla ascoltata, accarezzandole le spalle nude. “Ti sono successe troppe cose impreviste in troppo poco tempo, bambina mia. Se tu fossi certa di essere una buona moglie e un’ottima madre, sono sincera, mi preoccuperei. Ma nella vita certe cose si imparano vivendole e basta, giorno dopo giorno, domandandoci sempre se stiamo facendo la cosa giusta per coloro che amiamo. Non c’è un altro modo, Sigyn. E non c’è modo di sapere, oggi, se Loki si accontenterà di questa vita o vorrà dell’altro – non lo sa neanche lui. Lo conosco da più tempo di te, però, e posso dirti che per quanto sia imprevedibile e inafferrabile, le sue scelte sono sempre ponderate. Non ti avrebbe chiesto di sposarlo, mai, se non fosse stato assolutamente certo di volerlo. Ora, però, pensiamo al tuo vestito. Potremmo rendere la gonna più ampia e vaporosa, così, e mostrare un po’ le spalle. Che ne dici?”

Sigyn si guardò critica allo specchio. “C’è ancora qualcosa che non mi convince, zia.”

“Dell’abito, spero.”

La ragazza esitò. “Dell’abito, sì.”

“Sii sincera.”

Sigyn si voltò verso Freya. “Le discussioni non sono terminate, zia. Ogni particolare della cerimonia, ogni dettaglio, è approvato solo dopo trattative sfiancanti. Di alcuni non mi preoccupo, ma di altri sì,” si sfogò, tormentandosi con le dita la splendida collana d’ametista forgiata dai Nani. “Immagino lo avrai saputo. Loki vuole che abbandoni del tutto le mie stanze e mi trasferisca qui. Non gli interessa lo scandalo che nasce dal vivere insieme. Il nonno è furioso: temo una sua reazione sconsiderata. Queste nozze potrebbero saltare da un momento all’altro, insieme alla pace, per un dettaglio così insignificante?”

Freya annuì. “Njord deve essere infuriato. Ne va del suo ruolo. Ma non muoverà mai guerra contro Loki e Thor insieme.” Sospirò, prima di concludere. “La decisione di Loki è la più saggia – è la migliore per te.”

Sigyn inarcò un sopracciglio. “Lo dici come se sapessi qualcosa che non so.”

Per favore. Pensiamo al tuo vestito, alla tua acconciatura, ai fiori più belli con cui decorare il palazzo, agli arredi della tua nuova casa – il castello di Loki, dove vi trasferirete, è quasi pronto. So che ti ha chiesto di scegliere gli arredi e di controllare che tutto sia di tuo gradimento. In questi giorni, ti prego, dedicati al meglio che questa situazione può offrire.”

“Njord mi ha chiesto di essere ragionevole e di lasciare queste stanze. Di convincere Loki a cedere su un punto così offensivo, per lui. A rinunciare a qualche notte insieme per Vanheim.”

“Rinunceresti a qualcosa che prima cercavi nonostante fosse rischioso?” Freya le girò attorno, appuntandole un lungo pezzo di stoffa ricamato sulla gonna. “Dai retta a Loki, Sigyn. Contraddirlo ai banchetti, come facevi, sarà stato un modo involontario per attirare la sua attenzione, ma non è utile, adesso.”

“Vorrei passare ogni minuto con lui, zia. Ma conosco i miei doveri verso Vanheim.”

“Sarai una principessa responsabile, ma dovresti smetterla di sentirti così colpevole e fare quello che ti ho detto: dargli retta. Tutti, a Vanheim, lo abbiamo sempre fatto e finora non ce ne siamo mai pentiti.” Stavolta nel tono della figlia di Njord c’era una nota severa, che non sfuggì alla ragazza. Era vero, si sentiva in colpa. Di più, una parte di lei riteneva di essere in debito col proprio destino – un giorno, questo sentimento si sarebbe tramutato in un peso insostenibile, che l’avrebbe spinto fino alle soglie di quel Tempio che l’aspettava, accogliendo tante ragazze come lei, ma più sfortunate.

“Mi nascondi qualcosa?” domandò abbassando le lunghe ciglia scure.

“Vuole che tu rimanga qui per tenerti al sicuro, Sigyn,” sospirò stancamente la donna. “C’è chi protesta e non desidera affatto questo matrimonio, tanto da preferire una guerra. Chi ti vuole vedere marcire al Tempio e non esiterebbe a tentare un colpo di mano, con la scusa che Njord vuole consegnare il suo regno a Loki figlio di Odino. Ma il tuo promesso sposo, lo sai bene, è un uomo molto furbo e accorto. Per gli Æsir vivere insieme è, di fatto, per sé stessa, un’unione regolamentata e valida. Qui Loki può proteggerti e reclamare il suo diritto. Vivendo insieme e portando in grembo un mezzo Ase, siamo abbastanza certi che non ti succederà niente.”

Sigyn sentì il cuore accelerare i battiti. Le dita smisero di tormentare la bella collana e scesero sul ventre ancora piatto. “Sarà sempre così, non è vero?”

“Fino al giorno delle nozze, sì. Dopo, nessuno oserà toccarti, Sigyn.”

 

C’era un’altra buona ragione che aveva spinto Loki Laufeyson a volere nei suoi appartamenti la giovane principessa di Vanheim: una che Sigyn intuiva – la stessa che l’aveva spinta a considerare la proposta del vecchio Njord. Loki cercava lo scandalo. Desiderava che tutti li sapessero una coppia. Sfoggiare in questo modo il loro legame era un attacco non solo alla rigidissima morale di Vanheim, ma rappresentava anche una tutela per la proposta estorta a Njord. Il vecchio re avrebbe incontrato non poche difficoltà nel tentare di stringere un altro accordo matrimoniale per Sigyn, se nessuno avesse dubitato che fosse stata la sua amante.

L’ingannatore fece schioccare la lingua contro il palato: presto avrebbe dovuto dare un nome diverso al legame che aveva con lei. Entrò nei suoi appartamenti che era notte fonda, grato di non trovarli ancora invasi dalle stoffe preziose che Sigyn stava scegliendo, come era accaduto nelle ultime sere. Forse quella piccola Vanir insolente aveva, finalmente, scelto, dedusse piegando le labbra in un ghigno breve e soddisfatto. Il braccio che Thor gli aveva rotto nel loro ultimo, fatale, scontro, gli faceva ancora un male dannato, ma Loki era un guerriero di Asgard, abituato a ingoiare la sofferenza e a preferirla al potere stordente di intrugli e medicine, di cui era bene non abusare. In quei giorni concitati doveva occuparsi di troppe questioni e i suoi compiti, che già lo vedevano perennemente in movimento, si erano amplificati. Si sfilò la bandoliera con un sospiro di dispetto, avanzando a passi decisi verso la camera da letto. Lì, al tenue bagliore di un fuoco ormai semispento, Sigyn, avvolta in una delle sue tuniche, con i capelli sciolti sulle spalle, scriveva con la bella penna dalla piuma nera che le aveva regalato. Sentendolo avvicinarsi si voltò nella sua direzione, stropicciandosi col dorso della mano gli occhi assonnati.

“Ho trovato un modo per riuscire a dotare almeno altre dieci ragazze,” gli spiegò. Aveva le dita macchiate di inchiostro e uno sbaffo scuro le aveva sporcato la guancia.

L’ingannatore arcuò le labbra in una smorfia divertita. Sigyn, fedele alla sua indole, stava cercando di trasformare le loro nozze in un’occasione per agire in prima persona contro le storture di una società chiusa, per molti aspetti meno libera della selvaggia Asgard, temuta e invidiata, ma anche guardata con un misto di curiosità e di interesse.

Era un costume di Vanheim, ma non solo, che il popolo beneficiasse di unioni principesche come le loro. La consuetudine voleva che gli sposi offrissero in dono a delle ragazze – generalmente una decina – una buona dote e pagassero anche ogni spesa relativa alla loro cerimonia. Nella consolidata usanza, Sigyn aveva scorto la possibilità e il dovere di aiutare più giovani donne possibili, perché il suo spirito irrequieto le aveva fatto scoprire già da tempo la povertà in cui versava buona parte della sua gente.   

“Dovresti essere a letto. A riposare.”

“I giorni scorrono velocissimi e certe questioni non possono attendere.” Si alzò per abbracciarlo e poggiare la testa contro il suo petto ampio e largo, in un gesto d’affetto che le era sempre stato negato. L’Ase rispose all’abbraccio dopo un momento di esitazione, cingendola per le spalle sottili, sfiorandole le ciocche sciolte.

Sigyn socchiuse gli occhi. “E poi, ti stavo aspettando,” gli confessò.

Non aveva idea di cosa sarebbe diventata Vanheim, se un Loki sconfitto e traboccante di orgoglio ferito non avesse bussato alla porta di Njord, promettendo onori e gloria in cambio di ospitalità. Il suo futuro marito era stato bravo anche in questo, nell’individuare certe correnti sottese in un popolo stanco e nel porvi, lentamente e inesorabilmente, rimedio. Prima del suo intervento, Njord, Freyr e Freya generavano malcontento per la loro lontananza dai problemi della gente affamata e stanca, per la strascicante mancanza di decisioni, per lo sperpero dovuto al mantenimento di una corte troppo fastosa. Loki era riuscito nell’impresa di rendere nuovamente grande Vanheim, trasformandola in un regno potente tanto da tenere testa alla ricca Asgard di Odino, premendo affinché importanti riforme e razionalizzazioni diventassero realtà. In un certo senso, era riuscito a usare anche Sigyn per i suoi scopi. Sfruttando la sua inclinazione nel voler aiutare il prossimo e approfittando delle discussioni in cui lo coinvolgeva nei banchetti – liti esasperanti per lei, divertentissime per lui – le aveva suggerito, in maniera più o meno velata, di esporsi come poteva per raddrizzare almeno un po’ tutte quelle situazioni che la indignavano. Njord era anziano e stanco, Freyr aveva problemi con l’alcool e sperperava tutte le sue energie nei bordelli, Freya passava le sue giornate a occuparsi di stregonerie e a farsi corteggiare dai suoi numerosi spasimanti, ma la piccola Sigyn, che nelle sue pur rare apparizioni pubbliche ascoltava con partecipazione le lamentele della gente, contribuiva a ridare un pizzico di fiducia in una casa regnante altrimenti avvertita come disinteressata e lontana.

Ora lei si era abbandonata contro il suo petto, in cerca di una protezione che aveva fieramente ricusato quando era stata accusata di fronte a tutta la corte di aver avuto un amante, di aspettarne il figlio. Loki sospirò e s’inumidì le labbra. Il braccio gli doleva sempre di più e desiderava sopra ogni altra cosa bere un corno di idromele per attutire almeno un po’ quelle fitte persistenti, ma era troppo acuto e intelligente per ignorare che Sigyn stava affrontando le loro importanti, improvvise e sontuose nozze nel modo sbagliato – lasciandosi vincere da un passato che non aveva ancora lasciato andare, cercando di accontentare chi non doveva essere accontentato, tacendo su questioni che, invece, sarebbe stato meglio affrontare.

“Ritengo sia più che normale, nella tua posizione, avere paura, sentirsi incapace di gestire tutti questi cambiamenti inattesi, avvertire il peso di tante incombenze, troppe novità,” iniziò l’ingannatore. “Sposare me è più complicato che sposare quell’idiota di Theoric – e poi, con lui avresti aspettato almeno un altro anno. Quant’è passato da quando sono tornato e ti ho trovata in piedi di fronte a tuo nonno, col segreto di cui non mi avevi graziosamente messo a parte svelato? Sette giorni,” le sibilò. “Solo sette giorni fa non eravamo niente, tu eri fidanzata con un altro, tra noi era tutto finito.”

Sigyn annuì e si scostò. “Avrei dovuto dirtelo prima che partissi, anche se non avevo la completa certezza di essere incinta. Ho cercato di farlo in biblioteca, ma non mi è riuscito. Che mi abbiano scoperta è stato un sollievo.”

“Avevo intuito che fosse stato quello il motivo della tua improvvisa dolcezza nei miei riguardi,” ghignò Loki, pensando alla sera strana in cui lei lo aveva cercato. Era di pessimo umore e non perché l’alba successiva sarebbe dovuto partire per un’importante ambasceria – gestire gli imprevisti era un qualcosa che gli riusciva benissimo e che si adattava alla sua natura incredibilmente duttile, ma per il fatto di aver dovuto insistere più del dovuto con Njord affinché il vecchio re comprendesse l’importanza di quel viaggio. Non si aspettava di incontrare Sigyn, così come lei non credeva che le sarebbe mancata la voce per raccontargli della spaventosa scoperta che aveva appena fatto e non sapeva come gestire. Lui era stato troppo tagliente e perfido.

Si erano amati e cercati in segreto per molti mesi, prima del fidanzamento di lei. Poi Theoric, pusillanime amico d’infanzia, erede di una discreta fortuna, aveva chiesto e ottenuto la sua mano recandosi da Njord in persona, nonostante il netto rifiuto della ragazza. Sigyn si era rivolta a Loki chiedendogli di esporsi, di dichiararsi al re dei Vanir. Lui aveva rifiutato, determinando la fine della loro relazione. Una scelta di cui non si era pentito, che aveva ponderato con molta attenzione, ma che, nonostante questo, gli era costata – ma di questo se ne era reso conto col tempo, osservando la coppia male assortita, scontrandosi con la freddezza scaturita dal cuore offeso di lei. Certi eventi, uniti a una passione feroce, li avevano momentaneamente riuniti, ma Sigyn non poteva tollerare di vivere una doppia vita o d’ingannare un uomo verso cui pure non provava niente. L’aveva avuta tra le sue braccia per un paio di sere, non di più.

La biblioteca era avvolta da una luce irreale e lei gli era andata incontro, sussurrandogli di dovergli parlare di una questione urgente, fatale. Loki era stato scostante e maligno – lei gli invadeva già troppo spesso i pensieri, mutando i suoi piani, rendendo amare le sue vittorie. Quali questioni urgenti poteva mai avere, per rubargli tempo e intrappolarlo in un incontro in un luogo tanto malsicuro?

Se non avesse scoperto solo da poche ore di aspettare un bambino certamente suo, Sigyn gli avrebbe risposto a tono, ma era troppo spaventata e sconvolta dalla notizia per essere abbastanza lucida da affrontarlo e iniziare una delle loro schermaglie. Si era difesa con nostalgico rancore, cedendo a un’emotività che stupì e infastidì Loki.

Per zittirla e consolarla la strinse a sé e la baciò, anziché domandarle che le fosse preso. Se lo avesse fatto, temeva di dover stare a sentire l’ennesimo problema riguardante il fidanzamento con Theoric, che gliela avrebbe fatta desiderare ancora di più, perché vogliamo disperatamente solo ciò che non possiamo avere, che abbiamo perduto. Sigyn rispose al suo bacio, ai suoi baci. Era arrendevole come non capitava da mesi. La consolazione che cercava da lui passava anche da quello – dal bisogno che la stringesse, la proteggesse, le ghermisse le labbra, facendola sentire amata. Lo lasciò fare quando le labbra dell’Ase scesero sul collo e sul seno, gli concesse di slacciare il corsetto, sollevare la gonna, per poi consumare l’amore in fretta, sul pavimento, tra le colonne piene di libri della biblioteca deserta. Loki avrebbe desiderato spogliarla completamente, per percorrere con la bocca ogni sua curva, dal collo delicato ai seni piccoli e sodi, fino alla dolce linea dei fianchi protesi, del ventre piatto, dalla pelle morbida. Ma non c’era tempo, mancava l’occasione. Poteva scostare e maledire la seta pregiata che la ricopriva, spostandole con un gesto secco e urgente la stoffa ricamata dei suoi indumenti intimi per non perdere tempo prezioso. Sigyn non lo fermò, ma lo cinse tra le braccia in preda al medesimo desiderio, grande quanto la consapevolezza di stare commettendo un errore – ma come dire a Loki che aspettava un figlio? Come l’avrebbe guardata, poi, lui? Prima di entrare in lei, l’ingannatore avrebbe potuto interrogarsi sull’opportunità di unirsi a lei in quel modo, sulle strane circostanze che li avevano condotti lì e sul pallore sospetto di Sigyn, sul suo sguardo da cerva braccata. Non lo fece – la desiderava e basta, e quando il caos li avvolse, improvviso e violento, dovette chiuderle la bocca con una mano e mordere la propria, affinché i loro sospiri rotti dal piacere non li tradissero.

Dopo, si sistemarono in fretta per rendersi presentabili. Loki disse, con voce maligna, che non avevano più tempo, nessuno dei due, per discutere di alcunché. Sigyn, avvampando, si rese conto che era vero – era in ritardo per l’ennesima, sfiancante e inutile festa.

E quella sera, quando si era seduta accanto a Theoric e lui l’aveva baciata sulle labbra, lei si era sentita la peggiore delle donne di Vanheim, perché aveva addosso il profumo di Loki e il ricordo delle sue mani di mago che percorrevano il suo corpo, perché aveva ansimato amandolo con l’intensità di sempre e perché aveva in grembo suo figlio, ma il suo destino era di sposare un altro. Uno che stava ingannando suo malgrado, che non avrebbe mai saputo né potuto amare.

 

Da quella notte erano passati solo dieci giorni. “Vorrei dirti cosa avrei fatto, se quella sera avessi potuto dirtelo o se non mi avessero scoperta prima,” sospirò Sigyn, a disagio.

 

 

L’angolo di Shilyss

Care Lettrici e cari Lettori del mio cuore ♥ ♥!

Rieccoci qua con i Loki e Sigyn nella versione di Tutte le mie bugie, la mia prima long (la trovate a pagina 3 del profilo). Non è necessario averla letta, ma tenete presente che la Sigyn che vedete per buona parte del racconto è molto giovane e vi si fanno parecchio riferimenti, però ve la consiglio perché è una storia che secondo me merita – se avessi tempo la revisionerei per bene, ma anche così è più che fruibile e ne sono abbastanza fiera. Mi sono resa conto che non ho mai scritto nel dettaglio del matrimonio di Loki e Sigyn: in Accordo è accennato, qui viene saltato a piè pari: non posso spoilerare, ma è presente in una long breve e in una shot molto vecchia e a me molto cara, In direzione ostinata e contraria ♥.  

Ma torniamo a Sigyn: qui siamo a sette giorni dalla fine di Tutte le tue bugie: la vita di Sigyn ha subito uno scossone enorme, la sua normalità è stata spazzata via e al suo posto c’è qualcosa che nemmeno osava sperare. Inoltre, sa da pochissimo di aspettare Sonje (vi ricordo che Loki sa, grazie alle rune, che avranno una bimba, ma lei no). Gli ultimi anni ci hanno insegnato che basta un giorno a cambiare le nostre esistenze in maniera indelebile, quindi sono fiduciosa che capirete questo scoramento di una ragazza che pur amando infinitamente Loki ha paura.  

 

Ringrazio con tutto il cuore i vecchi lettori, i nuovi lettori e tutti coloro che listeranno, recensiranno o semplicemente leggeranno questa storia: a parte gli scherzi (lokini) siete importanti e sappiate che leggo tutti i vostri commenti e non vi mangio. Spesso non rispondo pubblicamente, ma se vi palesate lo faccio e sono molto alla mano, ecco.

Seguitemi sulla pagina fb (o scrivetemi anche lì) per info, curiosità, aggiornamenti (trovate il link in bio) e…

 

Ricordo che il personaggio di Sigyn, tolto quello che trovate alla voce “Sigyn” su Wikipedia, è una mia personale interpretazione/reinterpretazione/riscrittura. Loki e Sigyn nel mito hanno dei figli insieme, Vali e Narvi. Vali me lo sono tenuto, Narvi l’ho sostituito con Sonje, personaggio di mia invenzione. Nel mito Sigyn non eredita proprio niente, quindi anche qui è una mia idea. Non vi autorizzo a ispirarvi o peggio a questa versione o alle altre storie da me postate né qui né altrove (peggio mi sento con le fiabe) e lo stesso vale per gli headcanon su Vanheim, su Loki o su Asgard stessa. Lo stesso vale per il ruolo di Loki presso Njord, per le cariche che Loki ricopre in questa Vanheim. Creare un mondo con usi e costumi non è uno scherzo.

Comprendetemi per queste precisazioni, ma scrivo su questo fandom dal 2017 e ne ho viste di tutti i colori.

A presto e grazie per tutto l’affetto/sostegno/cose, vi si lovva (e spero voi lovviate me).

Vostra,

Shilyss



[1] Tutto questo è narrato in Tutte le mie bugie, la mia prima long. Alla fine di questa, Loki scopre che lui e Sigyn avranno una bambina, ma cela alla ragazza questa sua scoperta.

   
 
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