Angel
Rubio ha sempre considerato il suo lavoro una vera missione; difendere
il suo
paese, la sua gente, da soprusi, inganni, pericoli di qualsiasi tipo,
è il
minimo che è chiamato a svolgere in nome del suo distintivo.
E
negli anni di lunga carriera non si è mai tirato indietro
davanti a niente e
nessuno. Ligio al suo dovere non avrebbe mai pensato che, un giorno,
sarebbe
accaduto l’inimmaginabile.
Sergio
è in auto, diretto al carcere. La partenza è
stata ritardata da inconvenienti
voluti, coscientemente, dallo stesso Angel per dar modo alla volante,
con a
bordo Raquel, di poter fare il suo dovere. E mentre lo osserva,
ammanettato, a
capo chino, debole ed esausto, Rubio riconosce che salvare Raquel dallo
stesso
destino del Professore sia stata la mossa migliore.
Nella
sua mente si fanno strada solo risposte positive: innanzitutto, la
donna di cui
è innamorato da anni potrebbe fuggire, e soprattutto nessuno
della Polizia
avrebbe mai potuto sospettare della talpa identificandola in lui.
Così
facendo ha preso due piccioni con una fava.
“Ehi,
amico, mi hai sentito?” – lo scuote Suarez, dopo
averlo chiamato più volte, da
lontano, senza ricevere risposta.
“Come?”
– esclama Rubio, tornando con i piedi per terra.
“Cosa
ti prende? Sembri pensieroso…forse troppo”
“Nulla,
è che mi pare strano sia finito tutto
così…facilmente” – finge,
trovando la
giusta scusa.
“Beh…è
di questo che volevo parlarti. Confesso che la cosa mi puzza”
“Ehm…in
che senso?” - deglutisce
Angel,
spiazzato da tale osservazione.
“Sono
sicurissimo che quei pagliacci con la maschera, adesso, tenteranno di
liberare
la Murillo e il loro amato beniamino” – commenta il
poliziotto, arricciando il
naso, alquanto disprezzante verso di Dalì –
“Il colonnello li ha lasciati
andare, non considerando la conseguenza più certa che
può verificarsi”
“Già!
Lo temo anch’io, Suarez”
“Cosa
facciamo allora? Aspettiamo che ci sia l’ennesima rapina e
che stavolta la
Banda del Professore orchestri altro per liberarlo insieme alla sua
compagna?”
“Beh…senza
ordini dall’alto, non possiamo decidere niente. E
comunque… sì, i rapinatori
rivendicheranno la libertà del loro capo,
però…pensaci, senza di lui non
saprebbero organizzare l’ennesimo attacco. Era Sergio la
mente. E senza il suo
genio, quei Dalì non hanno chance”
“Esattamente”
– la voce alle loro spalle, che ha ben udito le
considerazioni dei due
polizotti, dà conferma delle parole di Rubio.
“Colonnello
Prieto, è questo il motivo allora?” –
domanda Suarez al superiore.
L’uomo,
mai tranquillo come in quel momento, con il petto gonfio
d’orgoglio per la
vittoria, e fiero di avere tra le mani l’uomo più
ricercato degli ultimi anni,
conforta gli altri due – “Alla Spagna piacciono
quegli idioti con la tuta
rossa. Saperli in vita e lontani, potrebbe essere un vantaggio per noi.
Non
passiamo da cattivi. Anzi. Abbiamo ripreso l’oro nazionale,
catturando chi
voleva strapparlo e privare il Paese della sua sola fonte di ricchezza,
e
quella specie di mascotte umane sono sane e salve. Nessun morto, ma con
la
giustizia compiuta!”
“E
come la mettiamo con tutte le accuse contro polizia, servizi segreti, e
il
resto? Le torture denunciate…Sierra in fuga…
questo come lo fronteggeremo?” –
chiede Angel, confuso.
“Alicia
è la prossima che finirà nella stessa cella della
Murillo, fidatevi. Quella
serpe in seno a breve sarà fuori dai piedi.”
“Non
sappiamo neppure dove si trovi”
“Calma,
Suarez! Questione di tempo e sarà lei a consegnarsi a
noi”
“Cosa
te lo fa pensare?”
“Beh…
ho i miei informatori. So che ha dato alla luce una bambina e presto
quella
bambina sarà l’arma per colpirla”
“Come
fece lei con la Dalì utilizzando il peluche? Ti servirai
delle sue stesse
tattiche?”
Prieto
solleva un sopracciglio e con fare beffardo ridacchia –
“Non fare agli altri
quello che non vorresti venisse fatto a te. Dico bene?”
Senza
aggiungere altro, il colonnello si avvia alla volante con cui
accompagnerà
Sergio in carcere. Ha tutta l’intenzione di godere, assieme a
Tamayo,
dell’ingresso del Professore in quel posto, vedendolo
finalmente dietro le
sbarre.
“Andiamo,
amico. Quella dietro l’auto del colonnello è la
nostra” – dice Suarez,
avviandosi.
Angel
lo segue seppure agitato. Sentire le dichiarazioni di Prieto
l’hanno
decisamente destabilizzato.
Chi
può aver mai riferito tale dettaglio alle
autorità, tradendo Alicia Sierra?
E
proprio quest’ultima, forte del sostengo di sua sorella,
decide di pulirsi
definitivamente la coscienza affrontando uno per uno i Dalì
a cui recò male.
Intenzionata
a confrontarsi con il giovane Rio, che patì le peggiori
torture, si avvia nella
stanza adibita a classe, su modello di quella progettata da Sergio
durante
l’addestramento al Monastero.
“Ehm…
Rio non c’è?” – chiede,
notando solo la presenza delle donne.
“No”
– risponde secca e decisa Tokyo non volgendo neppure lo
sguardo sulla ex
ispettrice.
“Lo
stavo cercando per…”
“Per fargli cosa? grandissima figlia di puttana!”
– sbotta Silene, trattenuta
subito dopo dalle amiche.
Raquel
in primis giustifica la reazione della compagna di squadra,
però ha compreso il
senso di quella collaborazione temporanea – “Tokyo,
calmati. Non serve
alimentare astio. Dobbiamo salvare il Professore, ricordi?”
– le sussurra,
mentre Stoccolma la frena mantenendola per un braccio.
Nairobi,
invece, dopo aver mandato giù quel boccone amaro, ovvero la
scelta di gruppo di
tenere lì l’artefice della sua quasi morte, mostra
apparente freddezza.
I
suoi occhi sono velati di tristezza e fissano la rossa; il suo respiro
fuoriesce a fatica, sembra essersi bloccato.
È
decisamente una statua di ghiaccio umana.
“Me
ne vado” – dice Alicia, non ribellandosi, ma
ritenendo giuste le cattiverie
contro di lei e la rabbia generale.
“Aspetta!”
– la trattiene Agata, spiazzando tutte le presenti.
Si
mette in piedi e, seppure a passo lento e affaticato, le va incontro.
Le
due si trovano faccia a faccia, una impassibile nel suo dolore,
l’altra con il
capo basso di chi sa di aver sbagliato e merita la punizione.
“Nairobi…io…”
– comincia la donna più adulta.
“Zitta!
Fammi parlare perché non so quanto potrò ancora
reggere nel non prenderti a
parolacce” – interviene la zingara, tenendo una
precauzionale distanza fisica.
“Lasciala
perdere, non ne vale la pena, amica mia” – le dice
Tokyo.
“Invece
sì, ne vale la pena. Vale la pena affrontarsi
definitivamente e chiudere questo
capitolo. Perché io non ne posso più. Tu non
immagini cosa abbia significato
per me vivere senza Axel per tutti questi anni. Sono rimasta incinta
perché…” –
trattiene le lacrime, prende fiato, tenendosi con una mano la ferita
che pulsa
– “ … perché German mi ha
fatto credere di volere un futuro insieme. Mi ha
promesso che ci saremmo sposati. Che mi avrebbe portata via da quel
quartiere
di merda dove abitavo con mia madre. Invece sai che ha fatto? Appena
gli ho
detto del bambino, mi ha mollata. Ha detto che doveva
sposarsi…. Con un’altra…
indovina con chi?!”
“German?
Ma… aspettate… volete dire…”
– non al corrente, Raquel sobbalza di fronte alla
rivelazione.
“Sì,
mio marito” – risponde Alicia, amareggiata.
“Cazzo!”
– esclama scioccata la Murillo. Conosceva il consorte di
Sierra e mai avrebbe
immaginato potesse essere uno sciupafemmine.
“Ho
cresciuto Axel da sola, contro tutto e tutti. Mi è stato
tolto nella maniera
peggiore”
“Non
ti fa bene ricordarlo, non sei nelle condizioni per sostenere tanto
dolore. Smettila,
Nairo” – la supplica, preoccupata, Stoccolma.
Segue
qualche secondo di silenzio. La Jimenez stringe i pugni e china il
capo,
intenzionata a darsi tempo per metabolizzare tali sensazioni e
riprendere il
discorso.
È
la Sierra però ad intervenire adesso.
“Credi
sia stato facile per me? Io ero follemente innamorata di German. Quando
ci
siamo sposati eravamo così giovani e ingenui. Non avrei mai
immaginato che il
sabato sera andava nei locali per intrattenersi con altre donne. Quello
che ha
fatto a te, l’ha fatto anche alla sottoscritta. Mi ha usata.
Ero la sua
mogliettina, la sua vita apparente. Ero il trofeo da mostrare alle cene
con i
colleghi; ero la donna che gli scaldava il letto la sera; quella che
cucinava e
gli stirava le camicie…non credi sia stato
umiliante?”
Tatiana,
rimasta in disparte, ascolta con il magone la sofferenza di sua sorella
maggiore, rendendosi conto di quanto, negli anni di distacco, abbia
patito
l’assenza della famiglia.
“Io
avevo solo lui, e un grosso desiderio di vendicare Anita, quella
sorellina
minore che mi fu strappata ingiustamente”
“Sei
sicura di essere tanto diversa dal tuo maritino? Perché hai
usato tattiche di
pessimo gusto per ferirci. Prima con il mio ragazzo, poi con la mia
migliore
amica, e perfino con il Professore” – aggiunge
Silene, entrando nel discorso.
“Tutto
quello che ho fatto l’ho fatto perché avevo
perduto la mia umanità. La
scomparsa prematura di Anita è stata un inferno. Non
riuscivo ad appigliarmi a
nessuno; solo German, con cui condividevo lo stesso ufficio, in
Polizia, riuscì
a farmi sentire amata. Peccato che fu un’illusione. E tenne
il segreto delle sue
relazioni fino a quando non fu identificata una tale Nairobi con il
nome di
Agata Jimenez”
La
gitana solleva gli occhi, incrociando quelli spenti della Sierra.
“Divenni
in un battibaleno invisibile per lui. Già lo ero, ovvio. Ma
Nairobi divenne la
sua fissazione. Ho scoperto che tu eri la sua amante e la rabbia
arrivò alle
stelle. Ero incinta e fu un colpo al cuore. Ti giuro che avrei
preferito morire
al posto suo. Tutta la mia vita era stata una menzogna. Una beffa del
destino
che continuava a prendersi gioco di me, strappandomi via ogni forma
d’amore e
di felicità”
“Così
hai pensato bene di distrarti concentrandoti sul caso dei
Dalì, vero?” –
domanda Monica, timidamente.
“Siete
diventati subito la mia missione primaria. Volevo prendermi la mia
rivincita sulla
vita di merda che il fato mi aveva imposto. Mi convinsi fosse Sergio la
causa
della morte di Anita… perciò divenne il bersaglio
da eliminare…
“Che cosa? Ma ti rendi conto che è folle? Come
poteva, il mio compagno, aver
eliminato tua sorella?” – esclama, scioccata, e a
tratti irritata, Lisbona.
“Colpa
della mancata lucidità, Raquel. Te ne sarai resa conto
durante l’interrogatorio
nella tenda”
“Già,
mi hai minacciata usando Paula e mia madre”
“Cazzo,
a quanto pare ti diverte sfruttare i punti deboli delle tue
rivali…specialmente
se i punti deboli sono i figli” – commenta,
esterrefatta, Agata.
“So
di aver sbagliato. Volevo punire Sergio, servendomi di
Raquel…e colpire te per
vendicarmi di German. Ho fatto tante cazzate. Non me le
perdonerò mai. E quella
più grossa è stata dare via la mia
bambina”
“Non
è facile dire addio a un bebè”
– precisa la Jimenez.
“Me
ne rendo conto solo adesso. Non so se sarò in grado di
essere una buona mamma”
“Nessuna
ha questa certezza. Non l’avevo io a soli ventiquattro anni,
non ne aveva Raquel
quando è nata Paula. Né Stoccolma quando ha messo
al mondo Cincinnati” –
aggiunge ancora la gitana.
“Prova
ad immaginare quanto possa far male rivedere il proprio figlio, dopo
sei anni,
sentire la sua voce tramite un telefonino, guardarlo da una finestra,
faticando
a metterlo a fuoco come vorresti… poter sapere
com’è diventato, quali sono i
suoi sogni futuri… se ha lo stesso sorriso, e quei capelli
ricci come li aveva
da piccolo… sono cose che toccano l’anima e ti
devastano”
“Mi
dispiace” – continua a ripetere Alicia.
“Pensi
di aver superato, in fondo, quella sofferenza, quel distacco. Poi, un
giorno, una
pazza sceglie di colpirti, distruggendoti dall’interno.
Calpestando e martoriando
il tuo cuore. Ti ricorda la merda di vita che hai fatto, e il male che
hai
recato al tuo bambino…ti sbatte in faccia la
realtà ricordandoti che Axel
c’è…che
Axel esiste e che è lì, a pochi passi da
te… usa il tuo essere mamma per vincere
una guerra…una guerra dove, adesso, combatte
sull’altro fronte…” – lo
sfogo, doloroso,
di Nairobi, fatto di sospiri, singhiozzi, batticuore, sudorazione,
fatto di un
miscuglio di emozioni, arriva diretto alla coscienza dell’ex
ispettrice.
Quest’ultima,
di fronte al male che le ha recato, non trova opzione se non quella di
supplicare
il suo perdono e farle una promessa –
“Capirò se non vorrai mai perdonarmi, in
fondo non siamo obbligate a diventare amiche. Anzi. Siamo solo persone
costrette a collaborare per salvarsi il culo da una situazione scomoda.
Però,
ti prometto, quando tutto questo finirà, io ti
darò i contatti necessari per
arrivare da Axel. Io so dov’è, conosco i genitori
adottivi, loro stessi me l’hanno
portato quel dannato giorno dello sparo”
“Cosa me ne potrei fare di quei contatti? Sarei una
fuggitiva, se mi facessi
trovare, quella gente contatterebbe le autorità e finirei in
prigione…di nuovo”
“Proprio
per questo, la guerra contro Tamayo e Prieto dovrà avere un
finale preciso”
“Cioè?”
– domanda Lisbona, studiando le espressioni della Sierra.
Alicia,
alquanto affrante, e ancora sconvolta nella sua disperazione, trova le
forze
per dire – “La sola nostra salvezza, non appena
avremo il Professore qui con
noi, è fingerci morti. Dei morti non sono più
ricercati”
“Cazzo,
e come facciamo a spacciarci per morti? Senza cadaveri, la Polizia non
lo crederà
mai” – sostiene Tokyo.
“Entro
in gioco io” – interviene Tatiana –
“Mi presenterò come giornalista,
arriverò ad
Angel. A quel punto, sarà lui a lavorare per noi
dall’interno”
“Come
puoi essere certa che lo farà?”
“Ha
già tradito il suo gruppo per amore. Se si tratta di salvare
Raquel un’altra
volta, è certo…non si tirerà
indietro!”
Tatiana
ne è convinta; un po' meno le altre Dalì.
“Non
ho ancora capito il senso di Angel nella faccenda della nostra presunta
morte” –
sottolinea Silene, confusa.
E
così, mentre la seconda delle sorelle Sierra racconta
un’ipotesi d’azione, discussa
già con il resto della Banda, Alicia si siede di fianco ad
Agata.
La
gitana, silenziosa, fissa il vuoto.
“Axel
è un bambino molto intelligente. E ti somiglia tantissimo.
Non ha nulla a che
fare con German, sappilo” – attacca bottone tirando
in ballo il bambino.
“Per fortuna” – commenta la Jimenez.
“Riavrai
tuo figlio. Fosse l’ultima cosa che faccio in vita
mia…”
Nairobi
solleva gli occhi, spostandoli sulla donna dall’aria
decisamente ostinata.
E
dopo essersi risposte con un accenno di sorriso reciproco, è
proprio la Dalì a
proporre
“Tregua?”
Alicia
la guarda, sconvolta, e incredula.
“Dici
sul serio?”
“Odiarti
non mi fa stare meglio. Portarti rancore non mi dà
benessere…in cambio va solo
ad alimentare le mie frustrazioni. Quindi, ho deciso
così… chiudiamo per sempre
la parentesi German! Ti va? Il resto tenteremo di superarlo un passo
alla
volta.”
“Assolutamente
sì. Abbiamo un destino in comune, Agata. Stesso uomo, dei
figli che sono lontani,
e che dobbiamo recuperare. E lottiamo contro lo stesso nemico.
È bene allearsi per
quanto possibile. L’unione fa la forza”
Sotto
lo sguardo sbalordito delle amiche, la gitana afferra la mano della
Sierra e la
stringe alla sua, sancendo un vero e proprio patto.
“Sono
molto fiera di te, sorellona” – sussurra Tatiana ad
Alicia poco dopo, quando si
complimenta per il comportamento avuto con Nairobi.
Nel
mentre, Tokyo, Lisbona e Stoccolma si preoccupano per la loro di amica.
“Sicura
di farlo perché lo vuoi? Mica ti sei sentita
forzata?”
“No,
Toky. Ho sentito che era la cosa giusta da fare. Basta odio. Dobbiamo
salvare
il professore. È questa la priorità. Tutto il
resto va messo da parte. E poi…prima
lo faremo, prima andremo via da qui, prima torneremo a vivere in santa
pace”
“Hai
ragione, sei una donna dal cuore enorme” – le dice
la Murillo, unendosi in un abbraccio
di gruppo.
Le
quattro, perni della banda dei Dalì, sotterrano
l’ascia di guerra contro Alicia
Sierra, decise più che mai a mettere la parola fine al
passato e giungere alla
vittoria rapidamente.
Tutte
assieme raggiungono il salotto, dove gli uomini approfittano per
mangiare qualcosa
al volo. Bogotà è il primo a notare la
tranquillità tra loro e ne resta piacevolmente
colpito.
Va
incontro alla sua donna – “Come ti
senti?”
Con
lo sguardo rilassato, la gitana avvicina le sue labbra a quelle del
saldatore. Lo
bacia dolcemente, per accoccolarsi poi al suo petto.
“Adesso
posso dirlo sul serio…mi sento finalmente bene!”