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Autore: Ivy001    25/05/2022    1 recensioni
Se la quarta serie non fosse finita con la morte di Nairobi? Se Gandia fosse stato freddato alle spalle o anche solo attecchito con un colpo alla gamba, prima di compiere quell'atto atroce? Come sarebbe proceduto il colpo se Lisbona fosse stata liberata e ricondotta dal Professore, anziché entrare nella Banca dai suoi compagni?
Tanti SE ... e mi piace immaginare che le cose siano andate davvero come nella mia fantasia.
Quindi partirò proprio da lì, da quando il fanatico Capo della sicurezza della Banca di Spagna, è prossimo a far fuori Nairobi.
Genere: Azione, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Angel Rubio ha sempre considerato il suo lavoro una vera missione; difendere il suo paese, la sua gente, da soprusi, inganni, pericoli di qualsiasi tipo, è il minimo che è chiamato a svolgere in nome del suo distintivo.

E negli anni di lunga carriera non si è mai tirato indietro davanti a niente e nessuno. Ligio al suo dovere non avrebbe mai pensato che, un giorno, sarebbe accaduto l’inimmaginabile.

Sergio è in auto, diretto al carcere. La partenza è stata ritardata da inconvenienti voluti, coscientemente, dallo stesso Angel per dar modo alla volante, con a bordo Raquel, di poter fare il suo dovere. E mentre lo osserva, ammanettato, a capo chino, debole ed esausto, Rubio riconosce che salvare Raquel dallo stesso destino del Professore sia stata la mossa migliore.

Nella sua mente si fanno strada solo risposte positive: innanzitutto, la donna di cui è innamorato da anni potrebbe fuggire, e soprattutto nessuno della Polizia avrebbe mai potuto sospettare della talpa identificandola in lui.

Così facendo ha preso due piccioni con una fava.

“Ehi, amico, mi hai sentito?” – lo scuote Suarez, dopo averlo chiamato più volte, da lontano, senza ricevere risposta.

“Come?” – esclama Rubio, tornando con i piedi per terra.

“Cosa ti prende? Sembri pensieroso…forse troppo”

“Nulla, è che mi pare strano sia finito tutto così…facilmente” – finge, trovando la giusta scusa.

“Beh…è di questo che volevo parlarti. Confesso che la cosa mi puzza”

“Ehm…in che senso?” -  deglutisce Angel, spiazzato da tale osservazione.

“Sono sicurissimo che quei pagliacci con la maschera, adesso, tenteranno di liberare la Murillo e il loro amato beniamino” – commenta il poliziotto, arricciando il naso, alquanto disprezzante verso di Dalì – “Il colonnello li ha lasciati andare, non considerando la conseguenza più certa che può verificarsi”

“Già! Lo temo anch’io, Suarez”

“Cosa facciamo allora? Aspettiamo che ci sia l’ennesima rapina e che stavolta la Banda del Professore orchestri altro per liberarlo insieme alla sua compagna?”

“Beh…senza ordini dall’alto, non possiamo decidere niente. E comunque… sì, i rapinatori rivendicheranno la libertà del loro capo, però…pensaci, senza di lui non saprebbero organizzare l’ennesimo attacco. Era Sergio la mente. E senza il suo genio, quei Dalì non hanno chance”

“Esattamente” – la voce alle loro spalle, che ha ben udito le considerazioni dei due polizotti, dà conferma delle parole di Rubio.

“Colonnello Prieto, è questo il motivo allora?” – domanda Suarez al superiore.

L’uomo, mai tranquillo come in quel momento, con il petto gonfio d’orgoglio per la vittoria, e fiero di avere tra le mani l’uomo più ricercato degli ultimi anni, conforta gli altri due – “Alla Spagna piacciono quegli idioti con la tuta rossa. Saperli in vita e lontani, potrebbe essere un vantaggio per noi. Non passiamo da cattivi. Anzi. Abbiamo ripreso l’oro nazionale, catturando chi voleva strapparlo e privare il Paese della sua sola fonte di ricchezza, e quella specie di mascotte umane sono sane e salve. Nessun morto, ma con la giustizia compiuta!”

“E come la mettiamo con tutte le accuse contro polizia, servizi segreti, e il resto? Le torture denunciate…Sierra in fuga… questo come lo fronteggeremo?” – chiede Angel, confuso.

“Alicia è la prossima che finirà nella stessa cella della Murillo, fidatevi. Quella serpe in seno a breve sarà fuori dai piedi.”

“Non sappiamo neppure dove si trovi”

“Calma, Suarez! Questione di tempo e sarà lei a consegnarsi a noi”

“Cosa te lo fa pensare?”

“Beh… ho i miei informatori. So che ha dato alla luce una bambina e presto quella bambina sarà l’arma per colpirla”

“Come fece lei con la Dalì utilizzando il peluche? Ti servirai delle sue stesse tattiche?”

Prieto solleva un sopracciglio e con fare beffardo ridacchia – “Non fare agli altri quello che non vorresti venisse fatto a te. Dico bene?”

Senza aggiungere altro, il colonnello si avvia alla volante con cui accompagnerà Sergio in carcere. Ha tutta l’intenzione di godere, assieme a Tamayo, dell’ingresso del Professore in quel posto, vedendolo finalmente dietro le sbarre.

“Andiamo, amico. Quella dietro l’auto del colonnello è la nostra” – dice Suarez, avviandosi.

Angel lo segue seppure agitato. Sentire le dichiarazioni di Prieto l’hanno decisamente destabilizzato.

Chi può aver mai riferito tale dettaglio alle autorità, tradendo Alicia Sierra?

 

E proprio quest’ultima, forte del sostengo di sua sorella, decide di pulirsi definitivamente la coscienza affrontando uno per uno i Dalì a cui recò male.

Intenzionata a confrontarsi con il giovane Rio, che patì le peggiori torture, si avvia nella stanza adibita a classe, su modello di quella progettata da Sergio durante l’addestramento al Monastero.

“Ehm… Rio non c’è?” – chiede, notando solo la presenza delle donne.

“No” – risponde secca e decisa Tokyo non volgendo neppure lo sguardo sulla ex ispettrice.

“Lo stavo cercando per…”
“Per fargli cosa? grandissima figlia di puttana!” – sbotta Silene, trattenuta subito dopo dalle amiche.

Raquel in primis giustifica la reazione della compagna di squadra, però ha compreso il senso di quella collaborazione temporanea – “Tokyo, calmati. Non serve alimentare astio. Dobbiamo salvare il Professore, ricordi?” – le sussurra, mentre Stoccolma la frena mantenendola per un braccio.

Nairobi, invece, dopo aver mandato giù quel boccone amaro, ovvero la scelta di gruppo di tenere lì l’artefice della sua quasi morte, mostra apparente freddezza.

I suoi occhi sono velati di tristezza e fissano la rossa; il suo respiro fuoriesce a fatica, sembra essersi bloccato.

È decisamente una statua di ghiaccio umana.

“Me ne vado” – dice Alicia, non ribellandosi, ma ritenendo giuste le cattiverie contro di lei e la rabbia generale.

“Aspetta!” – la trattiene Agata, spiazzando tutte le presenti.

Si mette in piedi e, seppure a passo lento e affaticato, le va incontro.

Le due si trovano faccia a faccia, una impassibile nel suo dolore, l’altra con il capo basso di chi sa di aver sbagliato e merita la punizione.

“Nairobi…io…” – comincia la donna più adulta.

“Zitta! Fammi parlare perché non so quanto potrò ancora reggere nel non prenderti a parolacce” – interviene la zingara, tenendo una precauzionale distanza fisica.

“Lasciala perdere, non ne vale la pena, amica mia” – le dice Tokyo.

“Invece sì, ne vale la pena. Vale la pena affrontarsi definitivamente e chiudere questo capitolo. Perché io non ne posso più. Tu non immagini cosa abbia significato per me vivere senza Axel per tutti questi anni. Sono rimasta incinta perché…” – trattiene le lacrime, prende fiato, tenendosi con una mano la ferita che pulsa – “ … perché German mi ha fatto credere di volere un futuro insieme. Mi ha promesso che ci saremmo sposati. Che mi avrebbe portata via da quel quartiere di merda dove abitavo con mia madre. Invece sai che ha fatto? Appena gli ho detto del bambino, mi ha mollata. Ha detto che doveva sposarsi…. Con un’altra… indovina con chi?!”

“German? Ma… aspettate… volete dire…” – non al corrente, Raquel sobbalza di fronte alla rivelazione.

“Sì, mio marito” – risponde Alicia, amareggiata.

“Cazzo!” – esclama scioccata la Murillo. Conosceva il consorte di Sierra e mai avrebbe immaginato potesse essere uno sciupafemmine.

“Ho cresciuto Axel da sola, contro tutto e tutti. Mi è stato tolto nella maniera peggiore”

“Non ti fa bene ricordarlo, non sei nelle condizioni per sostenere tanto dolore. Smettila, Nairo” – la supplica, preoccupata, Stoccolma.

Segue qualche secondo di silenzio. La Jimenez stringe i pugni e china il capo, intenzionata a darsi tempo per metabolizzare tali sensazioni e riprendere il discorso.

È la Sierra però ad intervenire adesso.

“Credi sia stato facile per me? Io ero follemente innamorata di German. Quando ci siamo sposati eravamo così giovani e ingenui. Non avrei mai immaginato che il sabato sera andava nei locali per intrattenersi con altre donne. Quello che ha fatto a te, l’ha fatto anche alla sottoscritta. Mi ha usata. Ero la sua mogliettina, la sua vita apparente. Ero il trofeo da mostrare alle cene con i colleghi; ero la donna che gli scaldava il letto la sera; quella che cucinava e gli stirava le camicie…non credi sia stato umiliante?”

Tatiana, rimasta in disparte, ascolta con il magone la sofferenza di sua sorella maggiore, rendendosi conto di quanto, negli anni di distacco, abbia patito l’assenza della famiglia.

“Io avevo solo lui, e un grosso desiderio di vendicare Anita, quella sorellina minore che mi fu strappata ingiustamente”

“Sei sicura di essere tanto diversa dal tuo maritino? Perché hai usato tattiche di pessimo gusto per ferirci. Prima con il mio ragazzo, poi con la mia migliore amica, e perfino con il Professore” – aggiunge Silene, entrando nel discorso.

“Tutto quello che ho fatto l’ho fatto perché avevo perduto la mia umanità. La scomparsa prematura di Anita è stata un inferno. Non riuscivo ad appigliarmi a nessuno; solo German, con cui condividevo lo stesso ufficio, in Polizia, riuscì a farmi sentire amata. Peccato che fu un’illusione. E tenne il segreto delle sue relazioni fino a quando non fu identificata una tale Nairobi con il nome di Agata Jimenez”

La gitana solleva gli occhi, incrociando quelli spenti della Sierra.

“Divenni in un battibaleno invisibile per lui. Già lo ero, ovvio. Ma Nairobi divenne la sua fissazione. Ho scoperto che tu eri la sua amante e la rabbia arrivò alle stelle. Ero incinta e fu un colpo al cuore. Ti giuro che avrei preferito morire al posto suo. Tutta la mia vita era stata una menzogna. Una beffa del destino che continuava a prendersi gioco di me, strappandomi via ogni forma d’amore e di felicità”

“Così hai pensato bene di distrarti concentrandoti sul caso dei Dalì, vero?” – domanda Monica, timidamente.

“Siete diventati subito la mia missione primaria. Volevo prendermi la mia rivincita sulla vita di merda che il fato mi aveva imposto. Mi convinsi fosse Sergio la causa della morte di Anita… perciò divenne il bersaglio da eliminare…
“Che cosa? Ma ti rendi conto che è folle? Come poteva, il mio compagno, aver eliminato tua sorella?” – esclama, scioccata, e a tratti irritata, Lisbona.

“Colpa della mancata lucidità, Raquel. Te ne sarai resa conto durante l’interrogatorio nella tenda”

“Già, mi hai minacciata usando Paula e mia madre”

“Cazzo, a quanto pare ti diverte sfruttare i punti deboli delle tue rivali…specialmente se i punti deboli sono i figli” – commenta, esterrefatta, Agata.

“So di aver sbagliato. Volevo punire Sergio, servendomi di Raquel…e colpire te per vendicarmi di German. Ho fatto tante cazzate. Non me le perdonerò mai. E quella più grossa è stata dare via la mia bambina”

“Non è facile dire addio a un bebè” – precisa la Jimenez.

“Me ne rendo conto solo adesso. Non so se sarò in grado di essere una buona mamma”

“Nessuna ha questa certezza. Non l’avevo io a soli ventiquattro anni, non ne aveva Raquel quando è nata Paula. Né Stoccolma quando ha messo al mondo Cincinnati” – aggiunge ancora la gitana.

“Prova ad immaginare quanto possa far male rivedere il proprio figlio, dopo sei anni, sentire la sua voce tramite un telefonino, guardarlo da una finestra, faticando a metterlo a fuoco come vorresti… poter sapere com’è diventato, quali sono i suoi sogni futuri… se ha lo stesso sorriso, e quei capelli ricci come li aveva da piccolo… sono cose che toccano l’anima e ti devastano”

“Mi dispiace” – continua a ripetere Alicia.

“Pensi di aver superato, in fondo, quella sofferenza, quel distacco. Poi, un giorno, una pazza sceglie di colpirti, distruggendoti dall’interno. Calpestando e martoriando il tuo cuore. Ti ricorda la merda di vita che hai fatto, e il male che hai recato al tuo bambino…ti sbatte in faccia la realtà ricordandoti che Axel c’è…che Axel esiste e che è lì, a pochi passi da te… usa il tuo essere mamma per vincere una guerra…una guerra dove, adesso, combatte sull’altro fronte…” – lo sfogo, doloroso, di Nairobi, fatto di sospiri, singhiozzi, batticuore, sudorazione, fatto di un miscuglio di emozioni, arriva diretto alla coscienza dell’ex ispettrice.

Quest’ultima, di fronte al male che le ha recato, non trova opzione se non quella di supplicare il suo perdono e farle una promessa – “Capirò se non vorrai mai perdonarmi, in fondo non siamo obbligate a diventare amiche. Anzi. Siamo solo persone costrette a collaborare per salvarsi il culo da una situazione scomoda. Però, ti prometto, quando tutto questo finirà, io ti darò i contatti necessari per arrivare da Axel. Io so dov’è, conosco i genitori adottivi, loro stessi me l’hanno portato quel dannato giorno dello sparo”
“Cosa me ne potrei fare di quei contatti? Sarei una fuggitiva, se mi facessi trovare, quella gente contatterebbe le autorità e finirei in prigione…di nuovo”

“Proprio per questo, la guerra contro Tamayo e Prieto dovrà avere un finale preciso”

“Cioè?” – domanda Lisbona, studiando le espressioni della Sierra.

Alicia, alquanto affrante, e ancora sconvolta nella sua disperazione, trova le forze per dire – “La sola nostra salvezza, non appena avremo il Professore qui con noi, è fingerci morti. Dei morti non sono più ricercati”

“Cazzo, e come facciamo a spacciarci per morti? Senza cadaveri, la Polizia non lo crederà mai” – sostiene Tokyo.

“Entro in gioco io” – interviene Tatiana – “Mi presenterò come giornalista, arriverò ad Angel. A quel punto, sarà lui a lavorare per noi dall’interno”

“Come puoi essere certa che lo farà?”

“Ha già tradito il suo gruppo per amore. Se si tratta di salvare Raquel un’altra volta, è certo…non si tirerà indietro!”

Tatiana ne è convinta; un po' meno le altre Dalì.

“Non ho ancora capito il senso di Angel nella faccenda della nostra presunta morte” – sottolinea Silene, confusa.

E così, mentre la seconda delle sorelle Sierra racconta un’ipotesi d’azione, discussa già con il resto della Banda, Alicia si siede di fianco ad Agata.

La gitana, silenziosa, fissa il vuoto.

“Axel è un bambino molto intelligente. E ti somiglia tantissimo. Non ha nulla a che fare con German, sappilo” – attacca bottone tirando in ballo il bambino.
“Per fortuna” – commenta la Jimenez.

“Riavrai tuo figlio. Fosse l’ultima cosa che faccio in vita mia…”

Nairobi solleva gli occhi, spostandoli sulla donna dall’aria decisamente ostinata.

E dopo essersi risposte con un accenno di sorriso reciproco, è proprio la Dalì a proporre

“Tregua?”

Alicia la guarda, sconvolta, e incredula.

“Dici sul serio?”

“Odiarti non mi fa stare meglio. Portarti rancore non mi dà benessere…in cambio va solo ad alimentare le mie frustrazioni. Quindi, ho deciso così… chiudiamo per sempre la parentesi German! Ti va? Il resto tenteremo di superarlo un passo alla volta.”

“Assolutamente sì. Abbiamo un destino in comune, Agata. Stesso uomo, dei figli che sono lontani, e che dobbiamo recuperare. E lottiamo contro lo stesso nemico. È bene allearsi per quanto possibile. L’unione fa la forza”

Sotto lo sguardo sbalordito delle amiche, la gitana afferra la mano della Sierra e la stringe alla sua, sancendo un vero e proprio patto.

“Sono molto fiera di te, sorellona” – sussurra Tatiana ad Alicia poco dopo, quando si complimenta per il comportamento avuto con Nairobi.

Nel mentre, Tokyo, Lisbona e Stoccolma si preoccupano per la loro di amica.

“Sicura di farlo perché lo vuoi? Mica ti sei sentita forzata?”

“No, Toky. Ho sentito che era la cosa giusta da fare. Basta odio. Dobbiamo salvare il professore. È questa la priorità. Tutto il resto va messo da parte. E poi…prima lo faremo, prima andremo via da qui, prima torneremo a vivere in santa pace”

“Hai ragione, sei una donna dal cuore enorme” – le dice la Murillo, unendosi in un abbraccio di gruppo.

Le quattro, perni della banda dei Dalì, sotterrano l’ascia di guerra contro Alicia Sierra, decise più che mai a mettere la parola fine al passato e giungere alla vittoria rapidamente.

Tutte assieme raggiungono il salotto, dove gli uomini approfittano per mangiare qualcosa al volo. Bogotà è il primo a notare la tranquillità tra loro e ne resta piacevolmente colpito.

Va incontro alla sua donna – “Come ti senti?”

Con lo sguardo rilassato, la gitana avvicina le sue labbra a quelle del saldatore. Lo bacia dolcemente, per accoccolarsi poi al suo petto.

“Adesso posso dirlo sul serio…mi sento finalmente bene!”

   
 
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