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Autore: ClarWarrior    28/05/2022    3 recensioni
Alcuni anni dopo la morte di Lily e James, la madrina di Harry Potter lascia il paese per tentare disperatamente di rifarsi una vita, ma si ritrova a tornare quando Remus Lupin, suo fratello maggiore, le scrive per informarla che Lord Voldemort è risorto. A Grimmauld Place, Mina si ritrova davanti al suo primo amore e a tutti i problemi che ciò comporta.
Dalla prologo:
Lui esitò e si guardò intorno. - Si tratta di Sirius. - Disse, sussurrando. 
In quel preciso momento Mina ebbe l'impressione che il pub fosse crollato nel silenzio più profondo e assordante. Guardò Remus con un'espressione di rimprovero e sbuffò. - Lo sai che non devi pronunciare il suo nome davanti a me. - Lo riprese duramente, tirando via la mano da sotto quella di lui. - È stato lui ad aver aiutato Tu Sai Chi? Vuoi dirmi questo? È fuggito da Azkaban per questo? -
Remus si affrettò a scuotere la testa. - Mina, lui è innocente. -
Capitolo 6:
Mina si passò una mano sugli occhi, asciugandoli, poi lo guardò. - Ti amo. - Disse. 
Il viso di lui fu colto dalla sorpresa, [...] - Cosa? - [...]
- Ti amo, ma non mi piaci più. -
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nimphadora Tonks, Nuovo personaggio, Ordine della Fenice, Remus Lupin, Sirius Black | Coppie: Remus/Ninfadora
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7, Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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Una sgangherata macchina volante rossa atterrò bruscamente a terra, proprio nel bel mezzo del giardino estremamente curato. La giovane spense la radio e guardò fuori dal finestrino, verso la casa davanti a sé. Nessuno, davanti a quella porta di legno marrone, avrebbe potuto pensare che lì, in quella villetta da perfetti e noiosi borghesi, ci vivesse una intera famiglia di maghi dato che, almeno da fuori, tutto appariva estremamente come doveva essere: estremamente normale. 

Si trattava di una grande abitazione quadrata, a due piani e con il tetto di tegole scosceso, posta accanto ad altre abitazioni quadrate e più o meno identiche, che si estendevano, una vicina all’altra, ai due lati della strada deserta alle sue spalle. 

Quell'anno l'autunno sembrava volersi fare attendere, e la mattina del primo settembre era calda e assolata come l’inizio di una qualunque giornata estiva. 

Alya scese dall’auto e chiuse lo sportello più forte di quanto si aspettasse, prima di attraversare il prato, raggiungendo finalmente la porta. Da una delle tasche dello zaino che portava sulle spalle, la ragazza tirò fuori un mazzo di chiavi, infilandone una nella serratura e spalancando la soglia, oltrepassandola. Si ritrovò così nella fresca penombra del corridoio di casa sua, circondata da un silenzio rotto solo dal sommesso canticchiare di un uomo in cucina. Alya fece un sorrisetto; abbandonò lo zaino a terra, prese a camminare silenziosamente verso quella direzione e, quando arrivò sull’uscio, nascosta dietro lo stipite, osservò suo padre preparare la colazione con l’aiuto della magia, per almeno un minuto. 

Era indecisa: poteva entrare in modo normale, salutarlo dicendo “buongiorno”, oppure poteva materializzarsi dietro di lui, facendogli prendere un colpo; ovviamente, mentre tirava fuori la bacchetta, scelse la seconda opzione. 

Il suono della smaterializzazione fece voltare Sirius di scatto, la bacchetta salda in pugno, e quando Alya riapparve, poco più a destra rispetto a dove si trovava l’uomo in quel momento, si ritrovò disarmato prima che potesse rendersene conto. 

- Alya! - Sbottò, incrociando le braccia sul petto. - Ma ti pare normale? - 

Lei scoppiò a ridere. - Non mi pare normale che tu ti faccia disarmare così. - Disse, prendendolo in giro. - E se fossi stata una Mangiamorte evasa da Azkaban? - 

- E perché una Mangiamorte evasa dovrebbe venire qui, in casa nostra? - Chiese Sirius. 

Alya alzò le spalle, prima di raggiungere i fornelli, dando un’occhiata al bacon che friggeva in padella, e riconsegnando la bacchetta al suo legittimo proprietario. - Non lo so, per farci fuori tutti, prenderci in ostaggio, attirare Harry qui da noi e ucciderlo, così da vendicare Voldemort. Le ragioni possono essere molteplici. - Spiegò, soave. - Comunque sono discorsi stupidi, lo so. Piuttosto, hai seguito la partita, vero? - 

Sirius strinse un po’ le labbra, e poi scosse la testa. - Ho dovuto accompagnare tua sorella a Diagon Alley per finire di comprare i libri per la scuola. - Rispose, spiacente. - Però tua madre, Harry e Ted l’hanno seguita tutta. Era solo un’amichevole, no? -  

Alya lo guardò di sottecchi. - Sì, ma era anche la mia prima dell’inizio della stagione; delle volte sei proprio un padre di merda. - Disse cupamente, andandosi a sedere su una delle sedie che circondava il tavolo della cucina. 

Sirius sussultò, voltandosi a guardarla, la fronte aggrottata. - Aly, senti… - 

- Lascia perdere. - Lo interruppe lei, gelida. - In compenso allo stadio c’era Piton. -  

Sirius lasciò trapelare un’espressione di fastidio sul suo volto. - E che è venuto a fare? - 

Alya fece spallucce. - Noi di Serpeverde non siamo mai stati granché negli sport, magari, da direttore della Casa, voleva fare il tifo per me. - Disse, disinteressata.  

- Chissà cosa ci trovate tu e tua madre in quello lì. - Borbottò Sirius, togliendo il bacon dalla padella e iniziando a sbattere le uova.  

- Piton è un genio. - Si limitò a dire Alya con un tono ovvio. - Non solo ha salvato il mondo, ma ha anche inventato la cura per la licantropia, non so se mi spiego; solo che tu non riesci a vederlo perché sei ancora accecato dalla gelosia per quella vecchia storia. -

Sirius fece un verso sprezzante. - Sarà anche bravino con quelle sue provette da chimico, ma non è mai stato il tipo di tua madre, quindi non sono geloso. - Ribatté. - A lei piacciono affascinanti e belli. - 

Alya scoppiò in una fragorosa risata. - E allora perché sta ancora con te? - Sogghignò.  

Sirius le lanciò un’occhiataccia, cercando di reprimere un sorriso. - Cosa vorresti dire? - 

- Che stai invecchiando e non sei più tanto bello. - Rispose Alya, guardandolo. 

L’uomo sospirò. Era vero, stava invecchiando, ma spesso se ne dimenticava. A novembre avrebbe compiuto cinquantasei anni, i suoi capelli erano ormai più bianchi che neri e sul suo volto c’erano ormai parecchie rughe. 

Prima che Sirius potesse rispondere, Mina entrò in cucina, seguita da una ragazzina di undici anni, erano già vestite. Nessuno, nemmeno guardandole attentamente, avrebbe potuto pensare che Alya e Phoebe fossero sorelle: mentre la prima aveva i capelli scuri e i lineamenti aristocratici dei Black, la più piccola era gracilina, con il naso e le guance coperte di lentiggini, occhi verdi e i capelli color grano, proprio come la madre. 

Mina si avvicinò alla figlia maggiore e la baciò su una guancia, salutandola. - Di che stavate parlando? - Chiese poi, aiutando Sirius con la colazione. 

- Di Severus, era alla mia partita. - Rispose Alya. 

- E come sta? - Domandò Mina, portando in tavola un piatto pieno di uova strapazzate. 

- Ancora innamorato di te, suppongo. - Disse Alya, per poi lanciare uno sguardo fugace verso il padre, cercando di coglierne la sua reazione.  

Mina alzò gli occhi al cielo, arrossendo. - Non è mai stato innamorato di me, quante volte ve lo devo dire? - Ribatté, alterata. - Inoltre lui ed Abigail Burrows stanno insieme da anni, sono felici e innamorati l’uno dell’altra. - 

- Quei due stanno insieme soltanto perché quella povera donna è rimasta incinta per sbaglio, infatti non si sono mai sposati, come ben sai. - Obiettò Sirius. - Quanti anni ha quell’orribile ragazzino adesso? - 

- Dodici, quest’anno inizia il secondo anno. - Rispose Alya, mentre spalmava del burro su una fetta di pane tostato. - E non è orribile, è un bambino fantastico, talentuoso e molto gentile. Anzi… Phoebe, secondo me dovresti farci amicizia, lui ne avrebbe bisogno. -  

- Lo prendono in giro? - Domandò Mina. 

Alya annuì. - Sì, praticamente non ha nessun amico. - Spiegò. - Il fatto che i suoi genitori insegnino entrambi a Hogwarts non aiuta, inoltre c’è un gruppetto di Grifondoro che l’ha proprio preso di mira. Lo scorso anno hanno fatto sparire i suoi vestiti e poi lo hanno buttato nel lago, davanti a tutti, è stato davvero orribile. -

Mina e Sirius si scambiarono uno sguardo strano, che non sfuggì per niente ad Alya, che prese a guardarli con uno sguardo indagatore. 

Sirius, al pensiero di tutte quelle volte in cui anche lui aveva fatto qualcosa del genere, sentì una strana punta di dolore che lo attraversava, da parte a parte, all’altezza dello stomaco. - Phoebe, devi fare amicizia con il figlio di Piton. - Borbottò quindi. 

- Sì, decisamente devi farci amicizia. - Convenne Mina. 

- Ma che sia solo quello e nient’altro! - Obiettò subito Sirius.

Phoebe, che se ne stava seduta accanto alla sorella, dall’altra parte del tavolo rispetto ai suoi genitori, guardò entrambi con un’espressione perplessa. - E se lui non mi piace? - 

- Te lo fai piacere. - Rispose il padre. 

- È lo studente più bravo di tutta la scuola. - Raccontò Alya. - Fare amicizia con lui ti conviene, credimi. Mi faceva i compiti di difesa contro le arti oscure quando avevo gli allenamenti nonostante fosse solo del primo anno, mentre io del settimo. Sul serio, è un genio, infatti non capisco perché non si difende mai. - 

- Ma Severus devo chiamarlo professor Piton, a Hogwarts? - Chiese Phoebe, cambiando discorso, prima di versarsi del succo di zucca nel bicchiere. 

- Certo, se ti sfuggirà di chiamarlo per nome davanti a tutta la classe probabilmente ti ucciderà. Per non parlare dell’imbarazzo che proverai nell’essere la cocca del professore. Sai ci sono passata. - Rispose Alya. - Ma, dimmi, sei emozionata per lo smistamento? - 

La ragazzina scosse la testa. - No, io finirò in Grifondoro; papà dice sempre che ci può essere solo una pecora nera in ogni famiglia, e che in questa sei tu. - 

Alya guardò Sirius, sconcertata. - Grazie, sei sempre così gentile. - Gli disse sarcastica. 

- Guarda, che non era proprio un insulto, Aly. - Ribatté Sirius, sedendosi dall’altra parte del tavolo. - Ormai ho fatto i conti con questo tuo essere così tanto Black. - 

- Che non è per forza una cosa negativa. - Si affrettò ad aggiungere Mina. 

- Sì certo. - Tagliò corto Alya, storcendo la bocca e alzandosi poi in piedi. - Metto a fare il tea. - Aggiunse, raggiungendo i fornelli. 

Sirius sospirò. Era così complicato avere a che fare con Alya, lo era stato quasi fin da subito, tanto che, spesso, pensava che lei avesse ragione: probabilmente era davvero un padre di merda. 

- Quando arrivano Harry, Ginny e James? Sono quasi le dieci. - Disse Alya, tornando a tavola con la teiera e qualche tazza al seguito. 

Phoebe sgranò gli occhi. - Perché devono venire qui? Non possiamo vederci direttamente in stazione? - Domandò, imbronciata. - Io lo detesto James, si comporta da idiota! - 

Mina e Sirius si scambiarono uno sguardo piuttosto divertito. - Sembra quasi di sentir parlare Lily, vero, Sirius? - Sospirò lei, nostalgica. 

- Non è che un po’ ti piace James, Phoebe? - Chiese Sirius, sogghignando. 

Alya scosse la testa. - A lei piace Louis, è così palese. - Rispose, al posto della sorella. 

- Louis Weasley? - Fece Mina, piuttosto interessata. - Effettivamente è un bel ragazzo. - 

- Veela per un ottavo, ci mancherebbe che fosse brutto. - Rimbeccò Sirius. 

Phoebe boccheggiò. - No! Smettetela, non mi piace nessuno! - Urlò imbarazzata e  indignata, arrossendo vistosamente. - Sapete chi piace ad Alya? L’amico di Ted, Alec Hunt! - 

Alya alzò gli occhi al cielo. - Io e lui stavamo insieme, non è una novità che mi piacesse, stupida idiota che non sei altro, sicuramente non finirai in Corvonero. -  

- Non parlare così a tua sorella, Alya! - La sgridò Mina. 

- Victoire dice che Alya cambia sempre fidanzato e che una volta lei e Teddy l’hanno vista mentre uno di Serpeverde le  metteva le mani sotto la gonna! - Gridò Phoebe, tutto d’un fiato per evitare che la sorella la interrompesse. 

Alya per poco non si strozzò con il succo di zucca, ma poi posò con grazia il bicchiere sul tavolo e si ricompose, assumendo un’espressione di puro e gelido disinteresse. - E quindi? - Disse, scrollando le spalle. - Io posso fare quello che voglio con il mio corpo, e se in quel momento volevo farmi mettere le mani sotto la gonna non è una cosa che ti riguarda, stronzetta repressa che non si altro. - 

- Alya! - La sgridò di nuovo sua madre. 

Sirius, invece, sgranò gli occhi e spalancò la bocca. - Ti sembra una cosa da dire davanti a me, Alya? - Sbottò, pieno di imbarazzo. - Tu sei una bambina, sei piccola, queste cose non dovresti nemmeno lontanamente pensarle! -  

Lei, totalmente indifferente davanti a tanta indignazione, scrollò di nuovo le spalle.  

- E comunque Alec era un bravo ragazzo, carino, totalmente innocuo, molto educato, mi piaceva. - Continuò Sirius. - Perché l’hai lasciato? Mi ha scritto dei messaggi per tutta l’estate, era disperato. - 

Alya aggrottò la fronte. - Tu hai un telefono? - Disse, stupita. - Ma soprattutto… perché tu e il mio ex fidanzato parlate ancora? Questa è una cosa strana, lui non dovrebbe piacerti così tanto, sei mio padre, dovresti odiarlo. - 

- E perché? N    on credo che tu possa trovare di meglio, visto il carattere che ti ritrovi. - 

Alya lo fulminò con lo sguardo. - Sai chi poteva trovare di meglio? Mamma. - Ribatté.  

- Lo credo anche io. - Convenne Sirius. 

- Non essere sciocco, Sirius. - Disse Mina, facendogli un bel sorriso. 

Sirius lasciò sulla guancia di Mina un rapido bacio, e Alya alzò gli occhi al cielo: i suoi genitori erano sempre stati affiatati e innamorati, ma lei proprio non riusciva a capire cosa ci trovassero uno nell’altra: lei era una noiosa dipendente ministeriale del dipartimento delle Catastrofi e degli Incidenti Magici, dove lavorava nel Comitato Scuse ai Babbani, mentre lui passava quasi tutto il suo tempo a cercare di perderlo, dedicandosi a hobby di dubbio gusto come aggiustare oggetti babbani insieme ad Arthur Weasley.  

Il campanello suonò, ed Alya colse l’opportunità per alzarsi da tavola, raggiungendo la porta e spalancandola. Davanti a lei, Harry, sua moglie Ginny e il loro primogenito James, ricambiarono il suo sguardo, facendo dei grandi sorrisi. 

- Ciao, Pulce. - La salutò Harry, entrando in casa. 

- Harry, ho diciotto anni. - Sbuffò lei, alzando gli occhi al cielo. - La smetterai mai di chiamarmi così? - 

- Mai, Pulce, mai. - Disse Harry, divertito. 

- Complimenti per la partita, Alya. - Fece invece Ginny, varcando la soglia. - Io e James eravamo sugli spalti, nella curva giornalistica. - 

- Quella Finta Wronski è stata pazzesca, Alya! - Esclamò il ragazzino, eccitato, varcando la soglia della cucina. - Dopo mi fai un autografo così… ciao, Phoebe! Hey, Phoebe! -  

- Lasciami stare, James. - Obiettò freddamente Phoebe, quando lui cominciò a picchiettare sulla sua spalla, nel disperato tentativo di attirare la sua attenzione. 

- Ma ti ho detto solo ciao! - 

- Bene, adesso che ci siamo tutti, credo che sia ora di iniziare ad avviarci. - Esordì Sirius, alzandosi in piedi.  

Phoebe sgranò gli occhi. - Verrai anche tu? - Chiese tesa.  

- Sì, perché? Non mi vuoi? - Domandò Sirius a sua volta, fissandola crucciato. 

La bambina si morse nervosamente un labbro. - Ci guarderanno tutti. - Rispose. - Harry è Harry, ed Alya… be’, lei gioca nel Puddlemere United, la riconosceranno. Se vieni anche tu sarà anche peggio, ci guarderanno proprio tutti tutti. - Ripeté. 

Sirius guardò entrambe le sue figlie e sentì il cuore stringersi nel petto. L’unica cosa che aveva sempre desiderato per loro era che potessero vivere una vita normale, lontane dagli sguardi indiscreti della gente. Voleva che fossero solo Alya e Phoebe, non Alya e Phoebe Black, le figlie di quello scappato da Azkaban e tornato dalla morte, ma troppo spesso la cosa sembrava impossibile.  

Alya era sempre riuscita a gestire bene la cosa, usandola quasi a suo vantaggio, ma non aveva la timidezza che invece caratterizzava sua sorella più piccola. 

- Phoebe, ma che ti frega se ci guarderanno? - Disse Alya, quasi rassicurante. - Dovresti essere contenta di conoscere Harry e fiera di essere figlia di nostro padre. Insomma, Harry ha salvato il mondo, mentre papà… be’, lui non è che abbia fatto granché, ma è pur sempre sulle figurine delle cioccorane, no? Io sono contenta di essere sua figlia, in fondo. Molto in fondo, ma sono contenta, quindi dovresti esserlo anche tu. - 

Sirius guardò Alya e sorrise, consapevole che quello fosse lo strano modo di lei per dirgli che, nonostante tutto, gli voleva bene. 

 

Nella folla di studenti e studentesse che occupavano il lungo corridoio dell’Espresso per Hogwarts, la bambina cercava disperatamente il volto di suo fratello. Il treno aveva appena lasciato la stazione e stava prendendo velocità man mano che lasciava la città, immergendosi sempre di più nella vasta campagna nei dintorni di Londra. 

Mina sbuffò, avanzando a fatica tra le decine di altri studenti, guardandosi intorno, mentre il cuore che aveva nel petto le si stringeva dalla paura man mano che si avvicinava alla coda della locomotiva. E se Remus fosse rimasto per sbaglio a King’s Cross? Come avrebbe fatto a cavarsela da sola? 

Tra le sue braccia magroline, il grosso gatto dal folto pelo lungo e bianco che le avrebbe fatto compagni a scuola, si guardava attorno con sdegno, infastidito dalla ressa.  

Arrivata all’ultimo scompartimento, ormai quasi arresa, la bambina si affacciò, notando che era occupato da due ragazzini, probabilmente più grandi di lei che, non appena la videro spuntare sulla porta, avevano smesso immediatamente di parlare. Uno era piccolo e smilzo, spettinato e con gli occhiali sul naso, l’altro era più alto, dai capelli neri che gli arrivavano sulle spalle e l’espressione un po’ altezzosa.

- Ciao. - La salutò quello con gli occhiali. - Bel gatto, come si chiama? - 

Mina, che non era molto abituata agli altri bambini, arrossì. - Bowie. - Mormorò. 

Il ragazzino altezzoso inarcò le sopracciglia, sorpreso. - Come il cantante? - Domandò. 

Lei annuì, senza dire niente. 

Fu lui, dunque, a continuare a parlare, rivolgendosi però al suo amico. - Questa estate mia madre mi ha messo in punizione solo perché mi ha beccato ad ascoltarlo. - Disse. 

Mina aggrottò la fronte. - E perché? - Chiese, approfittando di un moto di coraggio. 

Il ragazzo non sembrò molto felice di quella domanda, dunque fu l’altro a rispondere al posto suo: - La famiglia di Sirius è strana. - Spiegò. - I tuoi sono babbani? - 

- Solo mia madre. - Disse Mina. - Posso sedermi qui con voi? Questo è il mio primo giorno e dovrei stare con mio fratello, che è più grande, ma non lo trovo più. - 

Sirius alzò le spalle, totalmente disinteressato, mentre l’alto annuì, facendole cenno di sedersi al suo fianco. - James, comunque. - Si presentò. - E lui è Sirius. - 

Mina gli strinse la mano. - Io sono Mina. Piacere. - Disse.

- In che Casa vorresti finire? - Chiese James, accarezzando la testa del gatto di lei.  

- Grifondoro. Anche se mio fratello dice che finirò in Corvonero, perché sono intelligente e mi piace studiare. - Rispose. - Voi in che Casa siete stati smistati? - 

- Entrambi in Grifondoro. Il Cappello ci ha messo due secondi per scegliere! - Esclamò James. - È decisamente la Casa migliore della scuola, abbiamo la migliore squadra di quidditch e la Sala Comune è la più accogliente del castello. - 

- Allora conoscete sicuramente mio fratello, si chiama Remus. - Disse lei, colta da un'improvvisa illuminazione. - Ma certo, tu sei sicuramente James Potter! -  

Sirius e James si scambiarono un fugace sguardo. - Certo che lo conosciamo, è in camera con noi. - Disse il primo, che adesso la osservava con rinnovato interesse. - Vorresti dirmi che Remus ha parlato solo di James, questa estate, e mai di me? - Chiese, quasi infastidito. 

Mina gli rivolse uno sguardo sprezzante. Quel ragazzino non gli piaceva per niente. - Già. Forse perché James è simpatico. - Spiegò, piena di sottintesi. 

- Ma perché tuo fratello sta sempre male? - Domandò bruscamente James. 

Mina trasalì, gli occhi spalancati. - L-lui ha… soffre di… una terribile forma di una grave malattia p-per nulla contagiosa. - Balbettò, alzandosi in piedi. - Ha l’asma! - 

- Sì, certo. Una brutta forma d’asma che lo colpisce una volta al mese. - Disse Sirius, sarcastico - Io lo so cos’ha Remus. - 

Mina lo guardò, stringendo gli occhi, come se si stesse trattenendo dal prenderlo a pugni. 

- E cos’ha? - Fece James, impaziente. 

- Non te lo posso dire, James; scusa, ma lo dovrà fare lui se mai si dovesse sentire pronto. - Chiarì Sirius. - E comunque a me non importa niente se ha quella cosa. - 

La ragazzina si rilassò, e quasi sorrise. - Davvero non ti importa? - Domandò, incredula. 

Sirius annuì. - Anzi, io credo che sia una cosa da veri fighi.  - Rispose. 

- Oh… - Fu tutto ciò che riuscì a dire Mina in quel momento, prima di sedersi al suo fianco. - Sai, forse ti stavo giudicando male. - Ammise. 

La porta dello scompartimento si spalancò e Remus Lupin apparve sulla soglia. Guardò i tre e poi parve tirare un sospiro di sollievo. - Eccoti qui. - Disse alla sorella. - Per un attimo ho pensato che fossi rimasta a Londra per sbaglio; mamma mi avrebbe ucciso. - 

 

Il binario 9 e 3⁄4 era rumoroso e affollato, abbracci e saluti lacrimevoli erano in ogni angolo del grande binario, gufi e rospi si agitavano indispettiti nelle gabbie o tra le mani dei padroni, e giovani maghi e giovani streghe parlottavano tra loro eccitati per l'incombere di un nuovo anno scolastico. La magia, infine, era l'ultimo elemento caratteristico di quella scena, e aleggiava attorno all'imponente treno a vapore rosso e alle famiglie con invisibile grazia. E non solo la magia scagliata con le bacchette o racchiusa nelle persone, ma la magia presente in ogni particella d'aria che premeva in quel luogo e nei cuori di chi vi era presente. Se ne percepiva in qualche modo il sapore, si notava negli occhi dei ragazzi e delle ragazze che caricavano sul treno i grandi bauli e altri bagagli, le gabbie, prima di saltare anche loro a bordo.

Phoebe si guardò intorno a bocca aperta, seguendo la sua famiglia, Harry, Ginny e James, verso la grossa locomotiva scarlatta che aveva appena acceso i motori, riempiendo il binario di vapore, mentre i gatti giravano indisturbati tra la folla e i gufi si chiamavano a gran voce tra loro. Anche lei aveva deciso di portare con sé un animale, un bel gattone bianco e nero, ma il suo se ne stava chiuso nella sua gabbietta, infastidito da tutto quel baccano. 

Man mano che avanzavano tra folla, gli sguardi della gente cominciarono a rimbalzare da Harry a Sirius ad Alya e viceversa, facendo imbarazzare Phoebe, che prese a camminare con lo sguardo rivolto al pavimento, e il pensiero che tra poco sarebbe salita sulla locomotiva, dove magari sarebbe stata solo una delle tante studentesse del primo anno. 

Finalmente raggiunse una delle porte spalancate del treno e, mentre Alya raggiungeva Ted e Victoire qualche vagone più in là, per salutarli, e sua madre si era fermata a parlare con una sua collega del Ministero insieme a suo padre, Phoebe si ritrovò a guardare James con una certa angoscia. 

- Te la stai facendo sotto. - Le disse James, sogghignando, mentre entrambi guardavano Harry che caricava il bagaglio del figlio sulla carrozza. - Ammettilo, Phoebe: hai paura di partire. -

- Ma piantala. - Ribatté lei, guardandolo malissimo.

Fu allora che Alya si avvicinò di nuovo a loro, questa volta con Ted al seguito e con l’aria di chi aveva qualcosa di molto importante da dire. Phoebe e James guardarono i due ragazzi con un po’ di sospetto, scrutandoli in attesa che parlassero: dire che Alya e Ted fossero agli opposti era di certo un eufemismo. Mentre lei fissava tutti dall’alto al basso, mantenendo quasi sempre un’espressione di altezzosa superiorità che, di tanto in tanto, cedeva al posto ad un ghigno beffardo, lui aveva lo sguardo dolce e malinconico del padre e l’atteggiamento allegro della madre, capace di mettere chiunque di buon umore. 

Alya e Ted si guardarono per un istante, poi lei si infilò una mano in tasca, tirando fuori una vecchia pergamene spiegazzata. - Credo che sia giunto il tempo di passare il testimone, ragazzi. - Sussurrò con urgenza, guardandosi intorno di soppiatto.

- Che ci dobbiamo fare? - Chiese Phoebe, aggrottando la fronte. 

Ted sorrise, tirò fuori la bacchetta e colpì la pergamena dicendo: - Giuro solennemente di non avere buone intenzioni. - Subito la Mappa si animò, con grande stupore dei due ragazzini. - Ecco a voi la Mappa del Malandrino. - Disse, solenne. 

- Ma papà aveva detto che l’avevate persa! - Esclamò James. 

- Invece eccola qui, adesso è vostra. Tanto Ted la conosce tutta a memoria. - Rispose Alya. - Fatene buon uso, e non dite a nessuno che ve l’abbiamo data. Ma, soprattutto, quando avete finito di utilizzarla, ricordatevi di darle un colpetto dicendo “fatto il misfatto”; altrimenti possono leggerla tutti. - 

La Mappa sparì dalla vecchia pergamena, Alya la chiuse e la consegnò alla sorella, che se la infilò nello zainetto. - Sapete, un po’ mi dispiace non poter partecipare a questa sorta di rievocazione storica dei Malandrini. - Ammise, sospirando. 

- Cosa state confabulando, voi quattro? - Chiese Mina, andandogli incontro. 

- Stavo giusto salutando Ted e dicendo a Phoebe e a James di comportarsi bene e di non farsi mettere in punizione. - Disse Alya, scambiando uno sguardo pieno di complicità con i due ragazzini, che annuirono.  

- Sì, come no, non ti crede nessuno. - Ribatté Sirius, sorridendo, mettendo il baule di Phoebe nella carrozza del treno, con l’aiuto di Harry. 

Mina abbracciò forte la figlia minore, per poi guardarla negli occhi. - Scrivici appena arrivi, facci sapere dello smistamento. - Le disse, tornando a stritolandola in un abbraccio. - Mi raccomando, studia e comportati bene. Sii educata e non metterti nei guai. -

- Divertiti, cerca di fare amicizia già sul treno. - Continuò Sirius. - Andrà bene, vedrai. - 

- E fatti valere ai provini per la squadra di quidditch, altrimenti mi vergognerò di essere tua sorella, dico davvero. - Le disse invece Alya. 

Phoebe annuì in fretta, il viso felice e preoccupato insieme. - Mi mancherete. - Disse. 

Tutti e tre la guardarono inteneriti e poi il treno fischiò, annunciando la partenza. 

- Ti vogliamo bene. - Le disse Mina. - Saluta tanto Severus da parte mia, ricordati di chiamarlo professor Piton quando sarai a scuola. -  

Sirius alzò gli occhi al cielo, ma si risparmiò di ribattere. Abbracciò sua figlia, lasciandosi trapassare dal pensiero di non farla partire, di tenerla con sé, protetta da tutto il male del mondo, ma poi fece un passo indietro e la guardò. - Ci vediamo a Natale. - Disse. 

- Non trattare male James. - Le ricordò Mina, scompigliando i capelli del ragazzo. 

Phoebe annuì e sorrise, poi le porte si chiusero e la locomotiva cominciò a muoversi piano, per poi aumentare via via la velocità fino ad uscire dalla stazione. Phoebe salutò i suoi genitori, Alya, Harry e Ginny fino all'ultimo e poi, si incamminò lungo il corridoio insieme a James e Ted, alla ricerca di uno scompartimento ancora libero. 

Il treno svoltò e l'ultima traccia di vapore svanì nell'aria autunnale. La mano di  Mina era ancora alzata in segno di saluto, quando la solita e conosciuta sensazione di perdita che provava ogni primo settembre la invase. 

Fuori dal binario, salutarono in fretta Harry e Ginny, che dovevano correre a lavoro, e poi seguirono il flusso di gente verso l’uscita. 

- Tu e Ted avete affidato a quei due la Mappa, vero, Alya? - Chiese Mina, poco dopo.

- Avete ancora la Mappa? - Domandò Sirius a sua volta, piuttosto sorpreso. 

La giovane annuì. - Sì. - Rispose, senza esitare. - Gliela abbiamo data, ma non vi arrabbiate: Phoebe è miss perfettina, non si metterà nei guai. Non più di quanto non abbia fatto io. - 

Mina sospirò, fermandosi appena fuori dalla stazione. - Non sono arrabbiata… sono solo preoccupata, come al solito. - 

Sirius sorrise e le strinse la  mano. - Se la caverà. - Disse. 

- Lo so. - Rispose Mina.


“Quello di cui ho bisogno è il dente di leone che fiorisce a primavera. Il giallo brillante che significa rinascita anziché distruzione. La promessa di una vita che continua, per quanto gravi siano le perdite che abbiamo subito. Di una vita che può essere ancora bella.”


Eccomi qui, siamo finalmente giunti all’epilogo. 

Sono contenta. Contenta di aver scritto questa storia, contenta di essere riuscita perfino a terminarla (cosa non scontata, se ci pensate bene), sono contenta anche per il fatto che, alla fine, il risultato ottenuto non mi dispiace. 

Adesso che siamo arrivati alla fine sento un po’ di vuoto, un po’ come quando finisci di leggere un libro e ti senti un po’... orfana, non so se mi spiego. Insomma, mi mancheranno questi personaggi, mi mancherà prendermi qualche ora la sera per scrivere, pensare alla trama durante i momenti vuoti della mia giornata, ma va bene così; magari prima o poi mi sentirò nuovamente ispirata e scriverò qualcos’altro. 

Comunque adesso parliamo dell’epilogo: vi è piaciuto? Lo so, non ho approfondito la faccenda Piton, ma vi basti sapere che, nel piccolo universo di questa fan fiction, è più o meno felice, soprattutto per gli standard di uno come lui. 

Sirius e Mina, dopo qualche mese per riadattarsi uno all’altra, si sono nuovamente incastrati come i pezzi di un puzzle e, nonostante tutto ciò che hanno passato, riescono a compensarsi. Nella mia testa lui ha comprato una cadillac anni ‘70 super eccentrica con cui tenta di vivere quella giovinezza che non ha potuto avere, mentre lei si gode un po’ di meritata stabilità. 

Dopo tutto questo inutile sproloquio direi che vi saluto. 

Fatemi sapere cosa ne pensate, mi rendereste davvero felice; non petendo recensioni dettagliate, ma anche una frase, davvero ahahahah. 

Grazie a chi è rimasto fin proprio alla fine, 

con affetto, 

Clar. 

 

P.s. per chi non se ne fosse accorto, l’ultima frase viene dall’ultimo libro di Hunger Games, mi era venuta nostalgia dei miei quindici anni, scusate! 




 
   
 
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