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Autore: theGan    01/06/2022    4 recensioni
PARTE 1: Amburgo, 1986.
Genzo Wakabayashi inizia la sua nuova vita in Germania.
Karl Heinz Schneider decide di non farci amicizia, Hermann Kaltz è più pragmatico.
La long-story mai richiesta sulla storia del terzetto amburghese.
[CONCLUSA]
PARTE 2: Giappone ‘45 / Germania ‘87. 
Tatsuo Mikami vuole essere un calciatore, non un padre.
La vita è piena di sorprese.
Genere: Commedia, Drammatico, Hurt/Comfort | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Genzo Wakabayashi/Benji, Hermann Kaltz, Karl Heinz Schneider, Taro Misaki/Tom, Tatsuo Mikami/Freddy Marshall
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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* questa fiction viaggia parallela al canon: ci flirta insieme, ma non se lo sposa.

* niente Schneider o Kaltz in questo capitolo.

 


 

2.Parentesi.

 

Dicembre ’85.

Tre mesi prima.

 

In Giappone le finali di calcio del torneo nazionale per la categoria pulcini sono terminate da una settimana. La favorita Nankatsu ha strappato una sudata vittoria al Meiwa di Kojiro Hyuga, nonostante tre dei suoi giocatori di punta fossero infortunati.

La caviglia di Misaki è praticamente a posto, la brutta storta che l’aveva gonfiata come una pallina da tennis è sfiorita e il riposo forzato non pare aver scalfito la gentilezza del suo carattere. Tsubasa s’è ripreso, fisicamente parlando, ma la fuga dell’INNOMINABILE gli ha spezzato qualcosa dentro che ci vorrà parecchio a riparare. Genzo reprime il desiderio di contattare suo fratello e chiedere di assumere qualcuno per gambizzare quel pezzo di merda brasiliano.

Non importa che Genzo e Roberto Hongo siano d’accordo che a undici anni a Tsubasa faccia meglio il Giappone che il Brasile. Al diavolo, quel bambino è finalmente riuscito a trovare degli amici disposti a darsi fuoco per lui: la sua carriera può aspettare ancora qualche anno. Non importa che Genzo e Roberto Hongo siano d’accordo perché quello stronzo ha fatto piangere Tsubasa e ora Genzo lo vuole vedere morto. O almeno tirargli un pugno nei coglioni.

Hongo non avrebbe dovuto promettergli il Brasile DAL PRINCIPIO. E poi andarsene così… senza manco il coraggio di guardare il ragazzino in faccia e spiegargli perché partire sarebbe stata una pessima, pessima idea.

Ma è difficile concentrarsi su propositi di vendetta con Mister Mikami che incombe su di lui come un avvoltoio impagliato.

- Le hai prese le medicine, Genzo?

- Siediti. Dov’è la tua stampella? Il dottore ha chiaramente specificato di continuare ad usarla per le prossime due settimane!

La sua gamba è A POSTO! Sicuro, se salta l’antidolorifico fa un male della madonna e deve stare attento a non darci peso se non vuole lucidare il pavimento con la faccia, ma ci saranno un milione di cose più importanti di cui Mikami potrebbe passare il tempo a preoccuparsi.

Genzo, ad esempio, ha un sacco di cose a cui pensare.

Misaki parte per la Francia fra tre settimane. È assurdo che non sappia ancora l’indirizzo di dove andrà ad abitare, la merdina non glielo vuole semplicemente dire. Spera solo che il regalo d’addio che Tsubasa e gli altri vogliono preparare lo convinca che certe ferite è meglio lasciarle sanguinare. Negare che esistano è solo un invito perché si infettino.

Lo sa per esperienza personale. Gli è successo con il polpaccio destro una volta.

Al di là del dramma condensato che sono le vite di Misaki e Tsubasa, Genzo e Takasugi sembrano gli unici a ricordare che tra poco ci saranno gli esami d’ammissione per le scuole medie. L’alloro della vittoria deve lasciare il posto a un libro di testo altrimenti saranno tutti fottuti. Tranne lui. Genzo ha una media fantastica.

Anche Takasugi e Morisaki non avranno problemi. Ishizaki non ha speranze.

Genzo guarda la stampella: è grigia con l’impugnatura blu elettrico. Un colore stupido. Fa venire voglia di lanciarla. Mister Mikami è uscito trafelato un’ora fa dopo aver ricevuto una telefonata. Ha detto che sarà una cosa lunga e di non aspettarlo per cena. Bene.

Genzo ignora la stampella, si tira in piedi e fa esattamente nove passi prima di crollare scompostamente a terra. Miss Asano, l’anziana cameriera che ha avuto il privilegio di vederlo fare cose ben più umilianti nei suoi undici anni di vita, lo intercetta mentre striscia verso il divano. L’espressione placida della donna può significare solo qualcosa di molto, molto pericoloso. Genzo accetta di usare la stampella.

Ci mette il doppio del tempo per raggiungere il telefono che sta in cucina. Suda e si deve sedere per fare il numero di casa di Takasugi.

Il suo difensore preferito risponde al terzo squillo. Un’ora dopo arriva a casa sua con Taki, Teppei e Izawa al seguito, c’è pure Morisaki che agita una mano per salutarlo in modo assolutamente adorabile. Poi nota la stampella.

- Capitano! Ma allora non sta ancora bene!

Merda, ora la vedono anche Teppei, Taki e Izawa che iniziano ad agitarsi. I Cinque della Shutetsu sono un po’ come i leoni che formano GoLion, una forza terrificante. E ora tutta quella forza è concentrata in un unico mostro preoccupato. STA BENE.

- Per l’ultima volta: il dottore ha detto che il danno al tendine non è a lungo termine. – Izawa solleva un sopracciglio. Taki e Teppei si scambiano un’occhiata significativa e si voltano verso Takasugi che si limita ad annuire in modo grave. – Devo solo farci attenzione nelle prossime settimane, prendere le medicine, fare fisioterapia… entro fine mese sarà come se non fosse mai successo.

Taki, Teppei, Izawa e persino Takasugi sospirano e si voltano verso Morisaki.

- Il capitano QUESTA volta non mente. – Sentenzia la merdina traditrice.

Appaiono tutti molto sollevati, tranne Genzo che si sente offeso.

Ma, in effetti, se uno di loro gli avesse mentito in faccia e giocato contro il parere del medico, Genzo gli avrebbe polverizzato il culo a forza di pedate.  Quindi per questa volta la mancanza di rispetto passi.

- Ovviamente oggi siamo qui per studiare. –  Un’occhiataccia ai suoi compagni serve a convincerli che l’argomento salute è definitivamente archiviato. – La sufficienza in tutte le materia basta a garantire il passaggio dalle elementari alle medie all’istituto Shutetsu. TUTTAVIA!

Taki e Teppei che si erano messi a borbottare qualcosa ritornano imbarazzati a prestare attenzione.

- Tuttavia… - Riprende con severità. – Non è scontato fare domanda anche per altre scuole.

Una piccola, trascurabile scintilla di panico inizia a serpeggiare negli sguardi di metà dei presenti.

Con Takasugi, Genzo ha discusso la possibilità al telefono, mentre Morisaki è responsabile di avergli messo l’idea in testa da principio quando lo aveva avvicinato dopo la vittoria contro il Meiwa:

- È un vero peccato che non giocheremo più con Tsubasa l’anno prossimo. Almeno le medie pubbliche di Nankatsu sono un istituto prestigioso.  

Tsubasa sì o no, Genzo non ha dubbi che la sua Shutetsu non avrebbe problemi ad asfaltare la squadra della scuola pubblica. Il calcio si gioca in undici e un centrocampista, per quanto bravo, non può essere dappertutto.

Se la JFA non impone anche per le medie un compattamento delle squadre nei tornei regionali, Tsubasa finirà per esserne escluso come era successo a Hyuga. O a Matsuyama. Un grande spreco. Quindi: o Tsubasa va alla Shutetsu o sarà la Shutetsu ad andare da Tsubasa.

E poi ha controllato: il programma delle scuole pubbliche di Nankatsu è davvero buono, accidenti.

- Capitano… - Prova Izawa.

- Quindi… - Genzo lo ignora ed estrae dallo zaino i ventisette quaderni pieni zeppi di appunti e facsimile delle domande per i test d’ammissione. Morisaki li fa circolare. – Quindi mi sono preso la libertà di iscrivervi agli esami. Poi fate voi.

Il verso che esce dalle bocche di Taki, Teppei e Izawa è una sorta di lungo latrato, poi però i quaderni li prendono e si mettono a ripassare. Ah, è bello essere re. 

***

Genzo ama Tatsuo Mikami come e più di suo padre.

È persino imbarazzante, specialmente da quando Izawa gli ha fatto notare come la sua voce vada tipo un’ottava sopra quando parla con il suo coach.

Mikami c’è sempre per lui e Genzo intellettualmente sa che viene pagato per questo. È uno di quei programmi che girando in background consumano la sua RAM. A volte è bello pretendere che Mikami sia suo zio, uno zio figo, che ama trascorrere il tempo con il nipote preferito.

Poi ci sono occasioni come questa. Momenti in cui Genzo è assolutamente certo che Mikami sia a tutti gli effetti membro onorario della famiglia. Solo i suoi genitori riescono a farlo impazzire a questi livelli.

- Cosa SIGNIFICA che se ne va in GERMANIA?!

Quindici minuti fa il mondo di Genzo girava tranquillamente intorno al suo asse. La gamba è finalmente a posto, persino il dottore ha ceduto e dato, controvoglia, il permesso per tornare ad allenarsi. È appunto quello che stava facendo insieme a Mikami come ogni pomeriggio dell’anno, dalle quattordici alle sedici e trenta, sette giorni su sette, con il sole o il brutto tempo. Da quando aveva cinque anni.

Dieci minuti fa, Mister Mikami, la faccia tirata in un’espressione placida come quella di Buddha, aveva casualmente lanciato la bomba.

- La JFA mi ha offerto un lavoro in Germania, ho deciso di accettare.

Al cervello di Genzo manca corrente, gira a vuoto e poi si inceppa. Mai, nella sua breve vita, l’ha sfiorato il pensiero che Mister Mikami lo potesse lasciare. Tsubasa ha pianto per tre settimane di fila quando quell’uomo orribile che è Roberto Hongo se n’è andato e lo conosceva da tipo cinque mesi. Mikami è la sua figura genitoriale di riferimento da sei anni. Non se ne può… andare.

Oh. OH!

Mikami non lo sta guardando in faccia, sta fissando un punto impreciso collocato tra la traversa e il palo sinistro della porta che sta in giardino.

Sta succedendo davvero.

Passano tre secondi, i tre secondi più lunghi della vita di Genzo Wakabayashi. Il mondo smette di girare, i suoi polmoni si svuotano di tutta l’aria. Poi Mikami decide di aprire bocca e assestare il colpo definitivo al suo precario equilibrio mentale.

- E tu dovresti venire con me!

- EH?!

Tatsuo Mikami non è un uomo passionale. Severo e pragmatico, ride poco, sorride spesso e alza la voce solo per abbaiare istruzioni  durante l’allenamento e in partita. Genzo può contare sulle dita di una mano il numero di volte in cui l’ha visto arrabbiato che coincidono anche con quelle in cui lui l’ha fatto arrabbiare. Questo per dire che non ha mai visto Mister Mikami così. Il suo coach sfoggia un sorriso scemo che starebbe bene sulla faccia di Tsubasa ed emana entusiasmo come un proiettore dello stadio.

Genzo si prende un minuto per ricordare al cervello come funzionare e rassicurarlo che, sì, Mister Mikami non sta pianificando di andarsene per sempre. A posto? Bene. Ora può incazzarsi.

- COME sarebbe a DIRE che se ne va in GERMANIA?!

Mister Mikami sorride, appoggia una mano sulla sua spalla e lo pascola dentro casa. Vanno in cucina a prendere da bere e si siedono nel portico. Mikami sorseggia la sua birra, Genzo sta praticamente vibrando attorno al succo di frutta. La JFA ha stabilito che è tempo per il calcio giapponese di mettersi in pari con quello delle grandi teste di serie come Italia, Francia e Germania. Ha così selezionato un gruppo di allenatori con esperienza internazionale da inviare ad affiancare quelli delle squadre europee che hanno dato l’adesione al progetto. Limitato al momento alle sole giovanili, l’obbiettivo della JFA è di formare allenatori con maggiore prospettiva sul calcio mondiale che siano poi in grado di riportare le nozioni apprese in Giappone. Il progetto è firmato Munemasa Katagiri, un vecchio compagno di squadra del suo coach. È, in sintesi, il futuro che Tatsuo Mikami ha sempre sognato e vuole che Genzo ne faccia parte.

-  Rifletti Genzo, per come sono le cose ora il tuo talento sarebbe sprecato in Giappone. Se vuoi avere una chance per diventare un vero professionista internazionale è meglio partire ora che sei giovane.

Ha senso. Fa quasi paura quanto ha senso. Fa ancora più paura che la possibilità di lasciare il Giappone non gli sia mai occorsa prima. Sarebbe la cosa migliore nell’ottica della sua carriera futura. Senza dubbio.

Tsubasa sarebbe andato in Brasile se quel deficiente di Roberto Hongo non si fosse rimangiato la parola. Misaki parte per la Francia.

E lui cosa vuole fare? Cosa c’è a Nankatsu a trattenerlo?

Un sacco di cose. Vero?

Si volta, Mister Mikami gli sorride e gli passa una mano tra i capelli come faceva quando era piccolo.

Genzo dice di sì. Non se ne pentirà mai.

Sul lungo periodo.

Su quello breve è il disastro. Ci sono troppe cose di cui preoccuparsi per avere tempo di pentirsene. Deve chiamare sua Madre. Ovviamente la donna sa già tutto, perché Mikami è un adulto responsabile e prima di aprire la ciabatta sulla faccenda Germania con Genzo ha chiesto il permesso dei suoi genitori. E datori di lavoro. Non come un certo qualcuno.

Genzo ce l’ha il passaporto? Deve fare il passaporto. Quanto tempo ci vuole per fare il passaporto?

Ah. Dovrà andare in una scuola tedesca. Come funzionano? L’enciclopedia non è di aiuto, ha bisogno di fonti più attendibili.

Oh. Deve imparare il tedesco. Ma perché la JFA non mandava Mikami in Inghilterra o in Cina? Genzo sa già quelle lingue perché sua Madre ha insistito per fargliele studiare da quando aveva tipo due anni. Probabilmente perché le industrie della famiglia fanno un sacco di affari con quei Paesi.

Ha bisogno di sedersi. Sta per implodere. Pensieri rilassanti, pensieri rilassanti. Inspira. Tsubasa che gli chiede di giocare, la faccia di Morisaki, Izawa che lo chiama “capitano”, il cane John che gli lecca la faccia, Ishizaki che si schianta contro un palo. Espira. Meglio.

Non c’è motivo di preoccuparsi. La sua partenza ha ottenuto l’approvazione genitoriale e i segretari che i Wakabayashi hanno sul libro paga sono incredibili. Deve smettere di agitarsi come un gallina senza testa e lasciare che facciano il loro lavoro. La vita, come il calcio, è un gioco di squadra.

Il giorno seguente le scartoffie burocratiche sono risolte. L’iscrizione alla gesamtschule di Amburgo consociata al club della squadra è stata finalizzata e Katagiri ha fornito le lettere di raccomandazione necessarie a Genzo per entrare nella prestigiosa accademia calcistica. È una fortuna che la DFL tedesca riconosca la JFA, altrimenti i giudizi espressi da gente come mister Shiroyama o Mikami non avrebbero avuto peso per la sua ammissione. Genzo dovrà sostenere un provino con mister Friedman e passare il controllo medico e poi entrerà ufficialmente a far parte dell’Amburgo SV junior.

Riguardo alla questione lingua, nel pomeriggio incontra la sua nuova tutor, Marie Luft Tanaka. La donna è alta, ha la permanente, occhi grigi e un piglio deciso. Non gli indora la pillola: un mese non è abbastanza, ma se è pronto a sputare sangue allora lei è disposta a provarci. Gli piace questa donna. Il programma è serrato, l’obbiettivo è padroneggiare le basi, essere in grado di comprendere ordini o istruzioni e di sostenere una conversazione. Il fattore tempo è contro di loro.

- Non poteva, che ne so, avvisarmi prima?

Tatsuo Mikami si trova nella bizzarra posizione di passare da insegnante a studente. Si siede accanto al suo pupillo e partecipa alle lezioni della Luft Tanaka con postura rigida e sguardo assente. Non è molto disciplinato. Con il passare dei giorni, delle ore, il suo volto assume colore e consistenza delle piastrelle del pavimento. Quando non chiede una breve pausa per andare in bagno a fumare, sospira, si leva gli occhiali e li pulisce con il fondo della manica.

- La JFA non è famosa per il suo tempismo. Amano… stupire con questo genere di sorprese.

- Beh, ma QUESTO è stupido e INEFFICENTE!

Ci sono delle volte in cui il suo coach sorride in modo diverso, è un’espressione calda con una tristezza segreta che trasuda dai solchi sulla pelle. Mikami allunga una mano e gli dà un pizzicotto sulla guancia.

- Allora quando sarai cresciuto, sarò molto fiero di saperti suo direttore esecutivo. Così finalmente ci sarà qualcuno a costringere quei fannulloni a prendere le cose sul serio.

Genzo chiude gli occhi e lascia che la mente si svuoti. Il futuro è distante e non gli importa. Ci sono solo sei persone al mondo autorizzate a toccarlo, vede cinque di loro al massimo tre volte all’anno. L’ultima è Mikami.

In parte la colpa è sua. Non è solo il suo cognome a intimidire le persone. Genzo proietta attorno un’aurea di intoccabilità che persino i suoi amici sono restii a penetrare. Tranne Tsubasa. Certo che dopo una vittoria potrebbero venire anche ad abbracciarlo! Sarebbe strano, imbarazzante e se ne lamenterebbe per settimane, ma non sarebbe male, okay?!

A sedici anni, al termine della sua prima partita nella Bundesliga, i suoi compagni di squadra stabiliranno di festeggiare lanciandolo in aria e Genzo deciderà che l’Amburgo sarà per sempre casa sua.

Fino a coach Zeaman.

Nel presente Tatsuo Mikami è pronto a dichiarare la resa passando attraverso tutte e cinque le fasi del lutto. Negazione:

- Lo impareremo sul posto!

Mikami sbatte le mani contro le pagine dedicate ai verbi irregolari (rabbia), poi sfila gli occhiali e si massaggia le tempie. Contrattazione:

- Possiamo usare l’inglese per comunicare nel frattempo.

Genzo dorme tre ore per notte abbracciato al dizionario. Ripete monocorde le frasi imparate borbottandole sotto la doccia, mentre corre, mentre mangia. Ha i nervi a pezzi ed è la prova vivente che non sia saggio dare caffè a un bambino. Tutto l’amore che prova per il suo mister non salverà Mikami ora.

- E lei crede che il coach dell’Amburgo si metterà a parlare alla squadra in inglese per farle un piacere?

Mikami fissa il libro di testo con l’espressione vuota che Genzo ha visto su Taki e Teppei almeno un milione di volte. Dice: “mi appellerò a qualsiasi scusa per non fare questa roba”.

- L’inglese e il tedesco non sono tanto diversi. – Mikami mette la palla al centro e coordina l’attacco, una manovra rischiosa che lascia la difesa sguarnita. – Qualcosa dovrei riuscire comunque a…

Genzo arriva in contropiede.

- Mister Mikami, lei è certo di saperlo l’inglese?

La schiena dell’uomo si irrigidisce, l’espressione nascosta dagli occhiali da sole è indecifrabile. Mikami può offendersi quanto vuole, ma questo non significa che abbia ragione. Il coach inspira, chiude gli occhi, conta mentalmente fino a dieci, poi lo fissa con la sicurezza che può avere solo un madrelingua o la più atomica delle capre. Dice:

- Offo cOUrse imma goodo atto spekku Engrish! Donotto worri.

La vita di Genzo Wakabayashi si struttura attorno poche certezze: ama il calcio, sua Madre è oggettivamente terrificante, Tsubasa è il fratello che non potrà mai avere e Tatsuo Mikami è l’adulto più figo che sia mai esistito. Sta iniziando a riconsiderare l’ultimo punto.

Nel silenzio la risata soffocata della Luft Tanaka rimbomba a ricordargli che non sono soli. Mikami stringe la bocca in una linea sottile che gli cancella le labbra. Si accomoda meglio sulla sedia, riapre il libro e non aggiunge niente. Scivola come un professionista dalla fase della depressione a quella dell’accettazione. Lo studio riprende e nessun adulto prova più ad interromperlo.

***

La mente di Genzo è una spugna gonfia ed esausta. Realizza di non aver detto ancora nulla ai suoi compagni di squadra quando il telefono di casa squilla e Miss Asano arriva ad informarlo che il suo amico Morisaki lo aspetta dall’altra parte della linea. Il suo portiere preferito l’ha chiamato per avvisarlo che hanno deciso di trovarsi nel pomeriggio a casa di Tsubasa per decidere cosa preparare per la partenza di Misaki.

Oh! Giusto. Misaki va a vivere in Francia.

Parigi e Amburgo avranno lo stesso fuso orario? Prende l’atlante e controlla. Ce l’hanno.

La madre di Tsubasa è una signora gentile con un’energia che la fa sembrare dieci anni più giovane. È facile capire da chi Tsubasa abbia ereditato il carattere. Si accomodano in soggiorno, dopo l’obbligatorio pellegrinaggio in camera di Tsubasa che insiste per mostrargli alcuni dei suoi album di ritagli, ce n’è pure uno col suo nome e Genzo se ne sente particolarmente onorato. Gli fa venire voglia di meritarselo.

Non lo dice, sa che il numero dieci della Nankatsu lo guarderebbe senza capire. Ai suoi occhi Genzo Wakabayashi non ha niente da fare per essere degno di essere amato e ricordato, eccetto, forse, esistere.

Ci vuole un’ora perché arrivino tutti, o quasi: Urabe e Ishizaki sono in ritardo, un paio di riservisti hanno fatto sapere che non riusciranno proprio ad esserci. Si decide per il regalo proposto da Izawa e cioè un quaderno da riempire con le foto della squadra, articoli sulle loro vittorie e le firme di ognuno di loro.

Tsubasa si alza in piedi e recupera un vecchio pallone da calcio. Lo piazza sul tavolo.

- Dovremmo firmare anche questo. – Spiega. – Ci siamo incontrati grazie al calcio. Credo che sarebbe la cosa più giusta dirci addio allo stesso modo.

Poetico. E questa è la ragione per cui Tsubasa è un genio matto e adorabile. Sono tutti d’accordo, penna e pallone vengono fatti circolare nell’affollato soggiorno. Takasugi ha appena finito di firmare quando Ishizaki irrompe nella stanza. Le sue guance sono chiazzate di rosso e respira faticosamente.

- MISAKI SE NE STA ANDANDO!

- Non essere stupido. – Prova Izawa. – Ha detto che il pullman per l’aeroporto ce l’ha domani a mezzogiorno, abbiamo ancor…

- E IO TI STO DICENDO… - Urla Ishizaki. – … che il bastardo HA MENTITO! L’ho visto seduto su quel accidenti di pullman CINQUE MINUTI FA!

Corrono alla stazione dei bus come fosse l’ultimo minuto della partita e stessero perdendo tre a zero. Lo mancano per un soffio. Quando arrivano il pullman è partito da pochi secondi, Taro Misaki è… no. Tsubasa non lo accetta.

- MISAKI!!!

Urla e corre verso il pullman nonostante quello stia prendendo velocità e si allontani all’orizzonte. Genzo e il resto della squadra lo seguono. A un certo punto la testa di Misaki spunta dal finestrino, li vede e scoppia a piangere. Genzo vorrebbe essere arrabbiato con lui, ma è molto difficile in questo momento. Il suo cervello ha iniziato a comprendere il desiderio di volersene andare senza dire addio.

- Misaki! – Tsubasa non demorde. – AL VOLO!

Il numero dieci non smette di correre, appoggia il pallone a terra e lo calcia con tutte le sue forze. È impossibile come lo sono i lieti fine. Misaki riesce ad afferrare il pallone, vede le firme e piange più forte. L’ultima immagine di Taro Misaki è quella di un bambino che sorride e si sbraccia a salutare con la testa fuori dal finestrino.

Quando tornano al quartier generale, cioè la casa di Tsubasa, lo fanno con un’energia che era mancata. Teppei e Taki parlottano tra di loro ridendo. Izawa dice qualcosa di criptico sugli esami d’ammissione. Takasugi si offre di aiutare Tsubasa a prendere da bere. Ishizaki cerca di morire su una sedia, ma viene interrotto da Urabe che ha finalmente deciso di arrivare. Morisaki gli si siede vicino e apre la bocca per chiedere qualcosa.

Oh. Mi sa che è arrivato il momento.

Aspetta che Tsubasa abbia appoggiato il vassoio con i bicchieri e poi dice.

- Tra due settimane mi trasferisco in Germania.

 

 

 


 

Genzo, amore, l’ipocrisia di “la carriera può aspettare” e poi decidere che, ma sì, la Germania suona come una splendida idea.

Nessun Roberto Hongo è stato maltrattato durante la scrittura di questo capitolo. Tatsuo Mikami è stato bistrattato con amore: avete mai provato a fare lezione di lingua agli adulti?  

Il passo indietro rispetto al pre-Germania ci servirà per contrastare il prima con il dopo. Poi io amo il trio Shutetsu (più Takasugi e Morisaki) per cui mantengo la stessa caratterizzazione di “Pressione sarà applicata dove necessario” che tecnicamente si ambienta nella stessa AU/CanonDivergence di questa storia.

Inoltre non potevo non citare Misaki, visto che è nel canon che durante la permanenza di entrambi in Europa siano rimasti in contatto.

 

Nel prossimo capitolo torniamo in Germania, conosciamo meglio Kaltz e vediamo l’inizio della sua amicizia con Karl e Genzo.

Ci vediamo il primo mercoledì del mese!

 

                                                                                         >>> 3. Avanti e indietro.

Hermann matura un senso di responsabilità verso quel bambino biondo che incontra nel parco. La sua amicizia con Genzo invece è tutta un’altra storia.

 

PS: tanti auguri a me, tanti auguri a me… è il mio compleanno!

 

  
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