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Autore: eli the_dreamer    01/06/2022    1 recensioni
Anni fa avevo iniziato a scrivere questa storia come long fic. Poi ho cambiato le carte in tavola decidendo di fare una raccolta di one-shot. Tuttavia mi sono resa conto che essendo un'unica storia, la raccolta di one-shot diventa controproducente. Eccomi quindi a postare di nuovo e dall'inizio questa storia che tra i protagonisti non solo vede gli amati fratelli Winchester ma anche qualcuno che da lassù fa il tifo per loro.
Tra personaggi che noi tutti conosciamo e nuovi personaggi inventati da me, questa storia parte dagli albori, ma accompagnerà i bros per tutto il loro viaggio (POSSIBILI SPOILER su tutte le stagioni, ma non in tutti i capitoli. Non tutto seguirà il canone della serie, alcuni elementi saranno veri e propri "WHAT IF?".)
Genere: Angst, Generale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dean Winchester, Nuovo personaggio, Sam Winchester
Note: Lemon, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Più stagioni, Contesto generale/vago
Capitoli:
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Now I'm here




"Hai fatto la cosa giusta, Haziel. Sai che Umabel non sarebbe tornato indietro.
L'Angelo sobbalzò nel sentire le parole che Michael gli rivolse, non si sarebbe aspettato che proprio lui gli parlasse.
Cercò di assumere un'espressione neutra prima di voltarsi a guardarlo “So di aver fatto la cosa giusta, Michael.
Non avrebbe mai pensato che i propri reali pensieri risultassero così palesi, ma non poteva permettersi di mostrarsi confuso. O affranto per ciò che aveva fatto.
Aveva persino nascosto il suo titubare quando proprio lui, fra tutti, fu scelto per far tornare a casa Umabel e per più di un anno si era dimostrato impassibile, come se niente lo tormentasse.
Ma passando davanti alle prigioni, sentire le grida di Umabel lo aveva sconvolto.
E fu in quel momento che si chiese se avesse fatto davvero la cosa giusta.
Ma era un Angelo del Signore e in quanto tale non poteva avere rimpianti.
Michael sembrò averlo capito e nonostante gli sforzi di Haziel di nascondere quel dubbio capace di divorarlo, l'Arcangelo non sembrò intenzionato a credergli.
Micheal sorrise amaramente, posando una mano sulla spalla del fratello, osservandolo come a voler carpire ogni suo singolo pensiero.
Tuo fratello è sempre stato difettoso, lo sai.
Mia sorella.
Lo corresse il Custode guadagnandosi un'occhiata interrogativa da parte dell'Arcangelo.
Preferirebbe così. Conosco Umabel meglio di chiunque altro. Forse anche meglio di Gabriel dato che non si vede da millenni.
Michael rise amaramente. Non poteva negare che Haziel e Umabel fossero molto legati, i Custodi avevano la strana tendenza ad avvicinarsi quando tra i loro protetti vi erano dei membri della stessa famiglia, ma per quanto Haziel sostenesse di conoscere Umabel, l'Arcangelo sapeva che il Custode era a conoscenza di ben poche cose.
Hai una vaga idea di quante volte abbiamo dovuto aggiustare...tua sorella?
Haziel lo guardò confuso. Era la prima volta che sentiva una cosa del genere.
Come si può aggiustare un Angelo?
Forse non la conosci così bene, dopotutto.
Michael fece per andarsene ma venne fermato dal Custode nonostante egli fosse ancora confuso, persino turbato.
Dovresti dire a Raziel di smetterla di torturarla. La prigione non è forse una punizione sufficiente? È solo scesa sulla Terra. Gadreel ha fatto ben di peggio e quasi nessuno osa più sfiorarlo.
Michael sospirò.
Raziel aveva una strana predisposizione per la tortura e Umabel più volte era stato vittima di quelle atrocità. Michael lo aveva ripreso più volte e Michael odiava ripetersi.
Un sorriso oscuro deturpò per un solo istante la sua Grazia, Haziel ne rimase turbato ma non osò proferir parola.
Temeva Michael più di quanto temesse Raziel o qualunque altro Angelo o Arcangelo.
Raziel subirà le conseguenze delle proprie azioni, fratello mio. Tu evita di metterti nei guai, stai parlando esattamente come Umabel.
E con quelle parole, Michael lasciò da solo il Custode.
Solo con i propri pensieri, solo con le proprie paure.
Aveva tradito Umabel. Lo aveva fatto perché era ciò che gli era stato ordinato. Ma iniziava a pensare che non fosse la cosa giusta.


2005




Hey, splendore! Come stai?
La voce di Dean risultò allegra attraverso il telefono.
Amethyst fece un lieve sorriso, sentire una voce amica, quella voce in particolare, fu per lei un sollievo, ma non riuscì ad allontanare comunque quella preoccupazione che l'affliggeva.
Hey...
Pur non vedendola in viso, Dean riuscì a capire che qualcosa non andava.
Quel respiro lento, quel 'hey' appena sussurrato lo fecero preoccupare.
Ame? È successo qualcosa?
Amethyst prese un grosso respiro, si umettò le labbra e cercò di calmarsi. Le mani le tremavano e per poco il telefono non le scivolò da esse.
Si tratta di papà. È andato a caccia, da solo. Ma non lo sento da una settimana e non risponde al telefono. Ho paura sia successo qualcosa, Dean.
Dean si passò una mano sul volto e un lieve sospiro rimbombò al microfono del cellulare.
Sentire la voce di Amethyst tremare in quel modo gli fece provare rabbia, tristezza e disperazione.
Non riusciva a sopportarlo e non le avrebbe rivelato che proprio in quell'esatto momento, provava la stessa identica paura riguardo suo padre.
John Winchester era sparito da giorni, senza lasciare traccia.
Ok...Ora calmati, va bene?
La voce di Dean risuonò decisa e Amethyst annuì quasi fosse convinta lui potesse vederla.
Scusa...io...non sapevo chi altri chiamare. Sei il primo a cui...
Hey, hey. Frena. Non dirlo neanche per scherzo, ok? Lo sai che puoi e devi chiamarmi sempre. Sono il tuo eroe, ricordi?
Amethyst rise appena tra le lacrime che avevano iniziato a rigarle il volto aggraziato.
E Amethyst ricordava, non avrebbe mai potuto dimenticarlo.
Dean Winchester era il suo eroe sin da quando era una ragazzina. E lo sarebbe sempre stato.
Ricordo. Il mio eroe.
Dean sorrise. Sorrise con fierezza, sorrise perché non poteva farne a meno.
Sarebbe sempre stato pronto a essere l'eroe di Amethyst Dalton.
Dove si trova tuo padre?
A Savannah.
Ho appena finito un lavoro a New Orleans, sarò lì entro stanotte, ok? Sai cosa stava cacciando?
No, ma lo scopriremo, giusto? Ci vediamo lì stanotte.
Alle parole di Amethyst, Dean sentì il panico avvolgerlo.
Blake Dalton era un ottimo cacciatore quando testardaggine e sentimenti non offuscavano i suoi sensi, questo il giovane Winchester lo sapeva bene, e l'unico motivo per cui sarebbe potuto essere in pericolo era perché si era cacciato in qualcosa di troppo insidioso e Dean non avrebbe mai fatto correre ad Amethyst alcun rischio.
Non ci provare nemmeno, bellezza. Tu rimani a casa.
Amethyst strinse il proprio cellulare con stizza. Sapeva che Dean le avrebbe risposto così, ma non aveva nessuna intenzione di cedere.
Sapeva che il ragazzo lo stava facendo per proteggerla, ma non poteva tirarsi indietro e nemmeno Dean Winchester sarebbe riuscito a fermarla.
Non ci provare tu, bellezza.” rispose prontamente, con quella sfacciataggine che riusciva sempre ad emergere in lei “Ho detto che ci vediamo lì.
Non gli diede nemmeno il tempo di rispondere, riagganciò e caricò nel bagagliaio della sua Mustang alcune armi prima di mettersi in moto per raggiungere Savannah.
Ame? Amethyst? Dannazione!
Dean ringhiò quelle parole con frustrazione quando si rese conto che la ragazza aveva riagganciato, ma non perse altro tempo. Salì sull'Impala che John gli aveva lasciato e spinse sull'acceleratore per arrivare a Savannah nel minor tempo possibile.

***

Seger. Di questo passo mi aspetto anche Bob.*” ridacchiò il receptionist, sistemandosi gli occhiali sul naso mentre osservava la carta di credito di Amethyst. Un nome falso per una truffa che portavano avanti da troppo tempo.
America's Best Inn, il primo motel economico dell'elenco.
Amethyst sapeva che suo padre avrebbe alloggiato lì. Non c'era nemmeno bisogno che lo dicessero, ormai funzionava così da anni.
E Dean sapeva altrettanto bene che avrebbe trovato lì Amethyst.
La ragazza sorrise. Non un sorriso sincero ma convincente al punto che l'uomo non riuscì a non ricambiarlo.
Sì, qualche giorno fa è arrivato mio padre. Potrebbe darmi la stanza accanto alla sua?
L'uomo annuì esibendo un nuovo sorriso “Certamente, signorina. Stanza 14. Suo padre alloggia nella stanza 13.
Amethyst lo ringraziò con un cenno del capo, afferrando la chiave che l'uomo le stava porgendo, avviandosi alla stanza.
Ma quando vi arrivò davanti, non entrò.
Rimase a fissare quel numero sulla porta, quel 13 di un nero che le appariva spettrale, forse memore di quel romanzetto horror che aveva letto da ragazzina.**
Quel numero nefasto e infausto, capace di darle brividi solo in quel momento, quasi percepisse che qualcosa non andava. Non era mai stata superstiziosa, preferendo affidarsi alle proprie reali - e orribili - conoscenze piuttosto che a dicerie infondate, eppure i brividi di paura e smarrimento sembravano non voler cessare.
C'era qualcosa di sinistramente ironico in tutto quello, in quella stanza 13 e nell'apparente sparizione di suo padre.
Non seppe dire quanto rimase fuori ad osservare quel numero. Forse solo qualche minuto, forse perfino un'ora, ma quando si riscosse non entrò nella stanza 13, quasi avesse paura di trovare risposte che non sarebbe stata in grado di affrontare da sola.
Si chiuse la porta della stanza 14 alle spalle, accese la luce e abbandonò il proprio bagaglio ai piedi del letto.
Poi si sedette al tavolino, accanto alla finestra, le tende tirate in modo che nessuno potesse vederla, ma con uno spiraglio che le permetteva di vedere ciò che succedeva fuori. Chi arrivava, chi andava via.
Attese, perché si disse che era l'unica cosa che potesse fare e quando sentì il familiare rombo dell'Impala, si precipitò fuori dalla stanza, come quando era una ragazzina e non vedeva l'ora di riabbracciare i fratelli Winchester.
E proprio come allora, quando Dean scese dall'auto, Amethyst gli corse incontro, fiondandosi tra le sue braccia.
Dean rimase sorpreso. Erano passati anni dall'ultima volta in cui Amethyst gli era corsa incontro con lui ad attenderla a braccia spalancate per sollevarla da terra e stringerla a sé.
Ma la strinse a sé anche in quel momento, dopo un unico secondo di confusione, tornando a respirare il profumo di quei capelli che lo facevano sentire a casa.
Hey, splendore...
Quel nuovo nomignolo capace di farla arrossire risuonò alle orecchie di Amethyst come miele e come balsamo e quel tipico odore di pelle, polvere da sparo e bagnoschiuma fu capace di calmarla.
Hey, Ace.***” mormorò lei col viso affondato nell'incavo del collo di lui.
Non notò il brivido che scosse il ragazzo, forse perché lui aveva cercato di reprimerlo senza però sciogliere quell'abbraccio.
Dean sorrise appena a quel nomignolo, Amethyst glielo aveva affibbiato quando si erano salutati dopo quella caccia agli Oni, come a ricambiare quel 'splendore' che al cacciatore sembrava molto più adatto di 'scheggia'.
Hai già scoperto qualcosa?
Nonostante la voce profonda, troppo adulta già da troppi anni, a tratti roca, il tono fu gentile, comprensivo, quasi stesse chiedendo il permesso di porle quella domanda.
Si allontanò da lei per poterla guardare negli occhi azzurri e Amethyst si perse in quello sguardo.
Quegli occhi verdi e profondi, troppo adulti già da troppi anni, più della sua voce.
Amethyst scosse il capo, sciogliendo con lentezza quell'abbraccio e indicando la stanza 13 con un gesto distratto del braccio.
No, non sono riuscita ad entrare. Non volevo farlo da sola.
Dean le posò un bacio tra i capelli, la prese per mano, dandole quel coraggio che le era mancato.
Ora sono qui.****”
Il suo eroe.

***

La stanza 13 aveva le pareti coperte di articoli di giornale e post-it, le foto delle vittime spiccavano tra essi, volti sorridenti che nessuno avrebbe più visto.
Una Vetala...” sussurrò Amethyst mentre con le dita sfiorava un foglio a righe, strappato da un'agenda, dove con un pennarello rosso, Blake Dalton aveva scritto la parola 'Vetala' cerchiandola più volte.
Le sparizioni sono avvenute tutte nei pressi di questo parcheggio. Tuo padre ha evidenziato un vecchio deposito abbandonato. Penso che abbia trovato il loro covo.
Seppur con mani tremanti, Amethyst prese dal proprio borsone un pugnale d'argento.
Aveva la sua solita determinazione nello sguardo, offuscata dalla paura solo in parte e Dean sapeva che non sarebbe mai riuscito a convincerla a rimanere al motel.
Non per questo, però, non ci avrebbe provato “Ame, rimani qui. Ci penso io.
Amethyst sorrise appena osservando il pugnale che continuava a tenere tra le dita “Sapevo che lo avresti detto. Ma è mio padre, Dean. Tu non faresti la stessa cosa per tuo padre?” disse sollevando lo sguardo verso l'amico.
A quella domanda Dean deglutì a vuoto, strabuzzò appena gli occhi e cercò di controllare il proprio respiro. Quel pensiero continuava a tormentarlo, continuava a chiedersi dove fosse suo padre, ma non poteva permettersi di pensarci, non in quel momento.
Doveva trovare Blake. Doveva farlo per Amethyst.
Annuì, sulle labbra piene si formò un mezzo sorriso prima che lui si stringesse nelle spalle “Ci dovevo provare. Solo...non fare niente di avventato.
Amethyst alzò le mani in segno di resa, le labbra piegate in un sorriso malinconico mentre lo guardava con gratitudine “Ok, ok! Lascerò a te il comando.
Dean aprì la porta della stanza, facendole cenno di uscire “Devo continuare ad essere il tuo eroe, giusto?

***

Forse Haziel aveva fatto davvero la cosa giusta.
Secondo gli altri angeli, secondo Micheal, secondo Raziel.
Ma il tradimento perpetrato ai danni di Umabel come poteva essere una cosa giusta?
Era pur sempre un tradimento e Umabel non se lo meritava.
Tormentato da quei pensieri che lo facevano sentire inadeguato, che lo facevano sentire diverso da come era sempre stato, Haziel raggiunse le prigioni, fredde nell'aspetto tanto quanto nel clima.
Vedere quegli angeli prigionieri, la cui Grazia sembrava non brillare più, gli fece provare una strana sensazione che non seppe definire.
Si chiese se fosse paura. O se fosse tristezza. O forse un senso di colpa che sgomitava imperterrito a fargli desiderare di rimediare al proprio errore.
Un errore che era tale solo per lui. E per Umabel.
Ciao, sorellina.” mormorò dopo aver raggiunto la cella dell'amata sorella.
Umabel sollevò lo sguardo.
Incredula si avvicinò alle sbarre e osservò Haziel come se stesse cercando di riconoscerlo.
Rimase in silenzio e l'altro non osò parlare.
Haziel si limitò a guardarla e senza dire una parola chiese perdono. Lo fece con lo sguardo addolorato di chi vorrebbe tornare indietro e non infliggere quella pena che per lui aveva il sapore amaro del rimpianto.
Mi hai chiamato sorellina?
La voce un tempo potente e soave di Umabel era ora flebile. Un lieve sussurro che si perse oltre le grate, nell'aria fredda.
So che è quello che vorresti. Sei sempre stata strana, ma hai sempre capito gli Umani meglio di me. Meglio di tutti noi, forse. E quando hai trovato il tuo tramite in quella donna...Beh, ho capito che avresti preferito essere chiamata sorella.
La voce di Haziel tremò appena e Umabel allungò appena una mano come a volerlo confortare.
Haziel la chiuse tra le proprie. Era lui che doveva confortare lei. Anzi, lui avrebbe dovuto fare molto di più.
Mi dispiace, Mabe. Pensavo di fare la cosa giusta, ma mi sono reso conto che tradirti è stato l'errore più oscuro di cui mi sia mai macchiato.
Umabel sorrise e la sua Grazia sembrò tornare a brillare come sempre.
Non le importava essere rinchiusa in una prigione. Le importava che Haziel stesse chiedendo il suo perdono.
Forse gli Angeli stavano davvero iniziando a cambiare. Stavano iniziando davvero a provare qualcosa.
Come era successo a Lucifer, a Gabriel, alla stessa Umabel.
Ognuno era cambiato a suo modo, portando a volte anche sofferenza, ma Lucifer e Gabriel non erano stati dimenticati.
E Umabel comprese che lei non era stata dimenticata da Haziel.
Non importa. Ora sei qui. Ma non metterti nei guai, Haziel. Va per la tua strada, senza metterti nei guai. Non sopporterei se tu venissi imprigionato.
Haziel strinse maggiormente la mano di Umabel.
Si promesse di liberarla, ma non ne fece parola con lei. Forse per non illuderla. Forse per non rischiare troppo.
Ora sono qui.
E non importava se gli altri angeli li avessero sentiti, nemmeno Gadreel che curioso li guardava dal fondo della sua fredda cella.

***

Quel vecchio deposito puzzava di polvere, sangue e morte.
Un brivido percorse la schiena di Amethyst, ma quella paura svanì quando anche solo per un istante sentì il profumo di Dean, che avanzava davanti a lei.
La luce dei lampioni e della luna filtrava attraverso le finestre rotte, illuminando fiocamente il pavimento incrostato di sporcizia e sangue.
Sentirono un rumore e subito Dean protesse Amethyst con il proprio corpo in un gesto dettato non solo dall'istinto ma anche dall'affetto che provava per lei.
Quell'affetto che lo stesso Winchester non avrebbe saputo definire per davvero.
Perché era un affetto diverso da quello che provava per suo padre o per quel fratello che non vedeva da anni. Era un affetto diverso da quello che provava per quei pochi amici che aveva. Amici con il suo stesso destino ma con anni in più sulle spalle.
Le sfiorò una mano prima di stringergliela e non seppe dire se quel gesto servì per confortare lei o per confortare se stesso.
Sapeva però che quella vicinanza gli faceva bene, dandogli quella sensazione di casa e famiglia che anelava di continuo in quel suo costante sentirsi solo.
Un altro rumore lo fece allontanare da quei pensieri che rischiavano di deconcentrarlo.
Un rumore di passi sempre più vicini.
Troppo vicini.
Perché la Vetala si presentò dietro i due cacciatori con un movimento troppo veloce perché loro potessero vederlo.
Il mostro spinse Amethyst contro il muro, facendola gemere di dolore, prima di avventarsi contro Dean che con un gesto pronto e veloce riuscì a pugnalarlo al cuore. Con una torsione del polso, il pugnale d'argento roteò veloce, ponendo fine alla vita della Vetala.
Amethyst cercò di alzarsi, guardando il corpo del mostro sbriciolarsi sotto i suoi occhi, ma prima ancora che potesse avanzare alla ricerca di suo padre, un'altra Vetala apparve alle spalle del ragazzo.
Dean!” gridò Amethyst lanciandogli il proprio pugnale che lui afferrò al volo.
La Vetala riuscì a ferirlo, mordendogli appena il collo, ma il grido di Amethyst lo fece reagire in tempo affinché si girasse per pugnalarla e torcere il pugnale dentro il cuore del mostro, uccidendola.
Dean si tamponò la ferita. Perdeva poco sangue e il veleno della Vetala non era entrato in circolo.
Le Vetala non cacciavano da sole?” ringhiò stizzito, afferrando la mano di Amethyst per proseguire.
Arrivarono, senza altri intoppi, in un salone. La grande vetrata, andati in pezzi, illuminava gran parte di esso. Sul pavimento lercio vi erano accasciati due corpi. Uno privo di vita, l'altro in punto di morte.
Amethyst emise un grido strozzato nel riconoscere suo padre e si liberò dalla leggera presa di Dean che, impotente, assistette alla scena.
La ragazza si inginocchiò accanto al padre che sorrise appena nel vederla con le ultime forze che gli erano rimaste “Sono due. Le V—Le Vetala cacciano in coppia.” mormorò, la voce resa roca da giorni di silenzio e flebile dalla vita che lo stava abbandonando.
Dean le ha uccise tutte e due. Ora ti tiriamo fuori di qui.
Non si voleva arrendere, Amethyst. Cercò di far alzare il padre e Dean intervenne tempestivamente prima che questo rovinasse a terra. Ma i due giovani cacciatori furono costretti ad adagiare nuovamente sul pavimento il cacciatore più anziano.
Mi dispiace, Ame.” mormorò ancora Blake. E quelle furono le sue ultime parole.
Papà? Papà!” a niente servirono i richiami disperati della figlia in lacrime.
Blake Dalton era morto. E con lui morì anche una parte di Amethyst.

***

Amethyst osservò le fiamme levarsi alte dalla pira funeraria che ospitava il corpo di suo padre.
I pianti e le grida l'avevano stremata, tanto che Dean non aveva voluto saperne di essere aiutato a costruire quella pira.
Amethyst, in ogni caso, non ne avrebbe avuto le forze. Era riuscita a malapena ad accendere quei fiammiferi che poi gettò sulla pira intrisa di benzina.
Dean la strinse a sé e Amethyst si lasciò avvolgere da quelle braccia che sapevano darle conforto, che sapevano di casa. Altre lacrime le rigarono il volto e lei si strinse maggiormente all'amico, che la strinse maggiormente a sua volta.
In fondo, Dean sapeva cosa si provava.
Anche se erano passati ventidue anni, non aveva dimenticato il dolore per la perdita di sua madre.
Non aveva dimenticato il calore disturbante di quell'incendio, l'odore di fumo e di carni bruciate.
Rimasero in silenzio a lungo, il soffio del vento e il crepitio del fuoco erano gli unici rumori a sovrastare quello dei loro respiri lenti.
Non andartene.” mormorò infine Amethyst, la voce ancora rotta da quel pianto che l'aveva scombussolata.
Sono qui. Ora sono qui.” mormorò lui in risposta, posandole un dolce bacio sulla tempia.
Amethyst sollevò il volto per guardarlo, cercò quegli occhi grandi e confortevoli, cercò una roccia, la sua roccia.
Dean se ne rese conto ed ebbe paura che lei trovasse soltanto sabbia che, inesorabile, le sarebbe scivolata tra le dita.
Ma Dean Winchester sapeva essere roccia senza rendersene conto e Amethyst Dalton si appigliò a lui senza temere di cadere, senza temere che quella roccia si sgretolasse.
Intendo per un po'. Ho bisogno di te.
Dean sorrise amaramente a quelle parole, eppure in quel sorriso vi era quella roccia su cui Amethyst avrebbe sempre potuto contare.
Resterò per tutto il tempo che vuoi.
E lui restò.
Restò per giorni, per settimane, nonostante la paura iniziasse a sovrastarlo.
Quella paura che non lo aveva abbandonato, ma che al contrario aveva continuato a crescere.
Amethyst se ne rese conto, perché conosceva Dean Winchester meglio di quanto egli conoscesse se stesso.
Nel corso degli anni aveva imparato a leggere in quegli occhi verdi, trovandovi a volte la paura dietro quella corazza di sicurezza, trovandovi a volte l'incertezza, trovandovi a volte l'errata consapevolezza di non essere abbastanza.
E nel corso degli anni, Dean aveva imparato a leggere in quegli occhi azzurri, trovandovi il coraggio, trovandovi un appiglio e sicurezza costante, trovandovi la consapevolezza di poter essere tutto, anche quando credeva di non meritarlo.
Dean? Che succede?” chiese lei una sera di fine ottobre.
Dean deglutì a vuoto sentendo i sensi di colpa avvinghiargli le viscere con talmente tanta forza da poterle lacerare.
Non sento papà da settimane.” ammise dopo attimi di silenzio durante i quali Amethyst lo aveva guardato negli occhi spronandolo a parlare.
E a quel punto, i sensi di colpa avvolsero anche lei. Così fragile e bella da non meritare altri pesi sulle spalle.
Perché non me lo hai detto?
Perché avevi bisogno di me.
In quella semplice risposta, Amethyst ebbe l'ennesima conferma di quanto Dean fosse per davvero il suo eroe, anche quando non le salvava la vita dal mostro di turno.
Perché Dean la salvava dal dolore, lo faceva costantemente, con la sua semplice presenza.
L'aveva salvata anche in quel dannato ottobre quando provò il dolore più grande della sua vita.
Amethyst gli accarezzò il volto, guardando quegli occhi che erano lo specchio della sua anima, proprio come si diceva. Occhi grandi e troppo adulti, come quell'anima che sembrava trovare pace solo grazie a quel tocco.
Lo guardò percependo ogni cosa di lui. Così fragile e bello da non meritare altri pesi sulle spalle.
Lo troveremo, Dean.
Ma Dean non poteva trascinarla in quella vita che non era vita.
Non se lo sarebbe mai perdonato.
No.
Fu difficoltoso per lui dire quell'unica sillaba. Difficoltoso eppure tremendamente facile.
Perché l'avrebbe voluta accanto, ma desiderava per lei qualcosa di diverso.
Sono il tuo eroe, Amethyst. Lo sarò sempre. Ed è per questo che non posso rischiare. Promettimi che non caccerai più.
Amethyst deglutì a vuoto.
Aveva sempre saputo che la vita da cacciatrice non era quello che Dean avrebbe voluto per lei, nonostante lui la ammirasse per il suo coraggio, per la sua arguzia, per la sua forza.
Ma era la vita che lei aveva scelto. E anche se non lo aveva fatto per mettersi in mostra con lui, come aveva pensato Sam ormai diversi anni prima, forse lo aveva fatto per potergli stare accanto.
Dean...
Promettimelo, splendore. Promettimi almeno che non caccerai mai da sola. E io ci sarò sempre, sarò sempre pronto ad aiutarti, ma questo...questo lo devo fare da solo.
Le accarezzò il volto, sfiorandola col pollice appena sotto gli occhi dove lacrime amare minacciavano di cadere.
Te lo prometto. Ma tu devi fare una promessa a me.” mormorò lei in risposta.
Non avrebbe mai potuto deluderlo, né tradire la sua fiducia e quella promessa l'avrebbe mantenuta, senza rimpianti, senza ripensamenti.
Quale?” chiese lui, trovando la forza di sorriderle, sollevato dalla sua risposta, perché non avrebbe sopportato nemmeno l'idea di saperla in pericolo, lontana da lui.
Che non lo farai da solo. Cerca Sam. Chiedigli aiuto almeno per questo. Ma non cercarsi tuo padre da solo. Me lo prometti?
Dean si umettò le labbra, preso alla sprovvista da quella richiesta.
Il pensiero di suo fratello non lo aveva mai abbandonato e desiderava con tutto se stesso poterlo riabbracciare. Desiderava con tutto se stesso poter tornare ad essere una famiglia, quella stessa famiglia che si era lacerata, che non era stata più la stessa. Forse egoisticamente, perché Sam aveva scelto una strada che lui non aveva avuto la forza di intraprendere, anche se lo avrebbe voluto.
Ma aveva sempre nascosto quel desiderio dietro ai 'sissignore' detti a volte con fierezza, a volte con rassegnazione, dietro al coraggio che metteva durante una caccia, dietro alla voglia di non rimanere solo.
Cercherò Sam e gli chiederò aiuto. Te lo prometto.” disse infine con una morsa al cuore.
Si ritrovò in bilico, Dean, tra la voglia di riavere suo fratello e quella di lasciargli vivere la vita che si era scelto e che meritava.
Ma non poteva deludere Amethyst, come lei non poteva deludere lui, quasi fossero legati a filo doppio, l'invisibile filo rosso del destino di quella romantica leggenda orientale di cui non avrebbe ammesso la conoscenza ad anima viva.








Note dell'autrice: * riferimento a Bob Seger, celebre cantautore rock statunitense.
** "La Stanza 13" è un classico dell'horror per ragazzi scritto da Robert Swindells e edito in Italia da Mondadori. Il libro parla di un gruppo di ragazzi in gita scolastica che scoprono l'inquietante segreto che si cela dietro la stanza 13, stanza che esiste solo di notte e che di giorno è un normale ripostiglio (in molti hotel la stanza numero 13 non esiste per scaramanzia).
*** Ace, "asso" in inglese.
**** Ora sono qui, in inglese Now I'm here(come il titolo del capitolo) è il titolo di una canzone dei Def Leppard. Nel corso del capitolo viene ripetuto tre volte: due da Dean e una da Haziel.

   
 
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