Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: ChemistryGirl    01/06/2022    4 recensioni
[STORIA INTERATTIVA - ISCRIZIONI CHIUSE]
Il Royal Residence Park è il più ambito residence di tutta la New York magica e chiunque vorrebbe avere la fortuna di possedere un posticino all'interno delle lussuose palazzine accarezzate dal polmone verde della città. Fra i residenti ci sono anche giovani maghi e streghe, che i coniugi Northampton, proprietari dell'attico del palazzo più sfarzoso, ritengono ingiustamente single.
Come ravvivare un po' la loro più che agiata terza età?
I coniugi Northampton hanno trovato la risposta alla tediosa domanda: ma trasformasi in un'arzilla coppia di cupidi, è ovvio!
Riusciranno nel loro intento?
Faranno sbocciare o no l'amore fra i giovanotti che abitano il Royal Residence Park?
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Maghi fanfiction interattive
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 2

 
 
The Apple of Scandal
NY, 6 Giugno 2018
 
Cari lettori, 
c’è grande fermento al Royal Residence Park. 
Il Conte e la Contessa di Northampton stanno infatti organizzando un cocktail party per festeggiare il ritorno dei loro adorati nipoti. Non tutti però sono stati contenti della cosa, parrebbe infatti che la più piccola della dinastia Howard abbia avuto qualcosa da ridere con i suoi amorevoli e zelanti nonni. Che non abbia gradito il fatto di aver ricevuto un invito digitale come tutti gli altri comuni mortali?
La redazione ancora non conosce la lista degli invitati, ma state pur certi che appena sapremo qualcosa sarete i primi a esserne informati.
Quindi, rimanete connessi.
 
 
Royal Residence Park,
Palazzo Gold, Ristorante Spearhead

    

<< Allora siamo tutti d’accordo per il menù di questa giornata? >> domandò Budhil, senza alzare lo sguardo dal foglio pieno di appunti su cui continuava a scarabocchiare indicazioni e annotazioni.
Sentendo una serie di assensi più o meno forti, il capo chef sorrise divertito << Perfetto, allora mettiamoci all’opera. Gloriana, come al solito, sei a capo dei dessert quindi hai campo libero. >> la donna sollevò un pollice, mentre si dirigeva alla sua postazione. 
Con il sottofondo di ante che si aprivano, cassetti che si chiudevano di scatto e coltelli che affettavano ritmicamente, il giovane si voltò verso il capo sala << Lito, dì ai camerieri di consigliare il menù di pesce, abbiamo dei branzini e un pesce spada superbi. >> 
L’uomo, di origini filippine, si appuntò quanto detto dal superiore sul taccuino, poi si passò il pollice e l’indice sui baffi neri  << Fra quanto avremo i menù definitivi? >> 
<< Un’ora al massimo. >> 
<< Buddy! È arrivato Carlos. >> urlò uno dei lavapiatti.
<< Perfetto, arrivo fra cinque minuti. >> replicò il cuoco, sollevando il palmo della mano destra, con le cinque dita ben distese, per rimarcare il tempo. 
Quando si voltò, però, non si ritrovò a dover affrontare solamente Lito, ma anche il direttore del Residence in persona. 
Alonso Rivera sostava vicino al capo sala, immobile, le mani intrecciate e il volto cristallizzato in un’espressione severa. Gli occhi scuri erano fissi sullo chef, che si aprì in un sorriso caloroso che però non venne ricambiato. 
<< Chef Ravi, la Contessa di Northampton desidera parlarle. >> disse con voce profonda e dura come l’acciaio << Mi segua. >> 
<< Io in realtà sarei nel bel mezzo dell’organizzazione… >> le parole gli morirono in gola, quando colse lo sguardo fulminante del superiore << Ok, come non detto. >> 
Si voltò verso i suoi colleghi, che, alla comparsa del direttore, si erano immobilizzati come cervi di fronte ai fanali di un’auto << John occupati tu di Carlos e digli che, se ci rifila degli altri pomodori pieni di d’acqua, cambieremo fornitore di frutta e verdura. >> lo chef saucier(1) annuì brevemente per poi dirigersi verso il retro della cucina, seguito dal lavapiatti << Gloriana prendi il mio posto e occupati di redigere il menù del pranzo, quello serale lo completeremo al mio ritorno. >> detto questo superò il bancone e seguì il principale verso l’ala dedicata al personale, dove si trovava una piccola sala riunioni. 
Si fermarono di fronte alla porta, ma, prima di aprirla, Alonso squadrò da capo a piedi il capo chef con sguardo critico. Dopo aver arricciato il naso con aria disgustata, estrasse la bacchetta da una tasca interna del suo completo firmato e, con una magia non verbale, lo ripulì da tutte le macchie che costellavano la sua divisa << Cerchi di non farci sfigurare. >> 
Detto questo, l’uomo aprì la porta a vetro sabbiata(2) << Budhil Ravi, milady. >> 
<< Ti ringrazio Alonso. >> disse una voce morbida e dolce << Fallo entrare. >>
Il direttore si fece da parte, in modo che il giovane cuoco potesse scivolare nella stanza, che ospitava, come ben sapeva, un largo tavolo ovale e, di fianco alla finestra, un tavolino basso con due poltrone e un divanetto. Su quest’ultimo era elegantemente accomodata Cathleen Howard, che indossava un paio di semplici jeans a vita alta, un maglione nero, un paio di occhiali alla John Lennon e, depositato al suo fianco, una bombetta.
<< Si accomodi pure. >> lo invitò la donna, indicando una delle due poltrone, intanto che la porta si richiudeva alle sue spalle. 
Un po’ spaesato e allo stesso tempo incuriosito, Budhil fece quanto richiesto e si sedette davanti alla signora, che gli sorrise calorosamente << Desidera una tazza di tè o un pasticcino? >> 
Fu in quel momento che il ragazzo notò l’elegante servizio disposto sul tavolino dell’Ikea. Si mosse a disagio sulla poltroncina e si schiarì la gola << Gradirei una tazza di tè, per favore. >> 
Cathleen, allungandosi verso la teiera, gli scoccò un sorriso divertito << Oh, non stia così in apprensione. Sono innocua >> allungandogli la delicata tazza, gli regalò un occhiolino birichino << quasi sempre. >> 
Le labbra dello chef si arricciarono divertite, sentendo la tensione allentarsi << Posso chiederle come mai ha richiesto un colloquio privato con me, signora? >> 
<< Mamma mia quanto odio questi formalismi. >> la donna si riadagiò contro lo schienale del divano e si sventolò la mano di fronte al viso, come se stesse tentando di allontanare una mosca fastidiosa << Se per lei non è un problema potremmo darci del “tu” e chiamarci per nome, io sono Cathleen. >>
Il nodo all’altezza della bocca dello stomaco si sciolse del tutto << Certo, per me sarebbe un onore. >> il giovane le sorrise calorosamente << Se vuole mi può chiamare Buddy. >>
La donna fece un piccolo cenno del capo << Ebbene Buddy, io sono qui perché conosco il tuo immenso talento e bravura in cucina. Io e mio marito, ogni volta che veniamo a mangiare qui, rimaniamo sbigottiti dai piatti meravigliosi che prepari. >>
Le gote del ragazzo si imporporano all’udire quei complimenti, mentre appoggiava la tazzina sul tavolo. Budhil era perfettamente conscio delle sue capacità, non era di certo il genere di persona che faceva il finto umile, ma ricevere tali elogi da una persona, che sapeva aver mangiato in tutti i migliori ristoranti del mondo, lo inorgogliva e allo stesso tempo lo imbarazzava << Ti ringrazio. >> 
La contessa gli sorrise bonariamente << Allora, io venerdì darò una festa in onore dei miei nipoti e volevo chiederti se potessi pensare tu ai rinfreschi. >> 
Buddy aggrottò la fronte << Per me sarebbe un vero piacere, ma cosa ne pensa il vostro chef personale? >> 
<< Uh? Intendi Ambroise? A lui va più che bene. Gli avevo già concesso la giornata libera perché venerdì è il compleanno di sua figlia, quindi capirai che non posso certo domandargli di mancare ai festeggiamenti della sua bambina. L’unica cosa che ti chiede è di non cambiare la disposizione degli utensili della cucina: ha tutta una sua organizzazione e sarebbe in grado di uccidere se gliela mettessi a soqquadro. >> 
<< E al direttore Rivera va bene? >> 
<< Certamente, mi ha assicurato il suo pieno appoggio. >> 
Lo chef inarcò le sopracciglia sorpreso << In tal caso per me sarà un vero onore cucinare per il tuo party. >> 
<< Ottimo, era la risposta che desideravo. >> la donna sorrise vittoriosa, per poi allungargli un foglio << Qui trovi gli alimenti che non potrai usare a causa delle allergie di alcuni miei ospiti. Ti chiedo poi di pensare anche a dei menù per vegetariani e vegani. >> 
Vedendo la donna alzarsi, la imitò nonostante fosse evidentemente confuso << Hai qualche altra indicazione o preferenza per il menù? >> 
<< Una sola cosa: stupiscimi. Hai campo libero, crea quello che più ti aggrada. >> Cathleen si mise la bombetta in testa e recuperò la sua grande borsa nera << Sono davvero costernata, ma ti devo lasciare. Organizzare un cocktail party in soli due giorni non è uno scherzo. A venerdì! Ah, quasi mi dimenticavo:ricordati anche di portarti dietro un cambio d’abito. >> 
Budhil non ebbe modo di commentare quell’ultima postilla e si limitò a seguire con lo sguardo la contessa uscire dalla stanza. Fissò la porta per qualche secondo, poi fece vagare lo sguardo per la stanza e sul servizio da tè, prova inconfutabile che quello strano incontro c’era stato e dunque non era frutto della sua fervida immaginazione. 
Scuotendo il capo divertito, lo chef si diresse verso la sua cucina, mentre rifletteva sul fatto che i nobili inglesi fossero davvero bizzarri. 
 
 
§§§
 
 
Palazzo Superior,
Ottavo Piano

   
 
Sbuffando, come una piccola locomotiva, Zelda rimise il cellulare in borsa; era stata costretta a mandare un messaggio alla sua assistente, Abby, in cui l’avvertiva che avrebbe ritardato dieci minuti: orrore vero. 
Salutò con una carezza e un sorriso dolce Sarabi, la sua gatta dal manto color sabbia, che sostava sul dorso del divano << A sta sera. >>
Dopo aver dato un’ultima occhiata in giro, per accertarsi di non essersi dimenticata nulla, uscì di casa e sul pianerottolo trovò nientepopodimeno che il suo affascinate vicino. 
Castiel, che, come Zelda aveva appena chiuso la porta del suo appartamento, le sorrise sorpreso, per poi lanciare un’occhiata al suo orologio da polso, che segnava le otto di mattina << Sei in ritardo rispetto alla tua routine. >> 
Le gote della strega si imporporarono, imbarazzata << Già, ho avuto un piccolo contrattempo. >> ammise, spostando una ciocca ribelle dietro l’orecchio << Tu invece sei in perfetto orario. >> 
Cas si diresse, insieme alla vicina, verso l’ascensore << Le abitudini sono dure a morire, eh? >> scuotendo il capo si infilò nell’abitacolo << Anche se non si può definire il tuo un vero e proprio ritardo. >> 
Zelda arricciò il naso, anche se il leggero rossore non ne voleva sapere di sparire dal suo volto << Non mi piace essere l’ultima ad arrivare in ufficio, soprattutto se c’è una riunione importante. >> 
<< Un nuovo cliente? >>
La donna, che per un attimo si era persa nella contemplazione dei lineamenti cesellati dell’avvocato, sbatté velocemente le palpebre per allontanare quella foschia di adorazione e ritornare sul pianeta Terra << Uhm, esatto. >> si schiarì la gola, scoccandogli un sorriso impacciato << Oggi abbiamo il primo incontro e mi sento un po’ a disagio: è una personalità controversa. >> 
<< Controversa? >> ripeté incuriosito, intanto che l’ascensore scendeva << È la prima volta che ti sento parlare in questi termini di un tuo potenziale cliente. >>
La rossa si strinse nelle spalle << Lui è una persona davvero a modo, ma diciamo che ho delle riserve dal punto di vista… personale. Tutto qui. Questo colloquio mi serve per capire se riuscirò a svolgere bene il mio lavoro, altrimenti sarò costretta a rinunciarvi. >> 
Le porte si aprirono e Castiel si fece da parte, da vero gentiluomo, per far passare la designer, poi la seguì nell’atrio dello stabile << Tu sei la persona più professionale che io conosca, sono certo che sarai in grado di svolgere al meglio il tuo dovere. >> 
La lode del mago le strappò un sorriso grato e ampio, oltre a ravvivare il rossore che le tingeva le guance << Beh, grazie. Mi fa piacere sapere che pensi questo di me. In ogni caso, mi sento fra l’incudine e il martello. >> dopo essersi lasciata sfuggire un breve sospiro, drizzò la schiena e squadrò le spalle come a volersi dare forza da sola << A te come va il lavoro invece? >> 
<< Oh, oggi si inizia alla grande: una disputa fra vicini. Spero di riuscire a strappare un accordo perché, se dovessimo comparire di fronte a un giudice, non credo che vinceremmo la causa. >> superarono la fontana e si diressero, fianco a fianco, verso il grande portone del Residence << Peccato che non tutti possano avere un buon rapporto come quello che c’è fra noi due. >>
<< Già. >> mormorò la strega, mentre il compagno guardava verso sinistra.
<< Beh, qui le nostre strade si dividono. >> commentò, inclinando il capo << Tu verrai al party dei Conti? >> 
<< Sì, ho ricevuto l’invito giusto ieri. >> 
<< Perfetto! Allora, nel caso non ci vedessimo prima, a venerdì! >> detto questo le sorrise, come saluto di commiato, per poi voltarsi. 
Zelda si perse per qualche secondo a contemplare l’elegante figura dell’uomo, sottolineata dal completo che pareva essergli stato cucito addosso, poi si lasciò sfuggire un sospiro: mamma mia quanto era bello. Quando il biondo fu scomparso dalla sua vista, anche la donna si voltò e si diresse speditamente verso il suo ufficio. 
 
 
§§§
 
 
Upper Bay, New York
Magicwood
 
       

Un vociare allegro accompagnava ogni passo che Sherilyn compieva a Magicwood; ovviamente se si desiderava un minimo di silenzio bisognava rifugiarsi in uno sgabuzzino o all’interno di uno dei capannoni vuoti e non ancora utilizzati per qualche opera cinematografica. 
Nella Hollywood magica si respirava un’aria frizzante, piena di sogni e carica di un’elettricità ignota, come se qualcosa di grandioso si stesse per avverare. Ovunque si posasse lo sguardo si rimaneva affascinati da quello che si vedeva: una comparsa travestita da aliena che chiacchierava con un cowboy; un inserviente che faceva beatbox con un conduttore televisivo; un tizio che correva come un forsennato con un finto scheletro fra le braccia; oppure un uomo, di almeno sessant’anni, che si vantava delle sue ali iridescenti che la stilista aveva cucito per lui, il Re delle Fate. 
La sceneggiatrice adorava quel luogo così strano e unico, era di certo uno dei suoi posti preferiti in assoluto, e fu per quello che entrò con un ampio sorriso in uno di quei famosi capannoni in via di allestimento. 
<< Noto con piacere che sei di buon umore. >> commentò Tristan, quando la vide comparire.
<< Magicwood ha sempre questo effetto su di me. >>
<< Ti capisco perfettamente. >> i due si fermarono un attimo, per lasciar passare due addetti ai lavori che trasportavano cavi e luci di ogni genere e dimensioni 
<< Avrei preferito che a questo punto avessimo già iniziato le riprese. >> ammise il regista, indicandole un angolo alla loro destra dove un ricco buffet era stato messo a disposizione del personale. 
<< Nessuna produzione cinematografica inizia nei tempi stabiliti, non preoccuparti. >> lo rassicurò la sceneggiatrice, ricambiando il sorriso nella speranza di alleviare almeno in parte la tensione dell’uomo << In ogni caso vedo che siete a buon punto, entro la prossima settimana potrete iniziare le riprese. >> 
Tristan annuì, leggermente rincuorato dalle parole della collega, intanto che si versava il secondo caffè della mattinata << Sì, farò in modo che sia così. A costo di dover aiutare a montare i pannelli. >> 
<< E se lo dice, è assodato che lo farà. >> commentò una voce profonda e divertita alle loro spalle. Noah si avvicinò ai due, con le mani sprofondate nelle tasche della tuta grigia, e un sorriso sornione ad abbellire il bel volto. 
<< Dove ti eri andato a nascondere? >> gli chiese il regista, portandosi la tazza alla bocca, anche se nutriva qualche sospetto, visto che l’amico aveva la maglietta intrisa di sudore.
<< Uh? Mi stavo allenando con gli stuntman. >> disse, confermando la supposizione del moro << Devo essere pronto per quando cominceremo a filmare. >> 
<< Vedi di non romperti qualche osso, altrimenti… >>
<< Altrimenti tu mi spaccherai le restanti 205, giusto? >> domandò retorico l’attore, allungandosi per prendere una mela dal cesto della frutta e facendo sentire in colpa Sherilyn che aveva optato per un brownies.
<< Certo che voi due avete un rapporto davvero strano. >> commentò la sceneggiatrice, addentando il dolce irresistibile. 
<< Già, ma in fondo siamo un regista e un attore: non ci si poteva aspettare di meno. >> commentò Tristan divertito, mentre l’amico si rivolgeva verso la strega. 
<< Volevo di nuovo farti i complimenti per la sceneggiatura del film, più la rileggo e più me ne innamoro. Vogliamo poi parlare del colpo di scena finale? Davvero magistrale. >>
La ex Serpecorno, di fronte a tutto quell’entusiasmo, si intenerì e in parte si imbarazzò << Sono felice che ti piaccia, in fondo sarai il protagonista. >> 
<< E prometto che gli renderò giustizia. >> annunciò seriamente, portandosi una mano al cuore << E a proposito di questo, devo farti qualche domanda sul carattere di Nathaniel. Voglio essere certo di averlo compreso appieno. >> 
<< Certamente. >> disse Sherilyn con gli occhi che le luccicavano, pronta immergersi nel mondo e nei personaggi che aveva creato << Chiedi pure tutto quello che vuoi. >> 
Prima però che Noah potesse spiccicare parola, intervenne il regista << Forse è il caso se ci andiamo a sedere, per non essere di intralcio alla troupe. Inoltre anch’io ho alcuni quesiti da porti. >> 
La donna annuì compita, felice di aver trovato due persone che, come lei, amavano completamente quello che facevano e desideravano, non solo fare un buon lavoro, ma anche accurato, nel pieno rispetto di quello che lei aveva ideato.
 
 
§§§
 
 
Royal Residence Park,
Parco Privato
 
   
 
I raggi del sole ricadevano fra le fronde degli alberi, creando dei giochi di luce in cui l’oro si univa al verde smeraldo; pareva di essere in una radura fatata e non in un parco in piena New York. Camminando lungo il sentiero, Camila osservava tutto ciò che la circondava con curioso interesse, mentre il suo animo d’artista registrava ogni cosa, anche il più piccolo dettaglio. Un sommesso ringhio la fece voltare vero il suo Ocelot, che era balzato su un ramo basso di un ippocastano, nel vano tentativo di acchiappare una bianca farfalla.
<< Dalì, vieni qui. >> lo richiamò dolcemente e il felino, dopo aver lanciato un’occhiata desiderosa alla sua preda ormai lontana, scese con un balzo. << Bravissimo. >>
Sapendo che si stavano avvicinando a una zona molto più frequentata, la pittrice legò il guinzaglio alla pettorina dell’animale, per poi riprendere la passeggiata. Superarono l’ultima fila di alberi e giunsero al laghetto. Poco distante, disteso sull’erba da poco tagliata, stava Camden che, tenendo le braccia incrociate dietro la testa e un paio di occhiali da sole sul naso, si crogiolava sotto i caldi raggi del sole di inizio giugno. 
<< È strano vederti fuori dal tuo appartamento con il sole ancora alto. >> commentò la corvina, quando si fu accostata all’uomo che era nudo dalla cintola in su << Sei davvero tu? >>
Il mago, che si sentì pizzicare il braccio, arricciò le labbra per trattenere il lamento che gli era risalito fino alla bocca << Certo che sono io. >> bofonchiò indispettito.
Trattenendosi la lunga gonna rossa contro le gambe, Camila gli si accomodò vicino << Allora? Come mai sei qui al parco? Lo sai vero che sono le undici e mezza di mattina? >>
<< Ovvio che so che ore sono, anch’io ho un orologio. >> il moro allungò una mano per grattare il muso di Dalì, che gli si era avvicinato per annusarlo.
La strega attese qualche secondo, poi, quando capì che non avrebbe risposto alla sua domanda, allungò un dito e glielo ficcò nel fianco.
<< Oh, ma sei impazzita?! >> 
<< Dimmi cosa ci fai qui. >> gli ingiunse, assottigliando i suoi particolari occhi in due fessure << Ti rendi conto che il fatto che tu sia al parco, in piena mattina, è sospetto? >>
Roteando gli occhi al cielo, il giovane si sollevò appoggiando i gomiti sul fresco terreno << Ci sono le signore delle pulizie nell’appartamento e ho il divieto di entrare fino a sera. >> 
Le labbra della pittrice si dischiusero, ma nessun suono venne emesso per diversi istanti, finché non si esibì in un breve e conciso << Eh? >>
<< Una volta alla settimana viene un’impresa di pulizie a pulire l’appartamento perché Brooklyn afferma che io viva in un letamaio quando lei non c’è. A quanto pare il residence, fra i suoi tanti servizi, offre una sanificazione completa dell’appartamento. >>
<< Ma perché non puoi rimanere in casa mentre fanno questo procedimento? >>
Camden si grattò distrattamente la mascella irsuta << Mi è stato proibito. >>
<< Proibito? >> ripeté con tono divertito la donna, per poi inclinarsi verso di lui << Che cosa hai combinato? >>
<< Ho intrattenuto una delle cameriere in una maniera… non proprio consona, ecco. >> 
Quell’ammissione, fatta tra l’imbarazzo e il faceto, strappò una risata cristallina a Camila che attirò diversi sguardi incuriositi, tanto da coinvolgere poco dopo lo stesso Cam. 
<< Tu invece dove vai vestita così elegante? >> le chiese il mago, soffermando lo sguardo sulla gonna, che presentava uno spacco che si arrestava a metà coscia, un crop top nero in tinta con il cappello, dall’ampia falda, e un paio di sandali alla schiava. 
La corvina sollevò la spalla destra << Sto facendo una passeggiata con i miei bimbi. >>
<< Bimbi? C’è anche Togo? >> domandò l’uomo, che ormai si era sollevato e stava seduto con le gambe incrociate, per meglio accarezzare Dalì.
Per tutta risposta la donna si portò il pollice e l’indice alle labbra ed emise un fischio acuto. Dopo pochi secondi una figura nera planò su di loro, adagiandosi con grazia sulle ginocchia della strega, che gli accarezzò il capo con amore. Il tucano, dai vispi occhi viola, guardò con adorazione la padrona e arruffò le penne, tutto contento per le coccole che stava ricevendo. 
Studiando con un mezzo sorriso il becco arancione del volatile, Camden inarcò le sopracciglia divertito << Certo che io e te, con gli animali che ci ritroviamo, creiamo uno strano gruppo. >>
<< Vuoi dire che hanno sbattuto fuori non solo te, ma anche Stone Town? >> 
<< Già, sai le signore delle pulizie non apprezzavano le parolacce che rivolgeva loro. >> il mago si guadò brevemente intorno, finché non individuò il furetto che sbucava da dietro una siepe poco distante e che li osservava incuriosito << Eccolo là. >>
Lo Jarvey(3) inclinò per un attimo il capo di lato, poi corse velocemente verso di loro, fermandosi in mezzo alla piccola combriccola << Ehilà coglioni! >> li salutò allegramente, strappando una bassa risata a Camila e un sospiro esasperato al padrone. 
L’animale si avvicinò alla bella pittrice e le si strofinò contro, mormorando quanto fosse bella “una gnocca da paura”, prima che il moro lo afferrasse per la collottola, per poi posarselo sulla coscia << Sei disgustoso. >>
<< Parla il bello della famiglia. Io, almeno, sono adorabile, tu invece sei una scimmia spelacchiata. >> 
Ignorando la frecciatina del furetto, Cam si rivolse all’amica che stringeva le labbra per evitare di scoppiare in una risata fragorosa << Giuro, un giorno o l’altro lo annego. Soprassedendo sul mio strano animale da compagnia, ti va di pranzare insieme? Potremmo andare alla caffetteria, lì ormai si sono abituati a Stone. >> 
La strega accettò senza esitazione, sapendo che si sarebbe sicuramente divertita con Camden e il suo sboccato Jarvey. 
 
 
§§§
 
 
Palazzo Silver
 
   
 
La freccia si spostava silenziosamente da un numero all’altro, mentre l’ascensore saliva i piani: diretto all’ultimo, dove era collocata la piscina olimpica del residence. Benché il comprensorio fosse stato completamente modernizzato nel corso dei decenni, l’unica cosa che era stata mantenuta come originale, simbolo dei ruggenti anni venti in cui il residence era stato costruito, erano appunto gli ascensori dei vari palazzi, che davano quel tocco di vissuto e storico chic. Brenda, quando vi entrava, aveva come l’impressione di essere trasportata indietro nel tempo, riusciva perfettamente a figurarsi eleganti uomini nei loro gessati accompagnati da donne con abiti corti e sfrangiati, avvolte da voluminose pellicce. La ragazza appoggiata alla parete di fondo dell’ascensore abbassò gli occhi felini sul due pezzi, viola e verde, sul pareo intonato al costume e alle diverse collane che le adornavano il collo: se fosse saltata indietro nel tempo, così conciata, avrebbe come minimo fatto svenire le signore e causato una sincope ai gentiluomini. 
Il trillo allegro dell’ascensore che giungeva alla sua meta la distrasse dai suoi pensieri; si tirò giù gli occhiali da sole, che aveva usato a mo’ di cerchietto, sul nasino delicato e prese la borsa di paglia che aveva appoggiato per terra e uscì sul tetto. Notò con piacere che il luogo era praticamente deserto, c’erano infatti solo due donne, sulla cinquantina che chiacchieravano mentre si prendevano il sole, e un uomo, che invece era immerso nella piscina. Dirigendosi verso uno dei lettini più vicini, la blogger ebbe modo di studiare il prestante nuotatore, che fendeva l’acqua con ritmo cadenzato e con una velocità che avrebbe fatto invidia anche a una sirena. Quando toccò il bordo della vasca e sollevò il capo, Brenda non ebbe bisogno più di tre secondi netti per riconoscerlo, il tempo in realtà concesso prima che l’uomo riaffondasse. Quello che aveva davanti era nientepopodimeno che Joël Dominik Webster: scrittore di punta della MagicBooks, la più grande casa editrice magica degli USA, che con il suo ultimo romanzo, “Central Park”, era stato in vetta a tutte le classifiche letterarie per settimane, se non addirittura mesi, senza poi contare che rientrava sempre nella top five degli uomini più affascinanti delle riviste patinate. 
I verdi occhi della giovane si illuminarono: doveva intervistarlo per il suo blog, cosa però non facile visto che era risaputo che l’uomo non era un amante dei giornalisti o delle luci della ribalta. La cosa ovviamente non la scoraggiò neanche un po’. Abbandonò la borsa su uno dei lettini, solo dopo però aver estratto il suo telefono e un piccolo blocco per gli appunti, con una penna infilata negli anelli che tenevano uniti i fogli. Legatasi i capelli in una disordinata, ma affascinante, crocchia, la reporter si diresse all’estremità della vasca verso cui si stava dirigendo la sua preda, si accosciò e attese. 
A Joël, quando riaffiorò dall’acqua, sfuggì un singulto di pura sorpresa appena si accorse della donna che lo attendeva.
<< Buonasera. >> il saluto allegro suonò ancora più strano alle orecchie dello scrittore, che si domandava cosa diavolo volesse da lui.
<< Buonasera. >> replicò con circospezione, passandosi una mano sul capo per ravviarsi indietro i capelli. 
<< Giuro, non sono una stalker e nemmeno un paparazzo. Vivo nel palazzo Gold, 4B, e mi chiamo Brenda Moolenar, piacere di conoscerti. >> 
Joël strinse le dita affusolate che gli erano state piazzate a due centimetri dal viso e si presentò a sua volta. Dopo di che appoggiò i palmi sul pavimento di pietra e, con una contrazione fantastica dei muscoli, uscì dalla piscina.
<< Cosa posso fare per te Brenda Moolenar? >> 
La donna, che si era alzata a sua volta, inclinò il capo all’indietro, in modo da poter guardare negli occhi il suo interlocutore, più alto di lei di diverse spanne, e gli regalò un sorriso malandrino << So che quello che sto per dire sarà un punto a mio svantaggio, ma credo che nella vita bisogna tentare il tutto per tutto: ebbene sono una blogger e volevo chiederti un’intervista. >> 
Lo sguardo di Joël si offuscò << Se ne vuoi una dovrai contattare il mio manager o la casa editrice. >> detto questo la circumnavigò e si diresse verso una sedia a sdraio su cui aveva abbandonato il suo telo da bagno. 
Brenda rimase per un secondo a osservare il fantastico didietro dell’uomo, fasciato da un costume bianco con sottili linee azzurre, poi ritornò alla realtà << So che detesti questo genere di situazioni, ma ti posso assicurare che sono molto brava nel mio lavoro e il tempo che passerai in mia compagnia volerà via in un battito di ciglia, te lo posso garantire. Ti piacerà chiacchierare con me. >> 
Strofinandosi i capelli con il telo, lo scrittore le lanciò un’occhiata scettica << Sono in molti a dirmelo, ma nessuno poi ha mantenuto la parola. >> 
La reporter fissò gli occhi in quelli chiari del suo interlocutore, se li avesse abbassati anche solo di qualche centimetro probabilmente avrebbero perso l’uso della parola << Piacere, io sono l’eccezione che conferma la regola. >> 
A quella battuta Joël non riuscì a trattenere un piccolo sorriso, che venne accolto dalla ex Tuono Alato con grande gioia e giubilo: nella sua mente aveva già estratto le maracas per festeggiare la vittoria ormai vicina << Facciamo così, ti propongo un’intervista last minute. >> 
<< Last minute? >> 
Brenda gli si fece vicino, con un ampio sorriso che le illuminava il volto << Esatto, concedimi solo dieci minuti e se, alla fine non sei soddisfatto, non pubblicherò nulla di quello che ci diremo. >> 
Lo scrittore accarezzandosi il mento, squadrò la bizzarra donna che gli stava di fronte: era indubbio che avesse un debole per le personalità particolari, di cui lei era un’evidente esponente, e di certo lui non era uno che si tirava indietro di fronte a una sfida. Distese l’asciugamano sullo schienale della sedia a sdraio e le fece cenno di accomodarsi di fronte a lui.
<< Va bene, che intervista last minute sia. >> 
Un gridolino di gioia, misto a pura soddisfazione, sfuggì dalle labbra della giornalista che lo ringraziò, per poi andarsi ad accomodare sullo sdraio indicatole dall’uomo.
Joël preso il suo cellulare, si sedette a sua volta e, visto che la giovane aveva già fatto partire la registrazione con il suo smartphone, impostò il cronometro e lo fece partire << È la prima volta che prendo parte a un’intervista del genere. >> 
<< Oh bene, vogliamo iniziare con il botto? Joël Webster mi parlerà delle sue prime volte? Mi piace! >> 
Lo scrittore, a quelle parole, si lasciò sfuggire una bassa risata: non si poteva di certo dire che non fosse un inizio promettente. 
 
 
§§§
 
 
Giovedì 7 Giugno 
Palazzo Bronze, Terrazzo Botanico
 
   
 
A Budhil, solitamente, dopo una serata particolarmente impegnativa, piaceva uscire con gli amici per distrarsi e lasciarsi lo stress del lavoro alle spalle oppure sprofondare in un sonno profondo, di quelli in cui scivoli senza neanche accorgertene, per poi risvegliarti il giorno dopo con il corpo pesante, ma stranamente rigenerato. Quella notte però, dopo aver sistemato la cucina e aver salutato i colleghi, non si diresse in qualche locale notturno e nemmeno nel suo appartamento, bensì si appropriò di qualche mini dessert di Gloriana, lasciato intatto da qualche cliente incivile, e si diresse verso il palazzo Bronze. Quando giunse sul terrazzo e si trovò circondato dal curato e bellissimo giardino botanico, percepì distintamente un po’ della tensione abbandonargli le spalle. Aveva sempre paragonato quel luogo a un’oasi di tranquillità e beatitudine in mezzo alla confusione e alla sporcizia della città metropolita; da lì il cielo sembrava più vicino e luminoso. 
Muovendosi lungo il ciottolato, illuminato da delicate e piccole lampadine su fili disposti lungo il sentiero, si diresse verso il cuore di quel labirinto, fatto di piante e arbusti, dove si trovava una serra completamente di vetro. All’interno di questa erano tenuti con cura alcuni degli esemplari di fiori più rari esistenti al mondo e Buddy vi entrò con cautela, con la stessa devozione che un credente utilizzerebbe nell’entrare in un santuario. Il giovane, guardandosi attorno, si domandò se questa non potesse essere davvero la casa di Shiva o Ganesha: i fiori dai mille e più colori, le luci riflesse dal vetro, che rischiaravano l’ambiente con raggi soffusi, e le gocce d’acqua disposte su foglie e petali che parevano minuscole perle brillanti, creavano un ambiente suggestivo e da togliere il fiato. 
Facendo dondolare delicatamente la scatola che portava con sé, si incamminò verso il fondo della serra, dove si trovava una scala a chiocciola che portava a una sottospecie di piano superiore. In pochi lo conoscevano, visto che era una specie di piano rialzato dove i giardinieri tenevano parte della loro attrezzattura, ma era accessibile a tutti ed era il luogo migliore dove poter osservare il cielo di New York. Budhil aveva appena superato la botola con il capo, quando si vide minacciato dalla punta di una bacchetta.
<< Chi sei? >>
Per istinto il mago sollevò la mano con la scatola, visto che l’altra era posata sul corrimano << Sono Budhil Ravi, il capo chef dello Spearhead. >> con estrema calma e non perdendo di vista la giovane donna dai corti capelli castani, appoggiò il contenitore sul piano di legno, portandosi poi la mano al petto, dove si trovava la taschina della camicia, per estrarne la targhetta d’identificazione << Ecco, guarda tu stessa. >> 
La ragazza prese al volo il piccolo oggetto rettangolare, di un materiale semi trasparente, su cui erano incise le generalità dell’uomo. Sherilyn sapeva che il passe-partout era incantato: non poteva essere duplicato in alcun modo e funzionava solo in mano al suo legittimo proprietario. 
Sollevò gli occhi scuri sul nuovo arrivato e contemporaneamente abbassò la bacchetta, facendo tirare un sospiro di sollievo all’uomo << Scusami tanto… >>
Budhil, ripresa la scatola, finì di salire le scale e non le permise di continuare oltre con le sue scuse << Non preoccuparti, è più che comprensibile che ti sia spaventata. >>
<< A mia discolpa posso solo dire che non credevo che qualcun altro conoscesse questo luogo o che avrei incontrato qualcuno qui, soprattutto passata la mezzanotte. >> Sherilyn, dopo avergli riconsegnato la targhetta, si allontanò di qualche passo, avvicinandosi al suo telescopio, posto in mezzo al soppalco, per giocherellarci imbarazzata. 
<< Oh, credo che lo conosciamo solo tu e io, oltre i giardinieri ovviamente. >> Buddy sollevò il capo verso il soffitto a cupola, dove la luna rispendeva in tutta la sua gloria; notò così che alcuni pannelli di vetro erano stato spostati e che il telescopio puntava proprio in quella direzione << Sei venuta quassù per osservare il cielo… scusami tanto, ma non ho la più pallida idea di come ti chiami. >> 
La sceneggiatrice sorrise imbarazzata << Sherilyn Leeron. >> 
<< Piacere di conoscerti Sherilyn. >> la salutò allegramente il cuoco, dirigendosi verso la coperta distesa al centro del pavimento, su cui erano stati adagiati anche una decina di cuscini di varie dimensioni << Ti dispiace se mi unisco a te? Come mercanzia di scambio posso offriti dei deliziosi dolci. Però se preferisci me ne torno da dove sono venuto, non aver paura a dirmi se la mia presenza è sgradita. >> 
La ragazza scosse la testa con vigore << No, accomodati pure. È bello condividere il cielo notturno con qualcun altro, anche se un perfetto estraneo. >> soprattutto se questo offriva dei dolci, una delle sue debolezze. Udì vagamente la sua coscienza, che parlò stranamente con la voce di sua madre, che le raccomandava di non accettare dolciumi dagli sconosciuti. 
<< Ehi, ormai non siamo più degli estranei: sappiamo come ci chiamiamo e tu sai che lavoro faccio, anche se io non so il tuo… >> Budhil, che si era accomodato e aveva appoggiato la scatola al suo fianco, la squadrò con fare fintamente investigativo << La butto lì, sei un’astronoma o un’astronauta? >> 
Sherilyn, facendosi sfuggire una bassa risata, si sedette a sua volta vicino al nuovo compagno << No, in realtà sono una sceneggiatrice. >> 
<< Una scrittrice con la passione per l’astronomia, fico! >> 
Il cuoco spostò il contenitore tra loro due e lo aprì con cura, rivelando una serie di mini dessert raffinati e dall’aspetto più che invitante << Serviti pure senza fare complimenti. Gloriana, la mastra pasticcera del residence, è la migliore di tutta New York. >> vedendo però che esitava, le porse una cheesecake mignon con sopra uno strato di piccole meringhe e sottili fettine di frutta di stagione, il tutto abbellito da una primula. 
La ragazza osservò l’uomo prendersi invece una mini crostatina al pistacchio, con sopra scorza di lime e una meringa, e gustarsela in due morsi. All’udire i bassi mormorii di puro piacere causati dalla leccornia e vedendo l’espressione di pura estasi dipingersi sul suo volto, Sherilyn distolse in fretta lo sguardo e prese un morso del suo dolce. Ogni sapore e ogni fragranza le solleticarono con delicata forza le papille gustative, facendola sciogliere in un gemito di autentico godimento. 
<< Buono, eh? >> 
La sceneggiatrice si portò le dita alla bocca, imbarazzata dal suono emesso, e si limitò ad annuire. 
Notando il rossore che le imporporava il viso, Buddy le posò il dorso della mano sulla guancia, preoccupato << Tutto bene? Non è che Gloriana ha messo qualche spezia troppo piccante nella cheesecake? Sei diventata tutta rossa… >>
A quell’osservazione il disagio della giovane aumentò, quindi, per alleviarlo, si scostò e guardò l’orologio che teneva al polso << Fra circa mezz’ora sarà possibile vedere l’asteroide. >> 
<< Come scusa? >> 
Di fronte alla confusione del cuoco, Sherilyn inclinò il capo e tornò a posare lo sguardo su di lui << Non sei venuto qui per vederlo? >> 
<< No, in realtà volevo solo osservare il cielo notturno… >> puntando brevemente gli occhi sulla volta celeste, l’uomo si animò tutto e sorrise elettrizzato alla compagna << Davvero sta per passare un asteroide? A che distanza dalla Terra? >> 
<< Circa 170 milioni di km. >> 
<< Incredibile… hai detto che passerà tra mezz’ora? >> al cenno affermativo della ragazza, Buddy si distese sul pavimento, appoggiando il capo su una montagna indefinita di cuscini, e tornò ad ammirare il cielo notturno << Allora per passare il tempo potremmo farci delle domande a testa e dovremo rispondere solo con la più assoluta verità. Ti va? >> 
Per un attimo Sherilyn esitò, poi si lasciò sfuggire un piccolo sospiro e si strinse nelle spalle << Perché no? >> si distese al fianco del mago, posando la testa vicino alla sua << Posso iniziare io? >>
<< Certo. >> 
<< Qual è la tua più grande passione? >> 
Budhil posò una mano dietro la testa << Beh, oltre al cucinare, che mi pare un po’ scontato visto il mio lavoro, amo rappare, sono particolarmente bravo nel freestyle. >> 
La scrittrice si voltò di scatto verso di lui << Davvero? Forte! Non ho mai conosciuto qualcuno che facesse rap. Mi fai sentire qualcosa? >> 
<< Uhm, ok. >> schiarendosi la gola, leggermente imbarazzato, buttò giù qualche rima iniziando a gesticolare con la mano libera, come solo i veri rapper sanno fare << In una notte stellata / Ho conosciuto un’estranea scatenata / Che con la bacchetta mi ha minacciato/ Per fortuna o per miracolo non sono rimasto ammazzato. / Attendendo l’asteroide che c’ha unito/ La stupisco con un mio freestyle inedito/ Yo! >>
L’improvviso applauso lo fece sobbalzare, anche se l’entusiasmo della ragazza gli fece comparire un sorriso a trentadue denti sul volto << Grazie. >> 
<< Grazie di cosa? Sei stato fantastico! >> 
Budhil scosse le spalle, in un vano tentativo di dimostrarsi modesto, poi puntò lo sguardo sulla ragazza << Ora tocca a me, dimmi una cosa che non sopporti. >> 
Sherilyn arricciò per un attimo le labbra << Direi i mezzi pubblici all’ora di punta, troppo affollati per i miei gusti. >> 
<< Allora come fai a spostarti per questa città che è più che sovraffollata? >>
<< Diciamo che aiuta molto il fatto che io sia una strega. >> quelle parole vennero accolte da un accenno affermativo e da un’espressione che pareva dire “Effettivamente”. La sceneggiatrice si girò su un fianco, con gli occhi che le luccicavano di curiosità << Tocca di nuovo a me. >> 
<< Ti sta piacendo questo gioco, eh? >> 
<< Parecchio, è un modo molto divertente per conoscere una persona. >> poi gli diede un leggera spintarella << Non cercare di distrarmi, allora qual è la pietanza che non riesci a mangiare? >> 
<< Gli insetti. >> di fronte al volto orripilato della ragazza, Buddy non riuscì a trattenere una fragorosa risata << Guarda che in molte culture è un alimento comunissimo. >> 
Sherilyn fu percorsa da un lungo brivido di puro disgusto << Giuro che mentre ti facevo la domanda stavo pensando alle frattaglie, ora però concordo con la tua risposta. >> 
<< Ma le interiora sono buone! >> 
La scrittrice l’additò << Io e te abbiamo gusti decisamente diversi. >> 
<< Vieni nel mio ristorante e ti farò ricredere. >> 
Inarcando le sopracciglia, la ragazza lo squadrò << Ah! Vorrei proprio vedere. >> 
Allungandole una mano, sollevò il mento con fare arrogante << Facciamo una scommessa: se ti piaceranno le mie frattaglie mi dovrai rivelare un tuo segreto, altrettanto farò io se dovessi perdere. >> 
La sceneggiatrice gli strinse le dita, socchiudendo gli occhi con aria di sfida << Ci sto! >> poi tornarono a farsi domande a vicenda, come se nulla fosse.
 
 
§§§
 
 
Piazza della Fontana

       

<< Certo che siamo due fogne. >> 
Henry, che si stava godendo la sua ciambella glassata, sollevò lo sguardo sull’amico che lo affiancava << Perché? >> 
Aaron sgranò gli occhi chiari << Beh, se ripenso a quello che ci siamo appena ingurgitati per colazione e al fatto che ora ci stiamo pure mangiando dei donuts mi sento vagamente male. >> 
<< Male a causa di un’indigestione o per i sensi di colpa? >> 
L’ex Grifondoro si posò la mano libera sull’addome, inclinò il capo e ci pensò un attimo << Direi per i sensi di colpa, ma forse è meglio non sovraccaricare ulteriormente il mio povero stomaco. >> 
<< Oh, lascia perdere i rimorsi. >> Henry, finita la ciambella, lanciò la carta oleata in un cestino per la spazzatura, facendo centro << Insomma, ci alleniamo praticamente ogni giorno e facciamo dei lavori stressanti, il cibo è l’unica gioia in questo tetro universo. >> 
Aaron si ritrovò d’accordo con l’amico di vecchia data e riconquistò così la sua solita verve, dopo aver abbandonato i sensi di colpa e aver finito, a sua volta, il donuts << Ti va di accompagnarmi un attimo in Portineria? Devo ritirare un pacco. >> 
L’ex Corvonero annuì distrattamente, intanto che estraeva il cellulare per rispondere a un messaggio che aveva appena ricevuto. 
I due, che si trovavano praticamente a ridosso dell’uscita, virarono a destra, verso una porta laterale che si trovava sotto l’arco. Saliti due gradini, entrarono in un’ampia, silenziosa e luminosa stanza, grazie alle grandi finestre che davano sulla strada, ma insonorizzate in modo da non udire i rumori del traffico cittadino. Benché il luogo fosse molto ampio, era occupato quasi per intero da: una serie di scaffali così alti da sfiorare il soffitto, un bancone a forma di “L” e un paio di poltroncine bianche, che erano state disposte contro una piccola porzione della parete di destra. Alla fine, lo spazio in cui si potevano muovere gli inquilini era di al massimo due metri per tre. 
Nonostante fosse relativamente presto, una giovane donna si trovava già nella portineria, appoggiata con grazia al bancone, mentre scriveva alcune annotazioni su di uno grosso scatolone. Aaron la riconobbe immediatamente e un sorriso contento gli illuminò il viso << Camila, che bello vederti! >> 
Sentendosi chiamare da una voce conosciuta, la strega si voltò e ricambiò il sorriso << Allora sono vere le voci secondo cui sei approdato anche tu a New York. >>
I due si scambiarono un rapido abbraccio. Dopo essersi allontanato dalla brasiliana, l’ex Grifondoro si strinse nelle spalle << Ho dovuto: il mio dispotico superiore mi costringe a inseguirlo a destra e a manca. >>  
<< Tristan mi ha raccontato dalla tua entrata in scena di ieri. Dove sono Happy e Choco? >> 
<< A casa con Will. Devo andare in ufficio e presenziare a una serie di riunioni noiose, quindi è meglio che stiano con lei che sicuramente si muovono e si divertono di più. Tu invece cosa ci fai qui? >>
<< Ritiro e consegno pacchi, in particolare sto inviando un numero spropositato di giocattoli alla mia nipotina. >> 
Gli occhi di Aaron si sgranarono e le diede un amorevole pacca sulla spalla << Il mio sconsiderato cuginetto mi ha detto che sei appena diventata zia, congratulazioni! Com’è che si chiama la piccola? >> 
<< Taissa ed è un vero angioletto. >> mostrandogli poi una delle tante foto che aveva nella galleria del suo smartphone. 
Henry, che aveva appena messo giù una telefonata con il suo assistente, affiancò i due amici << Non sapevo che tuo fratello avesse avuto una bambina, congratulazioni mia cara. Oh, ma è davvero deliziosa. >> 
Gli occhi eterocromi della donna si accesero di pura felicità, mentre inclinava il capo in un segno di ringraziamento e rimetteva il cellulare nella tasca posteriore dei jeans << Spero di poterla andare a trovare al più presto, anche se la vedo dura visto che mi sono stati commissionati altri due ritratti per il prossimo mese. >> 
<< Ahi… >> Aaron corrugò la fronte, sinceramente dispiaciuto per l’amica << Questa sì che è sfortuna. >> 
Dei passi pesanti attirarono l’attenzione dei tre che si voltarono verso gli scaffali, dai quali sbucò un individuo allampanato, dalla pelle color caffè e con dei rasta talmente lunghi da arrivargli all’altezza del bacino. I suoi abiti lo identificarono come uno dei tre portinai, ma non era necessaria la divisa per riconoscerlo; tutti infatti conoscevano Dylan, un ragazzo di ventisette anni, che lavorava part-time per il comprensorio da due anni: estremamente educato e simpatico, ma lento in ogni cosa e perso nel suo mondo almeno per il novantasette percento del tempo. 
<< Mi dispiace Signorina Borges se ci ho messo così tanto a trovare il suo pacco, ma qualcuno lo aveva messo fra le scatole del condomino 6A del palazzo Silver. >> disse con voce strascicata, mentre appoggiava il piccolo pacco rettangolare sul balcone
I tre amici pensarono all’unisono che quel qualcuno fosse sicuramente lui, per poi concentrare la loro attenzione sui suoi occhi sospettosamente arrossati. 
<< Cos’altro posso fare per lei? >> 
<< Ecco, avrei bisogno che questo pacco venisse spedito in Brasile. >> 
<< Oh? In Brasile? Deve essere un paese magnifico, mi piacerebbe visitarlo un giorno. >> cantilenò il giovane, mentre un sorriso ebete gli si dipingeva sul volto. 
<< Sono certa che ci riuscirai. >> lo rassicurò Camila. 
<< A fare cosa? >> le domandò Dylan, iniziando a giocherellare con l’anello dorato che gli adornava la narice sinistra.
La strega sbatté le palpebre un paio di volte << Ad andare in Brasile. >> 
<< Perché ci dovrei andare? >> 
I tre si guardarono spaesati, poi Henry prese in mano la situazione << Ok, credo che sia meglio ripartire dall’inizio. Dylan, la Signorina Borges avrebbe bisogno che spedissi quel pacco in Brasile. >> 
<< Figo. >> 
Dopo quell’unica parola non avvenne assolutamente nulla e i quattro continuarono a fissarsi in silenzio, almeno finché Aaron, roteando gli occhi al cielo, si sporse oltre al bancone, prese un timbro rosso, lo impresse sul cartone e lo rimise al suo posto << Bene Dylan, prendi il pacco e mettilo nella pila di quelli da inviare all’estero. >> 
Camila si allungò e diede uno schiaffetto sul dorso della mano del portinaio, che stava per riprendere quello piccolo, contenete i suoi colori importati dal Venezuela << No, quello grande. >> 
<< Sì giusto, scusi. >> il ragazzo prese finalmente il contenitore giusto e si voltò, ma con grande esasperazione dei tre si diresse verso gli scaffali, anziché verso i carrelli che sostavano lungo la parete di sinistra, sopra i quali svettavano i cartelli “Urbano”, “Extra-Urbano” ed “Estero”. 
Henry incrociò le braccia al petto, non riuscendo a capire se fosse più irritato o divertito dalla situazione << Dylan, stai andando dalla parte sbagliata. >> 
<< Eh? >> 
<< Oh per i mutandoni di Godric Grifondoro. >> sbottò esasperato Aaron, appoggiando una mano sul legno levigato e, grazie a una potente spinta, saltò oltre il bancone. Sottrasse dalle mani del giovane la scatola e la depose al suo posto, poi si voltò nuovamente verso di lui << Ora sarei io quello che ha bisogno di ritirare il suo pacco. Ti prego dimmi dov’è, che lo vado a recuperare personalmente. >>
L’afroamericano indicò uno scaffale sotto il bancone << È arrivato stanotte. >> 
L’inglese prese il piccolo involucro e ringraziò il portinaio, che ricambiò con un sorriso sognante, per poi dirigersi in una saletta privata lì affianco. I tre rimasero nuovamente in silenzio per qualche secondo, sinceramente attoniti. 
<< Beh, tutto è bene quel che finisce bene, no? >> sdrammatizzò Henry.
Camila e Aaron annuirono, mentre una bassa risata scuoteva la prima e il secondo li raggiungeva. 
<< Cosa ti sei fatto inviare da Londra? >> Henry allungò il collo per leggere il mittente << Per di più dalla sede centrale dell’Howard Company. >>
L’ex Grifondoro si esibì in un sorrisetto maligno, intanto che uscivano dalla portineria << Un mini tracciatore. >> 
Camila aggrottò le sopracciglia << Non dirmi che vuoi nuovamente seguire i movimenti di Willow, non credo che riusciresti a cavartela come l’ultima volta. >> 
<< No, questa volta la mia preda è Magnus. >> poi additò l’amica << Per quanto riguarda Will sono scusato: ero sinceramente preoccupato che l’uomo, che aveva incontrato su quel sito d’incontri, fosse un maniaco. Insomma chi si fida a uscire con uno sconosciuto con cui si ha solo chattato su internet? >>
<< Tre quarti della popolazione mondiale. >> 
<< Davvero così tanti? >> 
Henry annui serio e per tutta risposta Aaron mimò un “Wow” con le labbra. 
Camila sollevò la mano destra, visto che la sinistra sorreggeva le sue pitture << Esattamente dove pensi di mettere quel tracciatore? >> 
<< Ancora non lo so, ma deve essere qualcosa che si porta sempre dietro… chiederò consiglio alla nonna. >> 
<< Non credi che lo dirà a Magnus? >> 
Sia Camila che Aaron si voltarono verso il povero e ingenuo Henry. 
<< Quanto si vede che conosci poco la Contessa. >> lo compatì la pittrice.
L’ex Grifondoro avvolse un braccio attorno alle spalle dell’amico << Mia nonna non lo dirà mai a mio cugino perché la cosa la divertirà un mondo, in fondo è una sadica di primo livello lei. Sono certo che farà una scommessa con il nonno su quanto tempo Magnus impiegherà a trovare il tracciatore. >> 
Henry si scostò leggermente << Hai una famiglia davvero bizzarra. >> 
<< Non ne hai idea. >> 
La brasiliana tornò all’argomento principale << Rimane il fatto che non dovresti farlo. È la volta buona che Magnus ti strozza. >>
<< Rischio un’ulcera a causa di quell’uomo. A mali estremi, estremi rimedi. Se questo semplificherà il mio lavoro, anche solo un pochino, sono pronto a correre questo pericolo. >>
<< Sei completamente matto, ma sono davvero curiosa di vedere come si concluderà questa vicenda. >> la strega fece un passo indietro e indicò con il pollice alle sue spalle << Io vado, ho del lavoro che mi attende. >> 
<< Va bene, nel caso non ci vedessimo prima, a venerdì. >> Aaron le fece un cenno con la mano, imitato da Henry. 
Guardarono la donna allontanarsi, poi fecero altrettanto, superando l’arco e il cancello del residence. 
 
 
§§§
 
 
Upper East Side, 
Manhattan
 
      
 
Semola camminava, o per meglio dire saltellava, di fronte a lei mentre percorrevano uno stretto vicolo che li avrebbe condotti a Park Avenue. Buster Benton le cantava all’orecchio, con la sua voce ricca di emozioni, che “Non si tratta di soldi, non di fama / Tu sei quello che sei / Questo è il nome del gioco”. La chitarra si soprapponeva alla batteria e i brividi che ne scaturivano facevano ondeggiare a tempo di musica l’attrice, che regalò un sorriso divertito al suo cane quando questo si voltò verso di lei per vedere cosa stesse facendo. Quando però vide il cucciolo fermarsi, per poi spostarsi di lato, fu naturale per Malaika imitarlo e guardarsi così alle spalle. Quello a cui assistette aveva dell’incredibile: un uomo, con una tenuta sportiva, stava correndo come un disperato, urlando contemporaneamente qualcosa che lei non poteva udire, inseguito letteralmente da una mandria di reporter.
<< Ma che cazzo?! >> spostando le cuffie dal capo attorno al collo, l’ex Tuono Alato si piegò e prese in braccio il piccolo dobermann. Quello che galoppava verso di lei non era forse Noah Hansen?
<< Scappa, fuggi, evapora! >> la voce dell’attore, solitamente calda e profonda, aveva assunto una sfumatura isterica e decisamente acuta. Passandole accanto le afferrò il braccio, per trascinarla via con sé, visto che, se fosse rimasta lì, sarebbe stata di certo travolta dal folto gruppo che lo inseguiva << Non sei una tipa in grado di prendere decisioni in fretta, eh? >> 
Malaika, che stava cercando di tenere il passo dell’uomo, insomma voleva pur dire qualcosa che corresse dieci miglia ogni maledetta mattina, gli lanciò un’occhiataccia << Maddai? >> 
Usciti dal vicolo girarono a destra, schiavando passanti e ricevendo insulti in varie lingue. Malaika sentendo Semola agitarsi, aumentò la stretta su di lui, saltò con agilità oltre una vecchia cassetta dei giornali riversa a terra, poi si sistemò la borsa a tracolla, che le colpiva ritmicamente il fianco. Voltandosi notò che i loro inseguitori gli stavano ancora alle costole.
<< Di qua! >> Noah la strattonò all’improvviso in mezzo alla strada, per attraversarla di corsa. La donna ringraziò i riflessi pronti degli autisti newyorkesi, abituati ai pedoni suicidi, che inchiodarono o li schivarono all’ultimo, impedendo loro una morte orribile. Il belga scivolò addirittura sul cofano di uno dei veicoli, proprio come in uno dei suoi film d’azione, ricevendo anche qualche sparuto applauso per la performance.
Il gesto del mago, per quanto sconsiderato, permise loro di distanziare un po’ i giornalisti, ma i due non rallentarono, anzi aumentarono il ritmo e zigzagarono per le strade dell’Upper East Side, finché non trovarono un nascondiglio dietro a un cassonetto della spazzatura, in una viuzza maleodorante in cui i fumi di scarico appesantivano l’aria e rendevano la visuale offuscata. I due fuggiaschi udirono distintamente la mandria fermarsi all’imbocco del vicolo, parlottare tra di loro e, per fortuna, riprendere il loro cammino verso una delle arterie principali. 
Malaika, accovacciata su sé stessa e con Semola in grembo, attese qualche lungo minuto prima di alzarsi e sporgersi oltre il loro nascondiglio: pareva proprio che se ne fossero andati.
<< Questa volta me la sono davvero vista brutta. >> Noah, che si era alzato a sua volta, le sorrise raggiante << Un’esperienza emozionante, no? >> 
Per tutta risposta, Malaika arrossì vistosamente, ma cercò con tutte le sue forze di non sembrare una fan in procinto di svenire tra le sue braccia. La donna si era sempre vantata del suo aplomb e dei suoi nervi saldi, non poteva certo fare uno scivolone del genere proprio di fronte alla punta di diamante di Magicwood.
Si schiarì la voce e sperò che gli occhiali da sole da aviatore nascondessero in parte il suo rossore << Ora cosa hai intenzione di fare? >> 
Il mago si strinse nelle spalle, per poi allungare una mano e accarezzare la testolina di Semola, che uggiolò di gioia << Penso che gironzolerò qui attorno e poi tornerò a casa. >> 
L’attrice lo studiò con un’espressione stralunata << Lo sai vero che, quando capiranno che ci hanno perso di vista, se ne andranno al residence e si apposteranno davanti all’entrata, sì? >> 
L’uomo sollevò le mani come a dire “Che altro posso fare?”, facendo così sfuggire un sospiro alla modella che si avvicinò all’imbocco della strada per capire dove fossero. Riconoscendo il luogo, tornò dal suo bizzarro compagno d’avventura, tenendo ancora in braccio Semola, che, felice del nuovo gioco, iniziò a leccarle il lobo dell’orecchio per incitarla a riprendere la corsa.  
Appoggiato il cucciolo a terra e tenendo la presa salda sul guinzaglio, in modo che non scappasse, l’afroamericana afferrò il polso dell’attore e iniziò a tirarlo << Per pura fortuna, siamo arrivati vicino all’alimentari in cui mi stavo dirigendo prima che mi travolgessi. Lì troveremo una soluzione al nostro dilemma. >>
Guardandosi intorno con circospezione, Malaika fece un paio di passi sul marciapiede affollato finché non giunse alle strisce pedonali. Attesero che il semaforo diventasse verde e le attraversarono, poi imboccarono una via laterale in cui svettava, in tutta la sua allegria, l’Emporio Hernández.
<< Perché siamo qui? >> Noah, sinceramente incuriosito, si piegò verso la strega che si diresse verso l’entrata del negozio. 
<< Devo fare la spesa e sono certa che Lazaro saprà darci una mano per… renderti meno famoso. >> a quelle parole l’espressione del mago divenne palesemente perplessa, intanto che l’altra apriva la porta, con un conseguente scampanellio, e salutava ad alta voce il proprietario. 
L’uomo in questione, sulla cinquantina, basso, tarchiato, completamente pelato sul capo, ma con una folta barba, a ferro di cavallo, ad adornargli il mento, si trovava su un piano leggermente rialzato, dietro a delle vetrine in cui venivano esposti pezzi di carne di vario genere. Gli occhi grigi del mago si illuminarono quando riconobbe la voce della donna e spalancò le braccia, affrettandosi a raggiungerla, per stringerla in un abbraccio soffocante << ¡Bienvenida de nuevo, querida! >> scostandosi leggermente e guardando verso l’alto, visto che era più basso dell’attrice di almeno due spanne, le studiò il volto con fare serio << Sei dimagrita, pequeña¡Malo! >> per poi abbassarsi e dare delle vigorose carezze a Semola, che gli stava grattando gli stinchi per richiamare l’attenzione.
<< Infatti sono qui per rimediare, sta sera vorrei cucinare il chili di carne. Inoltre avrei bisogno che mi aiutassi con lui. >> chiarì, indicando l’uomo che sostava a pochi passi da loro e che fece un cenno di saluto con la mano. 
Prima ancora che uno dei due nuovi arrivati potesse aggiungere qualcosa, il messicano estrasse una mannaia dalla tasca del grembiule (cosa ci facesse lì, era un mistero) e la puntò contro Noah che, per istinto, sollevò il palmo delle mani << ¿Debo matarlo(4)? Cosa vuoi da questa niña? >>
La riccia scivolò fra i due, spostando con la punta delle dita la lama, e sorrise rassicurante a Lazaro << No, ho bisogno che mi aiuti ad aiutarlo. >> di fronte al sopracciglio inarcato dell’altro, si spiegò meglio << Siamo inseguiti da dei reporter e, visto che così conciato non può tornare a casa, dobbiamo camuffarlo in qualche modo. >> 
<< Il tuo amigo è famoso? >> 
<< ¡DIOS MÍO! >>
I tre si voltarono verso la porta ad arco, sulla parete opposta rispetto all’entrata, sotto cui si trovava un giovane, di circa diciassette anni, slanciato, con un pizzetto appena accennato e gli occhi grigi, identici a quelli del padre, che a momenti gli uscivano dalle orbite. 
<< Hola Ismael. >> lo salutò Malaika, che attirò l’attenzione del ragazzo, che poi fece saltare lo sguardo da lei al padre, dal padre a Noah e così di nuovo. 
Lazaro si voltò verso lo strano tizio che sostava in mezzo al suo negozio << Tu eres famoso. >> 
L’attore per tutta risposta scosse le spalle, come se non desse molto peso alla sua fama, poi regalò un sorriso al ragazzo paralizzato per lo shock che, per tutta risposta, emise uno strano gemito o probabilmente il suo ultimo respiro. 
Il proprietario schioccò le dita << Ismael, prepara lo necesario para cocer el chili di carne per Mal. Quanto manzo vuoi? >> domandò, rivolgendosi alla diretta interessata. 
<< Saranno sufficienti otto etti. >> 
L’uomo arricciò il naso << Fai un kilo, anzi no, meglio dos. >> 
La modella sollevò le braccia al cielo, domandandosi perché le avesse chiesto quanto ne volesse se poi faceva di testa sua, ma decise, saggiamente, di tenere la bocca chiusa. Semola, dal canto suo, si era steso docilmente sul pavimento, mentre gli occhietti vispi si muovevano da un umano all’altro.
Lazaro, picchiettandosi il mento con la parte piatta della lama dell’impressionante coltello, girò intorno a Noah, valutandolo attentamente ed emettendo degli strani gorgoglii << Tu eres muy alto. >> 
L’attore, non sapendo bene cosa rispondere a una tale ovvietà, strinse le labbra << Colpa del mio sangue belga. >> 
<< Potremmo trasfigurare gli abiti. >> propose l’uomo, ignorando la battuta dell’altro che si ritrovò a pensare che aveva a che fare con un pubblico difficile. 
<< Se tu ne sei capace sarebbe fantastico, io avevo un Accettabile stiracchiato a Ilvermorny e, sinceramente, non voglio essere quella che trasforma per sbaglio in una teiera il più famoso attore di Magicwood. >> 
Dall’espressione scoraggiata del messicano, la donna comprese che anche lui non era abile nella materia, quindi si girò verso il diretto interessato, che inarcò le sopracciglia << Non guardare me, io avevo Scadente. >> 
<< Come Ismael. >> commentò Lazaro, per poi voltarsi vero il figlio che stava trafficando in mezzo alle spezie << Vai a prendere i tuoi abiti di ricambio, tu ed este tizio siete alti uguali. >> 
Il ragazzo non se lo fece ripetere due volte e, abbandonato il cestello che stava riempendo, corse oltre la porta ad arco che conduceva al magazzino e a una saletta privata. 
<< Bisognerebbe cambiare quanto meno el color de pelo. >> il proprietario indicò i capelli del giovane, che si guardò nel riflesso della vetrina. 
<< È una buona idea. >> 
I due uomini si voltarono verso Mal, che sbottò in un preoccupato << Che c’è? >>
<< Sei l’unica che aveva un voto che rientrava nella sufficienza in Trasfigurazione, tocca a te. >> Noah le si avvicinò con un sorriso rassicurante. Appoggiò le mani sulle ginocchia, in modo da essere alla sua altezza, visto che li separavano una cosa come dodici centimetri, e le fece un occhiolino scherzoso. 
La modella arrossì leggermente << Se ti trasfiguro in un porta ombrelli non puoi lamentarti, chiaro? >> 
<< Parola di lupetto. >> fissando gli occhi chiari sul viso della riccia, inclinò il capo e le regalò un sorriso affascinante << Non avevo notato che avessi le lentiggini. Adorabile. >> 
Malaika sentì distintamente lo stomaco stringersi in una morsa, ma mantenne il suo contegno e assottigliò gli occhi << Se non vuoi che combini un pasticcio, non distrarmi. >> quindi estrasse la lunga bacchetta dalla borsa a tracolla, appoggiò con delicatezza la punta sui capelli dell’attore e mormorò a bassa voce l’incantesimo. 
Noah, non sentendo nulla di nuovo, osservò la donna allontanarsi da lui di un passo, affiancando Lazaro, che aveva posato la mannaia nuovamente nella tasca del grembiule, e vide entrambi inclinare il capo di lato << Che c’è? Al posto dei capelli mi sono comparsi dei fiori? >> 
<< No, per fortuna no. Però diciamo che il colore non è esattamente quello che avevo immaginato. >> 
Il belga si rimirò di nuovo nella vetrina e notò così che i suoi cappelli e la sua curata barba scura avevano assunto una tonalità simile all’azzurro sbiadito << Cosa avevi in mente? >> 
<< Un bel rosso accesso. >> 
<< Ah. >> Noah si passò una mano sul capo << In ogni caso, mi dona. >>
Quando si voltò, l’attore trovò al suo fianco Ismael che gli consegnò, con reverenza, una camicia di jeans, un paio di pantaloni e un trilby(5). Ignorò i secondi perché sapeva che non gli si sarebbero mai stati, riconsegnandoli con un sorriso al mittente, quindi, in barba al pudore, si tolse la maglietta sportiva e indossò la camicia. 
Malaika, che non aveva distolto lo sguardo (perché col cavolo che si perdeva l’occasione di ammirare dal vivo il petto più sexy della costa Est), corrugò la fronte quando notò che l’indumento gli stava in lunghezza, ma non esattamente in larghezza. L’uomo infatti era riuscito a chiudere solo i tre bottoni centrali, lasciando intravedere i pettorali e l’ombelico, con la sexy peluria che scompariva oltre il bordo dei pantaloni della tuta.
<< Sei a tuo agio? >> 
<< Sì. >> il belga si ravviò i capelli e indossò il cappello << Perché? >> 
La strega ignorò la domanda, decidendo, saggiamente, di spostare la sua attenzione su Lazaro, che le stava sistemando la spesa, per evitare di iniziare a sbavare. 
<< Anche tu devi cambiare in qualche modo il tuo aspetto. >> le fece presente l’attore, che studiò il profilo dell’afroamericana con curiosità, soffermandosi sul nasino leggermente all’insù.
<< Io non sono così famosa, almeno non come lo sei tu. Per me è sufficiente fare questo. >> si tolse la borsa a tracolla e gliela porse insieme al guinzaglio di Semola, che stava ancora spaparanzato per terra, poi si levò la giacca nera e grigia e la rivoltò, mostrando che era double face. Dopo essersi infilata la giacca, ora bianca, ed essersi riappropriata della sua borsa e del cane, si raccolse i capelli in una coda e consegnò i suoi Ray Ban a Noah << Servono più a te che a me. >> 
Il mago prese gli occhiali da sole e, contemporaneamente, la riccia pagò la spesa con la carta di credito. Stava per afferrare la busta, quando gli venne sottratta. 
L’attore le sorrise birichino << È il minimo che io possa fare e poi >> intrecciò le dita alle sue << così ci prenderanno per una coppietta. >> 
L’afroamericana abbassò lo sguardo sulle loro mani unite, annuendo in modo meccanico, mentre il belga salutava allegramente padre e figlio, promettendo che sarebbe tornato a trovarli e avrebbe riportato loro gli abiti che gli avevano prestato. La modella, decisamente spaesata, si guardò intorno, salutò a sua volta gli Hernández e si fece sospingere fuori insieme a Semola, tutto contento che la passeggiata ricominciasse. 
L’aria e il rumore della metropoli fecero riprendere Malaika, che si scrollò di dosso il senso di smarrimento in cui era scivolata e camminò a fianco a Noah con naturalezza, nonostante avessero due falcate decisamente diverse. Il senso di imbarazzo e di vago disagio di Mal però impiegò un po’ più di tempo a sparire; va bene che era una professionista, ma era anche un essere umano e tenere per mano uno dei propri idoli non era una cosa da tutti giorni. 
Inizialmente la loro conversazione fu piuttosto banale e dettata dalle solite domande di circostanza, probabilmente anche dal fatto che si guardassero intorno come se avessero paura che un giornalista saltasse fuori da un tombino per scattar loro una foto a tradimento. 
Poco distante dall’alimentari, incrociarono per davvero due reporter che, a quanto pare, si erano staccati dalla mandria. Gli erano passati talmente vicini che la strega avrebbe potuto sfiorare il braccio di uno di loro. Presumibilmente il cambio di look di Noah e il fatto che l’attrice si era praticamente avvolta come una piovra al suo avambraccio, in quelle pose tipiche da fidanzata appiccicosa, avevano permesso loro di superarli senza attirare l’attenzione. Dopo questa prova del fuoco si rilassarono e iniziarono a godersi quella chiacchierata inaspettata, facendo passare in fretta i restanti quindici minuti che li speravano dal residence.
<< Mi stai dicendo davvero che ti piace leggere i saggi socio-politici? Non ti addormenti? >> 
Noah scosse la testa << No, li trovo interessanti: ti permettono di capire quello che avviene ogni giorno nel mondo in maniera più analitica e, in certi sensi, a prevedere quello che faranno i nostri leader. >> 
Malaika inclinò il capo di lato, con un’espressione che era un misto di ammirazione e totale incredulità << Continuo a preferire i romanzi rosa, mi dispiace. >> 
<< Che genere di rosa? Anche quelli osé? >> le domandò il belga, alzando su e giù le sopracciglia come un cattivo dei vecchi film.
<< Soprattutto quelli erotici: danno un sacco di spunti interessanti. >> Mal però interruppe la conversazione sporgendosi oltre l’incrocio per vedere se i giornalisti fossero effettivamente davanti all’entrata del residence e, purtroppo, la sua previsione era giusta << Maledizione. >> 
L’attore, che era ancora perso nella rivelazione di poco prima, si sentì strattonare la mano e quindi abbassò lo sguardo sulla riccia << Sì? >> 
<< Hai una qualche idea su cosa fare a questo punto? >> 
Dopo essersi sporto a sua volta, Noah si grattò la barba azzurrognola con fare meditabondo << Ci avviciniamo più che possiamo e, quando siamo a un paio di metri di distanza, ci fiondiamo oltre i cancelli. >> 
<< E se ci accerchiano o ci notano prima? >> 
<< Non ti preoccupare, ti proteggo io. >> 
La strega si morse l’interno delle guance, non sapendo se fosse più forte l’istinto di sciogliersi in un sorriso ebete oppure quello di tirargli un pugno sulla spalla << Grazie, ma so cavarmela da sola. Al massimo potrei lasciarti in mano alle belve e fuggire, tanto sei tu quello che vogliono. >> 
<< Ehi! >> sbottò il belga, con finta aria offesa e ferita << Non è per niente carino. >>
I due, non si sa bene per quale ragione, si sporsero nuovamente oltre il bordo e fu così che si ritrovarono al centro degli obbiettivi di almeno una quindicina di macchine fotografiche. 
<< Cazzo! >> << Oh, maddai! >> esclamarono insieme i fuggiaschi. 
Noah, che teneva ancora la mano della collega, la strattonò via, tornando a correre come dei disperati, mentre alle loro spalle le grida dei giornalisti si facevano più forti. Svoltarono in un vicolo lì affianco e praticamente investirono un povero passante, che dava loro le spalle e che quindi non poté evitare la sua rovinosa caduta. 
All’attore fu sufficiente una breve occhiata per riconoscere il malcapitato e quasi si mise a piangere << Buddy, amico mio, che bello vederti. >>
<< Eh? >> il cuoco si sentì sollevare da terra e impiegò qualche secondo a riconoscere l’armadio che gli stava di fronte << Perché hai la barba azzurra? >> 
<< Storia troppo lunga da spiegare ora. Abbiamo bisogno che ci fai entrare nel residence, siamo inseguiti dai reporter. >> 
<< Oh! >> il mago a quel punto udì le grida e lo scalpiccio frenetico, quindi sgranò gli occhi allarmato << Seguitemi. >> 
Percorsero pochi metri lungo il vicolo, finché non si fermarono di fronte a una porzione di muro, stretto tra un bidone della spazzatura e una centralina elettrica. Budhil colpendo, con la punta della bacchetta, una serie di mattoni fece comparire una porta dal nulla, estrasse dalla tasca interna la sua targhetta identificativa, la inserì nella serratura e la girò. Il rumore di uno schiocco metallico generò un sospiro di gioia unanime, poi il cuoco sospinse i due oltre la soglia e, prima di richiudere la porta di metallo, salutò i giornalisti che stavano giungendo con il dito medio alzato. 
Malaika, con Semola di nuovo stretto fra le sue braccia, si guardò attorno meravigliata << Questa è una dispensa? >> 
<< Sì, precisamente del mio ristorante, lo “Spearhead”. Seguitemi. >> 
<< Aspetta, quindi tu sei quel Budhil Ravi? Il più giovane stellato Capo Chef dello Stato? >> 
L’uomo, che solitamente non riceveva tutte quelle attenzioni, arrossì leggermente << Ehm, sì? >> 
Malaika superò Noah e affiancò l’indiano, sorridendogli << Ho sempre voluto farti i complimenti per il tuo lavoro. Amo mangiare al tuo ristorante e mi sono innamorata del tuo pollo alla papikra e curry, celestiale è dir poco. >> 
I tre raggiunsero la cucina, dove erano già riuniti gli altri cuochi, nonché il capo sala con tutto l’esercito di camerieri al seguito. L’arrivo del ristretto gruppo non passò inosservato e un silenzio imbarazzante calò nell’ambiente. 
<< Bene, ecco da qui dovrei sapere come cavarmela. >> la strega sfilò dalle braccia del belga la spesa e, dopo aver deposto Semola sul pavimento, il quale stava annusando l’aria con aria frenetica, sorrise riconoscente a Buddy << Grazie per l’aiuto e arrivederci. >> 
Con un cenno della mano salutò tutti i presenti e si dileguò, strattonando il cucciolo che guaiva. Noah, dal canto suo, rimase spiazzato dalla fuga veloce della sua compagna di avventure, quindi diede una pacca sulla spalla all’amico, salutò a sua volta i presenti e se ne andò, ignorando le occhiate curiose che gli venivano lanciate per il suo aspetto. 
Quando anche l’ultimo intruso fu scomparso, tutti si voltarono come un sol uomo verso il povero capo cuoco, che sorrise come se nulla fosse << Tra pochi minuti apriremo le porte del ristorante, meglio iniziare a prepararsi, no? >>
 
 
§§§
 
 
Upper East Side,
Flower’s Café

    
 
<< Grazie. >> Willow sorrise cordiale al cameriere, quando questo le pose di fronte una tazza e la teiera di un servizio delizioso; accompagnati ovviamente da una piccola torretta composta da tre piatti impilati: nel ripiano più in basso, erano riposti i sandwich, in quello centrale, gli immancabili scones e, in quello più in alto, un assortimento di piccoli biscotti. Sdraiati introno a lei si trovavano Whisky, Choco e Happy che, appena percepirono odore di cibo, drizzarono contemporaneamente la testa interessati.
Vasya, seduta di fronte a lei, stava mordicchiando la cannuccia infilata nel suo milkshake al caffè, rum e cioccolato e teneva gli occhi, di un azzurro cangiante, fissi sul coperchio della teiera, come se stesse guardando qualcosa di invisibile allo sguardo altrui. 
Appena il cameriere se ne fu andato, augurando alle due donne buon appetito e dando una veloce carezza alla testa di Happy, Will pose nel suo piattino due sandwich dall’aspetto delizioso << Visto qualcosa di interessante? >> 
La russa prese un profondo respiro e poi si strinse nelle spalle, adagiandosi sulla poltrona di vimini di fronte alla vetrata del locale. L’odore delicato della lavanda le avvolgeva, visto che i fiori erano stati disposti ad arte intorno a loro, tanto che scendevano addirittura dalla tettoia che le riparava dal tardo sole pomeridiano. 
<< Niente di nuovo. >> 
Will si sporse verso la teiera, ma, prima di afferrare il delicato manico, esitò << Posso servirmi o rischio di infastidire il tuo amico? >> 
<< No, no, fai pure. >> 
La più piccola degli Howard si versò con eleganza il tè nella tazza, intanto che dei piccoli “non ti scordar di me” danzavano nel liquido ambrato << Prima mi stavi dicendo che mio fratello ti sta facendo ammattire. >> 
Vasya roteò gli occhi al cielo, sorseggiando felice il suo frappè e grattando dietro le orecchie di Choco che aveva posizionato il muso sul grembo della donna << Sono quasi certa, diciamo all’ottantotto percento, che stia pianificando qualcosa. Oggi si comportava in maniera decisamente sospetta, l’avrò beccato a fissare Magnus almeno una decina di volte. >> 
<< Oh, sta decisamente tramando qualcosa. >> la strega spezzò a metà un biscotto al burro e ne diede rispettivamente una parte a Whisky e una a Happy, che la marcavano stretta. 
<< Vero? Secondo te cosa dovrei fare per evitare il disastro? >>
<< Niente. >> 
<< Niente? >> 
<< Esatto. >> Will prese un sorso della sua bevanda e, dopo aver riadagiato la delicata tazza sul suo piattino, sollevò la spalla destra << Sono grandi e vaccinati, se la caveranno da soli. >> 
<< Sei molto serafica. >> osservò la russa, tornando ad appoggiarsi allo schienale della poltroncina, da cui si era staccata a causa della foga del momento. 
<< Convivo con quei due da sempre e ho imparato presto a non lasciarmi coinvolgere dai loro drammi, altrimenti rischiavo di dare di matto. Mi ha insegnato Tristan come fare. >> notando però il vago disagio che illuminava gli occhi dell’amica, Willow le sorrise rassicurante << Sono certa che Aaron non voglia fare nulla che possa compromettere l’azienda, sono quasi certa che, qualsiasi cosa stia organizzando, sia ai danni di Magnus e basta. >> 
<< E la cosa non ti preoccupa? >> 
<< Nah. So che solitamente hai più a che fare con mio cugino che con mio fratello, ma davvero non ti devi agitare. >> la più piccola degli Howard addentò un tramezzino e le scappò un gemito di puro piacere << Sono maledettamente buoni, assaggiali. >> 
Ignorando l’invito dell’amica, Vasya inarcò le sopracciglia e iniziò a girare la cannuccia dentro il milkshake con fare pensieroso << Sono consapevole del fatto che Aaron sia una delle colonne portanti della compagnia, insomma è grazie a lui se la stragrande maggioranza dei contratti vanno a buon fine ed è sempre lui a occuparsi della sicurezza dell’azienda. Tutti sanno che è il braccio destro di Magnus, ma se dovesse capitare qualcosa di male a quest’ultimo, per forze di cose, l’Howard Company ne risentirebbe. >> 
<< Su questo non ci piove. >> Willow dato un pezzetto di sandwich a ciascuno dei suoi cani, fissò gli occhi sulla strega << Ti svelo però un segreto: senza Aaron non ci sarebbe nessuna Howard Company. È stato il primo a credere nel progetto e nei prototipi di Magnus, quando neanche i miei zii lo sostenevano. Lo ha aiutato in tutti i modi possibili: mettendo a diposizione il suo fondo fiduciario, cercando finanziatori, litigando con agenti immobiliari, burocrati e avvocati e diventando addirittura un esperto di brevetti. L’Howard Company è tanto figlia di Magnus quanto di Aaron e lui non farebbe mai nulla per mettere a rischio né l’una né l’altro. >> 
<< Quindi secondo te dovrei lasciar correre? >> Vasya prese un sorso della sua bevanda e quando percepì il rum scaldarle lo stomaco, si rilassò un poco.
<< Credo che faresti un favore alla tua sanità mentale, sono quasi certa che sia solo una scaramuccia tra parenti. Però se preferisci cercherò di indagare. >> 
<< Te ne sarei davvero grata. >> a quel punto la tensione della russa scomparve del tutto e sorrise riconoscente all’amica, che le regalò un occhiolino in tutta risposta da sopra il bordo della tazza. 
 
 
§§§
 
 
Royal Residence Park,
Palazzo Superior, Boutique
 
         
 
<< Sul serio Mal, dovremmo prendere in considerazione l’idea di starti sempre appiccicate. >> Brenda, comodamente adagiata su di un divano di pelle color verde petrolio, afferrò con un sorriso il calice di champagne offertole da una servizievole commessa << Vai a correre e incontri Magnus Haword, esci per andare all’alimentari e ti ritrovi tra le braccia di Noah Hansen. Dovrei seriamente valutare la possibilità di pedinarti: sei una calamita per celebrità. >> 
Malaika, che era seduta all’altra estremità del divano, prima di prendere un sorso dello spumante, lanciò un’occhiata divertita all’amica << Se ricordi ti avevo invitato ad accompagnarmi, ma ti sei rifiutata categoricamente di camminare sotto il sole per venti minuti. >> 
<< Venti minuti ad andare e altri venti per tornare, in totale fanno quaranta minuti sotto il sole cocente. Mi chiedo ancora cosa non vada nella tua testa per decidere di affrontare una pena del genere. Guarda che la mia pelle nivea è estremamente delicata ai raggi ultravioletti. >> la strega si sfiorò la guancia con il dorso della mano con fare teatrale, mentre l’altra roteava gli occhi al cielo senza però smettere di sorridere. 
<< Ok, come mi sta ragazze? >> Zelda uscì dal camerino di prova sistemandosi la bretella dell’abito rosa antico che le era scivolato dalla spalla. 
Entrambe le donne studiarono in silenzio la donna, mentre questa si metteva di fronte all’enorme specchio che campeggiava al centro della sala. 
Una delle commesse l’affiancò e le regalò un sorriso affettato << Il colore le dona molto. >> 
<< Lei dice? >> domandò retorica, per poi voltarsi verso le due amiche, che stavano in silenzio, e fissò lo sguardo su Mal, rifuggendo invece quello di Brenda << Allora? >>
L’afroamericana inclinò il capo di lato << Di certo il colore ti dona, ma la forma del vestito non proprio. >> 
<< La gonna a palloncino ti fa sembrare una bomboniera. >> la blogger, lapidaria come al suo solito, si appoggiò al bracciolo del divano << Saresti perfettamente in tema per una comunione, ma non per un cocktail party. Dovresti esaltare la tua bellezza con qualcosa di più sexy, ma allo stesso tempo raffinato. >> 
Zelda fissò gli occhi, stretti in due fessure, in un punto non precisato della stanza, pensando attentamente alle parole dell’amica, poi annuì dirigendosi verso il camerino << Forse ho avuto un’idea. >> e vi sparì all’interno. 
Brenda seguì con lo sguardo la rossa, con la fronte leggermente aggrottata, ma venne ben presto distratta dalle sue elucubrazioni perché fu la volta di Camila di entrare in scena, ancheggiando in maniera sensuale, per mostrare al meglio il suo outift << Dopo una decina di cambi e abbinamenti ho trovato finalmente quello giusto. >> 
Il lungo abito le scendeva come una seconda pelle sul corpo armonioso e longilineo, enfatizzandone le curve. La chiusura, che si stringeva dietro il collo, lasciava la schiena scoperta e regalava una profonda scollatura a V. I colori tenuti, che spaziavano dall’ocra, al verde acqua e al rosso mattone, esaltavano la pelle olivastra. I sandali dal tacco alto, abbellite da pietre luccicanti, facevano invece capolino dal bordo del vestito, abbinandosi alla perfezione con la borsa di un rosa pallido, con catena dorata e chiusura a forma di cuore di un noto stilista. 
<< Mi mancano solo i gioielli adatti. >> 
La stessa commessa di poco prima, i cui capelli biondi, stretti in una lunga treccia, le ricadevano sulla spalla destra, si fece avanti << Se vuole, posso portarle qualcuno dei nostri espositori per fare una prova con l’abito addosso. >> 
<< Sarebbe meraviglioso, la ringrazio. >>
La commessa si defilò all’istante, già pregustando la commissione che si sarebbe messa in tasca, mentre la pittrice si adagiava su una delle poltroncine libere. 
<< Credo sinceramente di odiarti. >> Malaika si allungò per dare un buffetto sul ginocchio dell’amica << Mi spieghi perché tutto quello che indossi ti sta magnificamente? Questa è un’ingiustizia. >> 
Camila si strinse nelle spalle con finta aria contrita, ricevendo per tutta risposta un tovagliolo di carta accartocciato in fronte. 
<< Guarda come si pavoneggia. >> Brenda prese un altro tovagliolo, lo accartocciò velocemente e lo lanciò contro la brasiliana, che lo prese al volo << Se non fossimo amiche starei facendo le macumbe perché ti si rompa un tacco poco prima di uscire per il party. >> 
<< Allora per fortuna che siamo amiche. >> 
Zelda uscì dal camerino, questa volta, con passo più sicuro e uno sguardo che mostrava tutta la sua soddisfazione << Credo di aver trovato anch’io l’abbinamento perfetto. >> girò lentamente su sé stessa, per poi fermarsi di fronte alle amiche << Che ve ne pare? >>
Le gambe della donna erano messe in evidenza dai lunghi pantaloni a vita alta e slanciate da dei sandali neri dal tacco vertiginoso firmate Jimmy Choo. Il corpetto di raso, con un effetto vedo non vedo molto intrigante, era senza spalline e coperto da una giacca dal taglio semplice, ma elegante.
<< Audace e graffiante, ma allo stesso tempo di classe. >> la vocetta sottile di Brenda si fece sentire come al suo solito per il tono acuto, attirando l’attenzione di tutte su di sé << Mi piace davvero, farai un figurone domani sera. >> 
Zelda le sorrise riconoscente, senza però guardarla in viso << Grazie, ma sono certa che saremo tutte bellissime. >> prendendo uno dei calici di champagne, posti sul basso tavolino insieme a qualche stuzzichino, si accomodò sulla poltrona che si trovava proprio vicino alla bruna. 
<< Voi due avete già deciso cosa mettervi? >> Camila si sporse a sua volta a prendere un bicchiere di spumante. 
La blogger si scostò una ciocca di capelli dalla spalla e sorrise soddisfatta << Ovviamente, appena ho ricevuto l’invito, mi sono messa all’opera e ho trovato l’outfit perfetto in meno di dodici ore. >> 
Malaika, che si era portata in grembo la ciotola con le patatine, indicò con il capo Bri << Poi è venuta a casa mia e ha deciso che cosa mi sarei messa io, quindi sì pure io sono a posto. >> 
Le altre due ragazze risero sommessamente a quel retroscena, mentre la bionda commessa tornava, accompagnata da altre due colleghe, con i gioielli della boutique, che vennero disposti sul tavolino, poi si ritirarono silenziosamente. 
Zelda, tenendo le mani intrecciate tra di loro in una presa che le aveva fatto sbiancare le nocche, si sporse con il busto verso la distesa di accessori preziosi, ma senza vederli realmente. Sapeva bene che cosa la tormentava ed era consapevole di dover confessare tutto quanto prima, se non voleva rischiare di essere fagocitata dai sensi di colpa o, peggio ancora, che l’amica ne venisse a conoscenza prima che lei potesse spiegarglielo di persona. 
Preso un profondo respiro, la strega si voltò verso Brenda << Devo dirti una cosa. >>
Gli occhi felini della scrittrice, il cui colore spaziava dal brillante nocciola al verde delle gemme più preziose, si fissarono in quelli limpidi, come un cielo estivo, dell’altra << Era ora, mi chiedevo quando ti saresti decisa a sputare il rospo. >> di fronte allo sguardo stupito dell’amica, si strinse nelle spalle << Non mi guardi mai in volto e sembra che tu sia seduta su delle braci ardenti, dimmi cosa c’è che non va. >> 
Zelda si guardò velocemente intorno, notando che anche le altre due amiche la stavano studiando interessate. Quello che doveva ammettere non era per nulla facile, ma c’era una cosa di cui la donna era sempre stata estremamente orgogliosa: la sua sincerità. Quindi si drizzò, sciolse le mani dalla presa ferrea e puntò gli occhi in quelli di Bri << Ho accettato come cliente Big. >> 
Quella confessione arrivò con la potenza di un carrarmato lanciato giù per una discesa, mozzandole il fiato. La blogger non riusciva a distinguere bene tutti i sentimenti che le si avviluppavano nello stomaco, era un turbino che andava ingigantendosi ogni secondo di più e che presto l’avrebbe travolta. 
Big.
Il dolore ruggì con violenza dentro di lei e si vide costretta a scacciare dalla mente il ricordo del suo volto, dei suoi capelli e del suo profumo, che erano stati richiamati solo sentendo pronunciare il suo nome; se avesse concesso loro di affacciarsi nitidi, le lacrime, che premevano da dietro gli occhi, le avrebbero inondato le guance e questo non poteva permetterlo. Aveva lottato troppo duramente per uscire dalla spirale di sofferenza e angoscia in cui era caduta dopo la rottura della loro relazione durata sette anni: col cazzo che gli avrebbe permesso di riportarla giù nell’abisso. 
Un sorriso forzato e tirato le si disegnò sulle labbra morbide << Ok. >> 
Zelda le si fece vicino << Mi dispiace… >> 
<< Non ti devi scusare, non hai fatto nulla di male e, in fin dei conti, è solo lavoro, mica ci uscirai insieme e vi scambierete gossip o chissà che altro. >> Brenda scosse la mano di fronte al viso, come se volesse scacciare le parole dell’amica << Poi questa inaspettata collaborazione potrebbe rivelarsi vantaggiosa, che ne so: potremmo fargli qualche scherzetto innocente. >> 
Di fronte al tenue luccichio di gioia maligna che si accese nello sguardo dell’amica, Zelda si sentì sollevata e riconoscente << Possiamo di certo organizzare qualcosa. >> 
Camila e Malaika, che si erano ammutolite durante il discorso fra le due, trassero un sospiro unanime. Sapevano entrambe che il dolore di Brenda per essere stata lasciata era ancora fresco e vivido, ma erano contente e fiere di come fosse riuscita a gestire la situazione. Decretarono quindi, di comune accordo, scambiandosi solo una breve occhiata, di spostare l’attenzione su tutt’altro argomento.
<< Come pensate mi stiano? >> domandò la brasiliana, mostrando dei lunghi orecchini formati da anelli sovrapposti di grandezze diverse. 
<< Belli. >> Brenda si schiarì la voce, poi riprese << Se indossi quelli però è meglio se eviti collane, ma puoi sbizzarrirti con anelli e bracciali. >> 
<< Secondo voi il Conte e la Contessa hanno qualche altro fine nell’organizzare il party? >> Mal sgranocchiò una patatina con fare meditabondo, aveva già fatto fuori metà del contenitore << Solo a me pare strano questo invito improvviso? >> 
<< I Conti hanno sempre secondi fini, ma capire quali siano o il perché è praticamente impossibile. Ahi! >> Camila si massaggiò il dorso della mano che era stato schiaffeggiato dall’afroamericana, visto che la prima si era sporta per tentare di afferrare qualche patatina << Guarda che non sono solo tue. >> 
In tutta risposta la riccia le soffiò e si strinse la ciotola al petto. 
<< Lascia perdere, sai com’è Mal con il cibo: più aggressiva di uno scoiattolo con le sue noci. >> Brenda accarezzò il capo del suddetto scoiattolo con fare materno e allo stesso tempo divertito. 
Zelda, che stava osservando allo specchio la delicata parure composta da orecchini e da un girocollo, che ricordavo nelle forme dei piccoli fiori, lanciò una breve occhiata alle amiche << Di una cosa sono sicura: sarà una serata indimenticabile. >> 
Le altre tre annuirono solenni, per poi tornare a chiacchierare allegre, ipotizzando quello che sarebbe accaduto l’indomani.
 
 
§§§
 
 
Upper East Side,
Miami Vibes Pub
 
      
 
Vasya si trovava seduta su un comodo sgabello, di fronte al bancone di uno dei locali più famosi di New York City, e ascoltava, palesemente annoiata, quello che il suo compagno le stava dicendo. Dopo aver salutato Willow, che era tornata alla galleria per incontrare un cliente, la russa si era diretta al locale perché il suo toy boy le aveva chiesto di incontrarsi quanto prima e, da almeno una decina di minuti, non stava facendo altro che parlare, probabilmente si era preparato il discorso. 
Scambiandosi una breve occhiata con la bartender dai capelli tinti di blu, che stava asciugando un calice con estrema attenzione a un paio di passi da loro, la strega, preso un lungo sorso del suo New York Sour(6), decise di porre fine a quella tortura. 
<< Lenny, stai cercando di dirmi, in maniera davvero troppo prolissa, che vuoi interrompere la nostra frequentazione? >> 
Il bel ragazzo, dalla pelle color caffè, rimase per un attimo con la bocca socchiusa, visto che la donna aveva interrotto il suo monologo, poi si portò una mano dietro al collo per massaggiare i muscoli tesi e, con espressione imbarazzata, annuì. 
Vasya aveva una certa esperienza con gli uomini, ma era la prima volta che aveva a che fare con uno come lui; visto la sua professione da modello si poteva supporre che fosse narcisista e stronzo, ma in realtà era dolce, impacciato e parecchio sensibile. Per tale ragione cercò di essere il più gentile possibile << Va bene, non ti preoccupare. >> 
Il giovane le lanciò un’occhiata da sotto le folte ciglia, titubante << Sicura che vada tutto bene? >> 
<< Certamente. >> la strega non aveva perso la sua eleganza e compostezza, benché fosse seduta suo uno sgabello in locale affollato e fosse appena stata scaricata << Sei libero. >> 
Il mago le si fece più vicino, il suo volto esprimeva tutta la sua preoccupazione << Giuro, che non ti volevo ferire, ma… >> 
<< Lenny, ora ti insegno una cosa: quando molli una ragazza e lei accetta, anzi ti fa capire che ti puoi ritirare, tu fallo. Volatilizzati. >> 
Il ragazzo, zittito dal tono duro della donna, annuì solenne, ma non si allontanò di un millimetro da lei. Quindi la russa gli diede un buffetto sulla guancia e fissando gli occhi di un azzurro cangiante, tendente al verde, in quelli scuri di lui, sibilò << Sparisci, ora. >>
Capita finalmente l’antifona, il giovane le sorrise mestamente, tirò fuori dal portafoglio delle banconote, per pagare il drink di Vasya e la sua pinta di birra intonsa, e le lasciò sul bancone, poi le fece un cenno di saluto con la mano e se ne andò. 
La strega dal canto suo fissò lo sguardo sulle mensole, illuminate ad arte, su cui erano dispiegate bottiglie di ogni genere e dimensioni, mentre il brusio delle persone si intensificava o forse era sempre stato forte, ma lei non ci aveva fatto troppo caso perché troppo concentrata a sentire cosa avesse da dirle il suo ex toy boy. Dopo un profondo respiro, si portò alle labbra il bicchiere ancora mezzo pieno e, sorseggiandolo, si guardò intorno. I colori predominanti del locale erano il rosso sabbiato, il verde scuro e l’ocra, che infondevano un certo senso di spensieratezza e allo stesso tempo di serenità. Si aveva come l’impressione di essere in tutt’altro posto, come se, uscendo dalla porta, ci si sarebbe ritrovati catapultati in una località esotica, piuttosto che in mezzo al traffico newyorkese. Le luci erano soffuse, dal soffitto scendevano dei lampadari tondi e, proprio sopra il balcone, calavano dei rampicanti e piante sempreverdi. La barista, minuta e dagli intensi occhi scuri a mandorla, dopo averle allungato un’altra ciotolina di noccioline, si era messa a preparare l’ordinazione da poco ricevuta, con la stessa efficienza e metodicità di un generale sul campo di battaglia. 
Sentendosi osservata, Vasya si voltò alla sua sinistra e trovò due persone a fissarla: Tristan e Camden, seduti a due posti di distanza da lei, la guardavano con misto di pietà e rammarico, facendole capire che avevano assistito a buona parte della scena appena avvenuta con Lenny. Arricciando il naso infastidita, distolse lo sguardo e sperò ardentemente che i due la ignorassero, ma ovviamente così non fu. I due uomini si alzarono e le si piazzarono vicino: Camden sulla sedia lasciata libera dal suo ex toy boy, mentre Tristan rimase in piedi creando una specie di strano triangolo. 
<< Secondo me era un po’ scemo. >> il regista si allungò a prendere una manciata di noccioline << Ho quasi temuto che avesse bisogno che tu gli indicassi la porta da cui dover uscire. >>
<< Io, se fossi stato in te, probabilmente lo avrei schiantato. Come hai fatto a non schiaffeggiarlo? >> 
Vasya, che teneva sollevato il suo drink ormai pressoché vuoto, si voltò verso Camden, del quale non si poteva di certo definire una amica e men che meno una conoscente intima, ma lui, stranamente, la stava trattando come tale << È un ragazzo gentile, perché avrei dovuto picchiarlo? >>   
<< Perché se lo meritava. >> 
<< Concordo. >> Tristan fece cenno alla bartender e le chiese tre shottini di tequila, per poi tornare a prestare attenzione ai suoi due compagni << Abbiamo bisogno di più alcol nel nostro corpo. >> 
<< Sono pienamente d’accordo, dobbiamo festeggiare la ritrovata libertà di Vasya. >> disse Cam, osservando la barista disporre il necessario sul balcone, per poi versare, in un unico gesto, il distillato nei tre bicchierini disposti in fila e senza lasciarne cadere nemmeno una goccia al di fuori. Regalò un sorriso riconoscente e affascinante alla donna, poi si inumidì con la saliva l’incavo della mano destra, tra il pollice e l’indice, e ci versò sopra il sale. Prese uno dei bicchierini e lo sollevò in direzione di Vasya << Alla tua salute. >> leccò via il sale, mandò giù lo shottino in un sorso, morse il limone e, in fine, emise un mugugno di pura soddisfazione. 
Tristan, dopo aver dato qualche pacca sulla schiena dell’amico, lo imitò, per poi affermare che quella tequila fosse davvero fantastica. 
All’improvviso la strega si ritrovò di nuovo sotto l’attento scrutinio dei due uomini << Sì? >> 
<< Ora tocca a te. >> Camden le tolse di mano il drink e lo posò sul balcone, sostituendolo con l’ultimo bicchierino rimasto. 
<< Ragazzi, vi ringrazio per le vostre premure, ma non ce n’è bisogno: non sono mica distrutta dal dolore. La nostra era una semplice frequentazione. >> 
<< E allora? >> Tristan, che ormai la conosceva da anni, sapeva che era la verità, ma era anche consapevole che essere scaricati non era mai una bella o divertente esperienza, indipendentemente dal fatto che ci si fosse affezionati o meno al partner << Il bello di una rottura è che ti puoi divertire senza sensi di colpa: bevi e scatenati! >> 
Capendo che non l’avrebbe spuntata, Vasya emulò i due e bevve la tequila, lasciandosi poi scappare un colpo di tosse: era davvero forte. 
Il regista, che si premurò di massaggiarle la parte alta della schiena, estrasse dalla tasca dei pantaloni il cellulare e lesse il messaggio << Oh, guarda. >> 
Cam lesse velocemente e un sorriso sornione gli illuminò il viso << Perfetto, è esattamente quello di cui avevamo bisogno. >> 
<< Akane metti tutto sul mio conto. >> la bartender annuì, shakerando con forza un drink, mentre Tristan esortò i due amici << Andiamo, coraggio. >>
<< Andiamo dove esattamente? >>
<< A una festa. >> 
Vasya sollevò entrambe le sopracciglia curate << Beh, buon divertimento. >> 
Prendendola gentilmente per il gomito sinistro, Cam le sorrise rassicurante e allo stesso tempo parecchio determinato << Tu vieni con noi. >> 
<< Oh, io non credo. >> 
<< Hai bisogno di divertirti e questa è l’occasione migliore, non te ne pentirai. >> Tristan la prese per l’altro gomito << Non credo che tu mi voglia lasciare da solo, insomma cosa direbbe Magnus? >> 
<< Guarda che non sono mica la tua babysitter. >> la russa cercò di liberarsi dalla loro presa, ma inutilmente << Lasciatemi andare. >> 
Entrambi ignorarono la sua richiesta. 
Cam si picchiettò il mento << Le feste di Roy Armstrong sono sempre imprevedibili e a tratti pericolose, non sono per tutti. >> 
Vasya, sentendo nominare il giovane rampollo, drizzò la schiena: i suoi festini erano leggendari, gli invitati ancora di più e ovviamente i gossip al riguardo si sprecavano, tanto che non si aveva idea su quali fossero veri e quali inventati.
Assottigliando lo sguardo, studiò con attenzione i due uomini che stavano palesemente gongolando << Ok, mi avete convinta. Sappiate però che vengono perché sono curiosa e voglio evitare che vi ficchiate in qualche guaio. >>
<< Meraviglioso! >> esultò Camden, sospingendola verso l’uscita insieme a Tristan << Sarà una notte indimenticabile. >> 
<< Perché ho come la sensazione che mi pentirò di questa mia scelta? >> domandò Vasya a nessuno in particolare, mentre le porte del locale venivano aperte di fronte a loro.
 
 
§§§
 
 
Park Avenue, Upper East Side
Howard Gallery
 
      
 
Castiel camminava con passo tranquillo e cadenzato, intanto che Henry gli raccontava di come uno degli stagisti assunto da poco per la sua linea di merchandising avesse causato un bel pasticcio nel reparto logistica e spedizioni. 
<< Dovevi vederlo, sembrava in procinto di scoppiare a piangere e sono quasi certo che abbia assunto tutte le tonalità possibili di rosso. >> 
Il magiavvocato, che purtroppo non riusciva a condividere appieno il divertimento dell’amico, aggrottò la fronte << Almeno siete riusciti a risolvere la faccenda? >>
<< Certamente. Se Karim ci avesse resi partecipi fin da subito del suo errore sarebbe stato meno problematico, ma almeno non è stato qualcosa di irrecuperabile. >> Henry, con un sorriso serafico sul volto e con le mani immerse nelle tasche dei pantaloni, scrollò le spalle << Abbiamo rinviato gli ordini sbagliati, aggiungendo un coupon con uno sconto del dieci percento sull’ordine successivo. Ovviamente i costi di spedizione sono tutti stati a nostre spese. >> 
Castiel annuì, mentre si avvicinavano alla Galleria dei Conti Northampton da cui uscì un uomo distinto, dal completo su misura e con paio di occhiali da sole a coprirgli occhi. Scese velocemente i tre gradini, che separavano la porta del negozio dal marciapiede e si infilò in una berlina nera, che lo attendeva. 
I due amici si scambiarono una veloce occhiata, vivendo a New York ormai si erano abituati a incontrare individui del genere: così presi da sé stessi da non guardarsi nemmeno intorno, come se fossero troppo importanti per posare i loro occhi sulla gente comune.
<< Scommetto che lavora a Wall Street. >> commentò Cas, salendo i gradini e aprendo la porta. 
Henry, che era ancora sul marciapiedi, seguì con lo sguardo la macchina << Uhm, per me era qualcuno collegato alla malavita. >> 
Prima che il magiavvocato gli potesse domandare da che cosa lo avesse dedotto, il basso ruggito di un’altra auto attirò la loro attenzione. Dall’altra parte della strada una Rolls-Royce Coupé(7) di un fiammante arancione si fermò al semaforo, intanto che la musica si diffondeva dalle casse.
Castiel appoggiò la mano libera sul fianco e assottigliò gli occhi chiari << Ecco dov’era finito quello sfaticato. >> 
Camden, probabilmente sentendosi osservato da uno sguardo penetrante, si guardò intorno finché non individuò i due e, appena li ebbe riconosciuti, iniziò a sbracciarsi. Lo videro anche muovere le labbra, ma visto il rumore che li attorniava e la distanza, non poterono capire che cosa stesse urlando.
<< Che fate? Entrate o state fuori? >> Willow comparve al fianco di Cas, ovviamente tallonata dai suoi tre cani. Prima che uno dei due uomini potesse risponderle, notò da sola che cosa stessero guardando, sorrise in automatico e sollevò la mano destra per salutare Tristan, che ricambiò il gesto e le mandò addirittura un bacio volante. Il volto della donna però si paralizzò per lo stupore e l’incredulità quando riconobbe la persona seduta nel sedile di dietro << Vasya? >>
Il semaforo divenne verde e la macchina sfrecciò via, zizzagando con abilità tra il traffico serale. Henry si voltò e trovò Will che indicava il punto in cui l’automobile era sparita, mentre Castiel pareva avere un leggero tremolio all’occhio. Il giocatore di Quidditch salì due dei tre gradini e si fermò di fronte alla strega, per poi sventolarle la mano destra di fronte agli occhi << Ehilà? Torna da noi, per favore. >>
La gallerista sbatté le lunghe ciglia un paio di volte, poi si girò verso Henry con l’espressione di chi sta per scoppiare a ridere << Giuro, è l’ultima cosa che mi sarei aspettata di vedere oggi. >> 
<< Non sei preoccupata per la tua amica? >> Castiel, il cui tic all’occhio pareva essersi intensificato, aggrottò le sopracciglia. 
Sul volto della donna ormai era palese il divertimento, come il riso che pareva permeare la sua voce << In realtà sono più preoccupata per Cam e Tristan, Vasya è un vero tornado. Non ti preoccupare, se c’è lei con loro sono certa che non succederà nulla di male: se dovessero combinare qualche pasticcio li ripoterà a casa tirandoli per le orecchie. >> 
La visione, evocata dall’amica, che si formò nella mente del magiavvocato parve rasserenarlo, tanto da fargli cessare il tremolio all’occhio << Mi piacerebbe assistere a una scena del genere. >> 
<< Anche a me. >> dissero in coro Will e Henry per poi scoppiare definitivamente a ridere tutti insieme.
Quando si furono calmati, la strega rientrò nella galleria per prendere la sua borsa e inserire i vari allarmi, sia magici che babbani. Happy fu l’unico a non seguirla, visto che preferì rimanere vicino ai due uomini per prendersi tutte le coccole possibili. 
Appena la donna ebbe chiuso la porta e sceso i tre gradini, regalò un sorriso splendente ai due uomini << Grazie mille per essermi passata a prendere. Tornare sempre a casa da sola dopo lavoro è un po’ deprimente. >> 
<< Di nulla. >> Henry le sorrise cordialmente, afferrando il guinzaglio di Happy, Cas si limitò a un cenno del capo elegante e imitò l’amico, prendendo invece quello di Choco. Si ritrovarono così a passeggiare per le vie di New York, praticamente a braccetto e ognuno con un cane al seguito.
<< In realtà mi aspettavo solo Castiel, ormai è una nostra abitudine fare la strada insieme, qualche volta alla settimana, visto che lavoriamo vicino. >> Will, che camminava in mezzo ai due maghi, si girò alla sua sinistra, inclinando il capo verso Henry << Ovviamente mi fa piacere che ci sia anche tu, ma mi sorge spontanea la domanda: il tuo ufficio non è dall’altra parte rispetto ai nostri? >>  
<< Oggi avevo un appuntamento di lavoro qui in zona e, quando ho finito, ho pensato di andare a trovare Cas. Per puro caso l’ho beccato che usciva e così ho scoperto che stava venendo qui da te. Come potevo rifiutarmi di venire a prendere la mia nonnina preferita? >> 
Al sentire l’insopportabile soprannome che gli aveva affibbiato suo fratello maggiore, visto la sua passione per il ricamo e i ferri, Willow non riuscì a trattenersi dal fargli una linguaccia e Henry, in tutta risposta scoppiò a ridere, per poi prenderle tra indice e pollice una piccola porzione della guancia per tirarla leggermente in maniera scherzosa. 
<< Piuttosto Will, chi era l’uomo che è uscito poco fa dalla galleria? >> la domanda del magiavvocato attirò l’attenzione dei due che si voltarono verso di lui, anche se l’ex Corvonero non mollò la presa sulla gota della donna.
<< Un cliente abituale. >> la strega diede uno schiaffetto sul dorso della mano dell’anglocinese, poi si massaggiò la porzione di pelle leggermente arrossata << Saranno ormai due anni che lo conosco. >> 
<< Sì, ma chi è? >> 
La donna si strinse nelle spalle << Non posso dirvelo. >> 
<< Perché? >> 
Willow lanciò una breve occhiata a Henry << Forse perché non sono fatti vostri? Inoltre molti dei miei clienti preferiscono rimanere nell’anonimato e io di certo non andrò contro il loro volere. >> 
<< Sospetto. >> sussurrò il giocatore di Quidditch, accarezzandosi la mascella con fare pensieroso. 
Castiel aggrottò le sopracciglia << Ma il tuo lavoro non è soggetto al segreto professionale. >> 
<< Vero, ma questo non vuol dire che io debba spifferare in giro la lista delle persone che vengono ad acquistare nella mia galleria. >> Wil si sistemò meglio il manico della borsa sulla spalla << Un aspetto fondamentale del mio lavoro è la discrezione. >> 
<< Ma noi siamo tuoi amici, puoi dirci tutto. No? >> di fronte allo sguardo duro e irremovibile della strega, Cas sbuffò << Almeno puoi dirci di cosa si occupa? Io scommetto che è un broker. >> 
La gallerista scosse la tesa << Mi dispiace, hai preso un granchio. >> 
<< Allora fa parte della malavita. >> Henry sollevò l’indice al cielo.
<< Cielo, no! >> 
Sia Castiel che Henry le si fecero più vicini << Ti prego, diccelo. >>
Willow tentò di sgusciare via, ma invano, quindi si lasciò sfuggire un sospiro << Non posso dirvelo, fatevene una ragione. >> 
I due ovviamente non mollarono l’osso e, per tutto il tragitto, ipotizzarono ogni genere di lavoro, assillando la poveretta, che, per fuggire alle loro domande, dovette chiudere loro in faccia la porta del suo appartamento, dopo aver, ovviamente, recuperato i cani dalle loro grinfie (sì, per un istante entrambi avevano pensato di tenere in ostaggio Happy e Choco per costringerla a confessare). 
<< Prima o poi lo scopriremo. >> disse Henry convinto, sostenuto da Castiel che annuì con decisione.
Poi si strinsero la mano e si salutarono, ognuno diretto verso la rispettiva dimora. 
 
 
§§§
 
 
Royal Residence Park,
Palazzo Superior, Appartamento 8B
 
      
 
Zelda, comodamente seduta sul divano in terrazzo, inviò con soddisfazione l’ultima email di lavoro, dopo averla riletta almeno una quindicina di volte. Chiuse il portatile e lo adagiò sul basso tavolino di fronte a lei. Recuperato il bicchiere di limonata, ancora fredda, raccolse le gambe sui morbidi cuscini e ammirò lo skyline di New York tinto di rosso, viola e arancione: la vista era a dir poco spettacolare. 
Dopo aver preso un profondo respiro purificatore, la strega si ritrovò a pensare che, benché avesse mangiato più tramezzini di quanto le piacesse ammettere, mentre provava i vestiti con le sue amiche, il suo stomaco stava cominciando a gorgogliare, ricordandole che erano già le venti passate. Inclinando il capo all’indietro, contro la spalliera del divano, si ricordò che il suo frigo era miseramente vuoto e che quindi le sarebbe toccato ordinare qualcosa d’asporto. Stava valutando cosa prendere (pizza o hamburger? La scelta era davvero ardua), quando, improvvisamente, un delizioso e fragrante odore le stuzzicò le narici. In maniera simile a un cane da caccia che segue una traccia, la donna si alzò con eleganza dal divano e si avvicinò al parapetto del suo terrazzo: Webster stava facendo un barbecue. Un incantevole sorriso diabolico le si dipinse sul volto, mentre si dirigeva, quasi saltellando, nella sua cucina. Lì recuperò un contenitore di metallo e riempì di cookies al cocco e gocce di cioccolato, che aveva fatto il giorno prima. Una Sarabi affamata le passò fra le gambe, miagolando per attirare la sua attenzione. 
<< Tranquilla piccola, ora andiamo a mangiare. >> la rassicurò la padrona, prendendola in braccio. Afferrò poi il contenitore di latta e si diresse verso l’ingresso, ma prima di uscire si diede un’occhiata veloce allo specchio che vi campeggiava. 
Nonostante fosse vestita da casa, era più che presentabile: un paio di pantaloni chiari e leggeri le avvolgevano le gambe facendo pendant con un top color crema con spalline sottili, ai piedi aveva delle semplici infradito di cuoio e i capelli, come al solito, erano raccolti in uno chignon morbido, da cui erano sfuggiti un paio di riccioli ribelli. Stringendosi nelle spalle si mise in tasca le chiavi di casa e uscì, in fondo doveva solo autoinvitarsi dal suo sgradevole vicino, mica andare a cena con la Regina d’Inghilterra. Grazie all’ascensore raggiunse la sua destinazione in meno di due minuti e suonò il campanello. Non dovette attendere molto perché, dopo poco, la porta si aprì per rivelare la slanciata e tonica figura di Joël Dominik Webster.
<< Grazie mille per l’invito, come da prassi ho portato il dolce. >> senza aspettare oltre la strega scivolò oltre la soglia e superò pure il padrone di casa.
<< Sai che non mi piacciono i dolci e, tecnicamente, non ti ho invitata. >> 
Zelda si fermò al centro dell’ingresso e si voltò verso l’amico di famiglia << Oh, invece lo hai fatto. Il paradisiaco odore di barbecue è giunto fin su al mio terrazzo, se questo non è un invito non so cos’altro possa essere. >> depositata Sarabi sul pavimento, che andò subito a strusciarsi contro le gambe di Joël, la strega studiò divertita l’outfit dell’uomo, che consisteva in un paio di pantaloni cachi, le ciabatte da casa, una camicia blu scuro, le cui maniche erano raccolte fino al gomito, e da un grembiule bianco. 
Un ghigno derisorio si delineò sul bel volto della donna << Grembiule interessante. >> sull’indumento, infatti, svettava una finta macchia di sangue su cui erano riportate le scritte “Serial Griller” e, più in piccolo, “Killer Burgers”,con in mezzo una mannaia e una spatola che si incrociavano. 
Lo scrittore, dopo aver accarezzato Sarabi, si rialzò e si sistemò meglio le maniche della camicia << Si tratta di un regalo. >> 
<< Chi ti ha mai potuto fare un dono del genere? >> 
<< Io. >> Magnus, vestito con un paio di semplici jeans slavati e una polo color verde pastello, comparve nell’ingresso << Sono io il responsabile. >>  
Zelda, mai come in quel momento, avrebbe voluto che una voragine si aprisse sotto i suoi piedi e la inghiottisse tutta in un colpo. Percependo poi il divertimento mal celato di Joël alle sue spalle, l’imbarazzo aumentò a dismisura. 
<< Se vuoi sapere io lo trovo davvero bellissimo. >> lo scrittore si fece avanti e passò la mano da uno all’altro << Non credo che qualcuno vi abbia mai presentati. Zizi lui e Leopold, Leopold lei è la mia palla al piede da vent’otto anni a questa parte. >> 
I due guardarono male il padrone di casa che, ignorando le occhiatacce, disse tutto allegro << Spostiamoci in terrazzo! >> 
La donna, ancora leggermente arrossata sulle gote, tese la mano destra all’uomo << In realtà mi chiamo Zelda Marjia Nightingale, piacere di conoscerti. >> 
Il mago le sorrise cordialmente, per poi stringerle delicatamente la mano << Io sono Magnus e il piacere è tutto mio. >> 
Camminando fianco a fianco giunsero nell’open space che comprendeva il salotto, la cucina e l’angolo cantina, in cui l’ex Corvonero conservava la sua amata collezione di vini e, purtroppo, le casse di whisky che la sua famiglia gli mandava. Stavano per arrivare alla porta finestra, quando Joël comparve sulla soglia con la spatola sguainata.
<< Rossa, la tua gatta non fa altro che miagolare. >> 
<< Perché ha fame. >> 
Lo scrittore sollevò le sopracciglia inorridito << Non le hai ancora dato da mangiare? >> 
La strega si strinse nelle spalle << Mi vuoi dire che non le offrirai una delle tue prelibate scatolette? Che genere di padrone di casa sei, scusa? >> 
L’uomo, indispettito, sbuffò come una ciminiera e si diresse, a passo spedito, verso la dispensa, borbottando qualcosa che pareva vagamente “Sanguisuga”, mentre una fila indiana di tre gatti, con a capo Sarabi, lo tallonavano da vicino. 
Dimenticatasi momentaneamente della presenza di Magnus, quando si voltò e si rese conto che aveva assistito allo scambio di battute percepì il rossore sulle gote riaffiorare: maledetto Webster, riusciva sempre a tirare fuori il peggio di lei. 
Spostandosi un riccio ribelle dietro l’orecchio e domandandosi perché non si fosse cambiata d’abito prima d’uscire, aprì la scatola di latta e la offrì all’imprenditore << Biscotto? >> 
L’uomo ne prese uno tutto contento << Grazie. >> poi, notando l’imbarazzo in cui versava la donna, tentò di alleggerire la situazione << Certo che avete un rapporto davvero particolare, mi domando come tu sia riuscita a non ucciderlo in tutti questi anni. >> 
<< Più che altro sono amica di Melanie ed è solo per lei che mi sono riuscita a trattenere. >> rendendosi conto che i due erano amici e che, molto probabilmente, quel cretino di Joël poteva avergli raccontato le peggio cose sul suo conto, si affrettò ad aggiungere << Non devi credere a tutto quello che ti dice, spesso si diverte a ingigantire le cose. >> 
Sgranocchiando allegramente il suo biscotto, il mago arricciò il naso divertito << Presto ascolto solo all’un percento di quello che mi dice, tranquilla. >> poi socchiuse brevemente gli occhi, come se volesse riportare alla mente un ricordo preciso e, quando lo ebbe trovato, le sorrise << Per esempio, non ho mai creduto che tu abbia perso Gil(8) a Central Park. >> 
A quelle parole Zelda spalancò gli occhi, perché aveva dovuto rievocare quel brutto episodio? << Tecnicamente non sono stata l’unica ad averlo perso di vista, insieme a me c’era anche Joël. Mi sarò distratta solo per un nano secondo, a causa di un maledetto stormo di piccioni, e lui si era volatilizzato. >> 
Magnus, che aveva tentato solo di alleggerire la situazione di imbarazzo, si sentì sprofondare << Beh, l’importante è che lo abbiate ritrovato in fretta. >> 
<< Molla subito l’osso, brutto scriteriato! >> Joël, riemerso dalla cucina, da cui si intravedevano i tre gatti mangiare dalle rispettive ciotole, si avvicinò con aria minacciosa, brandendo, in una mano, la sua fidata spatola e, nell’altra, il necessario per aggiungere un posto a tavola << Così ti rovinerai l’appetito. >> 
Come un bambino beccato a fare una marachella, Magnus si ficcò in bocca quello che rimaneva del biscotto e, con espressione innocente, si strinse nelle spalle, sollevando i palmi per mostrare che non aveva nulla fra le dita. 
<< Prima la carne, poi i dolci. >> lo redarguì lo scrittore, piazzando a un centimetro dal naso dell’amico l’arnese da cucina << Altrimenti che senso ha che io mi impegni tanto con il barbecue? >> 
<< A proposito, solo io sento un vago odore di bruciato? >> chiese innocentemente l’imprenditore, annusando l’aria. 
Un strilletto acuto scappò all’ex Corvonero che, mollate le stoviglie a Zelda, fuggì di gran carriera verso la griglia. I due rimasti ridacchiarono per il verso emesso dall’amico, per poi seguire le sue orme, seppur con passo più tranquillo. 
Giunti in terrazzo, la strega si affrettò a sistemare il piatto e le posate nel posto che solitamente occupava, mentre Magnus le riempì il calice con il Pinot Nero del 2015, che il padrone di casa aveva scelto per accompagnare la carne. 
Joël, che era riuscito a intervenire tempestivamente, si voltò verso i due << Di cosa stavate parlando poco fa? >> 
Dopo aver porto il bicchiere alla donna, l’imprenditore fece lo stesso per l’amico, accompagnando però il gesto con una occhiataccia << Mi ha raccontato di come entrambi avete perso di vista Gil al parco. Lei aveva una valida ragione per essersi distratta e tu? >> 
<< I piccioni? Per te degli stupidi piccioni sono una valida scusante per perdere il mio adorato nipote? >> 
<< Lo sai che io ho paura dei piccioni! >> Zelda, che si era avvicinata all’uomo per dare un’occhiata al ben di dio che era disteso sulla griglia, gli diede un pizzicotto << Tu sei stato distratto da uno stuolo di fan che ti avevano adocchiato. >>
<< Sinceramente, fanno più paura delle fan sfegatate che un paio di pennuti. >> dopo aver rigirato un pezzo di tagliata, si voltò con il suo inconfondibile sorriso “da schiaffi” stampato in volto << Leopold, ti ho raccontato di quella volta in cui Zizi è dovuta sfilare di fronte a tutte le personalità di spicco degli Hampton con una maglietta con su scritto… >> 
Il futuro Conte di Northampton non ebbe mai modo di sapere cosa riportasse la t-shirt poiché le parole dello scrittore vennero brutalmente interrotte da una gomitata della diretta interessata nelle costole. 
<< Merda, mi hai fatto male! >> si lagnò l’uomo.
<< Ti sta bene. >> gli sibilò all’orecchio la strega, per poi girarsi verso un confuso, seppur divertito, Magnus << Ho sentito che presto la tua azienda lancerà un nuovo cellulare. >> 
<< Sì, il DOW. È per questo che mi trovo a New York. >> spiegò il mago, scostando una sedia e aiutando così Zelda ad accomodarsi << Joël mi ha raccontato vagamente che sei una designer d’interni e che hai avviato un’azienda tutta tua. >> 
La donna, felice di poter parlare del suo lavoro, argomento che la metteva sempre a suo agio, regalò un sorriso luminoso all’uomo, che si era accomodato nel posto di fronte a lei e iniziò a raccontargli più nel dettaglio la sua professione. 
La serata passò allegramente, tra chiacchiere, che spaziarono in ogni genere di argomento, e risate; anche se Joël, quando ebbe salutato i suoi ospiti, si ritrovò a contare i lividi che si era procurato a causa dei calci e dei pizzicotti ricevuti. Maledetta Nightingale, prima si autoinvita e poi malmena chi la sfama: allucinante. 
 
 
§§§
 
 
Venerdì 8 Giugno,
Piazza della Fontana

       
 
<< Tu! >>
Aaron, che stava attraversando la pizza, si fermò di botto e cercò la fonte di quell’ordine perentorio; in fondo era l’unico essere vivente lì presente, oltre ai suoi adorati cani, quindi per forza di cose doveva essere lui quel fantomatico “Tu”.
All’altezza del palazzo Gold, una figura elegante e distinta si stava dirigendo, come una furia, verso di lui. Non ebbe bisogno di aguzzare la vista per riconoscerla e si limitò ad alzare una mano in un cenno di saluto << Buongiorno anche a te, mia cara Vasya. >> 
<< Non c’è nulla di buono stamattina. >> replicò stizzita la russa, fermandosi a un braccio di distanza da quello che aveva ribattezzato come “nemico giurato della sua sanità mentale” << Dimmi che cosa hai in mente, maledetto. >> 
Sollevando le sopracciglia sorpreso, il mago osservò la donna ucciderlo con lo sguardo e, contemporaneamente, accarezzare amorevolmente Choco e Happy, che scodinzolavano e guaivano come dei forsennati: che ruffiani. 
<< Che sei più pazza del solito? >> 
Gli occhi chiari della strega si socchiusero in due fessure << Senti biondino, è da ieri che cerco di capire che cosa stai architettando ai danni di Magnus e a breve mi scoppierà un’ulcera a causa tua. Quindi falla finita e dimmi cosa stai pianificando. >>
<< Scusami, ma tu ieri non sei andata a una festa con Tristan e Camden? >> prima che questa potesse replicare, l’additò con fare concitato << E non mentire, Will ti ha vista sfrecciare via verso il tramonto insieme a quei due. >> 
<< Sai, a differenza tua, so fare due cose contemporaneamente. Forza, sputa il rospo. >> 
Roteando gli occhi al cielo, Aaron si voltò e, dopo aver schioccato le dita per richiamare al suo fianco i due cani, si diresse verso l’uscita del residence << Te lo dico da amico, goditi la vita e smettila di farti gli affari miei. Tra te e Willow non so chi sia peggio. >> 
<< Oh poverino, mi dispiace se io e tua sorella cerchiamo di evitare che tu combini qualche disastro. >> ironizzò l’ex Tuono Alato, affiancandolo. 
<< Ti posso assicurare, come ho già fatto con quella spina nel fianco di mia sorella, che non ho intenzione di mettere in pericolo la vita di Magnus, solo di semplificare la mia. >> poi, avendo un’illuminazione improvvisa, si fermò sotto l’arco, poco lontano dall’entrata della portineria << Sei stata tu ad aizzarmi contro Will? Per tutta la cena di ieri sera non ha fatto altro che chiedermi che cosa stessi architettando, proprio come hai appena fatto tu. >> 
Vasya, non volendo mettere in mezzo l’amica, sollevò il mento con aria di sfida e ignorò platealmente la sua domanda << Allora, che cosa hai in mente? >>
<< Ohohoh, mia cara scordatelo. Se anche avessi qualcosa in mente non verrei di certo a riferirtelo. >> 
I due si allontanarono dal comprensorio, bisticciando come cane e gatto, e, quando le loro voci furono troppo lontane per essere udite chiaramente, una donna uscì della portineria. 
Brenda, con un sorriso sghembo che le incurvava le la labbra morbide, guardò in direzione del marciapiede, al di fuori dell’edificio, sui cui transitavo un numero indefinito di persone. Quella mattina era uscita di casa presto per ritirare un pacco che conteneva delle maschere di bellezza che lei e Malaika e, se si fossero riuscite a liberare dai loro impegni lavorativi, anche Zelda e Camila, si sarebbero fatte quel pomeriggio, in preparazione del party. Aveva masticato una serie di imprecazioni durante tutto il tragitto, ma alla fine quell’escursione non era stata un male. Infilò il taccuino, nel quale aveva diligentemente trascritto gli indizi che aveva udito poco prima, nella tasca posteriore dei jeans, mentre il suo sorriso si ampliava: adorava i segreti, ma ancora di più svelarli.
 
 
§§§
 
 
Palazzo Superior,
Attico
 
      
 
Joël seguiva silenzioso il fidato maggiordomo degli Howard, poco importava che conoscesse l’attico tanto bene quanto il suo appartamento e che sarebbe riuscito ad arrivare da solo in qualsiasi stanza che la Contessa aveva deciso di usare per ricevere i suoi graditi ospiti. 
Quel giorno Cathleen aveva optato per l’ “Osservatorio”, una stanza circolare la cui particolarità era il soffitto a cupola e in vetro, da cui si poteva appunto osservare il cielo. Ci si poteva giungere da tre direzioni diverse che finivano con altrettante aperture ad arco. Nessuna porta chiudeva il luogo, che era così estremamente luminoso, anche grazie alla presenza  di tre porte finestre, sempre ad arco, che davano sul giardino. L’ambiente era rallegrato da numerose piante e da un pavimento fatto di pietre di color terra cotta. Al centro della stanza vi era un piccolo tavolo circolare, ricoperto da stuzzichini e da due caraffe una arancione e l’altra gialla, e, intorno ad esso, erano comodamente sedute la padrona di casa e una donna dai lunghi capelli corvini e dai particolari occhi eterocromi.
<< … hai fatto un ottimo lavoro, mia cara. >> la Contessa passò delicatamente le punta delle dita sul bordo del ritratto, ignorando cosa le stesse capitando attorno, troppo ammaliata dalla giovinetta semisdraiata in mezzo a un’oasi nel deserto << Al sultano piacerà da impazzire come sei riuscita a catturare l’indole della sua primogenita. >> 
Randolph, facendosi di lato, si schiarì la voce << Milady, il Signor Webster. >> 
Cathleen sbatté le palpebre un paio di volte, poi un sorriso luminoso le incurvò le labbra. Dopo aver sistemato con attenzione il dipinto nella sua custodia nera, si alzò e si diresse a braccia aperte verso il nuovo venuto << Joël, mio caro. Finalmente sei venuto a trovarmi, temevo che ti fossi dimenticato di me. >> 
I due di scambiarono un breve e caloroso abbraccio, poi lo scrittore le prese la mano destra e posò sul dorso un bacio leggero << Sono profondamente dispiaciuto di non essere venuto prima. >> 
<< Sei tornato da ben due giorni e solo ora vieni a salutarmi, senza neanche una valida scusa per il tuo ritardo? Sono mortalmente offesa. >> la Contessa sfilò le dita dalla presa del giovane e, con finta aria offesa, gli diede le spalle. Gli fece cenno di sedersi in una delle due sedie libere e poi indicò la donna, che indossava un vestito estivo color turchese << Non so se vi conosciate, ma lei è Camila Dourado Borges, una pittrice di grande talento. Lui invece è Joël Dominik Webster, il famoso scrittore. >> 
I due, che si erano visti di sfuggita per il residence, si scambiarono una stretta di mano e sorrisero contemporaneamente per la presentazione fatta dall’anziana. 
Joël si era seduto da meno di quindi secondi quando la Contessa gli pose davanti un bicchiere di spremuta d’arancia, visto che la donna sapeva che la preferiva alla limonata, e un piattino ripieno di tramezzini di vario genere.
<< Ti ringrazio, ma non ho così tanta fame. >>
<< Mangia, sei denutrito. >> Cathleen, dopo aver stretto il foulard di seta che aveva attorno al collo, si accomodò a sua volta << Come mai sei venuto a trovarmi? Lo so che non sei venuto qui solo per porgermi i tuoi omaggi. >>
<< Oh, mia cara Kitty, come mi conosci bene. >> gli occhi chiari del mago si illuminarono, afferrando poi un piccolo sandwich con avocado e tonno << Ho saputo che qualcuno sta architettando un tiro mancino a Magnus. È vero? >> 
Le due donne si scambiarono uno sguardo d’intesa e poi scoppiarono a ridere. 
<< Certo che è impossibile tenere un segreto in questo posto. >> Camila posò le lunghe dite sulle labbra, nel vano tentativo di trattenere le risate che la scuotevano << Aaron ci rimarrà male quando lo verrà a sapere. >> 
<< Oh, l’importante è che suo cugino ne rimanga all’oscuro. >> la Contessa, adagiandosi contro lo schienale della sedia, si portò alle labbra il bicchiere pieno di aranciata << Vuoi unirti alle scommesse? >> 
<< Scommesse? >> lo scrittore, dopo aver mandato giù un boccone, fece saltare gli occhi chiari da una donna all’altra << E su cosa? >> 
<< Su quanto tempo Magnus impiegherà a trovare la cimice. >> la padrona di casa estrasse da una tasca dei suoi pantaloni cachi, a vita alta, un piccolo taccuino di pelle nera e lo aprì << Al momento siamo in sette e la somma totale è di trecento galeoni. Quella buon’anima di mio marito ha puntato su dieci giorni: confida troppo in quel tonto di mio nipote; io invece ho scommesso che impiegherà trentacinque giorni. >> 
Camila si spostò una ciocca di capelli dal viso << Io, se non sbaglio, due settimane, giusto? >> 
Cathleen girò le pagine sottili e annuì << Precisamente quindici giorni. >> voltatasi verso il mago, lo scrutò da sopra le lenti degli occhiali squadrati << Allora, vuoi unirti anche tu? >> 
<< Ma che domande, certo! >> Joël estrasse a sua volta dalla tasca dei pantaloni il portafogli << Io credo che ci metterà diciotto giorni ad accorgersi della cimice. Quanto ti devo? >> 
<< Uhm, sei vicino a Willow: lei ha puntato su venti. >> la Contessa, come una navigata bookmaker(9), tese la mano destra, mentre il silenzioso Randolph compariva al suo fianco con una scatoletta di legno << Sono cinquanta galeoni. >> 
Estratto quanto richiesto dal portafoglio, l’uomo lo porse alla padrona di casa che contò il denaro e poi lo pose all’interno della scatola << Sai cosa fare. >>
Il maggiordomo, dopo un inchino elegante, uscì dalla stanza, diretto chissà dove. 
Il mago osservò Cathleen scrivere, con la sua minuta ed elegante scrittura, su di un foglio bianco la data del giorno corrente, il suo nome e i vari riferimenti della scommessa. Concluso il tutto girò il taccuino verso di lui e gli pose la piuma, che gli aveva portato il sempre servizievole Randolph poco prima << Firma. >> 
<< Certo che con te non si scherza. >> commentò l’uomo, facendo al contempo quanto richiesto.
La Contessa gli regalò un sorriso malandrino << Probabilmente, nella mia vita passata, sono stata una strozzina. >>  
Camila, dal canto suo strinse con ferocia le labbra, per non scoppiare a ridere, soprattutto vedendo l’espressione sorpresa dello scrittore, che, benché avesse sempre la risposta pronta, di fronte alle stravaganti uscite dell’anziana signora spesso e volentieri si ritrovava sguarnito di parole. Volendolo aiutare a uscire dall’impasse, gli domandò << Ti è stato detto dove Aaron ha nascosto il tracciatore? >>
Di fronte al diniego dell’altro, la pittrice indicò con il capo la padrona di casa << In realtà è merito di Cathleen: gli ha infatti suggerito di nasconderla nella penna stilografica, che è stata regalata a Magnus per i suoi vent’un anni proprio dai Conti. >>
La diretta interessata si pavoneggiò, drizzando ancor di più la schiena e sorridendo con falsa modestia << Mio nipote è un animale abitudinario e ciò si riflette nel fatto che si porta sempre appresso solo due cose, a cui è particolarmente affezionato: l’orologio, che gli hanno donato i suoi genitori per i suoi diciotto anni, e, appunto, la penna. Per Aaron era molto più semplice avvicinarsi alla seconda e così ha fatto, nascondendo la cimice nel tappo. >>
<< Ne pensi una più del diavolo. >> commentò Joël pieno di ammirazione, facendo inorgoglire ancora di più Cathleen. 
Camila, dando per caso un’occhiata all’elegante orologio affisso alla parete, si rese conto che era giunta per lei di accomiatarsi, quindi si alzò << Grazie mille per questa gustosa merenda, ora però devo andare a casa a completare alcuni doveri che ho lasciato in sospeso. >> girò intorno al tavolo e andò ad abbracciare la padrona di casa, che ricambiò la stretta con affetto << Mi devo muovere, altrimenti rischio di saltare il pranzo con Brenda e le altre. >> 
<< Salutami quelle care ragazze. >> disse la padrona di casa.
Joël, a sentir nominare la blogger, si drizzò: allora viveva davvero nel comprensorio e dunque non era un squinternata che si era introdotta illegalmente nel residence. La cosa lo rassicurò non poco. 
<< Certamente. >> replicò la brasiliana.
<< E non ti preoccupare per il ritratto, farò in modo che il sultano lo riceva entro la prossima settimana. >>
La pittrice si scostò dall’anziana e le sorrise riconoscente << Sapevo di poter contare su di te. A sta sera. >> detto questo sorrise allo scrittore, che si era alzato per salutarla, e seguì Randolph, che era nuovamente comparso dal nulla per scortarla all’ingresso. 
La Contessa a quel punto si voltò verso il suo unico ospite << Guarda che non mi sono dimenticata che mi sei venuto a trovare con quarant’otto ore di ritardo. Per punizione dovrai raccontarmi come sono andate le tue vacanze negli Hamptons. Come stanno i tuoi genitori? Tua sorella? E quell’adorabile peste di tuo nipote? >> poi borbottò fra sé e sé << Dovrei scrivere a Celia. >> 
Lo scrittore di fronte a quel fiume di domande non riuscì a trattenere una sonora risata: Cathleen si riconfermava la forza della natura che era. 
 
 
§§§
 
 
Uscita Parco del Royal Residence Park
 
      
 
<< Quindi i tuoi genitori vogliono ampliare il ristorante? >> 
Camden e Noah stavano uscendo dal parco privato del residence dopo aver fatto l’ennesima partita a Quodpot, il risultato era stato stranamente un pareggio. Entrambi però avevano escluso un terzo match  perché si stava facendo tardi e quella sera avevano un impegno importante che li attendeva proprio al palazzo Superior. 
<< Sì, gli affari stanno andando molto bene e perciò vogliono aumentare i posti a sedere e dare una rinfrescata all’ambiente. >> l’attore, che indossava solo un paio di pantaloncini da basket e delle scarpe da tennis, si passò un asciugamano sul petto imperlato di sudore << Dal punto di vista legale non è così facile, soprattutto per quanto riguarda l’ampiamento e l’assicurazione. Per questo i miei mi hanno chiesto una mano per trovare un abile avvocato che possa seguire tutta la trafila e che li possa consigliare al meglio. >> 
<< Penso di conoscere una persona che ti potrebbe aiutare e… lupus in fabula. >> Camden iniziò a sbracciarsi e a chiamare a gran voce un uomo che stava attraversando la pizza della fontana.
Castiel, con la fronte aggrottata, si fermò a osservare le due figure, di cui una purtroppo conosceva benissimo l’identità, avvicinarsi a lui a passo svelto. 
<< Credo che sia la prima volta in tutta la mia vita che ti vedo rientrare a casa così presto. >> la voce divertita di Cam fece inarcare le sopracciglia del magiavvocato << Insomma non sono neanche le cinque di pomeriggio e tu sei qui, domani come minimo nevicherà. >> 
<< Forse te ne sei dimenticato e la cosa sinceramente non mi stupirebbe, ma tra un paio d’ore inizierà il party dei Conti. >> il sopracciglio si inarcò ancora di più, quando squadrò l’amico da capo a piedi, soffermandosi in particolare sulla maglietta nera che riportava la scritta “I’m sexy and I know it.” << Di cosa hai bisogno questa volta? O mi hai fermato solo per canzonarmi? >> 
<< No, in realtà ho una valida ragione. Castiel, ti presento il mio amico Noah Hansen. Noah eccoti l’avvocato migliore dello Stato, macché, dell’intero continente: Castiel Lucifer Greyson. >> 
I due diretti interessati si soppesarono reciprocamente, chi sorridendo cordialmente e chi con espressione impassibile, anche se quest’ultimo cercava di fare del suo meglio per non fissare gli occhi sui muscoli messi in bella vista dall’altro. 
<< Piacere. >> dissero in coro e si strinsero la mano. 
<< Bene, superati i convenevoli e meglio andare diretti al punto. >> si intromise Cam, con il suo solito modo di fare confusionario e pieno di vita << I genitori di Noah hanno bisogno di un’assistenza legale per l’ampiamento del loro ristorante e chi meglio di te può aiutarli? In fondo sei un magiavvocato civile. >> 
<< Vero, ma non mi occupo di questo genere di cose. Non rientra nel mio ambito. >> poi si voltò verso l’attore, in completa modalità lavoro << I tuoi sono in affitto? >> 
<< No, il locale è di loro proprietà. >> rispose, preso leggermente alla sprovvista dal cambiamento sottile dell’uomo: pareva infatti più a suo agio e rilassato, ma allo stesso tempo determinato.
<< Se hanno già un progetto in mente, per prima cosa devono parlarne con l’assicurazione per vedere cosa copriranno e cosa no. Devono poi andare in comune e visionare i documenti del catasto. Infine hanno bisogno di tutti i documenti necessari nonché dell’approvazione per costruire su suolo pubblico. >> 
I due guardarono con ammirazione e vago sconcerto l’ex Serpeverde, le cui gote si imporporarono leggermente per l’ammirazione che gli uomini non provavano neanche a nascondere nei suoi confronti. 
<< Wow. Insomma… incredibile. >> il sorriso di Noah si ampliò e fece un passo in avanti << Riferirò tutto ai mille genitori, davvero grazie per le dritte. Non è che per caso hai anche il nominativo di un avvocato da consigliarmi? >>
Forse fu il palpabile desiderio dell’attore di aiutare sua madre e suo padre oppure gli occhioni luminosi di Camden, ma in poco tempo l’inglese capitombolò lasciandosi sfuggire un breve, ma profondo, sospiro << Facciamo così, chiamami domani a questo numero >> disse, allungandogli il suo biglietto da visita << Ti dirò quali documenti raccogliere e poi ci organizzeremo per un colloquio con i tuoi. >> 
Noah aprì la bocca, ma non ebbe modo di emettere un fiato perché Camden lo precedette abbracciando di slancio il magiavvocato, che rimase fermo come una statua di sale << Lo sapevo che in fondo avevi un cuore tenero! >> 
<< Uhm, sì. Ok. >> Castiel scivolò via dalla presa dell’amico, si sistemò la cravatta che l’altro aveva sposato e si esibì in un rigido cenno del capo << A più tardi. >> 
<< Te lo avevo detto che Castiel è il migliore. >> esultò Cam, dando una leggera spintarella all’attore. 
<< Sì >> Noah, senza staccare gli occhi dal diretto interessato, inclinò il capo di lato e un sorriso malandrino gli incurvò le labbra << Me lo avevi detto. >> 
 
 
§§§
 
 
Palazzo Superior,
Ingresso
 
   
 
Per la prima volta da quando si era trasferita al residence, Sherilyn varcò la soglia del palazzo Superior. Benché fosse di natura parecchio curiosa, non aveva mai trovato il coraggio necessario per intrufolarsi all’interno e dare così un’occhiata agli ambienti sfarzosi. Si era invece limitata a passare di fronte all’entrata, alle volte attardandosi più del dovuto e ricevendo così degli sguardi incuriositi e insieme inquisitori di valletti e cameriere che entravano e uscivano, silenziosi ed efficienti come formiche laboriose. Nonostante si fosse in parte abituata alla ricchezza sobria ed elegante che pareva permeare ogni angolo del comprensorio, non si era di certo preparata a quello che l’attendeva: da un soffitto a cupola, pendeva un elaborato e sontuoso lampadario fatto di lunghi cristalli dorati sovrapposti; il pavimento era di marmo bianco, con una sottile linea nera che formava un quadrato e che richiamava il colore delle altissime pareti, anch’esse di marmo, ma nere con striature bianche e oro. La disposizione dell’ambiente era uguale agli altri palazzi: sul lato destro vi era il bancone del portinaio;  sulla parete di sinistra si trovavano le buchette della posta, di un metallo dorato, classiche e semplici; infine, sulla parete di fondo, svettava maestoso l’ascensore, dei primi anni venti del novecento, ancora in perfette condizioni. 
Attraversando l’ingresso e posando gli occhi scuri sul lampadario che creava giochi di luce, la scrittrice si ritrovò a pensare che se, tutti gli appartamenti avevano soffitti così alti, non c’era da stupirsi che il Superior fosse annoverato fra i palazzi più alti e prestigiosi di tutta la città. 
La donna si fermò di fronte alle porte dell’ascensore, ma non premette il tasto per chiamarlo. Si sentiva talmente sopraffatta e tesa che i muscoli parevano essersi atrofizzati. Riusciva a vedere il suo riflesso nel marmo limpido: il vestito nero, con lo scollo a barca, la fasciava ed esaltava le sue forme; la gonna era abbellita da delle foglie e fiori dorati; le decolté, abbellite lungo il bordo, la slanciavano; mentre i capelli erano raccolti in uno chignon, da cui sfuggivano due ciuffi che le incorniciavano il viso insieme alla frangetta. La strega però fissò la sua attenzione sui suoi occhi che, malgrado il raffinato trucco, riflettevano la sua ansia, facendola sembrare un cerbiatto impaurito. 
Non seppe quanti minuti passarono, ma con la coda dell’occhio vide comparire al suo fianco un uomo alto. Indossava dei pantaloni neri, un paio di stivaletti del medesimo colore, una maglia bianca e una giacca color platino. Chiamato l’ascensore, si voltò verso di lei con un sorriso amichevole, ignorando il fatto che l’avesse trovata a fissare un punto di fronte a sé come imbambolata << Prima volta? >> 
La fronte di Sherilyn si aggrottò << Come scusa? >> 
<< È la prima volta che vieni invitata a una festa dei Conti? >> 
La scrittrice annuì, mentre le gote cominciavano a imporporarsi << Si vede tanto? >> 
<< Solo un pochino. >> la rassicurò il mago, mentre le porte dell’ascensore si aprivano << Non ti preoccupare, sono innocui e i loro party sono particolarmente divertenti, succede sempre qualcosa di inaspettato. >>
La donna fece un cenno del capo per ringraziare lo sconosciuto che, da vero gentiluomo, le aveva fatto spazio per farla entrare per prima << Pare che tu li conosca bene i Conti. >> 
<< Più o meno, sono un amico di uno dei loro nipoti: Aaron. >> dopo aver premuto il tasto per l’attico, senza dover inserire il codice di sicurezza perché disattivato per quella serata, l’angolocinese le porse la mano destra << Scusami, non mi sono neanche presentato. Io sono Henry Rux. >> 
Sentendo i muscoli rilassarsi pian piano, la scrittrice ricambiò il sorriso in maniera più aperta e vera << Io sono Sherilyn Leeron. Piacere di conoscerti. >> mentre le porte si richiudevano la scrittrice sollevò il volto, per guardare apertamente il volto del suo interlocutore, che era parecchio più alto di lei << Quanto sono particolari queste feste? >> 
<< Beh, una volta, per raccogliere i fondi per lo zoo di New York, Cathleen ha fatto in modo che alcuni animali gironzolassero allegramente in mezzo agli ospiti. >> di fronte allo sconcerto della strega, il giocatore di Quidditch si portò la mano destra al cuore << Giuro, mi sono fatto un selfie con un puma. >> 
Una risata piena e allegra scosse le spalle della donna, che si sentì decisamente più leggera rispetto a quando era uscita di casa. Purtroppo il viaggio durò molto poco e, proprio in quel momento, le porte dell’ascensore si aprirono sull’atrio sfarzoso, già gremito di persone, dei Conti di Northampton. A pochi passi da loro attendeva un valletto, che teneva in mano una lista con i nomi e i cognomi di tutti gli invitati.
Henry le porse il braccio << Andiamo? >> 
Per un attimo Sherilyn esitò, poi, preso un profondo respiro, adagiò la mano nell’incavo del gomito dell’uomo e gli sorrise con coraggio << Andiamo. >> 
 
 
§§§
 
 
Attico dei Conti di Northampton,
Salotto
 
            
 
Elegantemente appoggiato a una colonna che divideva la sala da pranzo dal salotto, Tristan osservava incuriosito i vari ospiti che andavano pian piano riempiendo l’appartamento, mentre sorseggiava un calice di champagne. Il giovane indossava un paio di pantaloni neri morbidi, dei mocassini della stessa tonalità e una camicia che faceva pendant con la giacca, con decorazioni e colori che richiamavano la cultura latina, un regalo della sua migliore amica Camila. L’outift sottolineava il fisico slanciato e muscoloso, tant’è che diverse signorine e anche signorini, a dire il vero, gli lanciavano costantemente occhiate languide. I neri capelli, solitamente lasciati liberi e arruffati in maniera sexy, erano tenuti sotto controllo dal gel che enfatizzava i lineamenti del volto e gli occhi verdi, esaltando ancor di più la sua bellezza. 
<< Hai deciso di interpretare l’uomo bello e tenebroso a questo giro? >> Willow comparve alle sue spalle, con un piattino ripieno di deliziosi stuzzichini << Credevo che quello fosse il personaggio di Magnus. >>  
Rubato un voulevant ripieno di ragù dal piatto della cugina, il regista si strinse nelle spalle << Non farei mai uno sgarro del genere al mio amato fratellone, in realtà sto studiando gli ospiti. >> 
La strega si mise a giocherellare con la catenina argentata che pendeva dal girocollo di velluto nero << Come mai? >> mettendosi a sua volta scrutare le persone che li circondavano. 
<< Sto cercando di capire, dalle personalità che i nonni hanno invitato, quale sia il reale motivo dietro questa festa improvvisa. >> 
<< Mi pare che abbiano invitato un gruppo eterogeneo di persone: i loro amici, alcuni clienti di Magnus, artisti della galleria e anche dei nostri condomini. >> 
A quell’ultima osservazione il mago si voltò verso la donna con gli occhi scintillanti, sottraendole, al contempo, un muffin salato visto che il voulevant di poco prima era già finito all’interno del suo stomaco << Sono questi ultimi che mi lasciano perplesso. >> 
La gallerista si strinse nelle spalle << Molti di loro sono loro amici oppure nostri… >>
<< Vero, ma con molti altri avranno scambiato si e no qualche convenevole o poco più. Perché invitarli allora? Soprattutto se vuoi festeggiare i tuoi nipoti. La nonna ha più conoscenti di chiunque altro e che di certo non rifiuterebbero un suo invito. >> 
<< Effettivamente… >> Willow tornò a osservare con rinnovato interesse la sala e le persone che vi si muovevano all’interno.
Tristan, dal canto suo, si rese conto che anche loro erano studiati da coloro che li circondavano e che il chiacchiericcio di sottofondo era molto simile al loro scambio di battute. Quando però udì delle considerazioni viscide sul conto della cugina, il suo volto si fece marmoreo e lo sguardo di ghiaccio.  Adocchiati i colpevoli, tre uomini, se così si potevano definire, di mezza età, fu sufficiente una sua occhiataccia per farli fuggire con la coda fra le gambe. 
Will, che non si era accorta di nulla o, molto più probabilmente, faceva finta di nulla, indossava una lunga gonna argentata, che brillava a ogni suo movimento, abbinata a un top nero, che sottolineava le sue esili forme e lasciava scoperte le spalle. I lunghi capelli erano lasciati liberi in onde, ad eccezione di due ciuffi davanti che erano stati raccolti in una treccia in modo da lasciare scoperte le orecchie e i gioielli che le adornavano, ovvero degli orecchini a forma di cristallo che ornavo il lobo e l’elice(10). I sandali neri, dall’alto tacco, la slanciavano, tanto che quasi sfiorava il suo metro e ottantotto. 
Di base sua cugina era sempre carina e ben vestita, ma quella sera era oltremodo adorabile e quindi non esitò a dirglielo, facendole così sorgere un sorriso contento sul volto. 
<< Grazie. >> disse con calore al cameriere, da cui aveva preso al volo un calice di champagne; poi si voltò verso il compagno di marachelle di una vita per renderlo parte dell’idea che le era balzata in mente << Non è che i nonni abbiano invitato i condomini per farci legare con loro? Insomma si lamentano sempre della mia indole da orso. >> 
<< Sei solo selettiva e timida, che c’è di male? >> borbottò il regista, ricevendo come segno di amore un breve bacio sulla guancia << La tua supposizione però ha delle falle: io non ho bisogno di fare amicizie, inoltre sono sempre l’anima di tutte le feste a cui prendo parte. >> 
<< Probabilmente ci vogliono accasare. >> Aaron si infilò nella conversazione, lanciando un’occhiataccia alla sorella minore << Riprenditi la tua benedetta pochet. >> 
La diretta interessata inarcò il sopracciglio destro, mostrandogli le mani occupate << Esattamente come faccio? La dovrei tenere in equilibrio sulla testa? >> 
<< Potrebbe essere un’idea. >> replicò l’uomo allungandosi per rubarle dal piatto un mini sandwich, ma che venne prontamente allontanato dalla sua portata. 
<< Ah-ah, o tieni la borsa oppure niente stuzzichini. >> allo sguardo omicida del fratello, la più piccola rispose con un’innocente alzate di spalle << Puoi sempre andare a riempire un piatto da solo. >>
Aaron, che indossava un paio di pantaloni grigi abbinati a un gilet del medesimo colore e una semplice camicia bianca, che gli evidenziava le spalle larghe, calcolò l’enorme distanza che lo sperava dal buffet, quindi intensificò lo sguardo minaccioso, ma con scarso successo << Sei una ricattatrice della peggior specie. >> 
<< Ho preso da nonna. >> 
Intanto che Aaron prendeva il suo agognato mini sandwich dal piatto che la sorella gli allungava, Tristan si grattò il mento riflettendo sulle parole del primo << Sai che potresti avere ragione? Sarebbe una cosa che i nonni potrebbero fare perfettamente. In fondo, solo qualche giorno fa, si lamentavano della mia vita da… “farfallone” diciamo. Non è vero Magnus? >>
Il futuro Conte di Northampton, che si era silenziosamente unito al piccolo gruppo, annuì in maniera grave << Se fossero davvero queste le intenzioni dei nonni, cosa non difficile da credere, la mia voglia di rimanere a questa festa diminuirebbe sempre più. Sto seriamente valutando la possibilità di svignarmela. >> poi soffermò, per qualche secondo, la sua attenzione sul suo Marketing Manager << Bella borsa cugino, si abbina divinamente al tuo outfit. >>
Aaron, per tutta risposta, gli regalò un dito medio proprio con la mano che teneva la pochet, mentre Willow quasi si strozzava con lo champagne a causa della battuta. 
<< Pensi sul serio di poter sfuggire alle grinfie di nonna? >> gli domandò ironico Tristan, squadrandolo dal basso verso l’alto. 
L’uomo, vagamente a disagio, ma cercando di non mostrarlo, si strattonò la giacca bordeaux scuro in pendant con i pantaloni, che facevano risaltare il dolcevita color panna, e sottrasse a sua volta un mini muffin salato della cugina << Credete che non ne sia in grado? >> 
<< Sinceramente? No. >> Will, che aveva la fronte aggrottata a causa del suo piatto ormai pressoché vuoto, lo guardò con pietà << Probabilmente ha dato istruzioni ai camerieri di tenerti d’occhio. >>
<< Questo è troppo anche per lei. >> scherzò Magnus, anche se i suoi occhi non riflettevano la medesima sicurezza. 
Tristan e Aaron si allontanarono di un passo da lui, facendosi più vicini alla più piccola di casa. 
<< Forse dovremmo tenere le distanze da lui. >> propose il regista, ricevendo cenni e mugugni d’assenso dagli altri due. 
<< Guardate che vi sento, imbecilli. >> 
<< Suvvia Magnus, non si appellano i propri parenti con certi intercalari volgari. Ti ho educato in tutt’altro modo. >> lo riprese bonariamente Manfred, affiancando il nipote primogenito e dandogli delle affettuose pacche sulla spalla sinistra. 
<< L’ho sempre detto io che Magnus è un buzzurro travestito da principe. >> scherzò Aaron, ricevendo un’occhiata di ammonimento dal nonno.
<< Guarda che ti ho visto fargli il dito medio prima. >> 
<< Mi ha istigato, è un bullo. >> 
L’uomo, in total black, a eccezione di una leggera sciarpa grigia, roteò gli occhi al cielo e, sotto lo sguardo attonito di Will, si allungò a rubare l’ultimo stuzzichino << Non sono venuto qui per sedare i vostri litigi, ma per esortarvi a mescolarvi fra la folla per compiere i vostri doveri da bravi padroni di casa. In realtà più che un consiglio è un ordine della mia adorata mogliettina, a meno che, ovviamente, non desideriate che lei venga qui e che vi riprenda, di fronte a tutti, come bambini indisciplinati. >> 
I quattro si voltarono, come un sol uomo, verso la nonna, che stava amabilmente parlando con un’anziana signora. La padrona di casa, attraverso le piume che adornavano il copricapo della sua interlocutrice, lanciava sguardi assassini ai nipoti. Il fatto poi che indossasse un’ampia gonna ricoperta di fiori, una giacca di velluto scuro e un filo di perle, non mitigava la sua aura spaventosa, tant’è che i nipoti vennero percorsi da un brivido di puro terrore. 
<< Beh, visto che mi avete svuotato il piatto torno al buffet. >> sottratta la borsa rettangolare dal fratello e incastratala sotto il braccio, Willow fu la prima a dileguarsi. 
I maschi, invece, borbottarono frasi senza senso per un paio di minuti, poi si allontanarono in tre direzioni diverse.
Manfred palesemente compiaciuto del suo successo, avendo impiegato davvero poco tempo a disperdere il gruppetto, addentò il voulevant ripieno di ragù e, mandato giù il primo boccone, si lasciò sfuggire un piccolo gemito di puro piacere << Lo Chef Ravi si è davvero superato. >> disse fra sé, dirigendosi al contempo verso la sua dolce metà.
 
 
 
 
 
 
 
(1)Chef saucier: Chef delle salse. La sua attività consiste: nella preparazione delle salse di ogni tipo; la cottura delle carni in umido, al salato e dei brasati; nelle piccole strutture è solitamente lui che si occupa dei secondi piatti laddove la brigata non prevede un rosticcere e un poissoniere. Solitamente è il più esperto fra gli chef di partita (cioè chef responsabili di uno specifico settore).
(2)Porta a vetro sabbiata: la sabbiatura è un processo di lavorazione del vetro che elimina la trasparenza, rendendo il vetro opaco e dunque non si vede nitidamente attraverso. 
(3)Jarvey: è una creatura magica con le sembianze di un furetto, ma che sa parlare e si esprime quasi solo attraverso frasi volgari e con parolacce
(4)Matar: ammazzare in spagnolo
(5)Trilby: è un cappello, simile a un borsalino, ma ha di solito un bordo più corto e il retro del bordo è più alzato. Si riconosce per il nastro sottile con fiocco sul lato destro. Il trilby marrone insieme ad un abito in tweed fa parte della classica tenuta ippica inglese.

(6)New York Sour: 6 cl Rye Whiskey o Bourbon; 2 cl Sciroppo di zucchero; 2,5 cl Succo di limone; 2 cl Bianco d’uovo; 1,5 cl Vino rosso (Syrah). Servito solitamente in un old fashioned, conosciuto anche con i termini anglofini  rocks e lowball, ovvero un bicchiere di tipo tumbler basso utilizzato per servire liquori "on the rocks" (versati su cubetti di ghiaccio) o cocktail con pochi ingredienti.

(7)Rolls-Royce Phantom Drophead Coupé: Beverly Hill Edition

(8)Gil: l’adorabile nipotino di Joël
(9)Il bookmaker (che nello “slang” dei paesi anglofoni viene anche chiamato “bookie”) è colui/il sito che ha il compito di gestire le scommesse e soprattutto di fissare le quote. 
(10)Elice: parte alta dell’orecchio


 
 
 
 
Angolo Autrice
 
Salve a tutti!
Visto che il capitolo è parecchio corposo cercherò di non dilungarmi troppo. 
Per prima cosa volevo scusami per la mia lunga assenza, purtroppo ho passato un brutto periodo, sia nell’ambito universitario che personale, quindi la scrittura ne ha risentito parecchio. Spero tanto che in futuro non ricapiti più o che non sia della medesima portata. Inoltre farò del mio meglio per prendere un buon ritmo, non credo che riuscirò a sfornare capitoli a raffica (sono un bradipo a scrivere) ma cercherò, quantomeno, di pubblicare un capitolo al mese (tengo le dita incrociate). 
In secondo luogo volevo ringraziarvi per l’infinta pazienza che avete dimostrato dei miei confronti e per non aver abbandonato le speranze. Davvero, grazie infinite. 
Spero tanto che il capitolo vi sia piacito e mi scuso per la lunghezza, ma volevo farmi perdonare (spero che da leggere non sia stato pesante o noioso). 
Come avrete notato ho descritto solo una parte dei vestiti, l’ho fatto perché non volevo appesantire ulteriormente la scrittura, quindi il resto degli abiti li vedrete, finalmente, durante il party vero e proprio. Le immagini degli outfits che ho descritto li trovate qui di seguito. 
Stranamente non ho domande da farvi, ma cominciate a pensare agli Oc con cui il vostro pargolo potrebbe avere dei flirt (almeno 2 o anche di più se volete).
Detto questo vi saluto e a presto, spero.
Chemy
 
 
Vestiti:
 
Camila

 
Zelda

 
Sherilyn

 
Henry

 
Tristan

 
Willow

 
Aaron

 
Magnus

 
Manfred

 
Cathleen

   
 
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: ChemistryGirl