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Autore: Stillathogwarts    02/06/2022    0 recensioni
Versione alternativa in sette parti della mia ff precedente "Nel Multiverso della Follia". | Dramione
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Un viaggio nel Multiverso che cambierà per sempre la storia di Draco e Hermione.
Genere: Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Draco Malfoy, Hermione Granger | Coppie: Draco/Hermione
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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- Questa storia fa parte della serie 'Multiverse of Madness [Dramione]'
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Draco & Hermione
In The Multiverse Of Madness


CAPITOLO 2


 
Draco non aveva fatto che chiedersi quanti Draco Malfoy esistessero, quante versioni di sé stesso respirassero e camminassero come lui in quello stesso momento, in un altro punto dell’universo. O in un altro universo. C’era un Draco che stava peggio di lui? Uno che era riuscito ad avere il coraggio di uccidere Silente su quella Torre e che ora marciva ad Azkaban? C’era un Draco che era ancora migliore di quello che aveva conosciuto, uno che Lucius non lo aveva mai idolatrato e non aveva mai cercato di diventare come lui? Un Draco Malfoy che non aveva mai insultato una Nata Babbana e non si era mai creduto superiore a tutto e a tutti? Che aveva scelto di stare dalla parte giusta fin dall’inizio? Un Draco Malfoy che non era mai stato un codardo?
«Granger, hai mai sbagliato strada durante una ronda?» domandò il giovane all’improvviso, mordendosi l’interno della guancia, il cuore che gli pulsava rapidamente. Voleva sapere come aveva perso la sua occasione, la possibilità che invece era stata data al suo doppelganger.
«Una volta» ammise lei arrossendo. «Avrei dovuto pattugliare il secondo piano, ma l’ho praticamente saltato perché ho sentito un rumore provenire dal terzo. Alla fine, era solo Pix che si comportava da… Pix, ma non sono più tornata indietro e me ne sono resa conto solo il giorno dopo.»
Lei ridacchiò in imbarazzo, ma Draco aveva chiuso gli occhi e serrato i pugni nascosti dal suo mantello; lo sbaglio della sua Granger lo aveva condannato, quello della Granger del suo sosia lo aveva salvato.
Un minuscolo errore, uno stupido, piccolissimo, semplice e all’apparenza innocuo dettaglio, e la sua vita sarebbe stata completamente diversa.
«Perché questa domanda?»
Il biondino scrollò le spalle e simulò indifferenza, come se quella risposta non avesse avuto l’importanza epocale che invece aveva avuto.
«Tutto questo è fottutamente assurdo» mormorò Hermione dopo un attimo di silenzio.
Il giovane l’aveva guardata alzando un sopracciglio.
Chissà se anche la Granger è stata incuriosita dalla loro storia…
«Il fatto che il Multiverso esista o che quei due siano effettivamente riusciti ad attraversarlo?» domandò lui in tono neutro.
«Il fatto che quei due stiano insieme» specificò lei, enfatizzando con aria scioccata e nauseata le ultime due parole.
«Granger, non stanno insieme. Sono sposati» le fece notare ruotando gli occhi.
«Oh, certo, così è più normale» asserì sardonica. «Quella povera ragazza ha bisogno di aiuto»
Il biondo si bloccò sul posto. «Quella ragazza è felice, Granger. Non ha bisogno proprio di un bel niente e fidati che lui… le darà qualsiasi cosa vorrà.»
Draco deglutì dopo essersi lasciato scappare quelle parole a voce alta.
«Certo. Perché sono i soldi a fare la felicità, Malfoy, non è vero?»
Lui la guardò per qualche secondo, incassando il colpo; ne aveva sempre parlato in quei termini, ma la verità era che lui non aveva la minima idea di cosa volesse dire veramente essere felici; i regali che gli avevano fatto i genitori da bambino e che gli avevano dato l’illusione di essere al settimo cielo non erano abbastanza da permettergli di evocare un Patronus. Non sarebbe mai riuscito ad evocarne uno.
«Lui non è me» le disse soltanto. «La ama. Accetta che ci sia una versione migliore di Draco Malfoy e una versione di te che ne porta il cognome e falla finita, Granger. Abbiamo da fare.»
Hermione lo aveva fissato con le labbra dischiuse dalla sorpresa e dallo shock per qualche secondo, poi lo aveva seguito in silenzio.
Com’era possibile che lui si fosse fatto una ragione della cosa prima di lei?
Hermione deglutì quando vide il cancello di Malfoy Manor pararsi davanti ai suoi occhi; aveva pensato di essere in grado di farlo, quando aveva detto a Harry che le stava bene occuparsi lei della faccenda. In realtà voleva solo assicurarsi che la sua controparte stesse effettivamente bene e che quel suo Malfoy la trattasse con riguardo e rispetto, voleva aiutarli a tornarsene nel loro mondo, mondo che, a quanto le aveva raccontato la sua doppelganger, aveva imparato più dalla guerra di quanto non aveva fatto il suo.
Erano mesi che Bellatrix non le faceva visita nei suoi incubi, anche senza pozione per il sonno senza sogni, ma ritrovarsi lì, in quel luogo così cupo e incolore, non aveva fatto altro che catapultarla indietro nel tempo.
Non si era accorta di aver smesso di camminare e di essersi bloccata a fissare il castello con occhi spalancati.
«Granger?»
«I-io aspetto qui» affermò la ragazza, «farò compagnia ai pavoni.»
Draco le si avvicinò e le rivolse uno sguardo così morbido, così poco da Malfoy, che quasi le fece saltare un battito.
«Sarai al sicuro, Granger» cercò di tranquillizzarla, ma lei non mosse un muscolo, né proferì suono alcuno.
«I-io n-non…» lei deglutì, tentando di formulare una frase di senso compiuto. «…non ci riesco.»
Le tese una mano, incerto; tremava appena. Hermione neanche la guardò.
«Te lo prometto, Granger» le disse sommessamente. «Nessuno ti farà mai più del male in casa mia.»
Lei parve riflettere su quelle parole per qualche secondo, ma poi scosse il capo.
«Non posso. Ti aspetto qui» dichiarò risoluta, stringendo la sua bacchetta tra le dita con talmente tanto vigore che le nocche le divennero bianche.
Draco sospirò e lasciò ricadere la mano lungo il suo fianco.
«Ci metterò poco.»
Ci aveva messo veramente poco a individuare l’oggetto; una sfera cangiante circondata da anelli dorati e argentati; l’aveva chiusa in una piccola teca con cautela e poi l’aveva sigillata.
Aveva raggiunto la Granger dopo neanche una ventina di minuti; lei gli aveva chiesto se avesse trovato l’Artefatto e poi, una volta ottenuta la risposta a quel quesito, non gli aveva più rivolto la parola.
Draco aveva consegnato personalmente l’arnese al suo doppelganger, per avere la conferma che si trattasse dello stesso oggetto; la Granger era passata dal Ministero per fare rapporto a Potter e li avrebbe raggiunti a momenti per accompagnarlo nel viaggio che avrebbe riportato a casa i propri sosia. La Granger alternativa, invece, stava facendo una doccia e questo gli aveva lasciato del tempo per continuare a parlare con il suo sosia.
O meglio, aveva lasciato del tempo al Draco alternativo per cercare di convincerlo a non mandare al diavolo la sua possibilità di essere felice.
«Sii coraggioso» lo incitò con un fil di voce. «Fidati di me, non lasciartela scappare.»
«Non mi interessa la Granger» ripeté lui, anche se la sua voce fu scossa da un tremito di incertezza a quelle parole. Il Draco dell’altra dimensione lo guardò con l’aria di uno che non aveva la minima intenzione di bersi quella frottola.
«Anche se fosse, non avrei alcuna possibilità, con lei» aggiunse in torno fermo.
«Ah, tu dici? Secondo me sei il suo tipo» ribatté ammiccando l’altro.
Ma lui non rise alla battuta. «Sono rimasto a guardare» confessò in tono cupo, «mentre Bellatrix la torturava sul pavimento del salotto di casa mia. Lei urlava e si contorceva dal dolore e io non ho fatto niente
Una smorfia fugace comparve sul viso del suo doppelganger, un accenno di disgusto che cercò di celare, ma che Draco notò ugualmente; gli aveva appena rivelato di essere rimasto fermo mentre la controparte della donna di cui era innamorato veniva torturata, non si sarebbe di certo aspettato una pacca sulla schiena e qualche parola di conforto per i suoi stupidi e inutili sensi di colpa, che non lo avrebbero portato da nessuna parte a quel punto; il dado era tratto, il gioco era fatto. Non aveva alcun modo di rimediare ai suoi errori.
«Allora, dille almeno che ti dispiace» gli consigliò il suo sosia. «Potresti ritrovare un briciolo di pace interiore.»
La Granger si era presentata all’hotel puntuale come un orologio svizzero.
«Facciamola finita, allora» gli aveva detto e lui aveva semplicemente annuito.
Non capiva perché quella situazione la irritasse tanto, o la turbasse; avrebbe dovuto essere lui quello profondamente scocciato da quegli avvenimenti; era lui quello che, nonostante avesse revisionato le sue vedute, avrebbe dovuto essere più indignato dalla questione.
Invece Draco non avvertiva più quella punta di sdegno che lo aveva colpito all’inizio; era solamente… risentito; per come era stato incapace di gestire la sua vita rispetto al suo sosia, per il fatto che lui non potesse neanche pensare di ambire ad avere un futuro felice come quello che si prospettava per i loro doppelganger; perché non riusciva più a negare a sé stesso che la prospettiva di un freddo matrimonio a contratto gli facesse gelare il sangue nelle vene e rivoltare lo stomaco.
«Draco, credo che tu stia impostando le coordinate sbagliate.» affermò la Granger all’improvviso.
Avevano appena lasciato i loro sosia davanti alle mura della loro villa; sulle prime, Draco era stato colpito dal fatto che non vivessero al Manor, ma d’altronde, aveva riflettuto poi, se come nel loro Universo la Hermione alternativa era stata torturata tra quelle mura, la cosa non era così sorprendente.
«Granger, è la prima volta in vita tua che vedi quest’aggeggio», ribatté acidamente Malfoy. «Vuoi saperne più di me?»
Lei aveva scrollato spalle e sbuffato, però non aveva aggiunto altro.
Il biondino le tese una mano, prima di inserire l’ultima coordinata.
«Non basta toccare la sfera?» domandò perplessa la giovane.
«È solo una precauzione, Granger» le rispose lui. «Smettila di essere così ostile.»
Hermione gli scoccò un’occhiataccia, ma afferrò comunque la sua mano; toccò la sfera con quella libera e Draco azionò l’oggetto.

 
   
 
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