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Autore: Undomiel Hufflepuff    03/06/2022    2 recensioni
"Eppure quella lettera è lì tra le sue mani, è vera e lo sa, sente l'odore della carta, quello dell'inchiostro, strofina due dita sulla pergamena liscia e nuova di zecca. È tra le sue mani, proprio davanti ai suoi occhi, gli dice che forse, forse lui potrebbe essere normale. Che potrebbe essere solo Remus, un bambino normale, come ce ne sono tanti in giro."
Remus riceve la lettera per Hogwarts.
Genere: Generale, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Albus Silente, Hope Howell, Lyall Lupin, Remus Lupin
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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UN BAMBINO NORMALE
 
I rumori provenienti dal corridoio gli giungono ovattati, la porta della sua camera è chiusa e la stanza poco illuminata. I rumori sono familiari e rassicuranti. Lo strascichio delle ciabatte di suo padre sul pavimento, il tintinnio dei cucchiaini nelle tazzine del caffè e il pacco dei biscotti che viene aperto. Remus col viso affondato nel cuscino sorride, strofina un piede su una gamba e si accorge di essersi impelagato nel leggero e ruvido lenzuolo, è sudato, quella notte il caldo estivo lo ha fatto sudare davvero molto. Non è mai riuscito a sopportare il caldo, ma nonostante questo odia indossare maglie o pantaloncini corti, rivelano le cicatrici sulle sue braccia e qualche piccolo taglio sulle gambe, lo mettono in mostra, lo espongono. Non ce ne è bisogno, lo fanno benissimo già quelle che ha sul viso; quindi, nonostante odi il caldo e sudare si ostina con cocciutaggine a indossare indumenti larghi e lunghi che lo coprano il più possibile. Non vuole occhi indiscreti che si soffermino con troppa e inopportuna insistenza sul suo corpo sfigurato.
Suo padre entra silenzioso in camera, apre un po' le tende della finestra spalancata per far entrare aria, lo bacia leggermente per svegliarlo e gli dice di scendere per la colazione. Remus ubbidisce, lo fa sempre, non si lamenta mai. Suo padre e sua madre sì invece, dicono che è troppo ubbidiente, che ogni tanto vorrebbero sgridarlo per qualcosa, lo dicono scherzando, per canzonarlo un pochettino. Ma Remus sa che lo dicono perché lui è davvero troppo ubbidiente, perché è troppo mite e docile, perché è cresciuto troppo in fretta, lontano da tutti, lontano dagli altri bambini con i quali non ha mai giocato. In una piccola casa fatta solo di solitudine e di troppi libri da leggere, anche troppo grandi e complessi per un bambino di soli undici anni. Scende le scale silente, dalla cucina provengono il rumore della radio e un giornale che viene sfogliato. Quando entra vede su madre intenta a leggere il giornale Babbano, lì le figure non si muovono ed è un po' noioso, suo padre invece cerca di sintonizzare la radio con un cipiglio di fastidio a corrugargli la fronte, mentre nella sua tazzina un cucchiaino si muove da solo mescolando latte e caffè con lo zucchero. Quando entra augura il buongiorno e i suoi genitori ricambiano gentili e sorridenti per poi tornare alle loro occupazioni. Remus si accomoda e prende ad intingere i biscotti nel latte mangiandoli con noia. Oggi è il 31 luglio, molte lettere verranno spedite quel giorno, ma per lui non ce ne saranno. Fissa le briciole nel suo latte con tristezza ma non parla, continua la sua colazione silenziosa. Suo padre esulta subito dopo essere riuscito a sintonizzare la radio, batte allegro le mani sulle cosce e prende a bere il suo caffè.
"Lo sai Lyall, il primo Ministro ha fatto proprio un bel discorso" dice sua madre, suo padre fa spallucce "dopo lo leggo, prima voglio leggere il mio di giornale" e lancia un occhiata fuori dalla finestra mentre attende il gufo col giornale del mattino. Di solito i suoi genitori se lo scambiano, si tengono aggiornati su entrambi i mondi, anche Remus lo fa. Legge sempre con interesse le notizie, ma trova più intriganti quelle del mondo magico. Uno sfarfallio è un tonfo vicino alla porta annunciano che la posta è arrivata anche oggi, "potresti andare a prendere la posta Remus?" gli chiede con voce gentile suo padre, Remus sorride e si alza. Ubbidisce anche stavolta e come sempre fa tutto in silenzio. Gli sembra di non saper fare altro. Quando apre la porta la calura estiva lo investe, il giardino incolto è completamente illuminato e già qualche auto comincia a sfrecciare avanti e indietro per la strada piena di buche producendo altri suoni familiari. Si china per raccogliere la posta e rientra chiudendosi la porta alle spalle, sulla Gazzetta del Profeta c'è la faccia della Prima Ministra, annuncia le sue dimissioni e se ne va in pensione, c'è poi una lettera dalla posta babbana, è per sua madre, una per suo padre e poi... Una per lui. Remus guarda la lettera, è un foglio di pergamena un po' giallognolo e la raffinata scrittura è verde scuro. Deglutisce e se la rigira tra le mani incredulo, legge e rilegge l'indirizzo, no, non ci sono errori. È proprio per lui. Dischiude le labbra perplesso e poi volge lo sguardo verso la porta della cucina, i suoi genitori sono distratti e non lo vedono mentre la infila sotto la maglia. Porta il giornale al padre che ringrazia, mentre sparecchia lo sente annunciare alla mamma le novità, sale in camera lento con la testa che gli ciondola sul petto perplesso. Si chiude nella stanzetta e si poggia sul letto sfilando con delicatezza il suo piccolo tesoro dalla maglia.
Rompe la ceralacca lucida e verde smeraldino, la apre con la mano tremante inghiottendo il latte e i biscotti che rischiano di risalire, sente il palmo della mano sudare e il suo respiro si fa irregolare, con estrema cura e lentezza di chi maneggia un fragile e inestimabile tesoro la sfila dalla busta e comincia a leggere col cuore in gola "Caro Signor R. J. Lupin, la informiamo che lei ha il diritto di frequentare la Scuola di Magia e di Stregoneria di Hogwarts…" Remus sussulta, sente che il suo cuore potrebbe esplodere, batte con un tale foga che gli sembra pronto a scappargli dal petto. Non sa cosa provare, non sa come sentirsi. Lui non è normale, non può stare con gli altri bambini, loro lo evitano, lui è strano, è sporco dentro, ha delle cose brutte dentro di sé, e lui evita gli altri bambini. Perché è giusto così, non può e non vuole rischiare di contaminarli. Lui è nato per essere solo. Eppure quella lettera è lì tra le sue mani, è vera e lo sa, sente l'odore della carta, quello dell'inchiostro, strofina due dita sulla pergamena liscia e nuova di zecca. È tra le sue mani, proprio davanti ai suoi occhi, gli dice che forse, forse lui potrebbe essere normale. Che potrebbe essere solo Remus, un bambino normale, come ce ne sono tanti in giro. Sente un paio di piedi salire le vecchie scale scricchiolanti, infila la lettera nel libro di scienze della scuola e finge di studiare. Sua madre apre la porta e il visino sfregiato di Remus fa capolino da dietro le pagine patinate, sua madre lo guarda con un sorriso triste, sa cosa sta pensando "il mio bravo bambino sempre a studiare e a leggere" glielo dice per farlo sentire bene, una madre normale gli direbbe di uscire a giocare, è estate e si deve divertire, per i compiti ci sarà tempo. Ma lei non può dirglielo e Remus lo sa. "Che ne diresti di lavarti e vestirti prima?!" lo rimbecca la madre con voce cordiale. Remus fa un sorriso sgembro ed imbarazzato, ubbidisce di nuovo e fa ciò che gli è stato detto. Dopo di che si richiude in camera e continua a rileggere la lettera fino a che non la impara a memoria.
È mezzo giorno quando scende in soggiorno, suo padre gli dà le spalle, sta passando l'aspirapolvere mentre uno spolverino incantato pulisce dalla polvere i pochi mobili del loro salottino sempre vuoto. Non ci sono mai ospiti in quella casa. Va in cucina, sua madre sta cucinando, si volta a guardarlo mentre prepara una pastella in una grossa planetaria turchese con tanti fiori bianchi dipinti a mano, "oggi frittelle per dessert" dice sinceramente allegra, un piccolo regalo di consolazione per una lettera che credono non abbia ricevuto. Remus annuisce con un piccolo sorriso e va dal padre, lo tira lievemente per la camicia di flanella vecchia e consunta, l'uomo si gira a guardarlo sorridendo e spegne l'aspirapolvere rumorosa, senza dire una parola Remus gli porge la lettera. Lyall Lupin la prende un po' sorpreso senza capire cosa sia, chi gliela mandi e perché lui l'abbia, ma man mano che legge la sua fronte di corruga e la sua mano trema. Remus lo sa cosa gli sta per dire, lo sapeva già, lo ha sempre saputo, fin dal momento in cui ha deciso di mostrargliela, del resto che senso avrebbe avuto tenerla segreta? Le parole pendono dal labbro amaramente piegato del padre, non ancora pronto a togliergli quella piccola ed effimera gioia, ma a Remus sembra quasi di vederle pendergli dalle labbra.
Non posso "Non puoi"
Suo padre è triste, se possibile anche più del suo stesso bambino. L'ennesima delusione che è costretto a dargli. Remus annuisce piano e sorride, o almeno ci prova.
"Lo so" sussurra con l'amaro in bocca e il gozzo in gola. È bravo a non piangere, almeno difronte ai suoi genitori che troppe volte si sono ritrovati a privarlo di qualcosa di legittimo ma per buone ragioni, e tutte le volte Remus ha acconsentito taciturno consapevole. Hope fa il suo ingresso in soggiorno, con un limone in mano e una vecchia grattugia nell'altra "cosa non può?" domanda perplessa, e suo malgrado suo padre si ritrova a spiegargli la situazione davanti al figlio che si limita a guardare il grembiule sporco della madre. Bastano poche parole perché la donna capisca, il sorriso svanisce e Remus si sente in colpa. Avrebbe dovuto buttare la lettera non appena se l’era ritrovata in mano, per l'ennesima volta sente di aver fatto del male ai suoi genitori. Indica il limone giallo e lucido che Hope tiene in mano "posso grattugiare io la scorza?" domanda, la donna abbassa il capo per guardarlo e con un sorriso malinconico annuisce mesta. Si richiudono la porta della cucina alle spalle e l'aspirapolvere ritorna a fare rumore, non riesce però a coprire i singhiozzi scontenti del padre. Remus grattugia la scorza di limone, emana una buonissima fragranza, ma non sente di avere fame, i singulti soffocati del padre gli fanno tremare le gambe. Si siede e col mento sul tavolo prende a far dondolare i piedi.
Sua madre abbandona la pastella e gli si avvicina accarezzandogli il capo, Remus la lascia fare desideroso di consolazione. Ma stranamente sente di detestarla nel momento in cui lei inizia a parlare e vorrebbe che facesse solo silenzio.
"Mi spiace tanto amore" sussurra con voce amabile guardandolo dolcemente "tu lo capisci vero? È pericoloso sia per te che per gli altri"
Lui annuisce cupo, "tu sei un bravo bambino, buono ed ubbidiente. Noi lo sappiamo che non faresti del male ad una mosca di tua spontanea volontà" Remus serra la mascella e stringe i pugni in grembo raddrizzandosi sulla sedia, "però ci sono persone che non capiscono. Noi vogliamo proteggerti da loro" il bambino tiene la testa bassa, guarda le striature del legno e spera che la madre finisca presto di parlare, perché a lui sembra di essere tutto tranne che buono, solo con la sua esistenza riesce a procurare continui dolori ai suoi genitori. Ma Hope continua imperterrita "noi ti vogliamo bene, tutto questo è per te. Per fare in modo che tu cresca al sicuro. Non pensare male di te stesso"
Remus sa di essere odiato, il mondo intero lo odierebbe se sapesse cos'è lui, si sente sporco e corrotto "tu sei buono" maledetto e impuro "e gentile, e anche onesto" inquinato, un animale, un mostro "sereno e dolce".
"Stai zitta" Remus scatta, pronuncia quelle parole senza quasi accorgersene, le sibila tra i denti fissando di sbieco e con odio sua madre, le pronuncia con una violenza e una rabbia che non gli appartengono. Se ne accorge poco dopo, quando vede sua madre allontanarsi da lui di scatto con un sussulto e il suo pugno stringersi per non prenderlo a schiaffi. Remus rimane scioccato dal suo stesso comportamento, dopo la rabbia e il fastidio iniziali sopraggiungono la sorpresa e l'incredulità. "Scusa" mormora sinceramente pentito abbassando il capo e fissando i nodi del tavolo stringendo i pugni in grembo tristemente. Sua madre si volta e riprende a mescolare, "no" dice quasi gelida "fa niente" e non parlano più.
*
I rumori che provengono dal piano di sotto non sono familiari. Sono troppo forti. C'è un po' troppo caos, il che è strano perché in casa non ci sono mai rumori più forti del dovuto, sempre bisbigli e mormorii, quasi a voler rispettare il silenzio e la solitudine della casa. Eppure ora avverte una certa agitazione, si alza piano dal letto e origlia alla porta, i sussurri che gli giungono sono nervosi e concitati. Sua madre pare irritata e suo padre irrequieto. Li sente girare per casa, chiudono le imposte e la immergono nel buio. Remus scende di sotto curioso. I suoi sono dietro l'angolo, alla porta sul retro e parlottano tra di loro. Quando Remus si volge verso la porta d'ingresso dietro la tendina che copre il vetro vede apparire all'improvviso una sagoma scura, si ritrae spaventato, ma poi sbircia da dietro la tendina a fiori. Un viso rugoso e bonario gli sorride gentile, due occhi azzurri dietro un paio di occhiali a mezzaluna lo ammiccano, ha una lunga barba bianca vaporosa e pettinata ed è vestito di indaco. Remus ricambia il sorriso felice. "Un ospite" pensa esultando, non hanno mai avuto ospiti, porta la mano alla maniglia e fa scattare la serratura "magari possiamo giocare... Solo per un po'!" E lo lascia entrare.
Meno di due minuti dopo lui e Silente sono seduti in soggiorno a giocare a biglie e mangiare frittelle al miele sul basso tavolino da caffè dello spoglio soggiorno. Silente si lecca i baffi soddisfatto mentre studia la sua prossima mossa, "posso averne un'altra" chiede gentile e Remus allegro gli riempie il piatto "grazie, molto gentile" esordisce riprendendo a mangiare goloso. Remus acchiappa al volo la cioccorana fuggitiva e se la mangia, poi guarda la figurina. Le scritte d'oro luccicanti citano il nome del Professor Silente, ne avrà almeno un decina di quelle, "nuovo personaggio?" gli domanda il vecchio mago con i baffi sporchi di miele, Remus scuote la testa "no, è lei Signore... Però non c'è qui" e gli mostra la figurina "beh, immagino debba essere noioso stare sempre lì" ridacchia e anche Remus ride. Poi i suoi occhi azzurri vengono distratti da qualcosa, o meglio qualcuno dietro Remus. Quando si volta a guardare vede i suoi genitori pietrificati sulla porta che boccheggiano in un misto di paura e sorpresa.
"Buonasera signori" augura Silente sollevando il cappello a punta.
Dalla porta sua madre lo guarda basita. Si rivolge al marito digrignando i denti "chi lo ha fatto entrare?" sussurra senza badare all'ospite inaspettato che li sente chiaramente quanto lo stesso Remus, Lyall scuote lento la testa.
"Era sulla porta... L'ho fatto entrare io" dice il bambino timidamente, arrossendo. I suoi genitori lo guardano severi ma il professore interviene "non siate troppo duri col bambino. Voleva solo giocare. A proposito, i miei complimenti allo chef di casa, frittelle davvero ottime" e ne addenta un'altra impasticciandosi la barba di zucchero e miele. Remus ride nel vederlo, è davvero strano quel quadretto, un vecchio uomo che gioca seduto per terra con un bambino triste, solo e sfigurato.
"Che vuole?" chiede aspro Lyall, Remus vorrebbe tapparsi le orecchie, vorrebbe cacciarli via da quella stanza, vorrebbe ritornare a quell'atmosfera innocente di poco prima non ancora turbata dall'ansia, il nervosismo e la paura dei suoi genitori che come sempre finiscono per contagiare anche lui. "Vorrei parlarvi se non vi dispiace" risponde lui con leggerezza, come se non avesse colto l'acidità delle loro voci.
Remus si volta di nuovo a guardarli e i due lentamente e con rigidità si avvicinano a loro senza però accomodarsi "cosa vuole?" gli domanda di nuovo il padre teso come solo una corda di violino potrebbe essere. Silente sorride sincero e i suoi occhi brillano da dietro le lenti "penso che abbiate ricevuto la nostra lettera sta mattina?!"
L'aria sembra fremere, Remus china la testa e guarda per terra giocherellando con una biglia, suo padre esala un sospiro nervoso, ancora una volta costretto a ripetere quello tristi e familiari parole davanti al bambino "non... può!" Remus ingoia il gozzo e vuole solo scomparire, perché non se ne vanno?
"Conosco la condizione di Remus" annuncia subito Silente e il ragazzino alza appena lo sguardo chiedendosi perché mai lui sia lì se sa già tutto, perché mai sia venuto. Ma Silente continua a sorridere, anzi gli ammicca scherzoso e per un attimo a Remus sembra di avere il cuore un po' più leggero. "Remus è un mago, per tanto ha diritto come chiunque altro a frequentare Hogwarts. Anche se la sua è una condizione pericolosa sia per lui che per gli altri non dovrebbe essere limitato da questo!" dichiara. I tre ospiti si guardano tra loro dubbiosi, Remus non si è mai sentito dire nulla di simile. Per lui c'era sempre stato un muro tra lui e il resto del mondo, fatto di privazioni, silenzi e segreti. È un mago certo, ma non è normale come gli altri. "Ma...ma.... Lui.... E se poi andasse davvero? Che farebbe? E gli altri studenti? E lui? Ci sono troppi rischi" bela paranoica sua madre, Silente fa cenno loro di avvicinarsi estraendo la bacchetta dalla tasca del vestito, i due genitori si accucciano vicino al figlio e tutti e tre guardano il professore pendendo increduli dalle sue labbra, il vecchio mago evoca delle pergamene e comincia ad illustrare loro un lungo lunghissimo piano. Per Remus è strano e straordinario, si domanda quanto tempo Silente abbia trascorso sopra quelle pergamene a pensare, riflettere ed elaborare una cosa del genere, nulla è lasciato al caso, tutto è stato programmato nei minimi dettagli, quasi come un ossessione e Remus non può fare a meno di stupirsi della genialità e di quel pizzico di follia che coglie nel buffo professore color indaco.
"Ed infine mi urge informarvi che tutti i professori saranno a conoscenza di questo segretuccio, ma state tranquilli, non parleranno, sono soddisfatti del nostro piano. Io e la McGrannit abbiamo organizzato tutto, TUTTO!" Remus boccheggia incredulo, sua madre e suo padre non emettono neanche un respiro. Tutto questo per lui, anche conoscendo la verità Silente aveva comunque elaborato tutto questo per lui. E' stupefatto e felice. Ora si sente leggero, meno sporco, un po' più pulito.
"Allora Remus, che ne pensi? " il bambino alza la testa di scatto dalle pergamene, la domanda lo destabilizza un po' perché nessuno gli ha mai chiesto il suo parere su quello, su come affrontare quel problema che non è poi tanto piccolo e non è nemmeno un segretuccio. "È.…davvero... elaborato!" Dichiara, non sapendo che altro aggiungere. Silente sghignazza divertito forse dagli sguardi sconcertati dei tre interlocutori.
"Ma perché lo fa?" gli domanda sua madre incredula ma felice
"sono il preside di quella scuola" dichiara lui "è mio compito assicurarmi che tutti i miei studenti possano trovarsi a loro agio e imparare il più possibile dentro quelle mura!"
Remus torna a guardare le pergamene "che ne dici ragazzo mio? Ti pare una buona idea?"
Remus non risponde subito, ci riflette a lungo emozionato e spaventato allo stesso tempo. Perché in quella casa nessuno aveva mai chiesto il suo parere su qualcosa che lo riguardasse così da vicini, perché in quella casa nessuno aveva mai pensato a una cosa simile, nessuno aveva mai pensato che lui potesse essere un normale, normalissimo bambino. Ama i suoi genitori e sa che tutto quello che fanno lo fanno per lui, non gli da colpe, anzi, le da a sé stesso per tutto il male che gli fa, eppure ora qualcuno gli chiede il suo parere, non ci sono dinieghi o costrizioni, c'è solo lui e il suo pensiero. "Mi sembra... Un idea brillante" conclude alzando la testa estasiato,
il Presidente fa schioccare le dita con decisione, "benissimo allora, direi che non c'è molto da discuterne, se voi vorrete il bambino potrà frequentare Hogwarts in totale libertà e sicurezza"
Remus scatta subito in piedi concitato e prende a saltellare gridando gioioso verso i suoi genitori "vi prego, vi prego, posso, posso?"
Sua madre e suo padre ridono e piangono contemporaneamente felici e meravigliati, Lyall prende il piccolo tra le braccia accarezzandolo teneramente "certo che puoi, certo che puoi" comincia a ripetere cantilenando.
I tre riversano sul vecchio mago una pioggia di ringraziamenti senza fine, Remus è certo che non sarebbe mai stato abbastanza grato al Presidente per tutto quello che stava facendo per lui.
Quell’uomo è venuto a dirgli che lui è sano, ordinario. Ed è così che si sente in questo momento, avrebbe potuto giocare con altri bambini, avrebbe potuto farsi degli amici ed essere meno solo. Remus sente di essere normale in quel momento. Un bambino semplicemente normale e felice, come ce ne sono tanti in giro.
   
 
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