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Autore: KiarettaScrittrice92    03/06/2022    1 recensioni
Marinette Dupain è una delle più brave ballerine dell'Operà de Paris, ma quando il misterioso Fantasma che vive nascosto in quel luogo scopre le sue magnifiche doti canori le promette qualcosa che lei non potrà mai più rifiutare: un amore pericoloso, violento e proibito.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti
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Duello al cimitero

Quella fredda mattina di Dicembre non sembrava affatto diversa dalle altre, eppure Marinette si svegliò presto per essere domenica. Quel giorno, come sempre, non vi sarebbero state prove per lo spettacolo e sia attori che ballerini avevano la giornata libera. 
In un periodo più tranquillo, un periodo che ormai le sembrava lontano anni, nonostante fossero passati appena un paio di mesi o poco più, si recava sempre alla boulangerie di suo padre, per andarlo a trovare. Poi il susseguirsi di eventi le avevano scombussolato la tranquilla routine: il suo primo ruolo da protagonista, il cambio di proprietario, l’arrivo di Nathaniel, gli incidenti con il Fantasma. Tutto nella sua vita era diventato frenetico e allo stesso tempo adrenalinico e la pace della panetteria sembrava essere un ricordo da bambina, un ricordo della piccola Marie, più che dell’ormai cresciuta Marinette.
Nell’alzarsi dal letto, però, si rese conto che non poteva rinunciare a quell’abitudine, non quel giorno. Era l’anniversario della morte di suo nonno Rolland e lei era solita andarlo a trovare al cimitero, dopo aver visitato la panetteria ed aver preso una forma di pane che l’uomo aveva insegnato a preparare al figlio. Sapeva che, visti i recenti avvenimenti, se Nathaniel avesse scoperto le sue intenzioni, non l’avrebbe lasciata andare. Per questo motivo si assicurò di svegliarsi presto e vestirsi velocemente.
Quando aprì la porta dell’alloggio in cui dormiva in teatro, vide il ragazzo seduto in cima alle scale, il capo rosso poggiato alla parete in legno, gli occhi chiusi e il volto stanco. Si vedeva che aveva tentato in tutti i modi di rimanere sveglio il più possibile, ma Morfeo sembrava averlo preso tra le sue spire e il suo respiro lento le diede la conferma che stava dormendo pesantemente.
Lo superò con passo leggero e, ridiscendendo le scale, uscì dal retro del teatro, dove solitamente passavano solo gli artisti. Si accostò nella piazzola in cui sostavano le calesse e si rivolse a un cocchiere seduto su uno sgabello in attesa di un qualche cliente.
«Monsieur…» lo chiamò lei con tono mesto.
«Dove la porto mademoiselle?» chiese con voce roca e impastata, come se si fosse appena svegliato.
«Alla Boulangerie Dupain e poi al cimitero.» rispose lei, porgendogli un sacchetto di monete.
Si allontanò nuovamente dall’uomo per prendere un mantello pesante e acquistare anche tre rose da un mercante lì a fianco, in modo da darne due ai suoi genitori, mentre l’altra l’avrebbe lasciata alla tomba del nonno assieme alla pagnotta. 
Non si accorse affatto che mentre il cocchiere contava le sue monete, qualcuno l’aveva aggredito alle spalle, tramortendolo e prendendo il suo posto. Quando Marinette tornò alla carrozza, il sostituto era già seduto nella parte anteriore del calesse, col frustino in una mano e le redini nell’altra.
La ragazza si accomodò nella carrozza, ribadendo la sua prima meta e l’uomo, col cappuccio calato sul capo, eseguì senza fiatare.

 

«Mi aspetti qui per favore.» chiese quando il veicolo si fermò davanti alla boulangerie di suo padre. Entrò, facendo tintinnare il campanello e subito l’odore del pane appena sfornato e dei croissant le inebriò i sensi. Chiuse gli occhi, quel profumo la faceva sentire a casa.
«Marinette, tesoro! – esclamò una voce e poco dopo si trovò avvolta in un abbraccio. Era una donna poco più bassa di lei, ma era chiaro che fosse sua madre perché le somigliava tantissimo – Caro, vieni! C’è Marinette!» disse poi, rivolgendosi a qualcuno sul retro del locale.
Dalla zona forno fece il suo ingresso un omone dall’aria alquanto bonaria, che si puliva le mani sporche di farina su un grembiule.
«Bambina mia! – sorrise lui – Come stai?» domandò, stringendola anch’egli in un caloroso abbraccio.
«Diciamo che… è un periodo un po’ difficile in teatro, ma…» cercò di dire la ragazza, ma non sapeva affatto da dove cominciare o se volesse raccontare davvero ai suoi genitori tutto quello che le stava accadendo in quell’ultimo periodo.
«Abbiamo sentito dell’incidente. Parlano di un fantasma. Tu stai bene?» chiese la madre, il suo tono sembrava preoccupato e apprensivo, ma anche rassicurante.
«Sì… sì… Tranquilli sto bene. Quando… Quando si calmerà la situazione vi racconterò tutto promesso.» cercò di liquidare lei, non volendo proseguire quel discorso. Il sol sentir parlare del fantasma la faceva tremare e non sapeva se fosse perché avrebbe voluto rivederlo o perché temeva di farlo.
«Tieni. Immagino tu sia venuta per questa.» le sorrise suo padre, muovendo leggermente i baffi cespugliosi, mentre le porgeva un sacchetto di carta con dentro la fantomatica pagnotta.
«Grazie papà.» sorrise lei, dopodiché diede un bacio a entrambi i genitori e uscì nuovamente dal negozio, facendo suonare di nuovo il campanello.
Il cocchiere si riscosse dal torpore, l’aveva attesa lì tutto il tempo, come lei aveva richiesto. La vide uscire dalla boulangerie, con un fagotto di carta tra le mani e quasi assaporò la sensazione meravigliosa di poter spizzicare la mollica del pane insieme a lei.
«Ora al cimitero, per favore.» chiese Marinette, non appena fu di nuovo a bordo, facendolo tornare con la mente alla realtà. Con uno schioccò fece saettare il frustino e i due cavalli che guidavano il calesse ripresero a muoversi.

 

Nathaniel mugugnò, riprendendosi lentamente dal torpore del sonno. Sentiva i muscoli rigidi per la scomoda posizione in cui si era addormentato e la testa gli doleva in maniera fastidiosa. 
Ci mise qualche minuto a sentirsi completamente sveglio e, soprattutto, rendersi conto che la stanza di Marinette era vuota. Subito il panico gli attanagliò il petto, possibile che le fosse successo qualcosa? Nella sua mente balenarono scenari orribili, di lei tra le braccia del Fantasma, costretta ad amare un uomo che invece non amava affatto. Lui e Marinette si appartenevano, sin da quando erano bambini, erano destinati a stare insieme e quell’uomo era solo un folle se pensava che quella meravigliosa creatura potesse anche solo provare affetto per un simile demonio.
Doveva salvarla, a qualunque costo. Esitò solo qualche secondo, il tempo che riuscisse a prendersi del coraggio necessario, dopodiché afferrò il fioretto che in quegli ultimi giorni si era sempre portato dietro e si precipitò giù per le scale, nel tentativo di cercarla.

 

Il cimitero era fuori città, oltre un lungo viale di campagna che passava in mezzo a una rada boscaglia.
Quando la carrozza si fermò davanti agli enormi cancelli in ferro nero, la ragazza scese con un peso sul cuore. Per qualche motivo, lungo tutto il silenzioso tragitto si era sentita osservata; eppure nessuno la stava osservando in quel momento, nemmeno il cocchiere che era di spalle avrebbe potuto farlo. Come se non bastasse, quella sensazione le ricordava irrimediabilmente ciò che provava quando si trovava tra le braccia del suo angelo della musica; un misto di eccitazione e paura, che la faceva sentire viva.
Si sentiva una persona orribile a pensare quelle cose in quel momento così importante. Suo nonno non meritava affatto quelle poche attenzioni, anche perché era stato lui a parlare degli angeli del talento al figlio e lui poi lo aveva raccontato a lei. Quindi in qualche modo, se lei credeva all’Angelo della Musica, se lei aveva conosciuto il Fantasma, o meglio Adrien, era anche un po’ merito suo.
Cominciò ad avanzare nel viale innevato, tra le statue grigie e i monumenti dedicati ai defunti, la rosa e l’involucro di carta contenente la pagnotta stretti tra le mani.
«La dolce Marie ha pensato a tutto e a niente… – cominciò a sussurrare tra se, come fosse una preghiera – Il padre e il nonno le avevano promesso che avrebbe incontrato l’Angelo della Musica… Glielo avevano promesso…»
Si inoltrò verso il centro del cimitero, dove il famedio Dupain si trovava. Nonostante suo padre avesse seguito le orme di Rolland, la famiglia Dupain era un’antica famiglia aristocratica e tutti i membri erano stati sepolti in quella cappella. Si fermò davanti alla breve scalinata che portava all’ingresso del piccolo edificio, sedendosi sul primo gradino innevato. Il pesante vestito e il mantello attutirono in parte il freddo della pietra coperta di cristalli bianchi.
«Vorrei che fossi qui con me nonno… Magari tu sapresti guidarmi…» disse in un sussurro, gli occhi arrossati da qualche lacrima che voleva uscire.
Nel silenzio di quel luogo austero una voce melodiosa le fece alzare il capo, qualcuno stava cantando e lei non poteva non bearsi di quel tono soave, nonostante sapesse a chi apparteneva.
«Bimba smarrita senza pace, cerchi la mia guida…»
Il suo istinto le stava gridando di fuggire, eppure il suo cuore, le sue labbra e le sue stesse corde vocali, decisero diversamente. Rispose a quel richiamo, quasi come fosse una supplica.
«Sei tu Fantasma, o sei Adrien, dimmi chi mi chiama?»
«Sono il tuo Angelo…»
«Angelo parla in un sussurro, la nostalgia trema…» si alzò, le sembrava quasi che la sua voce provenisse l’interno della cripta di famiglia, come se uscisse direttamente dall’Inferno o dal Paradiso.
«Troppo hai vagato nel vento, troppo lontana da me…»
«Quasi mi opprime il tuo sguardo…»
«Non hai scampo… e verrai con me.»
«…e verrò con te.» intonarono insieme quell’ultima frase, in quella melodia che li aveva sempre uniti, sin dal primo giorno.
Solo in quel momento, si mostrò a lei, era sul tetto della cripta, gli abiti scuri e la maschera al viso, proprio come l’aveva visto la prima volta. Con un balzo si getto sulla neve, in cima alla scalinata che lei, istintivamente, stava già salendo. Le loro voci continuavano a cantare all’unisono.
«Angelo, io ti ho rinnegato… Sempre avrò il tuo amore.» intonava lei.
«Angelo, tu mi hai rinnegato… Sempre avrai il mio amore.» diceva con la stessa sinfonia lui.
«Angelo, più non ti respingo… Aprimi il tuo mondo.»
«Angelo, più non mi respingi… Apro a te il mio mondo.»
In un attimo furono una tra le braccia dell’altro. Finalmente Marinette riusciva a vedere oltre quella voce, oltre quella maschera; forse in superficie aveva ancora paura e non comprendeva tutto ciò che quell’uomo aveva fatto nei panni del Fantasma, eppure in quei due occhi verdi come smeraldi che s’intravedevano dieto la maschera nera da gatto, riusciva a riconoscere un amore incondizionato nei suoi confronti.
«Sono il tuo Angelo, vieni… – le sussurrò lui, continuando a cantare e sfiorandole la guancia con la mano ricoperta dal guanto artigliato – Vieni, tu sei la mia musa…»
Marinette chiuse gli occhi, assecondando il movimento della sua mano che sembrava voler avvicinare i loro volti. Era sicura di essere a ormai pochi millimetri dalle sue labbra, quando la voce di Nathaniel ruppe la magia di quell’attimo riportandola alla realtà.
«Non farlo Marinette! Qualunque cosa tu possa credere, quest’uomo non è affatto un angelo, ormai è diventato ciò che lui stesso crede di essere, un mostro!» le disse, scendendo da cavallo ed estraendo la spada.
Il Fantasma fece altrettanto e non appena il rosso scostò Marinette, in modo da proteggerla, i due giovani ingaggiarono un duello all’ultimo sangue.
Le spade s’incrociavano, facendo riecheggiare i loro stridori nel silenzio del cimitero e Marinette sembrò quasi potessero unirsi al suono frenetico del suo cuore nel petto, creando una melodia alquanto mortale. Qualcosa le stava gridando che se non gli avesse fermati avrebbe perso uno dei due, ma purtroppo era impotente davanti alla loro furia; l’unica cosa che poteva fare era sperare che si fermassero prima che accadesse il peggio.
I due però non sembravano mollare, proseguivano il loro duello, rincorrendosi tra le tombe in pietra, nascondendosi dietro i cipressi spogli e innevati, tentando di sorprendere l’avversario. La loro tecnica era impeccabile: temprata dal rigido addestramento che doveva tenere un nobile per uno e dagli esercizi fatti all’ombra del suo teatro per l’altro.
Finalmente, dopo vari minuti, un colpo di spada del Fantasma andò a segno, ferendo di striscio il braccio del giovane Visconte. Questi crollò a terra con un urlo di dolore, ma non lasciò la presa sulla spada e si ritirò su prima che l’avversario potesse essergli addosso. Ci furono solo un’altro paio d’incroci delle lame, poi Nathaniel riuscì a mettere al tappeto Adrien, pestando con il piede la sua spada e scalciandola via nella neve.
Con un grido di rabbia era già pronto a colpire a morte l’incubo di tutto l’Operà de Paris, ma una voce disperata lo fermò.
«No Nathaniel, no… Ti prego… Non farlo…»
Il rosso si voltò verso Marinette, che li aveva seguiti per tutto il tempo. Stette davvero poco a pensare, poi rinfoderò la spada e raggiunse l’amata, scortandola al cavallo e aiutandola a salire. Non si accorse affatto dello guardo affranto che lei stava rivolgendo al Fantasma, ancora a terra, ma soprattutto non si curò di quello d’odio che gli rivolse lui.
«Ed ora… sarà la guerra, monsieur…» sibilò tra i denti l’uomo mascherato, vedendoli allontanarsi a cavallo.

  
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