Sergio
è a due passi dal carcere maschile di Madrid, con il cuore
tremante e la ormai
più certa convinzione di non salvarsi da tale destino.
E
così, il padre che morì sotto i suoi occhi,
combattendo per degli ideali di
libertà e di rivalsa sul sistema dei potenti, e lo stesso
Berlino, entrambi
riusciti a scampare per anni alla cattura, potranno osservarlo da
lassù e piangere
la sconfitta più grande della vita.
“Benvenuto
all’inferno, caro il mio professorino” –
ridacchia Suarez, spingendo Marquina
all’ingresso.
Ad
accogliere il neoarrivato sono alcune guardie e un tizio, a capo di
tutto, a
cui Prieto stringe la mano.
“Mi
raccomando, Rostro, trattatelo come merita” – ci
tiene a precisare Tamayo.
“Prenderemo
le giuste accortezze con lui. Non vorremmo ideasse quale strambo piano
di fuga”
Sergio,
muto e abbattuto, non replica. In fondo sa di avere poche chance di
scappare da
quella prigionia.
Tenuto
d’occhio in ogni minimo movimento, difficilmente avrebbe
potuto orchestrare
qualcosa.
“Vieni
con noi, pagliaccio” – lo strattona una guardia. E
così ha inizio per il
Professore la fase di metabolizzazione della sua disfatta.
Con
il pensiero sui Dalì, soprattutto sulla sua Raquel, e sulla
famiglia che tanto
confidava in lui e che avrebbe voluto vendicare con la vittoria sullo
Stato,
Marquina china il capo, e si appresta ad essere sottoposto ad ispezioni
fisiche
e al successivo spostamento nella cella.
“Numero
177, entra” – dice una guardia, ordinandogli di
mettere piede nella nuova casa
con le sbarre.
“Condividerai
la prigione con gentaglia come te. Guai se fai a loro il lavaggio del
cervello.
Non tolleriamo troppa cultura da queste parti. La cultura apre la mente
e
spinge la gente a guardare e sognare oltre i propri limiti”
– precisa l’uomo in
divisa – “E voi che siete l’immondizia
della civiltà non siete degni di fare
questo” – chiude per poi dileguarsi.
Il
professore, dando una rapida occhiata a due persone del tutto
indifferenti al
suo arrivo, sdraiate sui rispettivi lettini, si siede timidamente sul
proprio,
e si chiude nel fin troppo familiare, nonché preoccupante,
silenzio.
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Tatiana
è nei paraggi dell’area dove è certa di
trovare colonnelli e scorte varie.
“Sergio,
ti tireremo fuori” – dice ad alta voce,
rabbrividendo di fronte al luogo che ha
davanti a sé, la prigione maschile in cui il suo alleato
è stato condotto.
Attende
ore appostata nei parcheggi, tenendosi in contatto con i
Dalì.
“Sicura
che non siano già andati via? Forse stai aspettando invano
lì” – le dice
Palermo, constatando che il tempo d’attesa è fin
troppo lungo.
“Uno
dei miei due uomini è davanti il Commissariato. Mi avvisa se
ha novità. Quindi,
al momento, sono certa che siano ancora dentro” –
sostiene la Sierra,
sistemandosi il look di copertura.
E
proprio quando le speranze sembrano venire meno e la preoccupazione di
non
riuscire nell’impresa si fa sempre più pressante,
ecco comparire sull’uscio del
carcere delle figure mascoline.
“Bingo”
– esclama Tatiana, riconoscendo Angel assieme a Tamayo e
Prieto, seguito da
Suarez.
“Ciack…si
gira!” – aggiunge, chiudendo temporaneamente la
conversazione con i soci,
correndo incontro al gruppo.
“Salve,
sono una giornalista, è possibile chiedervi
un’intervista?”
“Senta,
abbiamo avvisato la stampa che nel primo pomeriggio terremo una
conferenza. Ora
siamo di fretta” – la liquida Tamayo, invitando il
poliziotto alle sue spalle
ad aprire l’auto ferma a pochi passi.
“Vi
prego, mi licenzieranno se entro oggi non mando alla redazione il mio
articolo”
– li supplica.
“Ci
dispiace, dica ai suoi che avranno la loro pubblicazione
presto” – aggiunge
Prieto, decisamente poco interessato ai fatti personali della
sconosciuta.
A
quel punto, Tatiana, cosciente dal principio del loro no secco, li
mette di
fronte ad una realtà di cui nessuno è al
corrente.
Fatta
eccezione per Rubio.
“Quindi
non sapete dirmi nulla sulla fuga di Raquel Murillo dalla vettura che
doveva
condurla al carcere femminile?”
Boom…
un vero e proprio shock per i due colonnelli che, spiazzati, si
guardano
confusi.
Uno
di loro ridacchia, prendendo la giornalista per folle.
Angel
impallidisce.
“Certo
che voi pur di estrapolare informazioni, inventate le peggiori
cose”
“Ma
è vero, signori. La donna, mi pare si facesse chiamare
Lisbona, è scappata. Si
dice addirittura che sia lontana dalla Spagna da ore ormai”
“Senta,
ci lasci andare. E se non la pianta con queste fesserie, ci vediamo
costretti a
farla realmente licenziare per diffusione di fake news”
“Perché
non andate a controllare con i vostri occhi?” – li
sfida lei.
“Prieto,
ci avrebbero avvisati se la Murillo non avesse raggiunto la sede, no?
direi di
lasciar perdere questa pazza e andarcene” –
sussurra Tamayo al collega.
Effettivamente
nessuno aveva comunicato la fuga a chi di dovere, il che rende ancora
più false
le possibili notizie date dalla sedicente giornalista.
“Se
ne vada. Arrivederci” – Prieto chiude
così la conversazione.
Saliti
sul mezzo, si accingono a lasciare la zona.
“Che
fai? Datti una mossa, Angel. Sei sempre la solita zavorra”
– brontola Tamayo,
notando che Rubio è rimasto indietro.
La
talpa della Polizia, infatti, è fin troppo agitata e suda
freddo. A breve si saprà
di Raquel e comincia a sentirsi in colpa per quanto ha fatto.
“Io
ho delle commissioni da sbrigare. Ci vediamo a breve in
commissariato” – così riesce
a separarsi dai colleghi.
Tatiana,
che assiste alla scena, soddisfatta, sa di aver colpito
l’uomo raccontando tale
dettaglio, e appena l’automobile sfreccia via, torna
all’attacco.
“Lei
non ne sa nulla?”
“Mi
lasci in pace”
“Ho
visto la sua faccia scioccata. Io sono una reporter molto
informata”
“Le
ho detto di lasciarmi in pace”
“So
che tra lei e la signora Lisbona c’era qualcosa”
“Senta… la pianti o seriamente le faccio passare
una notte in gattabuia!”
Affretta
il passo seminando la donna. Ma questa sa come domarlo –
“Angel Rubio, lei sa
che io posso mandarla in carcere per aver contribuito alla liberazione
di
Raquel?”
Tale
accusa trattiene il poliziotto che si immobilizza.
“Cosa
cazzo dice?” – con voce tremante e decisamente
arrabbiato, l’uomo si volta
verso Tatiana – “Si può sapere cosa
vuole davvero? Dubito si tratti di una
banale intervista. Vuole altro. Sta cercando qualcosa dal sottoscritto,
non è
così?”
Con
aria maliziosa, la Sierra si avvicina e, così astutamente
come anche sua
sorella è solita fare, lo minaccia –
“Voglio che tu collabori con me”
“In
cosa?”
“Nella scarcerazione di Sergio Marquina”
“Chi diamine sei tu?”
“Non
deve interessarti”
“Sei
una Dalì? Guarda che ho con me un paio di manette. Mando in
galera anche te”
“Ok,
e io svelerò ai tuoi superiori che sei la talpa che ha
permesso a Lisbona di
riunirsi ai suoi compagni”
“IO…
NON PERMETTERO’ MAI E POI MAI CHE QUEL PROFESSORINO DEI MIEI
STIVALI TORNI DA
LEI…CHIARO?”
“Allora
non sono stata abbastanza chiara” – alza una mano
facendo uno strano gesto e in
men che non si dica, un omone di grossa stazza si unisce al duo.
“Pensi
di spaventarmi?”
“No,
non è mia intenzione. Sono stata fin troppo delicata, in
realtà”
“Mi ricatti su qualcosa di cui non hai prove”
Tatiana lo fissa inarcando il sopracciglio. Poi scoppia a ridere
fragorosamente
– “So come fare scacco matto, caro il mio Angel.
Secondo te avrei rischiato
tutto venendo qui senza avere in mano qualcosa che possa incastrarti?
Sei
stupido se pensi questo”
“Non
mi lascio ingannare”
“Allora…
mettiamo in chiaro una cosa. Io ho bisogno che tu agisca in un modo
rapido e
indolore, dove nessuno sospetterà di te. Farò in
modo che tu ne esca pulito al
cento per cento. In cambio…Sergio ritroverà la
sua libertà”
“Altrimenti
mi denuncerai? Mi frega poco”
“Finirai
in galera, magari proprio nella stessa cella del tuo peggior nemico.
Sai che
sofferenza dover stare con lui 24 su 24?!”
Arrabbiato
e poco restio a soccombere, Angel riprende il passo allontanandosi.
La
sola mossa che potrebbe toccare il poliziotto è quella
emotiva.
Perciò
Tatiana opta per un argomento che da anni scuote interiormente
l’ego soppresso
di Angel Rubio.
“Davvero
vuoi continuare a spalleggiare gente che ha compiuto azioni terribili,
disposta
a tutto pur di vincere, andando perfino contro la legge? Sei o non sei
un vero polizotto?
Di quelli che hanno scelto questo mestiere come vocazione! O sei
l’ennesimo
pagliaccio con un distintivo che sa vantarsi e che è buono
solo a chinare il
capo davanti ai suoi boss?”
“Non
permetterti di parlare di me, del mio lavoro, dei miei
superiori”
“Quando
capirai che non ti apprezzano come meriti”
Angel
è conscio che Prieto e Tamayo lo usano come burattino, non
tenendo mai in
considerazione il suo punto di vista, sbattendogli in faccia la sua
condizione
di subordinato alle loro decisioni. Per di più la donna che
si finge
giornalista è seriamente intenzionata a metterlo con le
spalle al muro. E ci
sta riuscendo. Lo fa con una tattica che lo rende inerme.
“Pensaci.
Io ti sto offrendo di collaborare, recando uno sfregio a chi ti ha
sempre
denigrato. E in cambio… tu mantieni il tuo posto intatto e
pulito. E loro
finiscono nella merda più totale. Basta poco… un
tuo ok e tutto andrà bene. Di
me puoi fidarti. Se vorrai, poi, potrai lasciare Madrid e ricominciare
una
nuova vita. Sta a te decidere. Stai con me…. O contro di
me?”
Voltatosi
verso di lei, colpito da una triste realtà lavorativa, Rubio
la fissa in
silenzio.
Tatiana
gli va incontro, di nuovo, e gli porge una mano.
“Allora?”
L’esitazione
è molta; come è tanta la voglia di rivalsa.
In
fondo, ha già tradito la sua fazione una volta. Il rischio
di essere scoperto
si duplica.
Ma
si quadruplicherebbe la soddisfazione nel vederli perdere.
“Cosa
devo fare?” – risponde lui, accettando
l’accordo.
La
Sierra, entusiasta, estrae dalla tasca una cimice, porgendogliela.
“Registrerai
Prieto e Tamayo in ogni discussione riguardante il Professore.
All’occorrenza
devi essere tu ad aprire l’argomento e condurli a dire cose
che non
ammetterebbero mai di fronte la stampa”
“Li
ricatterete con delle semplici intercettazioni?”
“Tu
pensa a fare questo. Del resto ne parleremo più in
là. Sappi che Raquel te ne
sarà grata a vita”
“Sai dov’è?” –
esclama, sorpreso, illuminandosi al solo pensiero della donna di
cui è ancora innamorato.
La
sorella di Alicia non risponde, si limita ad attendere una stretta di
mano che
sancisce l’alleanza.
E
Angel idealizzando la sua vendetta personale contro i potenti, cede.
Stringe
l’accordo con il nemico, timoroso e al contempo elettrizzato
nel veder cadere a
terra chi ha sempre sputato sul suo operato.
“Basta
fare il leccapiedi. È giunto per me il momento di farmi
valere come merito”
*******************************
Nel
frattempo, nel nascondiglio, i Dalì sono euforici per la
parziale vittoria.
Tatiana
si è rivelata l’alleata perfetta; ha saputo
toccare le corde giuste per
condurre un fedele servitore della patria a patteggiare sul fronte
opposto a
quello a cui appartiene.
Riunitasi
con i suoi soci, viene accolta dai complimenti di tutti.
“Sei
stata fantastica, sorellina. Sono fiera di te” – la
abbraccia Alicia.
“Quindi
possiamo dire di avere in mano la carta vincente?!”
– aggiunge, elettrizzata,
Stoccolma.
“Angel
collaborerà e il Professore ne uscirà sano e
salvo. Sono più che ottimista” –
prende parola Marsiglia.
“Non
esultiamo troppo presto. Ricordiamoci che Sergio è in galera
e potrebbero
fargli del male. Bisogna agire, cautamente, e soprattutto, rapidamente.
Potrebbe esserci qualche folle, criminale, disposto a servirsi del
genio del
Professore per scappare da quella fogna”
“Cazzo,
non riesco a starmene qui tranquilla mentre il mio compagno rischia la
pelle”
“Tranquilla,
Lisbona! Appena avremo del materiale incriminante Tamayo e Prieto,
tocca a noi”
“Cosa faremo di preciso?” – domanda Tokyo.
“Il
mondo dovrà saperci morti. E la morte non possiamo
orchestrarla senza aiuti
speciali”
“Che intendi per aiuti speciali?”
“Lo
capirete”
*********************************
Marquina,
seduto nel giardino esterno, nel momento di uscita dei detenuti, non
dà
confidenza a nessuno. Isolato e accucciato su se stesso, sente di
essere
tornato indietro di anni, quando faticava ad aprirsi al mondo e alzava
muri per
non dialogare con la gente.
Assiste
da lontano all’ennesima litigata tra carcerati, a calci e
pugni, o a gente che
ride di gusto.
Nessuno
sembra dargli attenzioni e questo lo rasserena.
Gli
unici che continuano a fissarlo in disparte sono i due con cui
condivide la
cella.
Li
vede confabulare come se tramassero qualcosa, il che lo spinge a
tutelarsi.
“Scusi,
guardia” – chiama uno in divisa, posto a vigilare
– “Non è possibile richiedere
una prigione in solitudine?”
L’uomo
gli ride in faccia – “E vuoi anche che ti portiamo
caffelatte e biscotti al
mattino? Ritieniti fortunato ad avere ancora tutti i denti a posto. Qui
nessuno
ha pensato di sfidare il tuo genio, sapendoti colui che ha orchestrato
la
rapina più eclatante della storia. Perciò non
sfidare la sorte”
“La
prego… i miei compagni sembrano poco tranquilli”
“Piantala, Marquina! O ti spedisco in celle peggiori di
quella dove alloggi”
Ignorandolo,
la guardia torna al suo dovere.
Sergio
si siede nuovamente in disparte, spaventato dal rischio di ricevere
minacce o
percosse da chi vive in quel posto poco civile da tempo e probabilmente
ha
perduto ogni forma di umanità. Dopotutto sa di avere grandi
doti intellettuali,
ma non certo capacità di difesa fisica eccellenti. Contro
omoni grandi e grossi,
gli risulterebbe impossibile controbattere.
E
quando li vede avanzare verso di lui, cerca di schivarli, cambiando
posto,
allontanandosi.
“Ehi,
calma, amico. Sei uno straccio. Non avrai paura di noi?”
– gli dice uno,
decisamente un armadio rispetto al mingherlino Professore.
“Ehm…no,
però vorrei starmene per conto mio, se non vi
dispiace”
“Piantala di fare il fifone. Sei o non sei il mitico
Professore? Tuo fratello
ti vantava in ogni modo”
“Mi…mi…mio
fratello?” – chiede, spiazzato, Marquina.
A
quel punto la questione diventa interessante.
“Voi
chi siete?”
“Amici
di Andres. Non ti ha mai parlato di noi?”
“No”
– risponde, sconvolto, Sergio.
“Bene,
noi siamo Antonio e Luca Gonzales. Siamo gemelli…anche se
per la stazza non si
direbbe” – commenta l’altro,
più esile e dallo sguardo penetrante.
“Volete
che io vi aiuti ad uscire? Sappiate che mi spiano e non posso fare
niente. Non
contate su di me perché…”
“Calma, calma. Siamo coscienti che ti è
impossibile. Piuttosto…abbiamo pensato
che si può agire al contrario”
“Al
contrario?”
“Sì,
saremo noi il tuo braccio. Tu non puoi mettere in pratica niente. Lo
faremo
noi”
“Sono
sorvegliato. E sicuramente lo siete anche voi, adesso che vi hanno
visti
parlare con me”
“Allora, preparati, perché agli occhi di tutti
saremo i tuoi peggiori nemici”
“Eh?”
“Come copertura, s’intende. Un
modo per
scappare lo troveremo. Berlino, è così che si
faceva chiamare, giusto?...beh
lui ci ha aiutati quando eravamo in difficoltà. Adesso
è il momento di
ricambiare il favore”