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Autore: MaxB    08/06/2022    0 recensioni
Buongiorno! Dopo aver visto Arcane, in cui il rapporto tra Silco e Jinx mi ha letteralmente ossessionata, ho sentito il bisogno di scrivere un approfondimento sul loro legame, da quando si incontrano/scontrano in mezzo alle fiamme a quando Jinx diventa ciò che è.
Pertanto, saranno 14 capitoli in ordine temporale, missing moments che a mio parere potrebbero aver portato alla "creazione" di Jinx e all'affezione illimitata di Silco. Mi sono documentata bene quindi i capitoli saranno pieni di dettagli che, spero, possano spiegare diverse cose della serie e dare un contesto a come altre si sono venute a creare.
Esperimento: ho associato ad ogni capitolo una traccia musicale della colonna sonora della serie (sono 11 in totale + 3 extra da me scelte), che andrebbe ascoltata leggendo quello specifico capitolo (se ne avete voglia). In ogni caso, il capitolo e il suo titolo contengono riferimenti della canzone in questione.
Aggiornamento ogni 10 giorni circa. Spero che, se amate Jinx e Silco come me, possa piacervi questa raccolta.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ekko, Jinx
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Porca miseria ho finito. Non ci credo. E' la prima volta che riesco a concludere secondo la tabella di marcia una storia. Sono proprio felice. Per fortuna non come Jinx, quindi non farò esplodere nulla.
Quindi, ovviamente, ultimo capitolo!! Non ci resta che aspettare Arcane 2.
Grazie a tutti voi che avete letto <3


14. That's me (The devils coming after me)

When everyting went wrong – Fantastic Negrito, track 10
 
That's when everything went wrong
Now that's when everything went wrong
I lay down to die on the concrete floor (baby)
that's when everything went wrong
Ninety-nine ways that you're willing to die
Break your mama heart now she startin' to cry
Broken beer bottles that are starting to fly
know my time is coming soon
Seven-foot goon lined up in the room
Kickin' up dust in the shadow of doom
Temper start to flare, now they're starting to fume
I know my time is coming soon

 
~~~~~~~~~~○~~~~~~~~~~ 

Jinx agitò la bomboletta di spray, ammirando la sua opera mordendosi il labbro inferiore.
Niente pastelli quella volta, ci avrebbe messo troppo per disegnare il suo marchio a grandezza naturale. Alle sue spalle sentì arrivare i primi avventori della serata, pronti a bere e fumare. Ma soprattutto, percepì il loro disagio quando si accorsero del suo disegno, della sua scimmia. Della scritta “Jinx è stata qui”.
Giravano al largo.
Bravi, ecco cosa significava farsi riconoscere.
Quello era ufficialmente il primo giorno della sua vita da adulta. Anzi, da ragazza: non ci teneva mica ad essere un’adulta.
Quel pomeriggio aveva fatto esplodere una bomba-scimmia-fumogena in un negozio di abbigliamento scadente. Non aveva trovato nulla che facesse per lei. Nel secondo era andata meglio, aveva trovato un top nero e dei pantaloni a strisce rosa e viola assolutamente perfetti. Troppo lunghi però, così si era fatta dare dalla proprietaria, gentilmente (con Zap! puntata alla testa), una forbice e li aveva tranciati sotto il ginocchio. Aveva anche preso un paio di stivali nuovi superbelli ma troppo noiosi, e aveva passato il pomeriggio a Jinxizzarli cantando con la musica sparata al massimo. Mylo non aveva fiatato. Nessuna scritta o mostro pastello l’aveva importunata. Era andato tutto bene. A meraviglia.
Oh, e aveva piazzato una bomba di vernice nel secondo negozio di abbigliamento. La proprietaria si era lamentata quando era uscita senza pagare. Sì, be’, Silco le dava dei soldi, tanti, ma questo non significava che dovesse per forza usarli no? Soprattutto per pagare.
Ridacchiando, tirò un calcio alla bottiglia di spray quasi vuota e si aggirò per le strade ormai buie di Zaun girandosi una treccia in mano. Si soffiò via il ciuffo di capelli dagli occhi e sorrise, leccandosi le labbra, quando vide la sua destinazione di quella serata: il bar che faceva concorrenza al Last Drop.
Aveva un paio di stivali nuovi rinforzati in metallo, dei pantaloni fichissimi, un top libertino che adorava e i tatuaggi da mettere in mostra: era pronta per una sfilata. Niente Pow-Pow, Silco le impediva di portarla in giro quando non era in missione, ma Zap! era pronta e fremente, in caso di bisogno, sul suo fianco.
Dato che i vestiti vecchi non le andavano proprio più e che ormai Silco aveva scoperto i tatuaggi, non c’era più bisogno di coprirli. Un cambio look era proprio quello che le serviva. Era stanca di essere un’ombra di Powder, voleva essere l’esplosiva versione nuova di Jinx.
La Mina Vagante, come la chiamavano. Be’, che fosse una mina se n’era resa conto anche lei. A Silco non sembrava dare fastidio.
Mancava solo la parte vagante, e quella sera aveva intenzione di rimediare.
Ballando, facendosi trascinare dalla musica che trasudava dai muri di quel bar sconosciuto, Jinx si avvicinò alla sua preda come un animale ubriaco. Selvatico.
Imprevedibile.
Sono corsa davanti a un vicino seduto sul marciapiede.
Jinx spalancò le porte del bar. Nonostante la musica della band dal vivo, la cacofonia degli avventori e i rumori cristallini dei boccali e delle bottiglie, sembrò piombare il silenzio nella sala affollata quando tutti si accorsero di chi c’era sulla soglia.
Jinx ghignò.
Ecco quando tutto è andato storto.
Mise piede nel locale, ciondolando a ritmo di musica e dirigendosi verso il bancone. Troppe paia di occhi la seguivano, troppe mani erano allacciate alla cintura, alla fondina, o ai ganci per i coltelli, in attesa di un passo falso.
Ma non era il momento.
Non ancora.
So che il mio momento arriverà presto.
Mentre la band continuava a suonare, riacquistando lo slancio dopo l’iniziale sbigottimento, Jinx ordinò da bere. Una cosa leggera, praticamente un succo, ottenendo occhiate perplesse da quelli che le stavano vicino. Incurvò un angolo della bocca quando le venne servita la bevanda. Che avevano, sorpresi di scoprire che l’ombra di Silco non faceva uso di sostanze particolarmente forti? Sapevano che non aveva mai toccato una goccia, o un inalatore, di shimmer? Sapevano che era Silco stesso a premere perché non lo facesse, e perché non toccasse alcolici?
La voleva sobria, diceva.
La voleva sana, taceva.
A Jinx andava più che bene. Aveva visto che effetto aveva lo shimmer sugli altri, non era così stupida da voler provare quella roba devastante. Chi avrebbe pensato a Pow-Pow, a Zap! e alle sue piccole care bombe se lei si fosse strafatta inalando ciò che non doveva?
No, il cervello le serviva.
Anche Vi concordava su quello.
Jinx fece una smorfia e buttò giù il succo d’un sorso. Poi andò a ballare.
Ballò. E bevve un altro succo. E ballò.
Che noia.
Ormai nessuno faceva più caso a lei, si erano rilassati.
Avevano abbassato la guardia.
Ecco quando tutto è andato storto.
Un tipo la approcciò. Usò il tono sbagliato. Si fece troppo vicino. Jinx sorrise.
Gli puntò Zap! alla testa.
Il bar ammutolì.
L’umore comincia a infiammarsi, ora iniziano a fumare.
Il tizio alzò le mani, ma lo sguardo non era rassegnato. Lo sguardo era quello di chi sa di dover aspettare, di chi sa che la vendetta è un piatto che va servito freddo. Di chi sa che una ragazzina si può sempre seguire.
Le diede le spalle.
Ora, ecco quando tutto è andato storto.
Jinx sparò.
E, anche senza musica, un boato di rumori esplose.
Spari. Vetri infranti. Risate. Urla di dolore.
Jinx rise in mezzo alla calca, unica persona a divertirsi.
Bottiglie di birra rotte che stanno cominciando a volare.
Jinx non era scema, si nascose, si acquattò dove sapeva che nessuno l’avrebbe trovata. Lontana dalla fiumana di gente che cercava di fuggire. Lontana dagli spari.
Attese che il bar si svuotasse, poi uscì dal suo nascondiglio. Non c’era più nessun in giro. Ridendo istericamente, con Zap! centrò l’insegna del bar posta sopra il bancone. Poi andò al juke-box, sopravvissuto per miracolo all’assalto, e inserì una moneta.
Ecco quando tutto è andato storto.
Uscì dal bar canticchiando sulle note della canzone un po’ country, suonando una chitarra immaginaria, facendo roteare Zap! tra le dita.
Diavolo, quella canzone spronava proprio a sparare!
Un colpo alla testa.
Jinx si sentì svenire.
Mi sdraio per morire sul suolo di cemento.
Un ghigno, il ghigno dell’amico del tipo a cui aveva sparato.
Sembrava uno scioglilingua, pensò mentre chiudeva gli occhi sul buio.
Il cielo però era bello, fumoso come sempre, sporco, non blu come i suoi capelli. Be’, del resto era notte.
Un riposino non le avrebbe fatto male.
Un colpo d’arma.
Le avevano sparato? Se proprio doveva morire, voleva che fosse con del piombo ficcato nella carne. Le sue amate pallottole.
Il ghigno del suo assalitore venne sostituito da una smorfia di dolore misto a stupore.
Il rumore di un corpo, del suo corpo, che cadeva.
E sopra di lei fece capolino il volto di un tipo che aveva visto lavorare per Silco.
Jinx chiuse gli occhi.
I diavoli vengono dietro di me.
 
Quando aprì gli occhi, era nell’ufficio di Silco. Sul divano, per la precisione.
Ecco quando tutto è andato storto.
Aveva un mal di testa allucinante. Era per quello che evitava le sbornie, ma a cosa serviva se si trovava lo stesso ridotta come uno straccio?
Silco sollevò appena lo sguardo su di lei, continuò a scrivere con foga su un foglio. Che accidenti, quanta rabbia si poteva riversare su una pagina? Neanche fosse stato sangue nemico da versare sul terreno.
Si mise a sedere facendo una smorfia. Prese un respiro profondo e si alzò, tenendosi le costole e barcollando. Forse aveva picchiato per terra più forte di quanto si fosse immaginata all’inizio. Si trascinò di fronte a Silco, e si lasciò cadere sgraziatamente sulla sedia.
Quando vide i pancake al cioccolato posati lì di fianco, con un bicchiere del suo succo, ci si avventò come un animale. Se era così affamata, doveva per forza essere stata priva di coscienza per moooolto.
- Mh… - grugnì, cercando il fiato per parlare mentre masticava. – Quanfo ho dormifo?
Silco si tolse una briciola di pancake masticato dalla manica senza battere ciglio, come se Jinx non avesse sputacchiato la colazione, come se non avesse nemmeno aperto bocca.
Alla fine, mise da parte la penna e il foglio, che piegò in tre e infilò in una busta. Allacciò le mani tra loro, puntando gli occhi su Jinx.
Ora, ecco quando tutto è andato storto.
Era arrabbiato. Nero.
Jinx continuò a masticare, la bocca così piena da renderle difficile la masticazione.
- Chi mi ha frofafo? – chiese.
Un’altra domanda, perché magari la prima non gli piaceva.
Silco pareva leggermente disgustato, ma Jinx dubitava che fosse disgustato da lei. Le fissava la fronte, forse aveva… ahi, sì, diavolo! Lì c’era decisamente una botta, ecco perché aveva così male.
Quando ormai pensava che Silco non avrebbe risposto nemmeno a quella domanda, eccolo che apriva bocca.
- Ti ha… trovata, se così vuoi definire quella sottospecie di salvataggio, uno dei miei. Ma era fuori servizio, e ha preteso un pagamento per la tua riconsegna. Da me, quello si chiama ricatto.
Jinx già intuiva. Sorbì il succo fissando Silco come se fosse in procinto di ascoltare la più deliziosa delle storie.
- Che gli hai fatto?
- L’ho accontentato. Voleva una dozzina di boccette di shimmer, le nuove distillazioni, quelle leggere. Ma devo aver confuso le consegne del Dottore. Pare non fossero così leggere come mi aveva chiesto. Ops.
Jinx sorrise. – Morto?
- Insieme ad altri sette che ha ucciso. Jinx, non hai fatto un buon lavoro ieri sera. Ti avevo…
- Ieri sera? Ma fuori è ancora scuro!
Silco batté lentamente l’unica palpebra che aveva, guardandola come se fosse ancora una bambina. – Difatti, di nuovo sera.
Jinx fischiò. – Mi ha stesa per bene quel tipo. L’altro, non quello che mi ha trovata.
Silco strinse i pugni, chiaro segno che stava esaurendo la pazienza.
- Ti avevo detto di stare alla larga da quel bar. Di mantenere un basso profilo per un po’. Dalla tua ultima esplosione, il mese scorso, le attività commerciali che abbiamo messo sotto osservazione…
- Cioè che stiamo spiando…
Silco non batté ciglio, continuando il suo discorso: - ...hanno alzato la guardia, e per le mie spie è più difficile reperire le informazioni che…
Jinx lo interruppe di nuovo, facendo le bolle con la cannuccia nel bicchiere di succo. Ridacchiando.
- Jinx! – esclamò Silco, battendo un pugno sulla scrivania.
Oh sì, era arrabbiato.
Jinx ridacchiò, lanciando in aria la cannuccia che tracciò un arco di schizzi di succo. – Ecco perché io ero lì. Le tue spie non ottengono informazioni, no? Eccomi. Jinx! Io sì che risolvo tutto.
Detto ciò, gli passò un foglietto su cui si era presa la briga di disegnare la sua consueta testa di scimmia. Silco, diffidente, non perse il contatto visivo con lei mentre apriva il foglietto.
Poi lesse, e aggrottò la fronte. Spalancò l’occhio buono. Tornò a fissarla.
- Jinx…
Lei sorrise, soddisfatta, e gli fece l’occhiolino. – Sono ioooooo!
- Dove hai preso queste informazioni?
- Al bar. Pensavo avessi capito ormai che come spia sono la numero uno! – cantilenò lei, tirando il ginocchio sulla sedia e appoggiandoci sopra un braccio.
- Già… - mormorò solo lui, le labbra incurvate in un impercettibile sorriso.
Ma non le avrebbe dato la soddisfazione di dirle che era eccezionale, che avrebbe dovuto affidare a lei quell’incarico fin da subito e che… anzi, lui non gliene aveva nemmeno parlato. Era lei che, come al solito, aveva origliato tutto. La sua spia migliore.
E la sua preferita.
Nessun complimento però, non quando gli faceva prendere simili spaventi. Svenuta per un giorno intero, ritrovata fuori da un bar losco persino per i suoi canoni, mezza svestita e con una brutta botta in testa. E lui di botte in testa ne aveva viste…
E a proposito di mezza svestita: - Cosa ti sei messa addosso?
- Oh? – mormorò lei, squadrandosi, come se non ricordasse che vestiti indossasse. – Oh, questi! Fichi vero? Il mio nuovo stile. Il viola mi dona. Che ne dici?
Silco fece una smorfia. – Dico che dovresti stare attenta ai malintenzionati. Sei troppo… esposta.
Jinx non parve cogliere l’antifona, né il tono paterno e preoccupato, quasi geloso, di Silco.
- Così si vedono i tatuaggi! Bello vero? Questo top è una bomba.
Silco lanciò una breve occhiata alle curve che si intravedevano al di sotto. Sarebbe stato meglio se nessuno l’avesse considerata una bomba. Sarebbe stato meglio che nessuno posasse gli occhi su di lei. Mai.
O ci avrebbe pensato lui a far capire a quel nessuno cos’era davvero una bomba.
Ne aveva il cassetto pieno.
- Allora? Non mi sta bene?
- Sì – concedette lui, svogliato.
Jinx era bellissima, ovvio che le stessero bene i vestiti che indossava.
Con uno dei suoi scatti fulminei (quella ragazza era davvero veloce), Silco se la ritrovò seduta di fronte, sulla scrivania, come al solito. Lei allungò il braccio, aprì la mano, in attesa. Non aveva mancato l’appuntamento di quel giorno.
Silco le diede la siringa, le permise di fargli l’iniezione. Cercò di non posare la fronte sulla punta dei suoi stivali nuovi, quando si chinò perché il dolore gli infiammava tutto il viso. Strinse i denti.
Quando si riprese, raddrizzandosi, vide che Jinx aveva ancora la mano protesa, ma vuota.
- Mi dai gli smalti? Me li avevi confiscati perché ti avevo macchiato il vestito, ricordi? Non pensavo che fosse impossibile lavare via lo smalto dai vestiti!
Silco sospirò, aprendo un cassetto. – Ricordo, ricordo. Vedi di stare più attenta.
- Stai attenta qui, occhio ai malintenzionati lì… andiamo. Non sono mica una bambina!
Silco non si meravigliò quando provò tristezza all’idea che in effetti no, Jinx non era una bambina. Non più.
- E allora non comportarti come tale – le disse invece, facendole un cenno con la mano perché si spostasse.
Cosa che lei fece, ma non come voleva lui. Invece di levarsi dalla scrivania, si sdraiò di schiena, allungando le gambe fino a posarle sullo schienale della sedia di Silco, di fianco alla sua testa. Poi aprì una boccetta di smalto blu e iniziò a passarselo sulle unghie canticchiando piano, come se non avesse un problema al mondo.
Blu e rosa, blu e rosa, blu e rosa. Colori legati.
Silco guardò con aria leggermente infastidita gli stivali borchiati e rinforzati posati vicino alla sua testa, così come Jinx, del tutto impenitente nonostante il guaio combinato.
Ma glielo perdonava.
Le perdonava tutto. E non solo perché era sua figlia…
Silco appoggiò la testa su una mano, riaprendo con l’altra il foglietto che Jinx gli aveva dato. Lei non sembrava nemmeno rendersi conto delle informazioni fondamentali che gli aveva passato. Ecco perché era lui il capo. Ma ecco perché lei aveva il diritto di essere considerata sua figlia.
Quella soffiata scritta palesemente da lei, contornata di superflui disegni a pastello, erano i risultati di un mese di spionaggio infruttuoso. Il tutto portato a termine in una sola serata.
Silco la osservò di nuovo mentre si passava lo smalto, rosa, sulle unghie ancora non trattate, scuotendo la mano per farle asciugare e continuando a canticchiare serena.
Sì, Jinx era sua figlia. L’amava come una figlia.
Era una debolezza, oppure un punto di forza?
Avrebbe sancito la sua vittoria, o la sua rovina?
Mentre la guardava, si rese conto che non gli interessava.
L’importante, la cosa fondamentale, era che rimanessero uniti, insieme, un solo fronte.
Ecco quando tutto è andato storto.
E sapeva che anche per Jinx era così.
  
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