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Autore: coopercroft    21/06/2022    0 recensioni
Laura Lorenzi è un giovane dottoressa italiana, arrivata a Londra per specializzarsi in patologa forense. Convive con un doloroso passato che l'ha chiusa in una solitudine forzata.
Quel lavoro, che tanto ha voluto, le fa conoscere un uomo complicato e singolare con cui inizia un rapporto altalenante pieno di luci e ombre: Mycroft Holmes, fratello maggiore del più noto Sherlock.
Quella frequentazione problematica trascina Laura in gioco di potere, di attentati, di omicidi che logorerà entrambi.
Tra discussioni e riavvicinamenti, si ritroverà a combattere con caparbietà per quel sentimento tormentato che li avvolge sempre più strettamente: una "solitudine elettiva" che li porterà ad aprirsi reciprocamente.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: John Watson, Mycroft Holmes, Nuovo personaggio, Sherlock Holmes
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Quando tornammo a Baker Street, tra qualche mugugno e perplessità, parlammo a Sherlock e a John della nostra decisione di andare a vivere insieme.

Alla fine capirono la nostra voglia di costruire un rapporto più solido e complice.

Ci aiutarono a radunare le nostre cose. La signora Hudson versò qualche lacrima, ma la rassicurai che saremmo passati a trovarla spesso.

Coccolai la piccola Rosie garantendo a John che avrei fatto da baby sitter quando ne avesse avuto bisogno.

Passammo quell'ultima serata tutti insieme e fu piacevole rilassarsi con loro, provavo un sottile dispiacere nel lasciarli ma ero consapevole che dovevo andare avanti con Mycroft. Rimanemmo a conversare fino a tardi. Quando tutti si ritirarono ci concedemmo un bacio nella sua camera, poi ci separammo per andare nelle nostre rispettive stanze, con la promessa di trasferirci il giorno dopo nel pomeriggio.

Infatti dopo il lavoro Mycroft, puntuale come sempre, venne a prendermi al San Bart.

Aveva già fatto trasferire i miei bagagli in mattinata.

Quando entrò in laboratorio era raggiante, non sentiva nemmeno il peso del tutore sul ginocchio.

"Sembri impaziente! Dove hai smarrito il tuo British aplomb, Myc?" Gli baciai la guancia e gli sistemai la cravatta.

"Difficile essere freddi e misurati quando ti sono vicino. Laura non ho fatto altro che pensarti tutto il giorno! Sei una distrazione continua. Il mio lavoro ne risentirà." Brontolò attirandomi a sé. Le stampelle ruzzolarono a terra, fecero un tonfo sordo che risuonò nella stanza.

"Stai diventando uno sconsiderato, guarda cosa hai combinato." Ma non sentì ragione perché reclamò un bacio più intimo.

"Non mi importa di nulla, sono contento di essere uno sconsiderato se la causa sei tu." Le sue labbra furono sulle mie, il suo sapore era quello che conoscevo bene, che mi apparteneva. Mi piaceva accarezzagli la nuca, intrecciare le dita tra i capelli, e ancora di più sentire il suo abbandonarsi.

I passi delle inservienti ci sorpresero e ci staccammo ridendo per il nostro imbarazzo. Mi chinai a raccogliere le stampelle e lasciammo il laboratorio.

Albert sembrava gongolare, mi salutò con un inchino e mi aprì addirittura la porta della berlina.

Mycroft sorrideva appagato, zoppicò al lato opposto. Ora capiva quanto gli fosse affezionato quell'uomo taciturno ma fidato.

Ci tenemmo per mano durante tutto il viaggio, sereni e complici di iniziare una nuova vita, il desiderio di stare insieme era sia mentale che fisico.

La villa di Pall Mall era bellissima immersa nel tramonto, l'auto percorse il viale che mesi prima avevo lasciato con il cuore distrutto per la sua partenza. La gioia di tornare stretta a lui era un sogno accarezzato da tempo.

"Grazie Albert, sei stato prezioso." Lo salutai abbracciandolo prima che se ne andasse. Mycroft sorrise, sapeva che gli volevo bene, mi era stato vicino molte volte durante il periodo della sua assenza.

"Dottoressa, per così poco!" Si schernì incespicando nelle parole.

"Chiamami Laura, Albert."

Annuii, con le guance rosse, salì alla guida e partì.

Mycroft guardava il giardino studiando ogni piccolo cambiamento avvenuto in quei mesi. Ci avvicinammo alla porta mentre lui non riusciva a nascondere l'emozione di ritornare nella sua amata casa.

Era così cambiato dall'uomo freddo e scostante che avevo conosciuto nei nostri primi incontri. Era gentile e amorevole, e colmo di premure inaspettate. Digitò il codice di sicurezza, la porta si aprì con uno schiocco secco, la spinse con la mano tremante.

"Mi sembrano passati secoli, Laura. Vieni ti spiego come funziona, da fuori sembra una vecchia casa ma in realtà è molto tecnologica. E soprattutto sicura."

Passai un po' di tempo ad ascoltare tutte le sue direttive. Ogni tanto mi dava un bacio in fronte, per assicurarsi che avessi capito. Mi portò in giro come un perfetto cicerone.

La casa era ampia e abbondava di stanze. Al piano terra c'era il soggiorno dove avevamo cenato mesi prima. Nella parte finale c'era una biblioteca ben fornita, con una scrivania in un angolo dove lavorava. Di fronte c'era una sala adibita a palestra.

Il tutto si affacciava in un piccolo giardino interno, ordinato e ben tenuto. Il muro che lo delimitava era abbellito con un roseto che lo ricopriva quasi interamente.

"È bellissimo Myc. Qualche volta potremo cenare qui fuori." Lui rise e si strinse al mio fianco.

"Ora sei tu la padrona, mia dottoressa operosa. Credo di averti detto tutto, ma se hai dei dubbi, beh sono qui."

"Come mi hai chiamato?" Mi voltai a guardarlo con un finto broncio.

"Dottoressa operosa? Perché ti dispiace?"

Gli pizzicai il braccio, sfiorando con la fronte la sua spalla. "No di certo! Ma sai cosa fanno le dottoresse operose?"

Si accigliò socchiudendo gli occhi, era già in allarme. "No, cosa? Dove vuoi arrivare?"

"Che qualcuno che conosco bene e amo anche di più, è stato troppo in piedi e si deve prendere una pausa!" Gli sussurrai all'orecchio.

"Laura! Non mi trattava così nemmeno mia madre quando mi ammalavo." Mi rispose sorpreso per quella premura a cui non era abituato.

"Non sono tua madre, ma tengo a te. Ora ti siedi e ti riposi un po'." Fui convincente e capitolò. Si sedette sul divano vicino al camino, gli sistemai la gamba ferita e mi accoccolai vicino a lui.

"Dovrai abituarti alle mie cure, non sei più solo Myc." Per risposta appoggiò la testa alla mia spalla, il suo contatto era diventato familiare, rassicurante.

"Chi si occupa del camino? Chi lo fa ardere?" Gli chiesi per capire come muovermi all'interno della casa.

"Avviso la governante e il giardiniere lo accende. Mi piace sentire l'odore della legna. Una vecchia reminiscenza di quando stavo in campagna a Musgrave."

"Quindi abbiamo una governante?"

"Certo, ti avevo avvertito che avresti avuto un aiuto, lavoriamo entrambi. Ma sarai tu a decidere ora."

Lo baciai sulla guancia. "Mi vizierai, my loving care. Ma stasera cucino io, che ne dici?"

"Che è perfetto, mi piace stare ai fornelli con un'italiana. È la garanzia di un'ottima cena." Mi sollevai dal comodo divano, mi ravvivai i capelli.

"Vado di sopra a mettermi comoda. So dov'è la tua stanza."

"La nostra stanza Laura." Sottolineò con decisione.

"D'accordo, ma non sarai così raggiante quando ti scombinerò i cassetti e gli armadi."

"Mi adatterò anche a questo." Lasciò cadere le stampelle dal divano e mi afferrò per i fianchi stringendomi a sé.

"Chi è il selvaggio adesso." Risi chinandomi sul suo volto addolcito. Mi sentivo al settimo cielo con lui vicino.

"È tutta oggi che aspettavo di stringerti. Al diavolo il ginocchio e le stampelle! Baciami Laura."

Non me lo feci ripetere, lo abbracciai e lo tenni stretto e lo baciai con tutto l'amore che mi rimandava il mio corpo teso che lo reclamava. Poterlo accarezzare con una complicità che finalmente era solo nostra avverava il desiderio che aspettavo da molto. Infilai le mani sotto la giacca, accarezzando la camicia che mi restituiva il calore del suo corpo, la sua schiena era snella e compatta. Le sue mani, libere dalle fasciature, non smettevano di accarezzarmi il collo e la nuca, non avevo paura di stare fra le sue braccia, la mia fiducia era totale.

E lui consapevole di quello che avevo passato mi lasciava la libertà di toccarlo, di esplorarlo, ma non mi imponeva la sua voglia. Era attento ai miei tempi, era perfetto.

Mi staccai dalla sua bocca e lui sorrise senza forzarmi.

"Beh, forse è meglio cenare. O perderò la testa Myc. Se mai ne ho una." Biascicai stordita da quel bacio pieno di passione.

"Giusto, Laura, prendiamoci il tempo che vogliamo."

Salimmo di sopra insieme, lo aspettai mentre si arrampicava aggrappandosi al corrimano della scala di legno che portava alle stanze. La sua camera, che avevo già visto mesi prima, era pulita e in ordine. Sul letto matrimoniale, una trapunta beige con fiorellini scuri, rendeva l'ambiente accogliente. C'era un armadio per i miei vestiti e una cassettiera dove ordinare le mie cose. La mia valigia appoggiata sulla poltrona.

"Vuoi sistemare i tuoi abiti? Intanto mi svesto anch'io." Annuii, e cercai un cambio dentro il mio bagaglio. Ne approfittai per sistemare i capi nella cassettiera.

Lui abbandonò le stampelle e zoppicò con il tutore fino allo specchio. Si tolse la giacca, il gilet, la cravatta e li ripose con naturalezza, mi consegnava la sua intimità quella che aveva custodito per molto tempo. lo spiavo di soppiatto finché rimase in camicia.

Andò nel bagno, quello con l'idromassaggio più high teck che avessi mai visto.

Intanto mi sfilai la maglietta e la camicetta. Quando uscì dal bagno mi fissò sorridendo, zoppicò fino all'armadio e indossò un cardigan di lana azzurro. Scosse la testa, ridendo.

"Laura, se mi avvicino a quel reggiseno in pizzo che indossi con tanta classe, credo non scenderò più di sotto per cena. Grazioso, nero, di ottima fattura." Cercava di mantenersi in equilibrio sulla gamba sana appoggiato all'armadio. Volutamente, mi avvicinai, presi le stampelle e gliele portai.

"Non così vicina, my loving care, così non resisto." Mormorò rauco. Allungò la mano indeciso e con le dita percorse il bordo del pizzo e del seno e raggiunse l'incavo. Era così disarmante vederlo arrossire di piacere, si appoggiò con la schiena al mobile per reggersi.

"My loving care è bellissimo detto da te." Gli sistemai maliziosa il tutore che lo sosteneva.

"Forse è meglio scendere a cucinare." Gli baciai la guancia, mi allontanai ancheggiando, mi infilai una maglietta di cotone misurando i gesti per provocarlo, mi ravvivai i capelli in modo sensuale, mentre lui mi osservava stranito.

Scoppiai a ridere. Lo afferrai per la mano e lo tirai. "Avanti scendiamo, Myc sei adorabile! Vuoi cenare visto che è la nostra prima serata insieme?"

"Ho già un appetito formidabile, e non solo di cibo." Gracchiò con la mano libera dalle fasciature che sembrava di fuoco.

"Adulatore." Mormorai seducente e lo trascinai letteralmente di sotto.

Ci perdemmo a cucinare, Anthea aveva rifornito il frigorifero di tutto quello che poteva servirci.

Sapevo quello che piaceva a Mycroft e lui sapeva quello che piaceva a me. Era così bello ritrovarsi insieme senza tensioni, a tagliare verdure, a salare l'acqua per la pasta all'italiana e infornare un dolce al cioccolato, coperti di farina.

Lo sorpresi a canticchiare. Ogni tanto mi dava un'occhiata, e brontolava perché mi sporcavo.

"Laura, dovresti essere attenta in cucina come lo sei quando lavori al San Bart. Selvaggia." Si scherniva e scuoteva la testa e mi copriva di piccoli baci affettuosi. Mentre aspettavamo che la pasta cuocesse, mi abbracciò per le spalle, la sua camicia che sfregava sulla pelle del collo sembrava seta. Era accaldato e il suo profumo maschile era invitante.

"Non sono mai stato bene come stasera, non mi merito tutto questo visto il male che sono riuscito a farti."

Mi dondolò piano e mi baciò i capelli, mormorò con la voce tremante. "Profumi di buono, My loving care, cercherò di essere un partner attento, ma aiutami anche tu ad amarti."

Strinsi le sue mani al mio petto. "Lo farò, Myc. Non aspettarti nulla di meno."

Cenammo ascoltando della musica classica che piaceva ad entrambi, conversando di libri, di un viaggio in Italia che presto avremmo fatto insieme. Nessuno dei due parlò del passato, volevamo vivere il presente perché era quello che contava di più.

Alla fine della serata dopo aver riordinato insieme, ci lasciammo andare sul divano, il calore del camino acceso che crepitava lentamente.

Mycroft, sistemata la gamba ferita, iniziò a leggere il suo libro prezioso. Mi accoccolai al suo fianco con la testa appoggiata sulla sua spalla, mentre lui assorto leggeva a voce alta. Era tutto così perfetto da non sembrare vero.

E mi presi le mie libertà: allungai la mano sul suo braccio, rimasi appoggiata così per alcuni secondi, poi sbadigliai e la portai sul suo fianco.

Si voltò a guardarmi, gli regalai un sorriso innocente. Riprese a leggere, ma brontolò aggrottando la fronte.

"Stai ascoltando Laura?"

"Ma certo." Gli risposi con voce calma, mentre tramavo la mossa successiva. Lentamente, mentre lui leggeva assorto, feci scivolare la mano sotto al suo cardigan accarezzando la camicia e sentendo il calore del suo corpo.

Mi fermai. Rimasi immobile cercando di sembrare interessata alla lettura, lui si mosse appena un po' sorpreso. Presi a giocherellare con i piccoli bottoni, annuendo di tanto in tanto alle sue riflessioni sul libro. Pensò che perdessi solo del tempo e che non ci fosse malizia in quel gesto, mi lasciò fare, si schiarì la voce e continuò a leggere.

Sbottonai un paio di bottoni, e infilai rapida la mano sotto la camicia, fra la sua maglietta di cotone e la pelle.

"Laura." Brontolò lasciando il libro. "Che fai, mi stai spogliando?" Si accigliò non capendo bene dove volessi arrivare.

Dio! Era così disarmante che soffocai una risata.

"Dovrei?" Gli risposi contrita, intanto gli arruffai la canottiera e trovai finalmente il contatto con il suo petto.

"Laura!" Ansimò, sorpreso da quella intrusione.

Allargai la mano sulla sua pelle, assorbendo il piacere di sentirla calda e liscia e deliziosa al tatto. Lo accarezzai lentamente con desiderio crescente.

Mycroft indugiò, sentii il suo respiro aumentare, si lasciò accarezzare, il suo libro ormai dimenticato pendeva dalla sua mano. Appoggiò la testa all'indietro sulla spalliera e si arrese.

"Ti stai approfittando di me." Mormorò con la voce smorzata da brividi di piacere.

"Ti sto curando Myc. E curo anche me stessa, voglio sentirti, conoscerti."

"Non sono insensibile, la tua vicinanza mi toglie il controllo. " Accarezzò le mie spalle avvicinandomi di più.

"Lo vedo Myc, sento che ti piace. Non devi temere per me, perché lo voglio anch'io." Un leggero piacere lo percorreva, ansimava e il suo corpo sembrava gradire.

"Sono semplici carezze, nulla che possa infastidirti, non ti forzerò Myc." Mi strinse a sé, il corpo accalorato come lo era il mio.

"Mia dottoressa operosa, ti amo troppo." Scivolò con le mani sui miei fianchi.

Eravamo appassionati e vogliosi, ci accarezzammo imparando quello che piaceva l'uno dell'altro.

Fu l'inizio della nostra intesa e della nostra vita insieme, ma non andammo oltre.

Ci staccammo tenendoci per mano. "Non avere paura, Laura, non temere non mi spingerò oltre."

Lo disse con una dolcezza infinita, una lacrima mi scivolò lenta sulla guancia.

"Voglio amarti Myc. Non ho paura, non sentirti colpevole per il male che mi hanno fatto. Sei tu l'uomo che desidero."

Mi asciugò la lacrima, mi baciò la guancia e mi coccolò tenendomi stretta a sé.

 

   
 
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