Buona sera!
Con un giorno di ritardo, causa forza maggiore, eccomi a postare l’aggiornamento.
Il secondo capitolo lo posterò domani sera.
Scusate, ma di meglio non riesco a fare!
Ancora una volta GRAZIE
a tutti voi che leggete e seguite questa storia, in particolar modo GRAZIE a
chi mi lascia un suo pensiero!
Buona lettura! =)
.44.
NÈ CON TE NÈ SENZA DI TE
SPAZIO
ANNO 2977
ARCADIA
Harlock era in infermeria al capezzale di Yama. Il ragazzo stava
male. Peggiorava di ora in ora. Era entrato in coma e Zero per precauzione lo
aveva attaccato al respiratore. Purtroppo però le sue condizioni vitali erano
sempre più deboli.
Il Dottore non capiva l’eccessiva angoscia del Capitano. Certo, lui era
apprensivo con tutti loro, ma con quel ragazzo sembrava avere un’attenzione un
po’ troppo particolare. Gli teneva addirittura la mano e non era una cosa da
lui.
Harlock, mentre teneva la mano a quello che era suo figlio, stava cercando di
riordinare le idee.
Meeme gli aveva detto che Joy era passata attraverso il varco temporale circa
dieci ore prima. Secondo l’aliena, se tutto era andato bene, a meno che non
fosse arrivata sulla Terra proprio nove mesi dopo, o giù di lì, dato che non si
poteva scegliere il tempo esatto di rientro nell’anno 2034, Yama sarebbe dovuto
rimanere stazionario fino al parto. Se poi fosse nato vivo, non avrebbe dovuto
avere più problemi. Stessa storia se la biologa fosse arrivata dopo averlo
partorito. Ma il ragazzo peggiorava di ora in ora, ergo qualcosa era andato
storto e di questo non si capacitava.(1)
La disperazione di Harlock era doppia. Prima di tutto era
sconvolto dal fatto che Yama fosse suo figlio e stesse morendo davanti ai suoi
occhi, spegnendosi piano piano come una candela che si consuma e poi c’era
l’incognita di Joy, se Yama fosse morto non avrebbe mai saputo se lei ce
l’avesse fatta e gli spezzava il cuore. Se non si fosse salvata, il sacrificio
di separarsi era stato del tutto inutile e quel viaggio maledetto l’aveva
solo fatta morire prima del tempo, senza nemmeno una remota possibilità di
salvezza. Non poteva accettarlo.
Mentre si macerava in queste congetture, arrivò Kei. La pirata, avvisata da
Yattaran sulle condizioni di salute del ragazzo, era corsa lì per avere notizie
di Yama e vedendo il Capitano così sconvolto si sentì mancare.
“Sta molto male?” domandò in un soffio; il cuore le batteva forte in petto, era
sinceramente preoccupata e dispiaciuta.
“Sta morendo…” rispose Harlock come un automa, senza nemmeno voltarsi e
continuando a stringere la mano del ragazzo, come per infondergli coraggio e
forza.
Non indossava i guanti e sentiva la sua pelle fredda e leggermente sudata, era
una sensazione brutta che trasmetteva solo angoscia.
“Ma possibile che non ci sia niente da fare?” chiese Kei dolorosamente
incredula. All’improvviso capì che quel ragazzo era importante per lei, che
avevano stupidamente litigato facendosi del male, quando invece avrebbero
potuto essere ottimi amici. Avevano gestito male il loro tempo e il loro modo
di rapportarsi e ora se ne doleva alquanto.
La domanda di Yuki però fece balenare un’idea folle in testa ad Harlock.
“Dottore potrebbe essere utile una donazione di sangue?”.
Zero fece spallucce “A che scopo? Non ne ha così bisogno. Per guarirlo dovresti
avere il sangue magico…” buttò lì facendo una battuta per
alleggerire l’atmosfera, era il suo modo di fare. Quella del Capitano era una
richiesta insolita e anche non molto pertinente dal suo punto di vista medico,
ma non se l’era sentita di scoraggiarlo a priori.
“Non ho il sangue magico ma ho la dark matter!” disse risoluto.
“Potrebbe essere un’ottima idea” disse Meeme che era appena sopraggiunta fece
poi un cenno d’intesa ad Harlock che subito si alzò e la seguì fuori.
“Non puoi salvarlo se lei non lo partorisce vivo, perché non sarà mai esistito,
ma se c’è qualche complicanza in attesa di risoluzione, la tua idea potrebbe
essere utile a rafforzarlo un po’, quindi ben venga la donazione del tuo sangue
contaminato, tanto anche Yama è stato contaminato dalla dark matter, attraverso
te”.
Rientrarono e fu deciso per la donazione anche se Zero, che non era a
conoscenza dei particolari, disse che sarebbe stato tempo perso, ma li
accontentò.
A Kei fu chiesto di allontanarsi e le fu promesso che sarebbe stata avvertita
in qualsiasi caso, sia di miglioramento che di peggioramento.
LONDRA
ANNO 2034
St Mary’s Hospital Paddington
“Presto,
presto! Dovete sedare la crisi e poi portarla immediatamente in sala
operatoria, il bambino va fatto nascere subito!”.
Il medico stava impartendo ordini precisi. Quella crisi violenta e improvvisa
gli fece pensare, non essendo a conoscenza del chip che la ragazza aveva
impiantato in testa, che Joy avesse qualche problema neurologico e voleva far
nascere subito il bambino per poi eventualmente curare lei.
Intanto, dalla sala infermieri cercavano disperatamente di contattare il padre
della ragazza, ma il telefono squillava inesorabilmente a vuoto.
“Datele subito del fenobarbital(2) Appena
si riprende dobbiamo farle firmare il consenso per il cesareo, perché i
meccanismi patogeni messi in moto dalla crisi possono crearle disturbi della
respirazione e quindi la mancanza di ossigeno nel feto. Ci potrebbe anche
essere il distacco della placenta, provocato dalla stessa convulsione.(3) La
signora deve essere avvisata, deve essere lei a decidere in prima persona e in
mancanza di parenti, sarà la sua l’ultima parola”.
“Dottore, ho notato che quando era semi incosciente chiamava spesso un certo
Harlock, forse è il marito?” disse l’infermiera mentre l’ostetrica stava
eseguendo gli ordini del primario.
“Mi sembra un cognome più che un nome, ma informati, vediamo, magari è il padre
del bambino” rispose prontamente il medico.
Intanto l’ostetrica le stava somministrando il fenobarbital e la crisi sembrava
piano, piano scemare.
“Appena torna in sé fatele firmare il consenso e preparate la sala operatoria”.
“E se non vuole firmarlo?” chiese l’ostetrica solerte.
“Beh, speriamo che sia ragionevole e lo firmi, altrimenti dovremmo desistere e
sperare che vada tutto bene, o uno dei due ci potrebbe rimettere le penne.
Fatela ragionare” concluse e, controllando la cartellina medica di Joy, si
allontanò per far visita ad altre pazienti del reparto, in altre stanze
attigue.
Joy si sentiva strana. Non stava né bene né male. Le sembrava quasi di essere
nel grande letto della cabina di Harlock sull’Arcadia. Le pareva quasi di
essere rannicchiata tra le sue braccia. Ma era tutto confuso e strano… lo
rivide lì, dove l’aveva visto la prima volta: seduto sulla
sedia accanto al suo letto.
Le stava nuovamente sorridendo. Sempre quel mezzo sorriso così bello e dolce
che lei amava tanto.
“Stai tranquilla. Sono qui con te. Andrà tutto bene…”.
Poi però sparì come dissolvendosi nel nulla e lei aprì gli occhi. La sua era
stata solo un’allucinazione…
La luce forte e fastidiosa del neon la riportò bruscamente alla realtà.
Ma purtroppo non solo a quella. Improvvisamente avvertì dei dolori lancinanti e
le sembrò di non poter resistere.
La crisi, e forse anche la dark matter, stavano accelerando il parto.
SPAZIO
ANNO 2977
ARCADIA
Il
Dottor Zero era basito. Se glielo avessero raccontato non ci avrebbe mai
creduto, di fatto Yama stava scomparendo e non metaforicamente parlando, ma
proprio materialmente. Il ragazzo sembrava essere diventato simile ad un
invertebrato. La pelle gli si era assottigliata e si era trasformata, appariva
trasparente come quella di una medusa e si potevano vedere attraverso i
capillari, le vene e tutto il sistema linfatico.
Era una cosa raccapricciante e lui non sapeva darsene una spiegazione logica,
né tanto meno scientifica, guardava allibito e non proferiva parola.
“Sta scomparendo…” disse Meeme molto preoccupata, ormai era inutile mantenere
il segreto, visto come stava degenerando la situazione.
“Non può essere” saltò su Harlock, scattando in piedi “Non lo accetto, non dopo
tutta la fatica e il dolore che è costato a tutti, maledizione!” aggiunse
passandosi una mano tra i capelli, in un moto di stizza frustrata, per poi
rimettersi subito al capezzale di quello che sapeva essere suo figlio. Cercava
di stare calmo, di avere fiducia, una fiducia incrollabile in Joy e nella sua testardaggine,
nel suo coraggio, ma era dura, anzi durissima; ogni minuto la speranza scemava,
scivolando via come sabbia tra le dita.
“Qualcuno mi può spiegare che cosa sta accadendo, perché in vita mia non ho mai
visto scomparire una persona e mai mi sarei sognato che potesse accadere”
sbottò Zero che si stava rendendo perfettamente conto che quei due gli stavano
nascondendo qualcosa di molto grosso e sicuramente anomalo.
Alla fine l’aliena lo portò da una parte, lasciando Harlock da solo e gli
spiegò tutto.
Il dottore strabuzzò gli occhi “O madre del cielo e della terra e di tutti i
pianeti del sistema solare e dintorni! Il figlio del Capitano e della biologa?
Che viene da un altro arco temporale? Che sta sparendo perché forse lei non è
riuscita a tornare sulla Terra ed a rispedirlo da noi? Ma siete sicuri? Sembra
la brutta trama di uno di quei filmacci antichi che colleziona Yattaran in
quegli aggeggi prestorici che chiama dvd!(4)”
sbottò. Poi aprì lo stipetto e dette una generosa sorsata di sakè a garganella.
Era troppo scioccato.
Sebbene vivesse nello spazio e ne avesse viste di tutti colori, era la prima
volta che sentiva di uomini che interagivano tra un arco temporale e l’altro.
Così come era difficile capire che un ragazzo potesse essere sdoppiato in due
linee temporali diverse e che rischiasse la vita, finché non venisse nuovamente
partorito, perché spedito nel futuro lo era già stato ed il suo ciclo era
concluso e perpetuo. Dette un’altra generosa sorsata di sakè e si impose di
fare quello che gli riusciva meglio: curare le persone, in questo caso Yama,
anche se era molto preoccupato ed incerto sul da farsi.
Il suo unico cruccio era quello di trovare il modo di aiutare quel ragazzo, ma
anche di evitare un enorme dispiacere al Capitano. Già, ma come fare? Non era
una cosa normale né mai accaduta prima e nessuno di loro aveva uno straccio di
risposta alle domande angoscianti sulla salute di Yama.
Harlock intanto non si era mosso dal suo capezzale, neanche per un secondo.
Guardava quel ragazzo che gli somigliava così tanto, con un senso di disagio
profondo, come avrebbe dovuto rapportarsi a lui se si fosse svegliato e fosse
vissuto? Cosa che tra l’altro anelava con tutto se stesso.
Sapeva che era suo figlio. La ragione lo comprendeva ma il cuore era agitato e
confuso, anche se sopra tutto la cosa che più gli premeva era che avesse salva
la vita.
In seguito avrebbe affrontato in qualche modo questa nuova condizione
genitoriale che gli si era rovesciata addosso come una secchiata di acqua
gelida e che lo trovava del tutto impreparato nonché sinceramente preoccupato.
Cercava di non disperare, di essere fiducioso. Nonostante questo era comunque
molto spaventato, molto confuso e con sentimenti contrastanti che gli si
agitavano dentro. Voleva con tutte le sue forze che Yama si salvasse, ma ancora
di più voleva essere certo che Joy fosse salva. Il ragazzo era la sua cartina
di tornasole, se si fosse salvato e non fosse sparito, significava che lei era
viva e vegeta, che il viaggio era andato a buon fine e che in qualche modo era
riuscita a rimandarlo da loro, come avrebbe dovuto essere e come era accaduto
in precedenza quando lei, interferendo con il suo futuro, lo aveva incontrato
sull’Arcadia.
“Facciamo questa donazione di sangue, magari può dargli una mano, non ne sono
ancora convinto, ma tentare non nuoce” esordì Zero, distogliendo Harlock dai
suoi pensieri. Era l’unica cosa che gli pareva utile, per il resto non avrebbe
proprio saputo che altro fare.
LONDRA
ANNO 2034
St Mary’s Hospital Paddington
Le
contrazioni e i dolori erano sempre più forti. Intanto l’ostetrica era arrivata
per controllarla.
“Stai tranquilla, le contrazioni sono ancora lievi” le disse per calmarla.
“Lievi?” chiese Joy spaventata “Ma se sembra che mi si spezzi la schiena e mi
si stia dilaniando il basso ventre!”.
“È normale cara ,cerca di non agitarti e monitoriamo la loro frequenza”.
Joy però era agitatissima, così agitata che rischiava un’altra crisi, cosa che
per fortuna però non avvenne, perché i medicinali in qualche modo, nonostante
la dark matter, stavano arginando la cosa.
Dopo circa un’ora, accadde invece che all’improvviso sentisse del liquido
bagnare il letto e si spaventò. Chiamò immediatamente l’infermeria che arrivò
con l’ostetrica.
“Ti si sono rotte le acque! Cerca di stare calma, ora ti faccio il tracciato”
le disse la dottoressa, procedendo con tutti i controlli e le analisi del
caso.
Sembrava tutto molto, troppo accelerato, in un modo non normale ed inquietante.
“Preparate la sala parto!” disse agli infermieri “E allertate il primario”
aggiunse, cercando di non far trapelare con la paziente la sua preoccupazione.
Tutto stava accadendo troppo in fretta, in modo accelerato ed anomalo. I dolori
parevano essere sempre più forti e ravvicinati, fino a presentarsi ogni uno-due
minuti, con una durata di quaranta-sessanta secondi, praticamente la biologa
stava quasi per partorire…
Infatti Joy cominciò ad avvertire che i dolori della zona superiore dell’addome
e lombare, diventavano sempre più prepotenti, specialmente nel basso ventre dove
erano sempre più intensi e lancinanti.
Afferrò con una mano il medaglione che aveva al collo e lo strinse forte,
mentre cercava di sopportare quelle ondate così intense di dolore.
“Ora ti portiamo subito in sala parto” le disse l’ostetrica, facendola accomodare
su una sedia a rotelle “Forse sarebbe meglio che ti levassi quella collana
cara” provò a dirle, ma la ragazza la guardò malissimo, fece una smorfia
digrignando i denti per l’ennesima contrazione, poi trattenne un urlo,
emettendo una sorta di ringhio soffocato, ed infine disse a fatica, ma decisa
“Neanche morta!” stringendo ancor di più il medaglione nella mano, quasi fino a
farsi male.
“Non la agiti, portiamola via” consigliò il medico che era appena sopraggiunto
e così la trasportarono d’urgenza in sala parto.
La ragazza venne sistemata nell’apposito lettino, l’ostetrica le fece fare la
respirazione e lei cominciò a spingere e sudare copiosamente; si rese conto che
partorire era più faticoso e doloroso di quanto uno potesse mai immaginare.
Continuava a stringere in modo convulso quel medaglione come se in un certo
senso le desse l’illusione che lui in qualche modo fosse lì con lei, traendone
quasi conforto.
Le contrazioni intanto si erano fatte sempre più dolorose e nonostante la
biologa cercasse di spingere a più non posso, la situazione non si sbloccava.
Alla fine ci pensò il medico, facendo un’opportuna leva sulla pancia di Joy e
finalmente, dopo un paio di spinte più violente e un dolore incredibile, il
bambino mise fuori la resta ed uscì. Era sano e pianse subito.
SPAZIO
ANNO 2977
ARCADIA
Nello
stesso istante, mentre in un altro arco temporale veniva alla luce,
nell’infermeria dell’Arcadia, Yama di colpo tornò normale e scattò a sedere sul
lettino. Si strappò il respiratore dalla bocca, prendendo una gran boccata
d’aria, come se fosse stato sul punto di affogare e fosse appena riemerso in
superfice per respirare.
Tutti trasalirono.
“Stai bene?” gli chiese subito Harlock, avvicinandosi ancora di più a lui per
accertarsi che fosse tutto a posto.
Il ragazzo si girò confuso e si portò una mano alla testa.
“Sì… almeno mi pare… ma che è successo?”.
Zero stava per parlare, ma Harlock lo fulminò con un’occhiataccia.
“Sei stato molto male, per via di un virus, o qualcosa del genere temevano per
te e la tua salute, sei stato molto tempo incosciente. Come ti senti ora?” gli
chiese preoccupato, ma anche sollevato. Intanto scambiò un’occhiata d’intesa
con Meeme, gli sembrò molto tranquilla e si concesse il lusso di sospirare.
“Non lo so… mi pareva di essere come sospeso…” cominciò a spigare incerto Yama
“Una sensazione molto strana, come se fluttuassi in una sorta di luce vivida,
non vedevo né sentivo niente, ma stavo tanto bene…”.
Parlava e sembrava normale. Era tornato lui, in salute, il dottore decise
comunque di fargli qualche controllo e qualche analisi, per sicurezza.
Harlock rimase per tutto il tempo con loro finché non ebbe la conferma che
fosse tutto a posto, poi lui e Meeme uscirono insieme dall’infermeria.
L’aliena gli poggiò una mano su una spalla “Harlock è andato tutto bene. Yama è
salvo quindi anche Joy lo è ”.
Harlock non rispose, continuava a camminare profondamente immerso nella
confusione del suo sentire interiore.
Poi d’improvviso, si girò verso di lei e parlò.
“Nessuno deve sapere di Yama. Devi dire a Zero che deve mantenere il segreto”
le comunicò serissimo il Capitano.
“Intendi non dire la verità al ragazzo?” gli chiese lei un po’ contrariata.
“Saprà la verità, ma a tempo debito”.
“Harlock non credi che…”.
Ma lui la interruppe subito “Santo cielo Meeme, devo ancora rendermi conto di
questa cosa, come puoi pretendere che sia in grado di affrontare un simile
discorso con lui! Non saprei neppure da che parte cominciare”.
“Più tardi lo farai e peggio sarà. Ma rispetteremo la tua volontà” concluse
lei, capendo che non era proprio il momento di affrontare quella questione.
Lui non rispose e continuò a camminare. Improvvisamente si sentì stanco, come
se di colpo i suoi centotrentasette anni gli fossero piombati addosso tutti
insieme e lo avessero piegato sotto il loro peso. Nonostante fosse forte e
fosse determinato, era carne e sangue impastata con un’anima piena di
sentimenti, e in quel momento sentiva più di ogni altra cosa la terribile
mancanza di lei.
Arrivò in cabina, si tolse il mantello, si sedette e si versò del vino, aveva
decisamente bisogno di bere; scolò il bicchiere in una sola volta e si passò
una mano tra i capelli.
Chissà come stava lei, come erano andate le cose. Si chiedeva se era sola, se
avesse ritrovato subito suo padre, come se la sarebbe cavata e mille altre cose
ancora. Si sentiva impotente e frustrato, era un sensazione davvero brutta.
Bevve ancora, e ancora, ma non più di quello che sapeva potesse reggere,
difficilmente si lasciva andare ubriacandosi, non era nella sua indole commiserarsi.
All’improvviso si alzò e andò alla scrivania, aprì il cassetto e tirò fuori di
nuovo quel biglietto. Lo spiegò con cura e lesse ancora una volta.
Né con te, né senza di te.
Per sempre.
Joy
Quelle semplici parole erano così tremendamente vere e dolorose.
Come se fossero una nuova condanna da espiare, li relegavano sospesi in un
limbo infinito da cui era quasi impossibile uscire.
Già, quasi impossibile, perché c’era quella remota possibilità a cui ora lui si
aggrappava con tutte le sue forze. E poi c’era Yama, a cui cercava quasi di non
pensare. Era così turbato e così preoccupato. Come si doveva comportare? Che
doveva fare? Ma soprattutto era spaventato dalla reazione del ragazzo, chissà
come avrebbe reagito, scoprendo l’assurda verità.
Da una parte però era quasi emozionato. Una sensazione stranissima perché in fondo,
nonostante la rabbia e l’impotenza, cominciava a carezzare l’idea che esistesse
qualcosa di suo e di Joy, che fosse frutto del loro amore, sebbene fosse già un
ragazzone di venti e passa anni. Era un’emozione forte, anche se
castrata da tutta una situazione così strana e particolare.
Si sorprese a pensare come sarebbe stato vederlo piccolo, magari tenerlo in
braccio, o accudirlo come aveva fatto tantissimi anni prima con Mayu, la figlia
di Tochiro.
Fu così che Harlock si concesse un’intera serata immersa nei pensieri e nei
ricordi, annaffiata da fiumi di buon vino che quasi lo ottenebrò, poi passò il
resto della nottata da Tochiro.
Tutti a
bordo ormai sapevano della partenza di Joy, anche perché lei aveva avuto cura
di far trovare un bigliettino di saluti a tutti coloro che avevano interagito
con lei durante quei mesi trascorsi sull’Arcadia.
Masu si era commossa fino alle lacrime, ma anche Kei si era sentita molto
triste. Era come se si fosse separata da una cara e vecchia amica. Zero poi era
rimasto stupito da quel pensiero così delicato e così anche tutti coloro che
avevano ricevuto i suoi saluti.
Non aveva voluto salutare nessuno di persona e tutti avevano capito il perché.
Sarebbe stato troppo doloroso per lei.
Tutta la ciurma, nessuno escluso, era addolorato per il Capitano. Tutti
sapevano, anche se tutti avevano fatto finta di ignorare.
Conoscevano il condottiero e avevano profondamente rispetto per l’uomo che
ritenevano retto, ma anche umano, e quindi con il diritto di avere una sua vita
privata che fosse, appunto, solo sua.
Sapevano che avrebbe sofferto tantissimo, ma che non avrebbe mai fatto
trapelare niente. Così l’unica cosa che potevano fare per lui, era assolvere al
meglio ai loro compiti ed essere una buona ciurma, perché la missione di
riedificazione della Terra che stavano affrontando era importantissima,
pericolosa e molto lunga.
Alla
fine di quella lunga notte, Harlock lasciò la sala del Computer Centrale.
S’incamminò per gli scuri e silenziosi corridoi della sua nave, sempre con il
proprio passo marziale, sempre con il suo incedere sicuro da comandante,
nonostante non avesse dormito e avesse mille pensieri e preoccupazioni che gli
affollavano la mente.
Arrivò in Plancia accolto dagli sguardi dei pirati presenti, che lo trovarono
cupo, serio, concentrato e puntuale come sempre, con il solito cipiglio
crucciato da Capitano, accompagnato dal tipico incedere possente che allertò
tutti i presenti in attesa di ordini da eseguire. Senza sillabare, si scostò il
mantello e sedette sul suo Scranno, mentre in Plancia regnava il più assoluto
silenzio, interrotto solo dal rumore degli strumenti di bordo delle postazioni
dei due primi ufficiali dell’Arcadia.
Erano tutti in attesa.
E alla fine lui parlò.
“Yattaran, dammi le coordinate” ordinò secco.
Il pirata consultò il computer di bordo e solerte gli rispose, il Capitano
allora gli comunicò la nuova rotta e il primo ufficiale la impostò. Quindi
Harlock si alzò, con calma raggiunse il timone e l’afferrò saldamente per le
caviglie. Si raddrizzò e con maestosa eleganza gli dette una poderosa spinta,
tanto dar far ondeggiare il nero mantello che svolazzò appena di lato.
Subito, a quel tocco, l’Arcadia docile, obbedì al suo comandante e virò,
seguendo la traccia da lui impostata, mentre il resto della ciurma riprese
solerte le proprie mansioni.
Un nuovo giorno, a bordo della nave più famosa dell’Universo che solcava il
mare dello Spazio, era appena cominciato.
NOTE ESPLICATIVE
1: Dunque
per l’idea del tempo come bolla tremolante che permette Yama di essere in
contemporanea adulto sull’Arcadia e appena nato a Londra, che sono due archi
temporali che per un evento straordinario (il viaggio nel tempo di sua madre:
Joy) coesistono, mi sono ispirata sia a
Terminator, che a Ritorno al Futuro, e un po’ su tutta la filmografia del
genere sci-fi/viaggi nel tempo, oltre a tutti gli altri già citati come Doctor
Who, Looper, Thor e aggiungo anche la serie Once Upon a Time in cui c’è una
coppia (Prince Charming e Snow White che hanno una figlia quasi coetanea loro:
Emma e tutti allegramente viaggiano da un universo all’altro) .
Quindi ricapitolando Yama è stato (sempre) mandato da Joy nello spazio, e
questo è possibile perché passato e futuro si sono intersecati grazie al
viaggio nel tempo di Joy, che ha creato una sorta di “anomalia” se così la
vogliamo chiamare, per capire. Quando Joy torna indietro nel tempo il loop
(cerchio) “ritorna al suo posto” e i due Yama, una volta che lei lo rimanderà
nello spazio, non coesisteranno più, ma ci sarà solo quello adulto
sull’Arcadia, e tutto sarà a posto.
Spero sia chiaro :)
Ecco alcuni link di riferimento per capire ancora meglio (spero)
LOOPER: http://www.mymovies.it/film/2012/looper/
TERMINATOR: http://it.wikipedia.org/wiki/Terminator_(film)
RITORNO AL FUTURO TRILOGIA: http://it.wikipedia.org/wiki/Ritorno_al_futuro_(trilogia)
ONCE UPUN A TIME: http://it.wikipedia.org/wiki/C'era_una_volta_(serie_televisiva)
DOCTOR WHO http://it.wikipedia.org/wiki/Doctor_Who
*FINE SPIEGONE*
2: Medicinale per malati di epilessia che si può usare in gravidanza. Non so a che serve né che effetto ha. L’informazione l’ho reperita in internet, se fosse una castroneria pazienza, prendetela per buona, volevo solo usare il nome di un medicinale vero e poi farlo agire nel racconto come meglio mi pareva. Quindi nome vero, il resto, probabilmente è licenza da fanfic ;)
3 Informazioni vere reperite in internet circa pazienti epilettici incinta
4 Ho immaginato che Yattaran come Harlock collezionasse cose antiche, ma “tecnologiche”. Quindi perché no? Anche dvd e film, d'altronde essendo in una nave nel tempo libero potevano anche dedicarsi a questi hobbies, anche perché non è che potessero avere chissà quali altri svaghi :)