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Autore: Ivy001    29/06/2022    1 recensioni
RIECCOMI CON UNA NUOVA FANFICTION, STAVOLTA DAI TRATTI DI UN VERO E PROPRIO GIALLO, CON LA SPARIZIONE DI UNA DONNA E LE INDAGINI CONDOTTE DA ISPETTORI CHE ERAVAMO ABITUATI A CONOSCERE CON I PANNI DI RAPINATORI. SPERO VI PIACCIA. ATTENDO DI SAPERE COSA NE PENSATE PERCHE’ QUESTO MONDO CHE RACCONTO NON HA NULLA A CHE VEDERE CON LA TRAMA DE “LA CASA DI CARTA”
BESITOS A TODOS
Genere: Sentimentale, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bogotà, Il professore, Nairobi, Palermo, Raquel Murillo
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Con l’intenzione di liberarsi di un peso e di cominciare a respirare a pieni polmoni la ritrovata libertà, Nairobi accetta di recarsi in Commissariato, nelle ore meno trafficate, per fare il giusto identikit dell’uomo che, nonostante i 10 anni dall’accaduto, è pressante tra i suoi ricordi.

“Dovresti indossare questi abiti, per evitare di essere notata, ok?” – le dice Santiago, porgendole vecchi jeans larghi e con strappi alle ginocchia, una felpa, e un berretto con la visiera di colore scuro.

“Sicuro che conciata in quel modo, darà meno nell’occhio?” – dice Tokyo una volta di fronte alla gitana e al cambio look.

“Fidatevi, i miei colleghi si distrarrebbero di più di fronte a minigonne o pantaloni attillati”

Agata e Silene si guardano, capendosi al volo, per alzare poi gli occhi al cielo e commentare all’unisono – “Ah, uomini!”

Forte del sostegno degli amici e del suo uomo, la gitana sale a bordo dell’auto diretta verso la meta, scortata anche da Daniel, entusiasta e motivato, come mai prima, dalle avvincenti indagini.

Più è vicina al Commissariato, più Nairobi inizia, però, ad agitarsi. Non esce dalla villa Lopez da tempo, per di più ha trascorso un decennio di agonia senza poter varcare l’uscio del Mariposas, quindi sapere di incontrare gente, di mettere piede in un luogo tanto formale, le crea una certa ansia.

È il suo Bogotà ad accorgersene, spiandola dallo specchietto retrovisore, ogni due per tre.

“Andrà tutto bene” – dice, approfittando di un momento di silenzio, ceduto gentilmente da Ramos che, nel frattempo, aveva abbondantemente parlato di frivolezze varie.

“Me lo auguro” – risponde lei, giocherellando con gli anelli che porta alle dita.

Qualche altro metro ed eccoli raggiungere i parcheggi.

Fortuna vuole che di volanti ce ne siano ben poche.

“Un buon segno, avremo pochi colleghi da evitare” – commenta il trentenne, accendendosi una sigaretta appena sceso dal mezzo.

“Beh, non direi, amico. Guarda lì” – Ramos riconosce una Porche precisamente di fianco alla loro Mercedes, e sbruffa subito dopo.

Nairobi fissa in silenzio l’automobile senza pronunciarsi, eppure c’è un dettaglio che attira la sua attenzione.

“Juanito a bordo” – legge una sorta di adesivo sul retro.

“Già, quel cretino non solo ha una moglie che lo sopporta, ma perfino un figlio che potrebbe imitarlo”

“Un figlio hai detto? E quanti anni ha?” – chiede Agata, spiazzando i due uomini.

“Booo, non saprei. Forse nove, dieci anni” – ipotizza Lopez, sospettoso dell’espressione seriosa della compagna.

“Dai entriamo, ho fumato abbastanza. Mi ero ripromesso di smettere” – irrompe Daniel non dando il minimo peso alla curiosità della gitana su quel mezzo.

Anche la zingara sorvola, lasciando Bogotà perplesso.

Percorrono a passo un centinaio di metri ed eccoli di fronte al portone del Commissariato.

Agata afferra la mano del suo ispettore preferito, sentendosi protetta da quel gesto. E lui l’accoglie senza remore.

“Dopo devi dirmi come mai quell’interessamento per la Porche” – le sussurra.

La Jimenez annuisce e dice – “Credo di averla vista nei paraggi del Night Club tempo fa. Ero uscita per dare delle informazioni a Helsinki e Oslo, e l’ho trovata ferma a pochi passi dall’ingresso. E il dettaglio mi ha colpita. Quel “Juanito a bordo”. Ovviamente ci ho dato poco peso, poi. Qualche tempo dopo, stessa situazione, stessa macchina, stavolta quell’adesivo era stato eliminato nonostante ci fosse ancora evidente”

Tale scoperta sconvolge Santiago che, richiamando Daniel, gli dice – “Cazzo, hai capito che tipo che è Gandia?! Si aggirava nei pressi del Mariposas”

“Cosa?” – esclama Ramos, quando varcano la porta principale che dà strada ai vari uffici.

L’uscio viene spalancato dallo stesso Cesar con dei fogli in mano.

“E voi? Sempre tra i piedi, eh?”

“Potremmo dire lo stesso di te” – replica il trentenne, facendosi spazio per passare.

La Jimenez sussulta, cercando di controllare la tensione, e stringe con forza la mano del suo ispettore preferito.

“Va tutto bene, tranquilla” – le sussurra all’orecchio, approfittando dell’ennesimo battibecco tra il figlio del commissario e Gandia per defilarsi e raggiungere quanto prima l’ufficio in questione.

“Che combinate tu e il tuo socio? Continuate a dare scarsi contributi lavorativi?” – punzecchia Cesar, ridacchiando per beffeggiare il trentenne.

È la voce di Santiago, proveniente dalla stanza appena raggiunta, che chiama l’amico e lo invita a raggiungerlo.

“Meglio tacere o rischierei di fare danni” – pensa tra se e se Ramos, e dopo un’occhiataccia al rivale, si allontana da lui.

Gandia, però, è sospettoso. La persona con i due colleghi è vestita come fosse sotto copertura.

Riflette sui casi che Lopez e il ragazzino hanno sotto mano… e la sola ipotesi che salta alla sua mente è il Mariposas.

“Che sia una delle farfalle?” – deciso a capirne di più, sceglie di restare nei paraggi, e rincasare una volta ottenute le risposte in merito alla faccenda.

Intanto, tutti e tre in ufficio, danno il via al momento Identikit.

Bogotà chiude la porta dopo aver sbirciato, rapidamente, che nessuno passasse di lì o potesse sbirciare. Conoscendo le invadenze di Cesar Gandia, meglio evitare.

Posta una sedia di fianco alla scrivania, chiede ad una agitatissima Agata di accomodarsi .

Ramos accende il computer e fa un rapido log in su un programma specifico, battendo la password sulla tastiera.

“Ecco, ci sono!” – dice Daniel, rivolgendosi alla Jimenez – “Ti senti pronta?”

Santiago guarda la gitana annuire e lasciare la sua mano. Quella faccenda deve combatterla da sola e venirne fuori con le sue sole forze.

Le ore seguenti sono un richiamo ai vecchi ricordi, ad una frustrazione che domina e la divora, un susseguirsi di immagini visive che piombano nella sua mente e le rammentano la vita di merda condotta ingiustamente.

Flashback si susseguono nella sua memoria riportandola indietro nel tempo, a quando, chiusa nella stanza assegnatale al Mariposas, accolse il cliente 13, un uomo che ha saputo piegarla alla sua volontà.

*******************

“Bene, bene! Finalmente da soli” – la porta della camera viene sbattuta con forza e la persona alle spalle di Agata manifesta chiare intenzioni su ciò che vuole venga consumato tra quelle mura. Allentandosi il colletto della camicia avanza verso di lei.

Nairobi, nel frattempo, pensa e ripensa alle raccomandazioni del suo Berlino.

“Mantieni la calma. Mantieni la calma” – ripete a se stessa, mentalmente, sobbalzando quando, all’improvviso, sente le mani del cliente adagiarsi con foga sui suoi fianchi.

“Con un fondoschiena così potresti fare grandi cose” – ridacchia poi.

Deglutendo rumorosamente, per la tensione fisica, la Jimenez si frena dal gridargli lo schifo che nutre nei suoi riguardi.

E si limita al silenzio.

Notando scarse reazioni da parte della Mariposa, il cliente 13 vuole, in qualche modo, rompere il ghiaccio.

“Ti ho vista ballare attorno al palo, e muoverti in pista…non sei così rigida. Che ti prende? Non avrai paura di me spero”

“No, no” – replica subito la gitana, non intenzionata a mostrarsi fragile.

Quella sorta di autodifesa la sblocca nel parlare. Con coraggio si volta verso l’uomo e lo scruta in pieno viso.

Gli occhi scuri, penetranti, la barbetta, le guance paffute…tutti dettagli che la sua memoria assorbe e custodisce.

“Allora, mia cara, iniziamo?”

“Iniziamo!”

**********************************

Alcuni dettagli dell’anonimo 13, sembrano essere svanire con il tempo, come ad esempio che avesse molta peluria, o che fosse panzuto, e adesso riappaiono, proprio in fase di Identikit.

“Hai detto che ha le sopracciglia più incurvate?” – chiede Daniel, ascoltando il ritratto del tizio tramite la voce di Nairobi.

“La bocca più piccola, anche se all’epoca era ben coperta dalla barba”

Santiago osserva la compagna, non partecipando al momento; vuole esserci per lei, nonostante la donna si mostrasse desiderosa di affrontare la situazione con le sue sole forze. E così le accarezzando la schiena ogni qualvolta nota in lei dei tratti di agitazione, come la fronte corrugata, gli occhi spalancati, la bocca tremante…tutto ciò che segnala quanto quei ricordi facessero male.

Improvvisamente la Jimenez rammenta di quel dettaglio improvviso, fattosi strada nella sua mente come un fulmine a ciel sereno.

“Ha una sorta di voglia sul… ecco lì…precisamente…”

“Una voglia?” – chiede Ramos, domandandole poi di che tipo.

“Sembrava una sorta di…non saprei…di…di fragola”

La risata alquanto bizzarra del trentenne segue quel momento e sdrammatizza il tutto.

“Idiota, che cazzo trovi di tanto divertente” – sbotta la donna, tornando, per quei secondi, ad indossare i panni dell’aggressiva Nairobi.

“Nulla, perdonami. Quindi hai detto che aveva questo segno distintivo sulla guancia sinistra!?”

“Esatto”

Procedendo nell’identikit, la persona che Agata disegna verbalmente riesce in un’ardua impresa: quella di ammutolire il giovane ispettore.

“Cazzo” – esclama poi, chiamando a sé Santiago, posto distante dal monitor.

Lopez, stupito, si avvicina al collega, potendo scrutare nel dettaglio l’immagine, ormai prossima al completamento.

“Porca puttana, ma è uno scherzo?!” – ed impallidisce.

“Che succede?” – si preoccupa la gitana, non comprendendo le stranezze dei complici.

Il quarantaduenne sposta gli occhi sulla mora e manifesta uno shock innegabile ed inevitabile.

“Sei certa che questi ricordi non siano stati distorti?” – le domanda, esterrefatto.

“Certo che non ho distorto nulla Mi state prendendo per pazza?” – esplode lei, mettendosi in piedi.

“No, amore mio, assolutamente no. E’ che…”

“E’ che…cosa? Che diamine avete visto di tanto sconvolgente?”

“Guarda tu stessa!” – stampato il lavoro finale, è proprio Santiago a porle il foglio.

Quel pezzo di carta, ceduto tra le mani di Agata, cade, in un battibaleno, sul pavimento, lasciando Nairobi con lo sguardo fisso sul suo uomo, mentre le lacrime tornano a sgorgare rammentandole dell’ennesima beffa del destino.

“Ecco…adesso hai capito la ragione del nostro shock”
“Non può essere. Io non mi sbaglio su queste cose” - ripete lei.

“E invece stavolta sì” - ribadisce Ramos, piuttosto deluso e infastidito nell’aver creduto di aver vinto la guerra contro il nemico.

“Ma…ma…”
“Niente ma, Nairobi. Abbiamo perso tempo prezioso… hai appena realizzato l’Identikit di Santiago”

****************************

“Wow, è stata la scopata più bella della mia vita. E brava la zingarella! Mi porteresti una birra adesso?”

Esclama soddisfatto il cliente 13, dopo aver trascorso la notte a letto con Nairobi.

La gitana, mettendosi in piedi, avvolta da un lenzuolo bianco, oltraggiata nel cuore e nel corpo, si incammina verso il frigobar, posto nell’ala di fianco a quella matrimoniale della suite.

E’ allora che lascia via la fragilità e le paure di una ventitreenne scappata da una triste realtà di vita, per indossare i panni di mangiauomini. Dopo quanto vissuto, cosciente di aver saputo fingere di essere una persona diversa, per difendersi, opta per accogliere tale personalità dentro di se fino alla fine dei suoi giorni. Non esiste migliore maniera per tutelarsi se non quella di mostrarsi differente da ciò che per natura si è.

Preso da bere, si riavvicina al tipo, il quale, è intento a rivestirsi.

“Ecco a te” – dice, porgendogli la bottiglia – “Che fai? Sei di fretta adesso?”

“Mi ha cercato mia moglie. Meglio andare, o si insospettirà”

“Beh…io vado a fare una doccia”

A quel punto, Agata scompare e viene sostituita da Nairobi che, audacemente, con una voce non sua, ma di una corazza appena costruitasi, gli propone – “Vieni con me? Trova una banale scusa con la tua compagna e…”

Ridacchiando soddisfatto, il tipo si mostra piacevolmente colpito dall’idea, però si vede costretto a rifiutare.

“Avremo modo di recuperare. Vedrai” – si fionda sul suo collo, concludendo il tutto con una palpata fin troppo aggressiva al sedere di lei.

“Ok. Buon rientro…” – dopo un veloce occhiolino, la gitana, fa per allontanarsi, ma non prima di avergli domandato – “Potrei sapere il tuo nome…o, non so, magari il tuo cognome. Odio scopare con persone associate a dei numeri”

“Beh…non hai tutti i torti. Diciamo che puoi chiamarmi Lopez. Questo basterà”

*****************************************

“Diceva di chiamarsi Lopez! Ve lo giuro. Non mi sto confondendo né inventando nulla”
“Dai, Agata. Ammetti che l’agitazione ti ha fottuta per bene e chiudiamola qui”-  insiste Daniel.

“Vi dico di no. Cazzo, ci sarà una spiegazione! Magari si assomigliano molto”

“Ma sono identici! Non è che semplicemente si assomigliano… sono la stessa persona, capisci?”

Santiago, nel frattempo, rimasto in silenzio, per conto suo, ha una strana sensazione.

Qualcosa sembra non tornargli.

Gli occhi fissano il disegno con insistenza, come a voler trovare chiarimenti a quanto appena accaduto.

Che sia frutto delle tensioni interne che la Jimenez sta vivendo o davvero esiste qualcuno identico a Santiago Lopez che potrebbe essere il presunto cliente 13?

“Bogotà! Ascoltami, almeno tu…non sono una folle. Vi sto dicendo quanto i miei ricordi hanno custodito per anni”
“E allora, come mai non hai mostrato segni di shock quando l’hai conosciuto per la prima volta?”

“Non l’ho associato a quel tizio. Ma mettendo insieme i pezzi, il risultato è stato questo”
“Mah…io non la capisco più!” – commenta il trentenne, con le mani tra i capelli, rivolgendosi poi al socio – “Che si fa?”

“Come la spiegate la voglia sul viso?” – insiste Nairobi.

“Hai detto la voglia sul viso?” – è allora che l’ispettore maggiore scruta il particolare tralasciato.

“Beh la spiego magari come ennesimo sbaglio della memoria. Forse quel tipo aveva davvero una voglia che tu, però, hai identificato sulla faccia sbagliata”
“No” – esplode Lopez, sorpreso dal fatto – “Io ne ho una identica sulla schiena”

Segue qualche attimo di silenzio.

Silenzio rotto subito dopo dall’ennesima giustificazione di Ramos, ormai sempre più convinto della poca lucidità della loro testimone numero uno.

“Ecco che tutto torna: allora, hai visto quella voglia di Santiago e l’hai immaginata sulla sua faccia. Semplice, no?”

Amareggiata dalla scarsa fiducia nei suoi confronti, Nairobi si chiude nel silenzio.

Non ha intenzione di discutere ancora e ancora con chi crede di avere la verità in tasca.

Perfino il suo Bogotà si è mostrato dubbioso. E sapere che chi ami non confida in te, fa male.

Usciti dal Commissariato, con la stessa discrezione con cui vi misero piede, salgono a bordo della vettura, diretti a casa.

Un tragitto di puro e scomodo silenzio.

Nel frattempo…

“Allora? Gandia, cosa hai scoperto?”

“Gli stronzi se ne sono appena andati. Hanno chiuso l’ufficio, però ho delle chiavi di riserva.”
“Ottimo!”

Cesar scruta la zona, setaccia ogni cassetto, materiali del pc, fino ad imbattersi nella spazzatura.

Anche quella è vuota.

“Avranno sicuramente lavorato per la questione del Mariposas. Non capisco in che modo”

“Beh allora vedi di capirlo. Non vorrei che la donna incappucciata fosse Tokyo o Nairobi. Potrebbero parlare”

“Bisogna riportarle al night club quanto prima, signore. E forse un modo per farlo esiste e si chiama…maternità”

“Se ti riferisci ad Axel, quel bambino è lontano da qui. sono anni che vive in Portogallo”
“Andrò a prenderlo io. Dirò che serve il suo contributo per una missione di estrema delicatezza!”
“Gandia, complimenti. Se questa storia terminerà nel migliore dei modi, verrai premiato profumatamente”
“E’ un piacere servirla signor Dalì! Adesso mi metterò in viaggio per Lisbona. Datemi i contatti del piccolo Axel. A breve, vedrete, Nairobi tornerà al Mariposas con le sue stesse gambe…e con lei anche la ribelle Tokyo!”

   
 
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