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Autore: breezeblock    30/06/2022    4 recensioni
Spera di riuscire a comunicargli tutto questo magma informe di sentimenti anche senza parlare, d’altronde non è mai stato il loro forte. Guardandosi negli occhi, le mani si incontrano spontaneamente sul marmo freddo, i frammenti di normalità di Hermione riacquistano significato nella semplicità insita in quel gesto, puro e semplice, di un mondo che sembra stare in piedi anche senza il suo aiuto. Le dita si inseguono lungo ossa ancora inesplorate, limiti non ancora superati che chiedono solo di essere azzerati, ma non lì, e non stanotte.
Genere: Angst, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger | Coppie: Draco/Hermione
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da Epilogo alternativo
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D’inchiostro il rossetto
ever since I was a child with you
 
 
 
Tra rossetto e inchiostro, Hermione preferirebbe senz’altro quest’ultimo. Draco lo ha capito standole seduto accanto durante le lezioni di Alchimia il giovedì pomeriggio, uno dei pochi corsi in comune al loro ultimo anno, uno dei pochissimi frequentati solo dagli studenti più capaci, o forse più masochisti. Nessuno dei due ha mai saputo discernere la differenza. I banchi erano già pochi in partenza, colpa della scarsa popolarità del corso, e gli studenti che hanno deciso di iscriversi sono talmente spaventati dell’una e dell’altro che gli hanno lasciato gli unici due posti vuoti in fondo all’aula. 
Hermione fa paura anche a lui, da sempre, ma non lo ammetterebbe neanche sotto tortura. Tuttavia si è ormai arreso alla sua grandezza, perché la guerra lo ha lasciato senza parole, e non aveva altro da fare che gettare bacchette e coltelli ai suoi piedi. 
Il pavimento del Manor è stato ripulito dal suo sangue ma le grida echeggiano ancora per tutta la casa, la Granger ha infestato la sua stanza e adesso assale il suo banco con i gomiti spigolosi e a lui non rimane che un angolino in cui farsi piccolo sperando che nessuno – che lei – non lo noti e che il resto dell’anno possa procedere senza che lui partecipi alla vita. 
Non la faceva tipa da Alchimia, ma probabilmente molte cose cambiano quando si corre il rischio di perdere tutto ciò a cui tieni; grazie a voci di corridoio ha appreso che pur di non vedere i suoi genitori morire ha cancellato loro qualsiasi ricordo di lei. Gli è venuta la pelle d’oca. Draco non lo avrebbe mai fatto, o forse avrebbe cancellato persino la sua di memoria, e mentirebbe se dicesse che non ci ha pensato una volta o due. 
La curiosità lo sta divorando vivo, si sente come se un topo gli stesse rosicchiando le viscere a poco a poco, vorrebbe chiederle che fine hanno fatto, che fine ha fatto lei. Non ci vuole uno psicomago per capire che ha qualcosa che non va, gli spettri negli occhi gli raccontano di segreti che forse lei vorrebbe rimanessero tali e invece le sgorgano al di fuori come l’inchiostro che scorre sul tavolo e gli macchia la camicia. “Accidenti, non me ne sono accorta, mi dispiace”, gli dice con voce flebile, e lui gli risponde sempre la stessa cosa, che non fa niente, che si laverà via. 
L’acqua lava via ogni cosa, lenisce ogni ferita. Per questo Draco trova sempre più piacevole lasciarsi cullare nell’acqua della vasca da bagno dei prefetti, o in quelle più profonde e decisamente meno amichevoli del Lago Nero, sentire le gocce d’acqua che scivolano lungo il suo corpo, giovane ma stanco - come se di anni ne avesse vissuti cento - gli da una sensazione piacevole, come se qualsiasi cosa potesse essere lasciata indietro, anche le cose più brutte. È un pensiero ingenuo se ci si sofferma per più di cinque minuti, ma ci sono giorni più ottimisti in cui ritiene che un pizzico di ingenuità gli spetti, che questa – se ci sia mai qualcosa di importante nella nebulosa palla di cristallo del suo passato – sia una cosa che valga la pena riprendersi, che possa essere esercitata ancora. È questione di abitudine, ripete a sé stesso sempre nei giorni positivi, solitamente in quelli pari e quando ha Alchimia il giovedì pomeriggio e sa che siederà accanto alla Granger. 
Il pensiero positivo va allenato, è molto più semplice lasciare tutto così com’è e lui non ha mai mosso un dito per la sua vita, non ha mai tifato per sé stesso; quindi, potrebbe iniziare a sforzarsi un pizzico di più e ammettere, ad esempio, che lei ha un buon profumo. Dirlo no, sarebbe troppo, pensandoci bene sarebbe meglio cominciare con l’iscriversi nuovamente a Quidditch.  
 

Non sa ancora se la sua vicinanza la disturbi, lui forse ne sarebbe disturbato, essendo conscio di ciò che hanno passato; i pochi momenti vissuti insieme respirando la stessa aria stantia, la stessa vita grigia e senza futuro, sono come dei binari sovrappostisi a un certo punto della loro esistenza, normalmente due linee parallele serpeggianti che se mai si siano toccate prima della fine del mondo è stato solo per darsi la spinta e allontanarsi nella direzione opposta. 
Non c’è mai stato niente in lei ad attrarlo, niente in lui ad attrarre lei, solo un tiro alla fune continuo, uno spasmodico, malsano, desiderio di primeggiare uno sull’altra in un’aula di scuola. Il suo più grande rimpianto, potesse ripescarlo dal sacchetto di rune antiche, sarebbe solo di essersi distratto così tanto con gli affari dei Mangiamorte al sesto anno da aver fatto crollare a picco la sua media, ed essersi ritrovato – ancora una volta - eterno secondo dietro a una che fino a poco tempo fa credeva indegna di studiare la magia. Draco non sa quando ha smesso di pensarLa in questo modo, forse ancora prima di vederla sdraiata sul pavimento del suo soggiorno. Se lo chiede spesso, da quel giovedì pomeriggio in cui la Granger gli ha finalmente rivolto parole diverse dalle solite “mi dispiace per l’inchiostro”: sarà sempre più coraggiosa di lui, e questa è forse l’unica cosa in cui Draco preferisce rimanere secondo.
Lo ha ringraziato per averli coperti quel giorno a Malfoy Manor, per aver mentito a sua zia e quindi a Voldemort, per aver salvato Harry in quel frangente. Mentre parlava, l’unica cosa che gli è fulminata in testa in quell’istante è stato il ricordo di lei stesa sul pavimento a pagare le conseguenze delle sue bugie. “Non l’ho fatto solo per lui” le ha risposto in un sussurro, non è riuscito a guardarla negli occhi ma la voce non ha tremato e quindi è stata pur sempre una vittoria. 
“E comunque non è servito a molto”, ha concluso poi, sfruttando il rintocco dell’orologio che segnava la fine della lezione per alzarsi e quindi eludere la prossima domanda – era sicuro la Granger ne avesse sempre almeno un paio – riguardo a ciò che Draco non riesce ancora a pronunciare.
Hermione è il risultato di un incantesimo che non ha ancora una formula nella sua testa, solo immagini fulminee di sofferenza che frantumano gli specchi in cui è riflesso il suo volto stanco. È diventato così bravo ad occludere la sua mente al mondo esterno, che ha dimenticato la combinazione per aprirsi a sé stesso.
 
Hermione sta temporeggiando. È la prima volta che non ha nulla da fare se non condurre un’esistenza più o meno normale tra i corridoi di scuola –l’ultimo anno. Temporeggia prima di addormentarsi, prima di andare a cena, prima di fare colazione, prima di varcare la soglia di casa di Hagrid, anche se ormai totalmente ricostruita lei vede ancora la cenere sotto alle scarpe e le viene istintivo toglierle prima di varcare il quadro del suo dormitorio. Per non sporcare, si dice, ma forse è più per non farsi sentire dal resto della Casa. 
La guardano tutti come se gli dovessero la vita, ma Harry è sempre più bravo a farsi carico di ringraziamenti, lei di tutta questa gratitudine non sa che farsene, le si appiccia addosso come un vestito bagnato e non riesce a toglierlo. Questa sensazione sparisce solo quando è ad Alchimia, forse perché Malfoy non la guarda nemmeno e il suo volto è sempre indecifrabile, ma scommetterebbe mille galeoni che la gratitudine non fa per lui. A lei va benissimo così, lui è quel briciolo di normalità che la fa sentire a casa, poi se ci fossero i battibecchi sarebbe davvero perfetto e potrebbe anche non pensare continuamente a cancellarsi la memoria e fuggire di lì. 
Per la prima volta da quando è a Hogwarts, si sente fuori posto, come se fosse effettivamente sbagliata la sua presenza lì, e ancora più strano è che la sua vicinanza a Malfoy il giovedì pomeriggio non acuisce questa sensazione, al contrario, la assopisce per qualche ora. 
Non sa spiegarsi il perché e lei che cerca sempre una risposta a tutto per la prima volta non la vuole trovare. Non c’è fretta stavolta, può anche scartare il pacco con calma, unire i pezzi del puzzle uno alla volta senza l’ansia di finire prima di qualcuno. Non c’è nessuna gara a cui partecipare, nessun progetto scolastico in cui competere, nessuna partita di Quidditch da osservare con finto interesse, niente di niente. 
E anche adesso, Hermione non ha fretta, ma comincia a fare tardi alle lezioni, a saltare qualche pasto e a palesarsi in ritardo agli appuntamenti del Lumaclub. Mentirebbe a sé stessa se non ammettesse che le importa sempre meno essere una strega. Sarebbe così brutto tornare a condurre una vita normale? Sarebbe così sbagliato tornare alle origini, respirare senza la continua paura di far esplodere qualcosa dalla rabbia? Sarebbe così bello agire indisturbati senza ferire nessuno nel mentre, senza cancellare i ricordi alle persone che ama e convincersi sia per il loro bene, maneggiare coltelli solo per cucinare. 
Draco ha l’aria stanca, chissà a cosa pensa, e chissà perché le importa così tanto. La verità è che pensare a come stia lui le fa smettere per un momento di pensare a come fare – seriamente – a tornare a una vita babbana.


“Sarebbe così sbagliato?” il pensiero le è sfuggito, ha preso la consistenza delle parole. Malfoy le dava le spalle in cerca di un volume per il compito di Divinazione. 
“Cosa?” le ha chiesto, ancora girato verso gli scaffali.
“Oh, niente di importante”, solo desiderare di sparire.
“Anche la cosa più insignificante diventa fastidiosamente importante con te” le ha risposto, e anche se aveva l’aria di essere più una sottile offesa che un complimento, c’era comunque spazio per un fraintendimento e nel dubbio lei è arrossita così tanto che la macchia d’inchiostro sul naso sembrava essersi dissolta del tutto. 
A quel punto Malfoy si è voltato con la sua conquista da 500 pagine tra le mani e vedendola di quel colore insolito – dalla fine della guerra il pallore le si era incrostato sul viso – nello spazio per un fraintendimento ha preferito correggere il tiro con un secco “non vuol dire che sia interessante, comunque”, e aveva girato i tacchi verso l’uscita, senza ricordarle fosse sporca d’inchiostro, perché un po’ di sano e immaturo divertimento spettava anche a lui.
Per fortuna qualcosa non era cambiata, per quanto odiosa e malsana. Hermione non aveva trovato reazione più pertinente che sfoggiare una smorfia di sorriso appena accennato, che comunque lui non avrebbe potuto vedere e quindi non è mai realmente successo.
La Grifondoro temporeggia nel suo dormitorio, ponderando se mettersi il rossetto al sapore di ciliegia che Ginny le ha spedito per il compleanno ad inizio semestre. Di sicuro potrebbe dissimulare la poca voglia di vivere che ha con un bel tocco di luminosità in più. A lei non è mai piaciuto il teatro ma impersonerebbe qualsiasi personaggio, pur di togliersi quei panni di dosso che gridano Hermione Granger da ogni fibra di tessuto. 
Rossetto sia, e non c’entra il fatto che è un giovedì.
“Che intendevi l’altro giorno con: non l’ho fatto solo per lui?”
Le mani sporche d’inchiostro gli sfiorano il polso per catturare la sua attenzione, il professor Fittleworth
sta illustrando come creare un fuoco freddo, le guance di Hermione fanno esattamente l’opposto ma è stanca di far finta di niente, vuole, invece, cercare di capire perché mai la sua vicinanza abbia cominciato a fargli questo effetto collaterale. 
“Ti ho già detto che non è servito a niente”, le parole sono dure ma il tono è addolcito da una sfumatura insolita, la voce è più roca, profonda, un’altra cosa che è cambiata nel tempo di un’estate e di cui lei si è accorta solo adesso. Si volta verso di lui che ancora non la guarda, dai banchi limitrofi si alzano fiamme bluastre e da questa prospettiva Draco ne sembra completamente avvolto, come facesse parte del fuoco stesso. Hermione osserva il contorno del viso, le forme tondeggianti della giovinezza sono sparite, ne risulta la mascella più squadrata, la camicia, solo da un lato sollevata fino al gomito, lascia intravedere braccia più forti, e così anche le spalle. Il suo corpo ha eliminato tutto ciò che era superfluo, come uno scultore che leviga il marmo e ne estrae la forma – chi era? Ah, si, Michelangelo, Draco conoscerà mai Michelangelo? Potrebbe portarlo in Italia un giorno, farglielo ammirare da vicino – “Granger”
Hermione torna in classe, rifocalizza l’attenzione sul fuoco freddo e poi di nuovo su di lui, che adesso la guarda con un sopracciglio alzato e mezzo sorriso abbozzato – chissà cosa ha tolto di sé per far comparire quell’espressione. 
Lei ha eliminato così tanti frammenti di sé che c’è rimasto solo ciò che non la entusiasma più, quei pezzi di marmo frantumati a terra li rivuole, disperatamente.
“Granger”
“Si?”
“Mi stai fissando, dobbiamo…svolgere l’esercizio” e anche se Draco pensa che potrebbe prenderlo in prestito dalle sue guance non glielo dice, perché tra i due quella coraggiosa è lei, e sfrontata, e arrossita.
“Certo, scusa”.
 
A lezione ultimata, il professore si congratula con i due prefetti per il lavoro svolto, e gli suggerisce di condividere con gli altri studenti i loro appunti per raggiungere un altrettanto risultato ottimale. Hermione si offre di condividerli per prima, Draco è più geloso delle sue cose, ma con un sonoro sbuffo e incoraggiato da una leggera gomitata d’inchiostro, lascia le sue pergamene a disposizione sulla cattedra.
“A me sembra sia servito a qualcosa, il tuo aiuto”, Hermione proprio non ce la fa a lasciar perdere il discorso, lo accosta in corridoio, velocizzando il passo per cercare di non farsi seminare, come sempre succede quando si ha a che fare con una mente inquieta come quella di Malfoy. 
Lui si ferma di scatto e si gira, lei istintivamente indietreggia di qualche passo.
“Hai ancora paura, te lo si legge in faccia, e questo”, indica lo spazio vuoto che c’è fra loro, il fatto stesso che si è scostata al minimo fruscio improvviso del mantello, “ne è una prova”. Non gliel’ha detto per evidenziare chissà quale mancanza da parte sua, quanto piuttosto per affermare un immenso dispiacere che ancora non riesce a trovare lo spazio necessario per uscire fuori sottoforma di scuse. 
Allora Hermione che da sempre ama contraddire chi pensa di aver ragione si avvicina di nuovo, azzerando lo spazio che si è creato, riempiendolo di nuovo delle sue molecole. 
“Non significa niente”.
Quello a fare due, tre, quattro passi indietro adesso è lui.
 

 
Ma due, tre, quattro passi lontani da lei sono inutili. Forse lo sa da un pezzo, ma non aveva mai fatto due più due. La logica vorrebbe che le stia lontano il più possibile e finora si era sempre vantato della sua capacità di rimanere razionale, adesso lo è un po’ meno, con la Granger che sempre sconfina sul suo banco quando prende appunti, tutta raggomitolata sulla pergamena in una posa del tutto innaturale. Non lo avrebbe mai ritenuto possibile; eppure, il suo senso di colpa lavora in modo strano, anziché diminuire, la fame aumenta, suda continuamente, anche fuori dal campo di Quidditch e purtroppo non può più dare colpa alla pubertà. A colazione ha cominciato a sedersi al suo stesso tavolo, a qualche metro di distanza, fingendo che l’ultimo cruciverba della Gazzetta sia infinitamente più interessante del fatto che versi prima il latte nella tazza e solo dopo i cereali. Prima il latte e poi i cereali, inaudito, gli è venuta la pelle d’oca. E addirittura un giorno le ha perfino chiesto aiuto con la diciannove orizzontale, la voce ha tremato un po’ mentre diceva orizzontale ed è arrossito come un tredicenne in piena tempesta ormonale. 
“Gorgosprizzi” ci ha messo due secondi per trovare la parola giusta, lo sguardo un po’ confuso e la bocca piena di cereali, chissà cosa mai avrà pensato, si è chiesto dopo, ma non poteva fare altrimenti, era l’ultima parola che gli mancava e stava per impazzire.
 
Chissà che avrà pensato, si è chiesta lei, rispondere a bocca piena trangugiando cereali. Se non fosse certa di non avere qualche gorgosprizzo insinuato nelle orecchie e in mezzo ai capelli, probabilmente penserebbe di star vaneggiando. Malfoy è davvero difficile da capire, ma cercare di risolvere il suo cruciverba è sempre meglio che provare a puntarsi la bacchetta contro e mangiarsi il fegato per i sensi di colpa, in quest’ordine. 
Ma riesce davvero a farla incazzare. Le parla ma a stento la guarda, e se qualche giorno fa era sollevata di questa assenza di sguardi, pur svuotati di gratitudine, adesso li vuole, sempre senza gratitudine dentro, magari riempiti di qualcos’altro, quel suo sguardo lì, del giovedì scorso, che le ha fatto dimenticare di sparire per un momento e le ha fatto pensare a Michelangelo, la tensione delle mani nella Cappella Sistina, la fronte corrucciata del David. E invece tutto ciò che fa è continuare a non rispondere concretamente alle sue domande e a chiederle se riesce a indovinare la parola nascosta della diciannove orizzontale.
Non ha mai seguito una partita di Quidditch con tanto, vero interesse.


 
Un po’ lo invidia, e non perché sembra che non si debba sforzare neanche un po’ sulla scopa. Lo invidia perché ha sempre avuto le idee chiare. Perché prima di tutto per lui c’è la famiglia, e nient’altro conta quanto la famiglia. L’umiliazione, la vergona, la codardia, il marchio, sono tutte cose che è stato disposto a sopportare pur di non vedere i suoi genitori morti e Dio sa quanto forse se lo meritassero. 
Questo lo sa anche lui, Hermione lo ha capito tramite voci di corridoio che le hanno sussurrato che ci sono alcuni mercoledì notte in cui Malfoy torna alla sua Sala Comune con i piedi che non riescono ad alzarsi da terra, qualche osso fratturato e un occhio nero. Gli studenti che lo accerchiano aspettano il calare della sera e i corridoi vuoti durante il suo turno di ronda per vendicarsi di ciò che suo padre ha fatto alle persone che hanno perso. Lui non parla mai, non si difende, incassa i colpi perché pensa che sia giusto, dicono le voci, ed Hermione non riesce a credere alle sue orecchie. 
Quindi, di mercoledì, decide di scambiare il suo turno con un altro Prefetto, e lo incontra al tramonto al primo piano.
“Granger”, il tono sorpreso, le rughe d’espressione lasciano spazio alla sorpresa. Un altro pezzo di marmo che cade giù.
Non parlano delle voci di corridoio che lei ha finalmente intercettato, non parlano di niente per la prima ora di guardia. Se non fossero i corridoi di Hogwarts, sembrerebbero dei ragazzi normali che passeggiano in un chiostro al chiaro di luna. Hermione ha preferito tenere i capelli raccolti in uno chignon, indossa una felpa della Champions molto più vecchia di lei, recuperata dall’armadio dei suoi genitori prima di lasciarli, e un paio di jeans. Il motivo per cui lui non indossa la divisa è forse più comprensibile, l’immagine del suo sangue mescolatosi all’acqua schizzata via dai rubinetti le passa nella mente alla velocità di un fulmine. 
Il suo maglione struscia casualmente con la maglietta della squadra dei Serpeverde, il numero 7 stampato dietro alla schiena. Il marchio completamente visibile le suggerisce che questa sera era certo di rimanere da solo.
Non lo aveva notato con la divisa addosso, vedendolo in maglietta Hermione realizza che ha i capelli più lunghi del solito, gli arrivano quasi alle spalle e sono più ondulati di quanto ricordasse. 
“A volte penso che sarei dovuta restare con loro”, Hermione è sempre la prima a parlare, riuscirà mai Draco a ingoiare questo groppo in gola e agire a discapito di testa, muscoli e sangue? 
“Che intendi?”
“Ti viene mai voglia di tornare indietro nel tempo? Anzi, cancellare il tempo, azzerarlo, e fare le cose diversamente?”
“Ci penso continuamente”, di nuovo la voce tremante, nel frattempo i corpi si sono fatti istintivamente più vicini.
“Tu hai fatto ciò che ritenevi giusto per la tua famiglia”
“A quanto ne so, anche tu hai fatto ciò che ritenevi giusto”
“Io li ho abbandonati, tu sei sempre rimasto con loro. C’è una differenza”.
“Eppure non riesco nemmeno a guardarli in faccia”.
Guarda me, comincia con me, gli direbbe, se fosse un po’ più un’altra persona e non la ragazza frantumata che gli cammina accanto con gambe tremanti. 
“Se io li guardassi, loro non sarebbero nemmeno in grado di riconoscermi”.
“Sarebbe solo colpa dell’inchiostro che riesci a spalmarti anche in faccia quando scrivi”.
Segue un attimo di silenzio in cui Draco realizza di aver fatto una battuta indelicata, e impallidisce immediatamente, si ferma nel bel mezzo del Corridoio del terzo piano e istintivamente le poggia una mano sulla spalla. Lei non ha ancora detto niente, ha gli occhi parzialmente lucidi però, e continua a fissarlo con la bocca socchiusa. Da una rapida e imbarazzata occhiata alla mano ancorata alla sua spalla, poi torna a fissare le scarpe, i loro piedi l’uno di fronte all’altro. E all’improvviso scoppia a ridere.
“Hermione, mi dispiace, davvero, non so cosa dire, sono un’idiota non intendevo dire che…”
Ma Hermione continua a ridere di una risata imbarazzata, incespicante sulle sue stesse lacrime e sul suo nome che ha avuto finalmente il coraggio di pronunciare. Draco allora la prende per entrambe le spalle, ma lei non smette ancora e quindi le prende il viso tra le mani e lei lo afferra per le braccia. Lui allora fa per allontanarsi, interpretando quel gesto come un’intimazione a rientrare dentro i confini prestabiliti, ma lei non fa nulla per confermare questa teoria, continua a tenerlo dalle braccia e lentamente torna a respirare. 
“Sono un’idiota, scusami, per tutto” continua a ripetere, fino a che lei non scuote lievemente il capo e le sue guance si infiammano alla consapevolezza che le sue mani sono ancora sul suo viso e che questa è la prima volta che si toccano veramente da quando si conoscono. È una sensazione strana, uno non crede di averne bisogno fino a che non succede e allora ci si sente come se lo si stesse aspettando da sempre, come se lo si avesse sempre voluto, una memoria muscolare fantasma che acquista corporeità solo nel movimento l'uno verso l'altra. 
Il suo respiro le si abbatte sulle labbra, le sue dita si muovono avanti e indietro per asciugare le lacrime come se anche quel gesto fosse sempre stata una cosa naturale tra loro. Innaturale il fatto che non fosse ancora successo. 
“Non è niente, è che mi hai fatto piangere dal ridere”, il suo sarcasmo barcolla un po’ ma sembra genuinamente tutto fuorché offesa. Draco respira profondamente, le braccia ancora strette tra le sue mani come se non fossero mai state più lontane di così, e gli sta bene, non si schioda di un centimetro, è sicuramente il suo senso di colpa che funziona decisamente male. 
“C’è un modo per far tornare le cose come prima?” nel porle questa domanda, Draco si stacca da lei timidamente e così anche le mani di Hermione, scivolano lungo le sue braccia fino a sfiorargli le mani, poi si ritraggono. 
“Come prima?”
“Per far tornare i tuoi…?” 
“Oh, si, ci sarebbe un modo”
“Ma?”
Riprendono a camminare, Hermione gratta via qualche lacrima dagli occhi.
“E se stessero meglio senza di me?”
Draco si ferma di nuovo, non sa cosa dire, si chiede perché mai sia arrivata a pensare una cosa del genere.
“Se...io stessi meglio senza tutto questo?”
“Che intend…oh”. 
Giunti ormai al Reparto Proibito, i due prefetti continuano a guardarsi negli occhi, l’unica porta di accesso al gomitolo di sentimenti mai sciolto, paure mai confessate, pensieri troppo oscuri da confidare a qualcuno, ma fin troppo pericolosi da maneggiare in solitudine. 
Hermione si siede su un tavolo del Reparto che affaccia alla finestra, lui invece si appoggia proprio sulla vetrata, poco più lontano dal tavolo. 
“Hai solo bisogno di una pausa, sono perennemente stanco anche io”.
“È qualcosa di più, io…non mi sono mai sentita così”.
“La magia è parte di te Granger, non è un interruttore che puoi spegnere o un organo che puoi asportare. E anche se potessi, sarebbe innaturale, e... un terribile spreco” Draco pronuncia quest’ultima frase con estrema cautela, come se la ragazza davanti a lui potesse rompersi, come se lui potesse scottarsi solo pronunciando queste parole ad alta voce.
“Credevo che tra tutti saresti stato l’unico ad incoraggiarmi a farlo” Hermione sorride sardonica, lui ridacchia di rimando, scuote la testa e si gratta la nuca impacciato.
“Sarebbe ancora più stupido negare l’evidenza, credo”.
 È diventato più facile guardarla senza il timore di sgretolarsi, lei lo ricambia con così tanto non detto che la distanza tra loro è solo perché ci sono davvero troppe cose nel mezzo, e devono farsi strada con l’accetta per tagliare tutto ciò che non serve.
Hermione scivola via dal tavolo e atterra con entrambi i piedi sul pavimento, facendo un rumore netto, deciso, come si muovono adesso le sue gambe verso di lui.
“Ci vuole solo un po’ di riposo e poi vedrai che starai meglio...” Draco sente di dover riempire il silenzio con delle frasi di circostanza, è talmente imbarazzato che si spalma sulla finestra e spera che questa non si apra all’improvviso altrimenti addio al pensiero positivo. Lei continua imperterrita ad azzerare lo spazio che li separa, fino a che non gli sta davanti, appoggiata con una spalla alla vetrata. Fuori l’aria è fredda, gli spifferi gelati si insinuano sotto i vestiti e i loro respiri caldi appannano i vetri. 
“Staremo meglio” conclude poi schiarendosi la gola asciutta.
“Che intendevi l’altro giorno con non l’ho fatto solo per lui?” 
Draco fa un respiro profondo che si espande sul vetro appena dietro al lobo sinistro di Hermione. È davvero impossibile tenersi le cose per sé con Hermione, se non invade qualsiasi cosa, ogni fibra del tuo essere fino a che non conosce ogni angolo di te a memoria non è soddisfatta. Sarebbe stata una Serpeverde magnifica, è sul punto di dirglielo ma vince il buonsenso. 
“Hai sofferto lo stesso, mi pare, quindi non è servito a niente cercare di proteggerti”.
“Perché volevi proteggere me?” Hermione gli pone queste domande come se già sapesse la risposta, non c’è tono interrogativo nella sua voce ridotta solo a un sussurro profondo.
“Diciamo che” si schiarisce la gola, ancora, “Voldemort aveva dei progetti particolari in serbo per te, se ti avessimo catturata”. Hermione sente un brivido intenso correrle lungo la schiena.
“Che tipo di progetti?”, trema.
“Ti serve sapere solo questo e nient’altro. Non ho fatto niente mentre mia zia ti torturava solo perché se lo avessi fatto la tua sorte sarebbe stata infinitamente peggiore dei nostri marchi messi insieme”. 
“Ma anche il mio non fare niente non ha reso le cose più facili, e so che non mi sono mai comportato in modo esemplare con te ma sentire tutte quelle cose..io..era troppo, non..” 
Draco non la guarda più, l’attenzione si sposta oltre le vetrate appannate, in cerca di un punto in cui focalizzarsi che lo faccia distrarre dalla vicinanza del suo corpo, e dal profumo e dalle mani sporche d’inchiostro e dalla sensazione provata quando erano ferme sulle sue braccia.
Hermione insegue il suo sguardo oltre alla finestra ma non trova nulla che valga la pena osservare, non adesso che sta per posargli una mano sul viso. Draco sussulta per la sorpresa, allora lei fa per allontanarsi, sicura di essere andata oltre ma no, non è affatto andata oltre perché Draco la sta trattenendo, e come un gatto che fa le fusa adesso si accoccola sulla sua mano e comincia a singhiozzare. Hermione è sconvolta, non si aspettava una reazione simile, né il trasporto del tutto fuori luogo e per niente innocente che ne consegue. Ma non riesce a ritrarre la mano, o meglio, non vuole farlo, forse perché ne è incuriosita, il pianto del Serpeverde per quanto struggente passa in secondo piano rispetto ai turbinii del suo stomaco, e al suo respiro accelerato. Incuriosita è la parola giusta, proverebbe a incastrarla da qualche parte nel suo cruciverba, e forse anche intrigata, dal modo in cui la sua bocca mormora scuse l’una aggrovigliata all’altra e al tempo stesso le bacia il palmo della mano, con così tanto trasporto e senso di colpa che ha difficoltà a capire se si stia scusando per la tortura al Malfoy Manor o per quella a cui la sta sottoponendo in questo istante, infinitamente più lenta, più dolce, svuotata di qualsiasi significato malvagio e perverso. 
Le scuse prendono una piega decisamente inaspettata, Hermione cerca di riportarlo al senno chiamandolo per nome, ma forse è poco convinta e quindi poco convincente, perché sembra quasi che lui non la stia proprio ascoltando, i singhiozzi sono diventati sospiri, intervallati da quello che quasi sembrava un gemito quando l’ha sentita chiamarlo per nome. Lui è già troppo lontano perché possa fermarsi, i baci sono scesi sull’avanbraccio e poi – inginocchiatosi – le mani sono arrivate ai suoi fianchi e hanno sollevato il maglione infeltrito. Perdonami, perdonami, continua a implorarla lui, ma l’unica cosa che Hermione non gli perdonerebbe in questo momento è se si fermasse. I baci inumiditi dalle lacrime le fanno un po’ di solletico sull’addome, le mani di Draco sono bollenti sulla sua pelle fredda e forse è semplicemente questo – una reazione chimica generata da squilibri – a provocarle questi brividi così intensi dietro la schiena, dietro le ginocchia e sul collo, si, sarà senz’altro questo.
Purtroppo, non ha il tempo di confermare né di confutare la sua teoria, perché l’assalto è bruscamente interrotto dallo stesso carnefice. Draco la guarda dal basso, Hermione ha la testa abbandonata sulla vetrata, le unghie conficcate sulle sue spalle – ha appena scoperto che gli piace da morire – e gli occhi chiusi. Solo adesso si rende conto pienamente di ciò che è successo, ed è infinitamente frustrante realizzare che la tua mente ferma qualsiasi pessimo, ottimo proposito e ti riporta indietro come un elastico ben allungato lasciato andare al culmine della tensione. 
“Oh mio…mi dispiace, non so davvero che mi sia preso io… perdonami, tu...mi hai confidato una cosa così importante e io sono davvero orribile” Draco si tira su e si sistema la maglietta con fare nervoso, poi si tocca i capelli arruffati e con una mano appoggiata alla vita si gratta la nuca con l’altra, più confuso che mai.
“C...cosa? Aspetta, io...”
“Dovremmo finire il giro”
“Draco…vuoi fermarti un secondo?” 
Ma il ragazzo è già schizzato via dal Reparto proibito e si incammina al quinto piano a passi svelti. Lei non può far altro che seguirlo.
 
 
“Ti ringrazio per aver fatto il turno con me. So perché lo hai fatto, anche se non ho idea di come abbia fatto a scoprirlo”, Draco rompe di nuovo il ghiaccio, la luna splende altissima nel cielo, le stelle puntini di sospensione nei i loro silenzi. 
“Hogwarts non parla mai sottovoce” gli risponde con naturalezza, le mani nelle tasche sul retro dei jeans e lo sguardo vago. 
“Sarebbe meglio andare, o altrimenti gli unici a infrangere le regole questa sera saremmo noi” Draco mette le mani nelle tasche morbide della tuta di Quidditch e stringe le dita nervosamente, nascoste dentro il tessuto.
È sul punto di voltarsi cautamente, prendere le scale dirette al suo dormitorio e chiudere la storia qui ma la Granger sembra di diverso avviso, appena lui si volta la sua voce gli impedisce di fare due, tre, quattro passi via da lì.
“Mettiamo caso che ti stia riferendo a ciò che è successo prima…”
“Mi stavo decisamente riferendo a ciò che è successo prima”, ribatte immediatamente lui. Con “regole da non infrangere” intende quelle sottoscritte implicitamente – firmate anche con molto sangue da entrambe le parti – fin dal primo anno di scuola, quelle che urlano a gran voce quanto questo sia sbagliato, decisamente inappropriato e – strano? – no, strano non lo è stato, ora che ripensa alle mani e alla bocca sul suo addome e sulle braccia, spera solo di non averla infastidita con i calli sui palmi causati dall’eccessivo volare sulla scopa. 
Hermione si siede su una panchina poco lontano, costringendolo a ripercorrere i suoi passi al contrario, due calamite. Non è stato nemmeno sbagliato, perché la sensazione nel toccarla non era estranea, ma già adeguatamente compresa, sviscerata dalle mille fantasticherie che aveva inscenato nella sua testa. 
“Non parleremo di ciò che è successo se non vuoi farlo”
Draco sposta lo sguardo dalle stelle a lei e non trova alcuna differenza significativa. Lo spazio per i silenzi comincia ad assottigliarsi.
Hermione non ha dimenticato ciò che gli ha detto qualche ora fa, per tutto il tempo passato senza parlare non ha fatto altro che ripetere le sue parole nella mente, per cercare di capire se potesse esserci qualcosa che le è sfuggito, di questa equazione contorta e sconclusionata che è Draco Malfoy.
Il desiderio di abbandonare la magia è meno prepotente di prima, la sensazione di annegare, di non riuscire a respirare a pieni polmoni è meno costrittiva; per tutto quel tempo le era sembrato di vagare per i corridoi di scuola con un corsetto strettissimo che l’avviluppava senza speranza di riprendere fiato. Draco, sicuramente senza neanche volerlo – che non lo voglia non è più tanto sicura – ha strappato il corsetto a colpi di baci ben assestati – “assetati” entrerebbe nelle caselle anche senza una lettera? – come se già conoscesse a menadito la combinazione per far saltare tutti i bottoni e rompere i fili. 
Spera di riuscire a comunicargli tutto questo magma informe di sentimenti anche senza parlare, d’altronde non è mai stato il loro forte. Guardandosi negli occhi, le mani si incontrano spontaneamente sul marmo freddo della panchina, i frammenti di normalità di Hermione riacquistano significato nella semplicità insita in quel gesto, puro e semplice, di un mondo che sembra stare in piedi anche senza il suo aiuto. Le dita si inseguono lungo ossa ancora inesplorate, limiti non ancora superati che chiedono solo di essere azzerati, ma non lì, e non stanotte. 
“Hai piani per questo Natale?” le chiede lui, emergendo dal regno delle fantasticherie pericolose con una domanda del tutto fuori contesto. Hermione sorride lievemente, accogliendo la sua richiesta silenziosa di parlare di qualcosa che non sia così importante come ciò che gli occhi gli stavano comunicando. 
“Credo che mi riposerò un po’, ho bisogno di una pausa lontana da tutto questo, seguo un consiglio”. Draco fa una smorfia compiaciuta, seguita repentina da una preoccupata.
“Non hai intenzione di stare per sempre lontana vero?”
“Beh, il mio acerrimo nemico in Pozioni e Difesa Contro le Arti Oscure mi ha detto che sarebbe un terribile spreco se lo facessi; perciò… penso sia più saggio continuare a dargli filo da torcere in classe”.
“Che divertimento sarebbe se concorressi a sette NEWT da solo?” 
“Sette? Allora io mi annoierò sicuramente nei due esami NEWT in cui non ci sarai”
“Nove? Concorri per nove NEWT?!” l’espressione stupita di Draco è forse una delle più genuine e sane che Hermione gli abbia mai visto fare in sette anni sui banchi, ed è così buffa che scoppia in una sonora risata.
“Sei fastidiosamente brillante, peccato che non sai come mangiare latte e cereali nel modo giusto, altrimenti saresti davvero perfetta
“Cosa? C’è un modo corretto di mangiare cereali?” ride e le guance avvampano immediatamente al ricordo delle mattine passate a fare colazione insieme, da soli, al tavolo dei Corvonero, diventato una via di mezzo in cui ritrovarsi senza prendersi a colpi di bacchetta.
“Granger, versi prima il latte nella tazza e solo dopo metti i cereali, lo sapevo che c’era qualcosa di veramente sbagliato in te”.
C’è qualcosa di semplicemente normale che aleggia tra loro, mentre discutono del corretto modo di mangiare una tazza di latte e cereali, seduti su una panchina a notte fonda. Hermione si era dimenticata di quanti momenti babbani potessero coesistere insieme ad altri meno normali, solitamente più pericolosi ma altrettanto avvincenti. Sono due parti di lei, legati indissolubilmente dal sottile filo invisibile che è l’amore di sé, momentaneamente perso nell’ammasso intricato di conseguenze post-belliche. Ed è assurdo, forse inappropriato, ma non sbagliato e nemmeno strano, che abbia ripescato quel filo anche grazie a Malfoy, che per tutto questo tempo speso a cercare di raccapezzarsi tra i diversi frammenti di specchio dinnanzi a sé, ha sempre resistito alle sue piogge d’inchiostro.  
Grazie, pensa ma non lo dice, si appoggia alla sua spalla, anche questo un movimento involontario di muscoli risvegliati e riconosciutisi. 
“Tu che farai?”
Draco fa un respiro profondo e lo trattiene per un momento, prima di rilasciarlo e modellarsi seguendo le forme di lei appoggiata alla sua spalla. Prova a tornare in sé, a riconcentrarsi per rispondere in modo sensato.
“Passerò le feste a casa di mia zia Andromeda in Scozia. Vuole ricostruire i rapporti…almeno con me”.
“Com’è la casa?” chiede Hermione un po’ assorta.
“Meno tetra di Malfoy Manor ma con molti più spifferi”, lei sorride, “la spiaggia su cui affaccia è magnifica”.
“Descrivimela”, gli chiede, poi chiude gli occhi.
 
 
Il Natale bussa alle porte a suon di sferzate d’aria gelida mescolata a neve. Le ultime settimane trascorse sono state impegnative, Draco non ricorda l’ultima volta in cui ha dovuto fare un simile sforzo a stare lontano da qualcuno. Hanno deciso di comune accordo di tenere questa cosa – qualunque cosa sia quella che è iniziata molte sere prima – separata dalle questioni scolastiche. Entrambi vedono la cosa un po’ fuori luogo, Hogwarts non è mai stata in alcun modo loro complice, al contrario, ha contribuito a separarli in moltissime occasioni, che hanno solo accresciuto un sentimento d’inadeguatezza in tutti e due. Vivere questa cosa a scuola, avrebbe significato farlo in territorio nemico, contrastati da occhiatacce e sgambetti ovunque. Fin troppi ricordi negativi si sono accumulati qui, e loro – definiti soprattutto da questi ultimi – se provassero a cambiare la loro equazione non troverebbero lo spazio positivo per farlo. 
Perciò rimangono ancora per un po’ Granger e Malfoy, due linee di binari così lontane che potrebbero incontrarsi solo fuori dalla stazione. Ma è comunque davvero troppo difficile, e lui stava quasi per crollare l’altro giorno sugli spalti del campo di Quidditch. Era andato a vedere gli allenamenti dei Grifondoro e dei Tassorosso per scopi competitivi, e ci aveva trovato anche lei, seduta sulla fila più lontana. All’inizio era partito con il piede giusto, rispettando i suoi buoni propositi di starle lontano onde evitare possibili fraintendimenti negli altri spettatori nei paraggi. Si era seduto due file più in basso, davanti a lei, poi una battuta di circostanza tira l’altra – “pensavo non ti interessasse molto il Quidditch” e “lo pensavo anche io” –Hermione era scesa di una fila, sedendosi giusto dietro di lui, le ginocchia gli sfioravano la schiena, una leggera pressione, quasi inesistente, eppure capace di deconcentrarlo del tutto dalla partita. Ci si era letteralmente appoggiato contro, le mani erano subito andate a circondarle le caviglie, quelle di Hermione invece studiavano timidamente i muscoli contratti delle sue spalle, e se non fosse stato per un bolide furfante diretto verso di loro con furia omicida il viso di Draco avrebbe potuto gettarsi all’indietro e sporgersi verso il suo, e avrebbero potuto finalmente…no, non è stato possibile e forse è stato meglio così, rovinare un momento così privato tuffati in mezzo alla folla, investiti dalla piena luce del sole e da un bolide furfante. 
Ce ne sono stati altri di momenti simili, pericolosi, fuggevoli attimi di pura estasi appena respirati, mai completamente vissuti. Ad Alchimia stanno seduti così vicini che le pagine di appunti si mescolano sovrapponendosi l’una sull’altra. Un giorno Blaise gli ha fatto notare fosse pieno di macchie sul mento, sugli zigomi e “hai fatto a botte con la piuma?” lui non ha nemmeno risposto, il ricordo della sua carezza distratta – fatta solo con la scusa di doversi allungare lungo lo scaffale per prendere un libro all’altezza del suo viso– era fin troppo bello e solo suo da riuscire a confidare o macchiare seriamente con qualche scusa raffazzonata.  
Le vacanze di Natale arrivano come un fulmine a ciel sereno, si lanciano uno sguardo colmo di parole, con le dita che nascoste sotto ai mantelli si sfiorano appena, e poi si allontanano l’uno in direzione opposta all’altra nella stazione di King’s Cross. 
 
È il 19 dicembre, in casa di zia Andromeda fa davvero freddo, Draco ha perso il conto delle volte in cui l’ha implorata di cambiare gli infissi alle finestre o di risolvere la questione con qualche incantesimo, ma lei puntualmente lo dimentica, e con un sorriso lo rassicura dicendogli che prima o poi rimetterà tutta la casa in sesto, con Teddy tra le sue braccia che reclama attenzioni strillando come un diavoletto. 
Il 20 dicembre Draco decide di darsi da fare e soffocare i bollenti spiriti attaccato agli spifferi delle finestre che cerca di sistemare senza la magia perché la zia gli ha detto: “Ti dispiace caro? Ci sono troppi babbani che vivono nelle vicinanze e gradirei non finire sul rogo”. 
Armeggia per la prima volta con i cacciaviti e documenta la sua esperienza a Hermione in una fittissima lettera spedita con il primo gufo trovatosi disponibile lo stesso giorno. La risposta non tarda ad arrivare e così comincia una corrispondenza assidua.


Succede una cosa strana, Draco e Hermione non sono molto bravi a dirsi le cose a voce, ma sono dannatamente bravi a scriverle. Su quei fogli sanguinano di tutto, confessano timori, sogni così assurdi e spaventosi da far venire i brividi, della memoria ricostituita dei genitori di Hermione, della sentenza definitiva del padre di Draco, della difficoltà di sua madre a sfogare il dolore, delle pratiche di giardinaggio a cui sua zia Andromeda lo obbliga a partecipare solo quando si tratta di tirar su vasi pesanti, del completo fallimento nel cercare di sistemare i nuovi infissi, ma anche di quanto si mancano, di come non lo credevano possibile e invece è proprio così, che quegli sfioramenti del tutto fugaci ai quali non c’è mai stato seguito vorrebbero che si ripetessero e che portassero a qualcosa di più. Si dicono quanto sono testardi, quanto è difficile per Hermione ammettere di non avere sempre ragione, quanto è difficile per Draco non scriverle in modo dettagliato tutte le cose che potrebbero fare se lei fosse con lui. 
E così, per velocizzare la cosa, e rendere “ancora più simultanea l’esperienza fisica” – Hermione non sa proprio scrivere in termini meno scientifici, e Draco capisce sempre di più quanto ami il fatto che lei privilegi il ragionamento scientifico anche per descrivere atti puramente carnali come la masturbazione – Hermione gli ha spedito in allegato un telefono cellulare di ultima generazione. Imparare ad utilizzarlo non è stato difficile quanto riparare – o forse sarebbe meglio dire finire di rompere – la finestra del soggiorno, adesso coperta alla bell’e meglio con dello scotch. 
Andromeda comincia ad avere dubbi sulla sanità mentale del nipote, sempre attaccato al cellulare e perennemente con le guance in fiamme, tanto che la notte del 28 dicembre, evidentemente per entrambi insonne – le continue notifiche del telefono, i continui pianti di Teddy – lei si siede accanto a lui seduto in sala da pranzo, con il bambino in braccio. 
“Chi è la ragazza sfortunata?”
Draco solleva lo sguardo oltre la cartella dei messaggi con una smorfia di leggero disappunto.
“Non so di cosa stai parlando”.
“Andiamo Draco, non sono mica nata ieri, e a giudicare dall’aggeggio che hai in mano qualcosa mi dice che non è una Purosangue”, la voce si fa più chiara, distinta, la consapevolezza di avere un altro ribelle in famiglia la inorgoglisce. 
“Ha importanza?” Draco punta i suoi occhi grigi in quelli della zia, che assomiglia così tanto a sua madre eppure è così diversa.
“Alcuna”, il sorriso che si scambiano è fugace ma denso di significato, Draco sposta lo sguardo su Teddy, riaddormentatosi di nuovo, il sorriso che gli rivolge è fugace ma denso di significato.
"Dovresti invitarla qui per Capodanno".
 
E così Hermione li raggiunge in Scozia per il Capodanno. Andromeda ha invitato alla villa tutto il vicinato e ha allestito la sala da pranzo in modo talmente perfetto che il buco alla finestra quasi non si nota. 
“Quella è opera tua?” Hermione non la smette di ridere, mentre Draco l’accompagna a fare il giro della casa mano nella mano, allontanandosi dai primi ospiti arrivati.
La casa è come Draco gliel’ha descritta, così come la spiaggia su cui affaccia. 
È a quel punto che tutte le parole che si sono detti acquistano consistenza, non aspettano nemmeno di chiudersi la porta alle spalle, inciampano tra i loro stessi passi ancora poco abituati a camminare tra i loro frammenti di bellezza: ci vuole solo esercizio. 
Draco la bacia con trasporto, ed Hermione ricambia con tutta la voglia di essere precisamente qui, in questo momento, dove le cose intorno a loro non saranno mai uguali a come lo sono adesso, e così anche loro, mai più così giovani, mai più così diversi come credevano di essere. 
“Avevi un po’ di rossetto sulle labbra”, le dice lui tra uno schiocco e l’altro, e subito ci si rituffa contro, suscitando la risata di Hermione e al contempo l’idea che forse tra inchiostro e rossetto Draco preferisca quest’ultimo, o forse è solo il sapore di ciliegie. 
I baci e ciò che ne consegue rimangono per tutti gli altri un segreto, coperto dall’eco delle onde che si infrangono lungo la costa.


 
Granger e Malfoy, ormai ex studenti di Hogwarts – leggono i giornali – hanno deciso di allentare la presa sul mondo magico e prendersi un anno sabbatico lontano dai riflettori, torneranno quando decideranno di farlo, probabilmente la Granger ha già una scrivania del Ministero con il suo nome scritto sopra, in quanto a Malfoy, potrebbe benissimo ricoprire almeno sette cattedre di Hogwarts senza alcuno sforzo. Ma gli impegni aspetteranno, il mondo magico aspetterà, tutto per il momento è sospeso e indefinito, non c’è alcun bisogno di sbrigarsi, alcun bisogno di precipitarsi fuori dalla stanza. La pagina del giornale si piega per far più posto al cruciverba che Draco e Hermione stanno decifrando insieme e dell’articolo rimangono solo pezzi di parole sparse prive di significato. Adesso l’importante è trovare la parola della diciannove orizzontale.
 
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Ringrazio chiunque sia arrivato fin qui e spero che vi sia piaciuta. Sono molto felice di aver pubblicato questa storia, mi stava tenendo ancorata al pc da giorni, a seguito di un periodo in cui non riuscivo più a scrivere nulla e il poco che riuscivo a buttare giù mi suggeriva sempre di non proseguire oltre. Questa volta invece, Draco e Hermione sono riusciti a farmi completare questa one shot, e spero anche a sbloccarmi da questo lungo impasse. 
*Nel testo il professor Fittleworth è inventato, mentre le immagini nel testo sono prese da qui. La frase "ever since i was a child with you" è ripresa da All my Love dei London Grammar, vi ho lasciato il link della canzone al clic della rosa sotto al titolo :3

 

 
  
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