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Autore: Breathless    07/07/2022    0 recensioni
[…] Italia si chiese da quanti anni avesse quelle fattezze.
«Hey Germania, quando sei nato?»
Stavolta il tedesco girò tutta la testa verso di lui.
Il significato della parola “nascita” per le nazioni, era un po’ diverso rispetto a quello convenzionale.
«Nel 1814, con la fondazione della Confederazione Germanica» disse meccanicamente.
«E che aspetto avevi quando sei nato?»
Un’ occhiata interrogativa tardò di qualche secondo la risposta; non si sarebbe mai del tutto abituato alle stranezze altrui. […]

________
[GerIta]
Il rapporto fra Italia e Germania raccontato durante gli eventi storici dell’ultimo secolo.
Genere: Romantico, Slice of life, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Germania/Ludwig, Nord Italia/Feliciano Vargas
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Venezia – 17 Marzo 2011
 
«Sei certo che non sia il caso di tornare? Siamo fuori da un bel po’, potrebbero essersi già accorti che la “boccata d’aria” era solo una scusa»
In tutta risposta, Italia prese Germania a braccetto continuando a camminare.
«Lo sai che i discorsi mi annoiano a morte. E poi è la mia festa, sarò libero di trascorrerla come mi pare, no?»
«Si, ma non è una festa qualunque, è il centocinquantesimo anniversario dell’unità.» commentò il biondo. Ligio al dovere com’ era, si sentiva a disagio a comportarsi in maniera così irresponsabile. «E Romano si starà facendo strane idee vedendo che siamo spariti assieme» aggiunse con un sospiro. Al maggiore fra i due italiani non era ancora andato giù il fatto che stessero assieme.
«Romano se la sarà presa perché non ci ha pensato prima lui» sorrise imperterrito il castano. «Torneremo in tempo per il rinfresco, promesso. E poi non ti sta piacendo il giro?»
Erano usciti da Palazzo Pisani e si erano allontanati velocemente, perdendosi fra le calle. Erano passati davanti a una chiesa e Italia lo aveva condotto sul il Ponte di Rialto, insistendo per fare qualche selfie assieme e dirigendosi poi verso il sestiere di Castello.
«Non ho detto questo, Venezia è sempre bellissima.» borbottò affondando le tasche nel Montgomery beige che indossava. Erano entrambi vestiti eleganti, Germania aveva il cappotto chiuso dagli alamari, pantaloni in fresco lana grigi e scarpe eleganti. Italia un trench nero lasciato aperto su una camicia bianca e una cravatta sottile, del medesimo colore del soprabito.
«Allora goditi il panorama e la compagnia, e non pensare al resto» sentenziò totalmente incurante delle proprie azioni.
Capì che non lo avrebbe convinto a tornare indietro e quindi non gli rimase che assecondarlo, come sempre.
 
Arrivarono nei pressi della Basilica dei Santi Giovanni e Paolo, ed il tedesco si distrasse a osservare la parte laterale della chiesa.
«Ciao! Da quanto tempo…!»
Italia si stava rivolgendo a una coppia piuttosto anziana che passava di lì, un evento usuale quando andava in giro con lui. Era talmente espansivo che pareva conoscere il mondo intero.
Fece educatamente un saluto anche lui, e il castano attaccò a parlare. Sapeva già che non avrebbe esaurito in fretta i convenevoli, quindi tornò a osservare la basilica. Mosse qualche passo per dare uno sguardo alla facciata e, non appena vide la parte della piazza che dava sul canale, uno spettacolo insolito gli si parò davanti.
Una folla in abiti carnevaleschi storici, risalenti al settecento o giù di lì, passeggiava davanti al sagrato. L’attenzione venne catturata dai vestiti e le maschere, ma anche il portamento delle persone che si salutavano o erano radunate in piccoli capannelli a chiacchierare. Sembrava tutto incredibilmente realistico, vi era perfino un saltimbanco in abiti colorati che si esibiva giocolando con delle palline. Si chiese cosa ci facessero li, considerato che il carnevale si era già concluso da un po’. Che si trattasse di una rievocazione storica per festeggiare l’anniversario dell’unità? Stava per girarsi a chiamare Italia e domandargli se ne sapesse qualcosa, quando qualcuno gli arrivò alle spalle e lo superò, fermandosi a un paio di metri da lui.
Era un ragazzino con indosso vestiti chiari, che risaltavano rispetto agli altri, e una maschera dal naso lungo e arcuato. Ma quello che colpì Germania furono alcuni particolari fin troppo familiari: La tonalità ambrata degli occhi che intravedeva dietro la maschera, la sfumatura dei capelli, la pettinatura e quel ricciolo ribelle che si arcuava sul lato della testa. Il ragazzino gli fece concitatamente cenno di seguirlo e, senza sapersi spiegare il perché, il tedesco percepì l’impulso di andargli dietro. Il giovane si mise a correre a perdifiato lungo il bordo del canale, superando una barchetta che pareva anch’essa giunta da un’altra epoca. Lui lo inseguì con ampie falcate, cercando di non perderlo di vista. La persone in maschera erano ovunque, continuò a incrociarle sul ponte e le vide fino in fondo alla via verso la quale stava correndo. Pareva come se all’improvviso avessero invaso tutta Venezia e fosse lui il pesce fuor d’acqua, con quegli abiti moderni. Ma continuò imperterrito a farsi largo e andare dietro al giovane che, di tanto in tanto, si girava a controllare che ci fosse ancora e lo incitava con la mano a brigarsi. Lo vide intrufolarsi dentro un vicolo talmente stretto che temette quasi di non passarci e, non appena voltato l’angolo, se lo ritrovò improvvisamente davanti.
Lo sconosciuto rise senza emettere alcun suono, sollevando le mani a slacciare i nastri che assicuravano la parziale copertura del suo viso.
Stava dicendo qualcosa, ma non riusciva a sentire le sue parole. La voce arrivò dopo un po’, sembrando un eco proveniente da molto lontano.
«…dai, togliti quella maschera Sacro Romano Impero»
Rimase sbalordito nel vedere il volto per intero. Era giovane, le guance rotonde e gli occhi grandi, ma i tratti erano incontrovertibilmente quelli di Italia. Boccheggiò. Come lo aveva chiamato?
«Germania!»
La voce di Italia arrivò alle sue spalle, molto più forte e netta rispetto a quella appena udita. Il tedesco si girò di scatto, l’espressione frastornata e confusa. L’italiano come sempre lo aveva conosciuto, era appoggiato ansante alla parete del vicolo. Dietro di lui i passanti indossavano comunissimi abiti moderni.
«Che cosa è successo? Ti ho visto scappare all’improvviso senza dire niente» una nota preoccupata nel tono. Germania girò rapidamente la testa, lì dove aveva visto Italia in versione ragazzino, ma il vicolo era vuoto. Tornò a quello adulto e rimase a fissarlo senza rispondere. Si sentiva stordito e non riusciva a spiegare cosa gli era appena successo. Italia mosse un passo verso di lui e, solo in quel momento, sembrò accorgersi dove si trovava. Qualcosa parve tornare alla memoria del castano, nell’osservare le pareti annerite dal tempo.
«Perché sei venuto qui? Che cosa ti prende?» l’urgenza di una risposta nella voce era aumentata.
Germania sentì l’impulso irrazionale di stringerlo e, quasi il suo corpo non gli appartenesse, coprì la poca distanza che li separava per cingergli le spalle e tirarselo contro. Percepì una spinta interna che non seppe spiegarsi, come se qualcosa volesse uscire ma fosse ostacolato. E finalmente sembrò ritrovare la voce.
«Non ne sono sicuro. Io ho visto… qualcosa.»
Italia sembrò accorgersi di quanto era scosso e lo abbracciò a sua volta, prendendo ad accarezzargli la schiena.
«Cosa hai visto?»
«Ricordi quando siamo scappati da El Alamein e abbiamo passato la notte nel deserto?» disse il tedesco all’improvviso «Mi hai chiesto se fossi venuto a prenderti di mia volontà, o se fossi influenzato dalla nostra alleanza» Perché ne stava parlando? Apparentemente non c’entrava nulla. Ma Germania provava solo il desiderio impellente di liberare ciò che gli premeva dentro. Un sentimento, una promessa, qualcosa che sembrava appartenere a un’altra persona e a un’altra vita.
«La risposta è che sono venuto perché lo volevo io. Quello che provo per te, non è mai stato e non sarà mai dettato dalla politica o dagli umani» cacciò fuori quella risposta che aveva tenuto in sospeso per quasi settanta anni. «Qualunque cosa succederà, anche se i nostri capi dovessero dichiararsi guerra a vicenda, io starò sempre con te. Non me ne andrò mai più.» non seppe neanche lui perché aveva terminato con una frase simile, visto che –da quando si erano conosciuti– non erano mai stati separati troppo a lungo. Ma fu come togliersi un grosso macigno di dosso e finalmente espirò.
Italia invece era immobile, quasi cristallizzato, un’espressione attenta ma indecifrabile si era formata sul suo viso.
«Germania… cosa hai visto?» disse con un filo di voce e si accorse che, nell’attesa di una risposta, stava trattenendo il respiro. Il tedesco esitò. Stava forse impazzendo? Non aveva idea se le nazioni potessero perdere la testa e avere le allucinazioni come succedeva agli umani.
«Te» confessò infine «O meglio, te ma avrai avuto dodici o tredici anni. Avevi addosso una maschera e dei vestiti da carnevale. Mi facevi cenno di seguirti e hai corso fino a questo punto.» deglutì cercando di cogliere la sua reazione. Temeva di averlo spaventato.
Le palpebre di Italia si spalancarono, ma solo inizialmente. Sentì le sue mani scivolare ai lati del volto, i pollici accarezzargli lentamente gli zigomi. Si aspettava un’espressione sgomenta e confusa, invece sul viso vide solo una profonda consapevolezza, come se sapesse esattamente di cosa stava parlando. Le pupille si dilatarono e un sorriso morbido, nostalgico, gli curvò le labbra verso l’alto. Probabilmente il sorriso più bello che avesse mai visto sul volto di Italia. E infine posò la bocca contro la sua, baciandolo in maniera lenta, quasi stesse godendo di ogni singola sensazione proveniente da quel contatto.
Dopo le emozioni forti e improvvise che aveva provato, Germania si sentì bene a tal punto che non gli importò di trovarsi in pubblico.
Quando il bacio scemò in maniera naturale, Italia rimase a un soffio dal suo viso, andando ad appoggiare la fronte alla sua. I loro respiri si incrociarono.
«Alla fine sei tornato» mormorò guardandolo negli occhi.
«Cosa…?»
Italia non rispose e lo prese per mano intrecciando le dita con le sue, per poi girarsi e cominciare a tirarlo verso l’uscita del vicolo.
«Vieni, credo proprio che sia Prussia che Francia debbano spiegarci un po’ di cose»
Germania non poteva capire, non ancora. Ma si sentiva così in pace con sé stesso, che non avanzò altre domande. Si lasciò guidare dal passo sicuro e rapido di Italia, ovunque lo avrebbe condotto lui lo avrebbe seguito.
 
Riferimenti Storici:
 
  • Il 17 Marzo 2011 si è celebrato il 150° anniversario dell’unità di Italia.
  
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