Jill
sentiva di stare andando lentamente alla deriva.
Era stata sballottata qua e là senza che nessuno le avesse
chiesto cosa lei
avrebbe voluto fare. Dopo essersi separata dai Cavalieri aveva seguito
una
giovane ancella in una serie infinta di corridoi e stanze fino a
giungere di
fronte ad una grande porta di legno laccata di rosso e intarsiata con
elementi florali.
Varcato il portone percorsero un’altra serie di corridoi e
stanze simili alle
precedenti fino ad arrivare a un piccolo studiolo dalle pareti
completamente
affrescate e arredata con poltrone e tappeti. Al contrario dei
Cavalieri la
ragazza non le rivolse una parola ma a Jill non dispiacque stare in
silenzio. Quando
infine fu lasciata sola prese un profondo respiro e si
rilassò per la prima
volta da quando si era svegliata.
Senza
nulla da fare iniziò a girare per la stanza e gli
affreschi sulle pareti attirarono presto la sua attenzione. Occupavano
la
superficie dal pavimento fin sopra al soffitto Su ognuna di loro vi era
riportata
una carta geografica. Una in particolare le parve molto familiare. Si
avvicinò
alla parete e scorrendo sui nomi delle città riconobbe tra
tutti quello di
Uru’ben, l’unico posto che ricordava del suo
passato. Jill notò con un certo
stupore che l’effige sopra il nome era un drago nero avvolto
su mura turrite. Fece
scorrere rapidamente gli occhi in basso, sul cartiglio al centro della
cornice,
dove era posta la scritta Alagaësia. Jill
emise un sospiro carico di rabbia,
tutto il resto dei nomi continuavano a non dirle nulla. Si
girò allora ad osservare
il resto dei dipinti sulle altre pareti. Si soffermò sui
tanti nomi segnati e il
suo sguardo indugiò sulla dovizia di particolari usati dal
disegnatore per
caratterizzare ognuno di quei luoghi. Dopo quello che a Jill
sembrò un’infinità
di tempo la porta si aprì e un’ancella, diversa dalla precedente,
entrò con un vassoio su cui erano stati
poggiato biscotti e un qualche tipo di infuso caldo.
Jill
non trovò nient’altro da fare che mangiare
ciò che
le era stato offerto. Si sedette su una delle poltrone e
iniziò a sorseggiare
la bevanda. Prese anche dei biscotti accorgendosi, nel mangiarlo, di
essere
affamata. Improvvisamente sentì le membra del corpo farsi
pesanti. Senza che se
ne accorgesse la tazza le scivolò tra le dita e cadde in
sonno profondo.
Non
passò molto tempo che nella stanza entrò la
regina Isobel.
La donna si avvicinò lentamente a lei e la scrutò
dalla testa ai piedi come se
fosse stata un insetto sotto una lente di ingrandimento.
Quella
ragazza non sarebbe dovuta sopravvivere eppure era
lì di fronte a lei. Contro le sue aspettative il
più giovane dei Cavalieri era
riuscito a salvarla dalla morte a cui l’aveva condannata.
Anche la perdita di
memoria dovuta a gli ultimi residui del suo incantesimo sarebbe svanita
molto
presto ma Isobel aveva con sé altre frecce alla sua faretra
e avrebbe
trasformato in un vantaggio anche questa loro piccola vittoria
***
Arya
venne destata da due mani ruvide che la scuotevano delicatamente
per un braccio. Aprì gli occhi si trovò davanti
il sorriso sereno di un vecchio
elfo, il suo viso imbrunito dal sole era attraversato profonde rughe.
-
Siamo quasi arrivati mia Signora -
Arya
scansò via la coperta che le era stata data per
coprirsi e uscì fuori all’aria fresca.
Il cielo sopra la sua testa era ancora avvolto dalla coltre scura della
notte
mentre all’orizzonte già si intravedevano i primi
raggi del sole inibiti da una
fitta nebbiolina che girava tutta intorno alla nave. Arya fece un breve
giro
del ponte e tornata alla prua guardò di fronte a lei. Il
vento le aveva
scompigliato i capelli e con un gesto distratto scansò via
una ciocca che le si
era appiccicata sulla fronte. Fu allora che scorse le luci tremolanti
provenienti
dal porto. Dall’alto udì la voce del capitano
della nave che dava ordini a un
gruppo di marinai per la esecuzione della manovra di attracco.
L’elfo aveva notato
la sua presenza e alzando una mano in segno di saluto scese il ponte
per
raggiungerla.
-
Spero la traversata sia stata di vostro gradimento e
che siate riuscita a riposare- le chiese l’Elfo nella
tradizionale cortesia del
loro popolo
-
La ringrazio capitano, il viaggio è stato gradevole -
La
nave su cui stava viaggiando era stata sulle loro tracce
da giorni. Il capitano li avrebbero già intercettati prima
se non li avessero
persi di vista durante una delle burrasche che aveva colpito lo stretto
tra le
due terre di Zàkhara e Anthera. Quando riuscirono a
scorgerli nuovamente
avevano già attraccato sulle coste dei loro nemici. Una
volta appreso che i due
cavalieri e i loro draghi erano oramai dalla regina il capitano aveva
insistito
affinché almeno lei fosse messa in salvo. Ad un elfo
sorpreso sul suolo di Zàkhara,
infatti, aspettava la condanna a morte. Arya non avrebbe mai accettato
di
lasciare tutti indietro, ma Jill l’aveva convinta ad
accettare il loro aiuto. Avrebbe
avvisato lei Eragon e Murtagh e con Saphira e Castigo
l’avrebbero raggiunto
entro la sera. Ma i suoi amici non si erano fatti vivi ed ora sentiva
un incolmabile
vuoto.
Dalla
vedetta, in alto, venne lanciato il segnale di
arrivo, il suono del corno vibrò nell’aria seguito
da un secondo, proveniente
dalla costa.
-
Tra poco sul ponte ci sarà un bel da fare, le
consiglio di ritornare alla sua cabina, Arya Svit-kona.
Quando sarà
tutto finito verremo a chiamarla - la informò il capitano.
Arya
annuì ed entrò di nuovo nella plancia della nave.
Quando
le navi entrarono nell’area del porto, furono
gettate le ancore. Sul ponte era un tirare di corde nodi e manovre,
tutto si
concluse nel giro di mezz’ora poi gli Elfi si preparano a
scendere.
Ad
attenderli a terra era il re Aron e il suo seguito di
dignitari. La sua postura era curvata dal peso degli anni.
L’Elfo si reggeva su
un bastone di legno e i suoi occhi un tempo vigili e fieri guardavano
con
malinconia la giovane che le stava di fronte. Arya si
inchinò ma il re la fece
subito alzare prendendole la mano con il braccio libero.
-
È una gioia per me e un onore incontrarvi Arya Svit-kona.
Attendavamo da secoli il ritorno dei discendenti di coloro che patirono
per le
terre al di la del mare- Gli occhi indugiarono alle sue spalle ma non
c’era stato
nessun altro a parte lei il suo volto si rabbuiò.
-
I nostri esploratori avevano avvistato tre navi. Dove
sono i tuoi compagni e i due draghi che erano con voi? -
Il
volto di Arya si contrasse in una smorfia - Sono rimasti
su Zàkhara, Maestà, sono preoccupata per quello
che potrebbe succedergli -
-
Lo so, la tua compassione è degna di lode. Ma prima ci
sono delle cose che devi sapere riguardo al nostro popolo. Poi
penseremo a come
aiutare i tuoi amici. Non temere abbiamo i nostri informatori nel cuore
della
capitale, non sono soli. – lo rassicurò il vecchio
Elfo.
-
Seguimi e lascia che ti mostri prima come abbiamo
riscoperto i nostri poteri –
Arya
guardò gli occhi enigmatici del sovrano valutando
la bontà delle sue parole. Non c’era traccia di
inganno o di menzogna. Malgrado
l’urgenza di sapere cosa era successo ai suoi amici
l’Elfia lo seguì.
***
Murtagh
si svegliò alle prime luce alba, aveva dormito
si e no qualche ora e il suo sonno era stato costellata da incubi.
Andò a sciacquarsi
il viso con dell’acqua fredda in cerca di sollievo ma non
servì a molto. Si
vestì e uscì dalle sue stanze. Indugiò
solo un attimo di fronte alla porta delle
camere dove era alloggiata Eragon prima di passare oltre. Nonostante
desiderasse più di ogni altra cosa riappacificarsi con il
fratello non era
ancora disposto a scendere a compromessi con lui. Il
suo scopo in quel momento era trovare Jill
e assicurarsi che stesse bene. Chiuse gli occhi e si
concentrò sul suo viso. La
mente del Cavaliere cominciò a vagare tra la miriade di
coscienze che era
presenti nel palazzo e si sorprese nello scoprire che fosse popolato da
così
tante persone. Quando infine percepì la sua presenza,
qualche minuto dopo, aprì
gli occhi e si diresse in direzione della ragazza.
Nel
suo vagare apparentemente senza meta tra i corridoi
del palazzo Murtagh incrociò diversi abitanti che lo
osservarono incuriosito.
Alcuni di loro lo avevano riconosciuto come lo straniero arrivato il
giorno
precedente, altri lo ignorarono completamente, intenti nei loro doveri
giornalieri. Quando le persone iniziarono ad essere più rade
improvvisamente
percepì un cambiamento nell’aria. Si
guardò intorno e la sua attenzione venne catturata
da una grande porta laccata di legno rosso finemente intarsiato.
Sembrava che tutti
se ne tenessero a debita distanza, ma Jill si trovava da qualche parte
dietro
quella porta. Murtagh si avvicinò alla porta con cautela ma
appena la sua mano
toccò la maniglia la ritrasse come scottato da qualcosa.
-
Magia- sussurrò appena.
L’aveva
sentita chiara e limpida come ora vedeva il
rosso della lacca. C’era qualcosa di terribilmente sbagliato
in tutto questo e
in quel momento si pentì di non aver chiamato il fratello.
Cercò
di raggiungere Castigo, ma la mente del drago era stranamente
chiusa. Stava per tornare da Eragon per informarlo di quanto aveva
scoperto
quando la porta si aprì e comparve Aglaia. Era
l’ancella della regina che li
aveva serviti la sera precedente. Era una ragazza alta dal corpo
flessuoso. I
capelli lunghi erano raccolti in una coda alta ad eccezione di due
ciocche che
le incorniciavano il volto. Aveva il naso aquilino e due grandi occhi
chiari e
sopracciglia fine e arcuate. La ragazza non sembrò sorpresa
nel vederlo. Si
chiuse la porta alle spalle e prendendolo sotto braccio lo fece
allontanare.
-
Gli ordini di Isobel erano di aspettarmi nelle vostre
camere insieme a tuo fratello, non è prudente girare nel
palazzo solo. - disse con
un tono di rimprovero. Murtagh ebbe la netta impressione che lo stesse
trattando come bambini e si liberò dalla sua presa.
-
Qualcosa non va? – chiese Aglaia nel notare il suo
sguardo infastidito. Murtagh rimase interdetto di fronte alla sua
calma.
-
Vorrei solo sapere – chiese con tono innocente –
che
tipo di magia viene praticata dietro questa porta – questa
volta Murtagh lesse
un guizzo di sorpresa negli occhi dell’ancella che portandosi
l’indice alle
labbra gli fece segno di tacere.
-
Queste sono le stanze private della regina, a nessuno
è permesso entrarvi o conoscere suoi segreti, a meno che non
si è stati
invitati. –
-
Non hai risposto alla mia domanda - la incalzò
Murtagh. Punta sul vivo Aglaia lo fulminò con uno sguardo.
-
Questo non è né il luogo né il momento
adatto per questo
genere di conversazione- disse irritata da qualcosa che Murtagh non
seppe dire.
- Non mi è permesso parlarne liberamente, lo capisci?
– riprese con voce più intensa-
a quello parole Murtagh sentì lo stomaco serrarsi in una
dolorosa morsa.
-
Ti ha fatto giurare nell’antica lingua, non è
così? -
disse guardandola ora come se la vedesse per la prima volta. La sua non
era
stata una domanda ma una affermazione. Aglaia annuì comunque.
-
Io e mio fratello dobbiamo andarcene via da qui il
prima possibile- disse rivolgendosi più che altro a
sé stesso.
-
Lo farete ed io vi aiuterò, ma adesso devi continuare
a fingere di non sapere. -
-
Perché dovrei fidarmi? –
-
Non posso darti il perché ma ti fiderai comunque, non
hai scelta. - Murtagh sapeva che aveva ragione.
Tornarono
ai loro alloggi e trovarono Eragon ad
attenderli fuori dalla stanza. Man non era solo. Xavier stava
affabilmente chiacchierando
con lui. - Finalmente eccoti Murtagh, tu ed Eragon dovete seguirmi. La
regina
vi attende. -
Aglaia
lo guardò interdetta, apprendeva quella notizia
solo adesso. – Perché non sono stata informata?
– chiese al capitano. Xavier non
le prestò molta attenzione - Ordini di Isobel - rispose -
Inoltre vuole che tu
ti occupi dei nuovi arrivati al reparto dei rifornimenti - Aglaia
incassò il
colpo e annuì trattenendo a stento la sua delusione -
Comunica alla regina che
sarà fatto Xavier. -
Era
un compito che anche le più semplici ancelle
avrebbero potuto fare. Questo poteva solo significato che Isobel non la
voleva
coinvolta. Guardò un’ultima volta i cavalieri e si
congedò.
Xavier
si rivolse ai due cavalieri – Andiamo, vi
accompagno –
Mentre
camminavano Murtagh cercò lo sguardo del
fratello. Eragon aveva notato il suo disagio gli si affiancò
Cosa c’è
Murtagh? chiese attraverso il legame mentale.
Avevi
ragione tu Eragon… Murtagh
esitò un attimo,
ora che doveva parlare gli era difficile ammettere i suoi errori.
Cosa
vuoi dire?.
Su
Isobel. È in grado di usare la magia e
chissà su cos’altro ci ha mentito –
Questa
volta Eragon si girò a guardarlo rallentando
appena il passo per la sorpresa. -
Che cosa facciamo? - gli chiese solo. Murtagh gli fu grato
per non aver
detto nulla riguardo alla loro discussione.
Per
ora andremo a questo banchetto. Poi
escogiteremo qualcosa.
Murtagh
sentì che Eragon voleva fargli altre domande a
riguardo ma Xavier interruppe la loro conversazione.
-
Siamo arrivati -
I
fratelli venero introdotti all’interno di una sontuosa
aula ovale. Il centro era occupato da una tavola riccamente
apparecchiata e ai
suoi lati gli altri invitati al banchetto stavano già
chiacchierando. Per un
attimo tutti si fermarono a guardarli, poi uno di loro si
staccò dal gruppo e
andò incontro a Xavier
-
Capitano avete portato i Cavalieri - a quel punto gli
altri ripresero a chiacchierare.
-
È un piacere conoscervi! – li salutò
l’uomo corpulento
e gioviale.
Un
po’ imbarazzati i due ragazzi gli strinsero la mano.
L’uomo continuava a guardarli con crescente interesse -
Sembra che la regina vi
farà un grande onore oggi -
-
Può bastare adesso Bale - lo fermò Xavier
cercando di
contenere il suo entusiasmo.
-
Benvenuti a tutti miei graditi ospiti - La voce di
Isobel arrivò alle orecchie di tutti in maniera chiara
grazie alla particolare
acustica della sala. - Potete prendere posto, Cavalieri per cortesia
sedetevi
pure accanto a me - I ragazzi si guadarono negli occhi e andarono a
sedersi.
Al
lato della sua sedia vi era un campanello. La regina
lo prese e lo fece suonare, dalle porte laterali tre file di camerieri
entrarono e servirono le prime pietanze. Venne anche portato del vino e
i
camerieri avevano il compito di riempirli in modo che non fossero mai
vuoti.
Isobel era una eccellente oratrice e intrattenne tutti con storie e
aneddoti
della corte. Si incuriosì molto quando Eragon
declinò con gentilezza i piatti
contenti carne e coinvolgendo tutti volle sapere il perché
di questa scelta.
Durante
tutto il pranzo Murtagh lanciò sguardi
preoccupati di verso Eragon. Tutte quelle chiacchiere e il vino stavano
avendo
un effetto stordente su di lui e lo stesso stava accadendo ad Eragon.
Il
banchetto terminò nel primissimo pomeriggio. Ad un
cenno di Isobel uno ad uno tutti gli invitati si congedarono e i due
cavalieri
si trovarono da soli con la regina.
Improvvisamente
come un lampo a ciel sereno un ruggito
di rabbia risuonò nella testa di Murtagh. Il ragazzo non ci
misero molto capire
che provenivano da Castigo. Si alzò di scatto dalla sedia ma
il vino doveva
aver abbassato i suoi riflessi perché sentiva mente
intorpidita.
Questo
torpore non
può essere causato
solo dal vino
pensò Murtagh allarmato. Era stato anche drogato. Un sorriso
affiorò sulle
labbra di Isobel.
-
Qualcosa non va mio giovane Cavaliere? - Murtagh
guardò allarmato verso Eragon. Il fratello non si era mosso
dalla sua sedia, a
differenza sua sembrava essersi completamente bloccato e lo sguardo era
sofferente. Murtagh si costrinse ad accantonare per il momento le sue
preoccupazioni
per Castigo, il suo compagno se la sarebbe cavata e si
concentrò con tutte le
sue energie per rimanere vigile.
-
Rimettiti seduto - ordinò con voce aspra. Murtagh
crollo di uovo sulla sedia.
-
Che cosa significa tutto questo Isobel - disse Murtagh
pronunciando il suo nome con disprezzo. Isobel sostenne il suo sguardo
e alzandosi
in piedi si mise accanto a lui. Gli passò la mano affusolata
sul viso e lo
costrinse ad alzare il volto verso di lei. – Ancora non lo
hai capito? Credevo
che come servo di Galbatorix tu fossi più in gamba - al nome
del tiranno anche
Eragon si girò verso il fratello. Murtagh sentì
il suo sguardo che lo cercava e
si costrinse a guardare verso Isobel.
-
Galbatorix è stato sconfitto ed io sono ormai libero
da ogni legame con lui - disse rigettando con tutto sé
stesso la sua vita
passata.
-
Si lo so, sono venuta a conoscenza della tua
ribellione. Voi due siete la causa per cui ho perso un grande maestro e
alleato
-
-
Ti illudi se pensi che Galbatorix ti considerasse un alleato.
Lui aveva solo servi -
Isobel
rise - Tu ti riferisci ai rinnegati guidati da
tuo padre. Sei tu che ti illudi se pensi che mi possa paragonare a
loro. -
Nel
mentre Eragon era riuscito a radunare un po’ di
forze. - Che cosa hai fatto a Saphira! – disse con voce
tremante.
Isobel
si girò verso di lui, infastidita –
Starà bene se
non farai mosse azzardate - gli rispose con un ghigno maligno.
-
Questo comprende ogni forma di magia, anche quella che
non fa uso dell’antica lingua - disse anticipando le
intenzioni del giovane. Eragon
serrò i denti quando venne raggiunto da una nuova ondata di
dolore – Non la
userò ma falli smettere! -
Isobel
alzò una mano e i volto di Eragon si
rilassò appena.
-
Ora che ho la vostra attenzione mie giovani cavalieri vi
darò un consiglio. La magia non è una conoscenza
da condividere con tutti –
-
Questo è certo - rispose Murtagh. Isobel ignorò
il suo
commento carico di odio e continuò a parlare
-
Quando ieri vi ho visto per la prima volta non avevo
compreso a pieni il vostro valore. Per questo ho inviato uno dei mie a
fare
visita al vostro campo. Non potevo permettere che ve ne andaste liberi
sulle
mie terre. Il suo compito doveva essere quello di uccidere le due donne
facendo
ricadere la colpo sugli elfi oscuri -
-
Non c‘è mai stata un’incursione, non
è così? Sei
sempre stata tu fin dall’inizio -
l’accusò Murtagh. La regina lo guardò
con
accondiscendenza.
-
Vorrei potermi prendere il merito di tutto, ma non
posso. Una nave elfica è stata avvistata sulle nostre coste,
la vostra
principessa è con loro adesso. - disse con una vena
disappunto nella voce. – ma
nella loro miopia hanno deciso di salvare solo quelli della loro razza
lasciandomi
qualcosa di molto più importante, le vostre preziose uova.
È stato sciocco
mentirmi sulla loro presenza - disse rivolta direttamente ad Eragon.
-
Ti avrei perdonato la somiglianza con gli Elfi, ma
tenermi nascosto questo è inaccettabile. -
Mentre
la regina parlava una decina di soldati fecero
irruzione nella sala con le armi sguainate.
-
C’è un elfo qui, ha cercato di attentare alla mia
vita
- disse indicando Eragon.
Come
se lo vedessero per la pria volta le guardie
puntarono le armi contro il cavaliere disarmato. Con la punta di una
spada
puntata al collo Eragon fu costretto ad alzarsi dalla sedia mentre
altri due
guardie lo presero per le braccia. Lottò contro di loro
strattonando per
liberarsi ma un terzo lo colpì alle tempie con
l’impugnatura della spada
tramortendolo. Le guardie lo afferrano prima che cadesse a terra.
-
Portatelo via – ordinò alle guardie Isobel.
Accanto
a lui Murtagh serrò i denti impotente. Aveva le
braccia e le caviglie bloccate saldamente alla sedia da legacci
invisibili.
–
Cosa vuoi da noi? –
-
Cosa voglio da te, vorrai dire? –
-
Non capisco – lo guardò cupo il ragazzo.
-
Murtagh, Murtagh. Galbatorix mi ha parlato molto di te,
al contrario sembra proprio che tu non sappia nulla di me. –
il silenzio del
cavaliere era eloquente e la regina sorrise sodisfatta.
-
Seguimi, ti mostrerò qualcosa di interessante. –
Murtagh
sentì la pressione intorno alle gambe allentarsi
quel tanto da permettergli di alzarsi e seguì Isobel in
completa balia degli
eventi. Attraversarono la porta che accedeva alle sue stanze private e
Isobel
lo portò nella sala dove la sera prima c’era stata
Jill. Murtagh trasalì nel
vedere la mappa di Alagaësia disegnata nei minimi particolari.
La regina
sorrise trionfante.
-
Questo è il mondo disegnato dai miei cartografi.
Quando raggiunsero la vostra terra Galbatorix rimase molto sorpreso
nell’apprendere della nostra esistenza. Venne qui diverse
volte quando erano
ancora in vita i rinnegati. Mi insegnò tutto quello che
sapeva sulle arti magiche
e lasciò alcuni dei suoi maghi a seguire la mia istruzione.
Fu in una delle sue
ultime visite che mi promise un cucciolo di drago con il quale con il
quale
avrei sconfitto i miei nemici. -
Un
drago,
Murtagh scosse la
testa a quella possibilità - Galbatorix non faceva nulla
senza un tornaconto
personale, cosa ha chiesto in cambio? – Chiese. Isobel gli
sorrise
-
Hai ragione. Avevo qualcosa di molto prezioso per lui.
Due giovani Ra’zac. –
Isobel
vide lo sguardo impietrito di Murtagh e
soddisfatta continuò il suo racconto.
-
Li salvai ancora cuccioli sui monti ai confini delle
terre selvagge e da allora mi considerano la loro madre. Galbatorix ne
era
rimasto affascinato ma sapeva meglio di me che dovevano passare ancora
alcuni
anni prima che la loro trasformazione fosse completa e insieme
decidemmo di
attendere. Con la sua morte improvvisa, come ben sai, il nostro accordo
sfumò. –
Murtagh
registrò le parole di Isobel nella sua mente
cercando di dargli un senso. Sapeva che Galbatorix gli aveva tenuto
nascoste
delle cose ma non avrebbe mai immaginato un segreto del genere.
-
Puoi immaginare la mia sorpresa quando ho scoperto cosa
avevate. Le stesse persone che mi avevano tolto tutto mi portavano su
un piatto
d’argento ben quattro uova. Molto più di quanto mi
era stato promesso! –
La
regina fece una breve pausa prima di riprendere a
parlare - Presto avrò una nuova generazione di draghi al mio
servizio e tu mi
aiuterai a crearla - aveva alzato la voce fino a diventare un selvaggio
grido
di trionfo.
Murtagh
ascoltava le sue parole mentre il cuore gli
batteva forte nel petto.
-
Se accetto di servirti che cosa succederà? -
La
domanda di Murtagh spiazzò Isobel che lo guardò
sorpresa.
-
Che cosa vuoi dire? Devi essere più specifico –
-
Se accetto di servirti lascerai libero Eragon? –
Isobel
girò intorno al Cavaliere e si fermò dietro alle
sue spalle
-
Se lo vuoi la sua vita sarà salva. Ma liberarlo…-
Isobel aveva avvicinato la bocca al suo orecchio
-
Non sono una sciocca. Mi ricordo che Saphira era
importante per Galbatorix è lo sarà anche per me.
–
Murtagh
respirò piano la mente cominciò a girare
vorticosamente. Era appena uscito dalla schiavitù di
Galbatorix ma la sua
influenza ancora lo perseguitava. Se voleva avere qualche
possibilità di liberare
il fratello avrebbe dovuto giocare con le sue stesse carte e sarebbe
stato costretto
a servire un tiranno.
-
Rispondi ora a una mia domanda. Perché continui a
difendere qualcuno che non ha fatto altro che portarti miseria e
sofferenze? –
-
Eragon è mio fratello. –
-
Certo, lo so. La famiglia non si sceglie ma possiamo
prendere le distanze da loro se minano alla nostra felicità.
Lascia che ti
mostri le conseguenze del suo ultimo gesto –
Batté
le mani e poco dopo Jill comparve nella stanza. Il
suo sguardo si posò su Murtagh e il ragazzo ebbe un moto di
gioia quando vide
un segno di riconoscimento nei suoi occhi poi lei si inchinò
di fronte a loro.
-Sì
Maestà, desiderate? -
-Jill,
ti ricordi di Murtagh, il Cavaliere del Draghi di
cui eri innamorata. Devi sapere che ha accettato di aiutarci nella
battaglia
contro gli Elfi oscuri -
-
Certo mia Signora -
-
Vorrei che tornassi ad essere la sua compagna e
compiacere ogni suo desiderio, merita tutta la nostra gratitudine
–
-
Farò tutto il possibile. – sussurrò lei
ancora con la
testa china.
Murtagh
prese Isobel sotto il braccio e la portò da una
parte. Lei lo lasciò fare senza scomporsi. – Lei
devi lasciare fuori da questo
– Allora Isobel lo guardò con compassione
– Tuo fratello ha eseguito un
incantesimo maldestro. La sua mente era troppo sconvolta per tornare
come prima.
– Murtagh strinse i pugni, non credeva minimante alle sue
parole ma non poteva
negare il fatto che al suo risveglio Jill ricordasse a malapena il suo
nome.
-
Tu hai cercato di ucciderla –
-
Sì, e sono stata io stessa a confessartelo. Ma questo
prima di capire quanto fosse importante per te questa donna -
Murtagh
non disse nulla e Isobel continuò - So che c’era
qualcosa tra voi. L’ho visto quando ho indagato nella sua
mente. Non posso
cancellare quello che le ha fatto Eragon. Posso solo fare in modo che
torni a
provare quei sentimenti. –
Murtagh
guardò Jill, il terreno sotto i suoi piedi stava
lentamente scivolando via come sabbie mobile. In quel momento era la
sua ancora
di salvezza e l’afferrò con tutte le sue forze.
– Va bene Isobel accetto -
Le
andò vicino e prese con delicatezza le mani per farla
alzare.
Isobel
sorrise nel guardarli l’uno accanto all’altra
–
Hai fatto la scelta giusta Murtagh -
*
*
*
Eragon
venne condotto lungo una scala che girava intorno
al perimetro di una delle torri della cittadella. Era ancora stordito
dal colpo
ricevuto in testa e a malapena si rese conto di dove lo stavano
portando. Raggiunta
la cima della torre i due soldati che lo tenevano per le braccia lo
spinsero
dentro una cella e, senza alcun preavviso, gli assestarono un calcio
alle
ginocchia. Lui crollò a terra boccheggiante. - Questo
è per tutti i compagni
caduti nella vostra guerra sporco elfo - sibilò il soldato
piegandosi su di lui
e sputandogli in faccia. La porta di ferro venne chiusa alle sue spalle
con una
serie di chiavistelli; i mandanti emisero un cigolio sinistro mentre la
porta veniva
serrata. Eragon si pulì il volto con la manica e si rimise
lentamente in piedi.
Con un breve sguardo analizzò l’ambiente in cui si
trovava. Le pareti erano di
un bianco sporco, un pagliericcio rivestito di tela era stato sistemato
ad un
angolo affiancato da un tavolino su cui era poggiato un catino.
L’unico
affaccio all’esterno era una finestra incassata profondamente
nel muro e munita di sbarre da cui riusciva a penetrare la luce del
giorno. Avvicinandosi
Eragon vi poté scorgere uno spicchio di cielo azzurro.
Nuvole bianche lo
attraversavano veloci. Il suo pensiero andò a Saphira. Con
un brivido ricordò
di aver sentito il suo grido di dolore attraverso il loro legame e come
quel
dolore lo avesse paralizzato. Doveva uscire di lì al
più presto. Ma come! Sentiva
le braccia e la testa pesanti e faceva fatica a concentrarsi. Si
passò una mano
sulla tempia dove era stato colpita dal soldato, era gonfio e caldo al
tatto,
presto si sarebbe formato un ematoma. In quelle condizioni non sarebbe
andato molto
lontano. Si trascinò verso pagliericcio crollandovi esausto,
senza alcun motivo.
Si girò
un paio di volte colto dal
un’inquietudine improvvisa. Murtagh era rimasto solo con la
regina ed Eragon
era preoccupato per lui, Isobel conosceva Galbatorix e lo aveva
chiamato suo servo.
Che cosa voleva dal fratello? Prima di chiudere gli occhi il suo ultimo
pensiero andò ad Arya, almeno lei era al sicuro tra la sua
gente.
*
*
*
Arya
attraversò la città accanto al re, un budello di
case che si inerpicavano in alto fino a una grande fortezza in cima
all’altura
che sovrastava il porto. Le case erano basse, di uno o massimo due
piani e
costruite di mattoni. Al loro passaggio alcune finestre si aprirono e
si
intravidero i volti dei loro abitanti.
Guardandosi
intorno tutto le sembrava nuovo ma allo
stesso tempo familiare; era difficile pensare agli Elfi come a dei
costruttori
ma soprattutto non si era mai resa conto di quanto la magia dei draghi
avesse
trasformato e forgiato la loro razza. Guardando ora quel popolo poteva
leggervi
ancora la loro fierezza ma le mancavano quelle caratteristiche che le
erano
valse la fama di stirpe leggendaria.
Il
re accanto a lei vide tutto questo riflesso nei suoi occhi.
-
Ho visto tante volte quello sguardo negli occhi degli
umani. Non giudicarci per questo -
-
Non era mia intenzione offendervi Maestà. Solo mi
riesce difficile pensare agli elfi come creature mortali -
Il
re annuì mesto, erano infine arrivati ai cancelli
della fortezza e presto ne raggiunsero il suo cuore. Arya non aveva mai
visto
un insieme di volte e porticati e una ricchezza di decorazioni prima
d’ora.
-
Questo Arya svit-kona, è il nostro
quartier generale. Da quando abbiamo
scoperto che la magia esisteva ancora, abbiamo messo insieme tutti i
nostri
studiosi per cercare di recuperare l’uso
dell’antica lingua. Qualche progresso
lo abbiamo ottenuto, ma il lavoro è l’ungo e
costellato di insuccessi. -
Guardò
Arya con occhi pieni di speranza.
-
Ma se tu ci insegnerai, forse avremo qualche possibilità in
più per sconfiggere
Isobel -
Arya
incominciò a girare lenta fra le scrivanie, si
fermò davanti ad un giovane
intento a scrivere qualcosa.
-
Posso? - gli fece con gentilezza. L’elfo si alzò
dal suo lavoro e gli porse il
libro. Arya iniziò a leggere alcune righe. Lo studio era
incentrato sulla
parola ramo, e il modo in cui poteva esser utilizzato.
-
Dimmi tu sai usare la magia? -
-
Sì - gli fece subito il ragazzo.
-
Ed hai sperimentato tu tutto quello che hai scritto? -
-
Certamente…-
Arya
gli sorrise con dolcezza.
-
Hai
fatto un buon lavoro. - L’Elfa era
veramente impressionata e ritornò dal
re che la stava aspettando alla porta.
-
Sarà un onore per me istruirli, e se ci raggiungeranno anche
Eragon e Murtagh,
potremo prepararli per ogni tipo d’attacco. -
Il
re sembrò soddisfatto. Poi una giovane si
avvicinò a loro.
-
Arya svit-kona Alicia ti mostrerà i
tuoi alloggi. Chiedile pure tutto
ciò che desideri. -
La
ragazza le sorrise - Sono a vostra completa disposizione, mia signora -
gli
fece subito la giovane.
-
Ti ringrazio per l’ospitalità, Maestà.
Spero di riuscire a vedervi più tardi. –
Alicia
l’accompagnò nella sua stanza. Nonostante le sue
insistenze Arya ottenne di rimanere sola. Apparentemente al sicuro, in
quel
momento Arya si sentì più che mai vulnerabile.