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Autore: stefy_81    12/07/2022    1 recensioni
"Era l’alba di un nuovo giorno quando tre piccole imbarcazioni raggiunsero la spiaggia dorata sotto il promontorio dove si trovava il giovane Reafly. Era un ragazzo di appena tredici anni, i capelli rossi incorniciavano un volto delicato sostenuto da penetranti occhi verdi e uno sguardo vivace di chi è in cerca di rivalsa."
Eragon e Saphira hanno lasciato Alagaesia per sempre come aveva predetto Angela. Nuove ed emozionanti avventure attendono il giovane caliere !
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Arya, Eragon, Murtagh | Coppie: Eragon/Arya
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Jill sentiva di stare andando lentamente alla deriva. Era stata sballottata qua e là senza che nessuno le avesse chiesto cosa lei avrebbe voluto fare. Dopo essersi separata dai Cavalieri aveva seguito una giovane ancella in una serie infinta di corridoi e stanze fino a giungere di fronte ad una grande porta di legno laccata di rosso e intarsiata con elementi florali. Varcato il portone percorsero un’altra serie di corridoi e stanze simili alle precedenti fino ad arrivare a un piccolo studiolo dalle pareti completamente affrescate e arredata con poltrone e tappeti. Al contrario dei Cavalieri la ragazza non le rivolse una parola ma a Jill non dispiacque stare in silenzio. Quando infine fu lasciata sola prese un profondo respiro e si rilassò per la prima volta da quando si era svegliata.

Senza nulla da fare iniziò a girare per la stanza e gli affreschi sulle pareti attirarono presto la sua attenzione. Occupavano la superficie dal pavimento fin sopra al soffitto Su ognuna di loro vi era riportata una carta geografica. Una in particolare le parve molto familiare. Si avvicinò alla parete e scorrendo sui nomi delle città riconobbe tra tutti quello di Uru’ben, l’unico posto che ricordava del suo passato. Jill notò con un certo stupore che l’effige sopra il nome era un drago nero avvolto su mura turrite. Fece scorrere rapidamente gli occhi in basso, sul cartiglio al centro della cornice, dove era posta la scritta Alagaësia. Jill emise un sospiro carico di rabbia, tutto il resto dei nomi continuavano a non dirle nulla. Si girò allora ad osservare il resto dei dipinti sulle altre pareti. Si soffermò sui tanti nomi segnati e il suo sguardo indugiò sulla dovizia di particolari usati dal disegnatore per caratterizzare ognuno di quei luoghi. Dopo quello che a Jill sembrò un’infinità di tempo la porta si aprì e un’ancella, diversa dalla precedente, entrò con un vassoio su cui erano stati poggiato biscotti e un qualche tipo di infuso caldo.

Jill non trovò nient’altro da fare che mangiare ciò che le era stato offerto. Si sedette su una delle poltrone e iniziò a sorseggiare la bevanda. Prese anche dei biscotti accorgendosi, nel mangiarlo, di essere affamata. Improvvisamente sentì le membra del corpo farsi pesanti. Senza che se ne accorgesse la tazza le scivolò tra le dita e cadde in sonno profondo.

Non passò molto tempo che nella stanza entrò la regina Isobel. La donna si avvicinò lentamente a lei e la scrutò dalla testa ai piedi come se fosse stata un insetto sotto una lente di ingrandimento.  

Quella ragazza non sarebbe dovuta sopravvivere eppure era lì di fronte a lei. Contro le sue aspettative il più giovane dei Cavalieri era riuscito a salvarla dalla morte a cui l’aveva condannata. Anche la perdita di memoria dovuta a gli ultimi residui del suo incantesimo sarebbe svanita molto presto ma Isobel aveva con sé altre frecce alla sua faretra e avrebbe trasformato in un vantaggio anche questa loro piccola vittoria

 

***

Arya venne destata da due mani ruvide che la scuotevano delicatamente per un braccio. Aprì gli occhi si trovò davanti il sorriso sereno di un vecchio elfo, il suo viso imbrunito dal sole era attraversato profonde rughe.

- Siamo quasi arrivati mia Signora -

Arya scansò via la coperta che le era stata data per coprirsi e uscì fuori all’aria fresca.
Il cielo sopra la sua testa era ancora avvolto dalla coltre scura della notte mentre all’orizzonte già si intravedevano i primi raggi del sole inibiti da una fitta nebbiolina che girava tutta intorno alla nave. Arya fece un breve giro del ponte e tornata alla prua guardò di fronte a lei. Il vento le aveva scompigliato i capelli e con un gesto distratto scansò via una ciocca che le si era appiccicata sulla fronte. Fu allora che scorse le luci tremolanti provenienti dal porto. Dall’alto udì la voce del capitano della nave che dava ordini a un gruppo di marinai per la esecuzione della manovra di attracco. L’elfo aveva notato la sua presenza e alzando una mano in segno di saluto scese il ponte per raggiungerla.

- Spero la traversata sia stata di vostro gradimento e che siate riuscita a riposare- le chiese l’Elfo nella tradizionale cortesia del loro popolo

- La ringrazio capitano, il viaggio è stato gradevole -

La nave su cui stava viaggiando era stata sulle loro tracce da giorni. Il capitano li avrebbero già intercettati prima se non li avessero persi di vista durante una delle burrasche che aveva colpito lo stretto tra le due terre di Zàkhara e Anthera. Quando riuscirono a scorgerli nuovamente avevano già attraccato sulle coste dei loro nemici. Una volta appreso che i due cavalieri e i loro draghi erano oramai dalla regina il capitano aveva insistito affinché almeno lei fosse messa in salvo. Ad un elfo sorpreso sul suolo di Zàkhara, infatti, aspettava la condanna a morte. Arya non avrebbe mai accettato di lasciare tutti indietro, ma Jill l’aveva convinta ad accettare il loro aiuto. Avrebbe avvisato lei Eragon e Murtagh e con Saphira e Castigo l’avrebbero raggiunto entro la sera. Ma i suoi amici non si erano fatti vivi ed ora sentiva un incolmabile vuoto.

Dalla vedetta, in alto, venne lanciato il segnale di arrivo, il suono del corno vibrò nell’aria seguito da un secondo, proveniente dalla costa.

- Tra poco sul ponte ci sarà un bel da fare, le consiglio di ritornare alla sua cabina, Arya Svit-kona. Quando sarà tutto finito verremo a chiamarla - la informò il capitano.

Arya annuì ed entrò di nuovo nella plancia della nave.

Quando le navi entrarono nell’area del porto, furono gettate le ancore. Sul ponte era un tirare di corde nodi e manovre, tutto si concluse nel giro di mezz’ora poi gli Elfi si preparano a scendere.

Ad attenderli a terra era il re Aron e il suo seguito di dignitari. La sua postura era curvata dal peso degli anni. L’Elfo si reggeva su un bastone di legno e i suoi occhi un tempo vigili e fieri guardavano con malinconia la giovane che le stava di fronte. Arya si inchinò ma il re la fece subito alzare prendendole la mano con il braccio libero.

- È una gioia per me e un onore incontrarvi Arya Svit-kona. Attendavamo da secoli il ritorno dei discendenti di coloro che patirono per le terre al di la del mare- Gli occhi indugiarono alle sue spalle ma non c’era stato nessun altro a parte lei il suo volto si rabbuiò.

- I nostri esploratori avevano avvistato tre navi. Dove sono i tuoi compagni e i due draghi che erano con voi? -             

Il volto di Arya si contrasse in una smorfia - Sono rimasti su Zàkhara, Maestà, sono preoccupata per quello che potrebbe succedergli -

- Lo so, la tua compassione è degna di lode. Ma prima ci sono delle cose che devi sapere riguardo al nostro popolo. Poi penseremo a come aiutare i tuoi amici. Non temere abbiamo i nostri informatori nel cuore della capitale, non sono soli. – lo rassicurò il vecchio Elfo.

- Seguimi e lascia che ti mostri prima come abbiamo riscoperto i nostri poteri –

Arya guardò gli occhi enigmatici del sovrano valutando la bontà delle sue parole. Non c’era traccia di inganno o di menzogna. Malgrado l’urgenza di sapere cosa era successo ai suoi amici l’Elfia lo seguì.    

***

Murtagh si svegliò alle prime luce alba, aveva dormito si e no qualche ora e il suo sonno era stato costellata da incubi. Andò a sciacquarsi il viso con dell’acqua fredda in cerca di sollievo ma non servì a molto. Si vestì e uscì dalle sue stanze. Indugiò solo un attimo di fronte alla porta delle camere dove era alloggiata Eragon prima di passare oltre. Nonostante desiderasse più di ogni altra cosa riappacificarsi con il fratello non era ancora disposto a scendere a compromessi con lui.  Il suo scopo in quel momento era trovare Jill e assicurarsi che stesse bene. Chiuse gli occhi e si concentrò sul suo viso. La mente del Cavaliere cominciò a vagare tra la miriade di coscienze che era presenti nel palazzo e si sorprese nello scoprire che fosse popolato da così tante persone. Quando infine percepì la sua presenza, qualche minuto dopo, aprì gli occhi e si diresse in direzione della ragazza.

Nel suo vagare apparentemente senza meta tra i corridoi del palazzo Murtagh incrociò diversi abitanti che lo osservarono incuriosito. Alcuni di loro lo avevano riconosciuto come lo straniero arrivato il giorno precedente, altri lo ignorarono completamente, intenti nei loro doveri giornalieri. Quando le persone iniziarono ad essere più rade improvvisamente percepì un cambiamento nell’aria. Si guardò intorno e la sua attenzione venne catturata da una grande porta laccata di legno rosso finemente intarsiato. Sembrava che tutti se ne tenessero a debita distanza, ma Jill si trovava da qualche parte dietro quella porta. Murtagh si avvicinò alla porta con cautela ma appena la sua mano toccò la maniglia la ritrasse come scottato da qualcosa.

- Magia- sussurrò appena.

L’aveva sentita chiara e limpida come ora vedeva il rosso della lacca. C’era qualcosa di terribilmente sbagliato in tutto questo e in quel momento si pentì di non aver chiamato il fratello.  

Cercò di raggiungere Castigo, ma la mente del drago era stranamente chiusa. Stava per tornare da Eragon per informarlo di quanto aveva scoperto quando la porta si aprì e comparve Aglaia. Era l’ancella della regina che li aveva serviti la sera precedente. Era una ragazza alta dal corpo flessuoso. I capelli lunghi erano raccolti in una coda alta ad eccezione di due ciocche che le incorniciavano il volto. Aveva il naso aquilino e due grandi occhi chiari e sopracciglia fine e arcuate. La ragazza non sembrò sorpresa nel vederlo. Si chiuse la porta alle spalle e prendendolo sotto braccio lo fece allontanare. 

- Gli ordini di Isobel erano di aspettarmi nelle vostre camere insieme a tuo fratello, non è prudente girare nel palazzo solo. - disse con un tono di rimprovero. Murtagh ebbe la netta impressione che lo stesse trattando come bambini e si liberò dalla sua presa.

- Qualcosa non va? – chiese Aglaia nel notare il suo sguardo infastidito. Murtagh rimase interdetto di fronte alla sua calma.  

- Vorrei solo sapere – chiese con tono innocente – che tipo di magia viene praticata dietro questa porta – questa volta Murtagh lesse un guizzo di sorpresa negli occhi dell’ancella che portandosi l’indice alle labbra gli fece segno di tacere.

- Queste sono le stanze private della regina, a nessuno è permesso entrarvi o conoscere suoi segreti, a meno che non si è stati invitati. –

- Non hai risposto alla mia domanda - la incalzò Murtagh. Punta sul vivo Aglaia lo fulminò con uno sguardo.

- Questo non è né il luogo né il momento adatto per questo genere di conversazione- disse irritata da qualcosa che Murtagh non seppe dire. - Non mi è permesso parlarne liberamente, lo capisci? – riprese con voce più intensa- a quello parole Murtagh sentì lo stomaco serrarsi in una dolorosa morsa.

- Ti ha fatto giurare nell’antica lingua, non è così? - disse guardandola ora come se la vedesse per la prima volta. La sua non era stata una domanda ma una affermazione. Aglaia annuì comunque.

- Io e mio fratello dobbiamo andarcene via da qui il prima possibile- disse rivolgendosi più che altro a sé stesso.

- Lo farete ed io vi aiuterò, ma adesso devi continuare a fingere di non sapere. -

- Perché dovrei fidarmi? –

- Non posso darti il perché ma ti fiderai comunque, non hai scelta. - Murtagh sapeva che aveva ragione.

Tornarono ai loro alloggi e trovarono Eragon ad attenderli fuori dalla stanza. Man non era solo. Xavier stava affabilmente chiacchierando con lui. - Finalmente eccoti Murtagh, tu ed Eragon dovete seguirmi. La regina vi attende. -

Aglaia lo guardò interdetta, apprendeva quella notizia solo adesso. – Perché non sono stata informata? – chiese al capitano. Xavier non le prestò molta attenzione - Ordini di Isobel - rispose - Inoltre vuole che tu ti occupi dei nuovi arrivati al reparto dei rifornimenti - Aglaia incassò il colpo e annuì trattenendo a stento la sua delusione - Comunica alla regina che sarà fatto Xavier. -

Era un compito che anche le più semplici ancelle avrebbero potuto fare. Questo poteva solo significato che Isobel non la voleva coinvolta. Guardò un’ultima volta i cavalieri e si congedò.

Xavier si rivolse ai due cavalieri – Andiamo, vi accompagno –

Mentre camminavano Murtagh cercò lo sguardo del fratello. Eragon aveva notato il suo disagio gli si affiancò Cosa c’è Murtagh? chiese attraverso il legame mentale.  

Avevi ragione tu Eragon…  Murtagh esitò un attimo, ora che doveva parlare gli era difficile ammettere i suoi errori.

Cosa vuoi dire?.

Su Isobel. È in grado di usare la magia e chissà su cos’altro ci ha mentito

Questa volta Eragon si girò a guardarlo rallentando appena il passo per la sorpresa.     - Che cosa facciamo? - gli chiese solo. Murtagh gli fu grato per non aver detto nulla riguardo alla loro discussione.

Per ora andremo a questo banchetto. Poi escogiteremo qualcosa.     

Murtagh sentì che Eragon voleva fargli altre domande a riguardo ma Xavier interruppe la loro conversazione.

- Siamo arrivati -

I fratelli venero introdotti all’interno di una sontuosa aula ovale. Il centro era occupato da una tavola riccamente apparecchiata e ai suoi lati gli altri invitati al banchetto stavano già chiacchierando. Per un attimo tutti si fermarono a guardarli, poi uno di loro si staccò dal gruppo e andò incontro a Xavier

- Capitano avete portato i Cavalieri - a quel punto gli altri ripresero a chiacchierare.

- È un piacere conoscervi! – li salutò l’uomo corpulento e gioviale.

Un po’ imbarazzati i due ragazzi gli strinsero la mano. L’uomo continuava a guardarli con crescente interesse - Sembra che la regina vi farà un grande onore oggi -

- Può bastare adesso Bale - lo fermò Xavier cercando di contenere il suo entusiasmo.     

- Benvenuti a tutti miei graditi ospiti - La voce di Isobel arrivò alle orecchie di tutti in maniera chiara grazie alla particolare acustica della sala. - Potete prendere posto, Cavalieri per cortesia sedetevi pure accanto a me - I ragazzi si guadarono negli occhi e andarono a sedersi.  

Al lato della sua sedia vi era un campanello. La regina lo prese e lo fece suonare, dalle porte laterali tre file di camerieri entrarono e servirono le prime pietanze. Venne anche portato del vino e i camerieri avevano il compito di riempirli in modo che non fossero mai vuoti. Isobel era una eccellente oratrice e intrattenne tutti con storie e aneddoti della corte. Si incuriosì molto quando Eragon declinò con gentilezza i piatti contenti carne e coinvolgendo tutti volle sapere il perché di questa scelta.

Durante tutto il pranzo Murtagh lanciò sguardi preoccupati di verso Eragon. Tutte quelle chiacchiere e il vino stavano avendo un effetto stordente su di lui e lo stesso stava accadendo ad Eragon.

Il banchetto terminò nel primissimo pomeriggio. Ad un cenno di Isobel uno ad uno tutti gli invitati si congedarono e i due cavalieri si trovarono da soli con la regina.

Improvvisamente come un lampo a ciel sereno un ruggito di rabbia risuonò nella testa di Murtagh. Il ragazzo non ci misero molto capire che provenivano da Castigo. Si alzò di scatto dalla sedia ma il vino doveva aver abbassato i suoi riflessi perché sentiva mente intorpidita.

Questo torpore non può essere causato solo dal vino pensò Murtagh allarmato. Era stato anche drogato. Un sorriso affiorò sulle labbra di Isobel.

- Qualcosa non va mio giovane Cavaliere? - Murtagh guardò allarmato verso Eragon. Il fratello non si era mosso dalla sua sedia, a differenza sua sembrava essersi completamente bloccato e lo sguardo era sofferente. Murtagh si costrinse ad accantonare per il momento le sue preoccupazioni per Castigo, il suo compagno se la sarebbe cavata e si concentrò con tutte le sue energie per rimanere vigile.

- Rimettiti seduto - ordinò con voce aspra. Murtagh crollo di uovo sulla sedia.

- Che cosa significa tutto questo Isobel - disse Murtagh pronunciando il suo nome con disprezzo. Isobel sostenne il suo sguardo e alzandosi in piedi si mise accanto a lui. Gli passò la mano affusolata sul viso e lo costrinse ad alzare il volto verso di lei. – Ancora non lo hai capito? Credevo che come servo di Galbatorix tu fossi più in gamba - al nome del tiranno anche Eragon si girò verso il fratello. Murtagh sentì il suo sguardo che lo cercava e si costrinse a guardare verso Isobel.

- Galbatorix è stato sconfitto ed io sono ormai libero da ogni legame con lui - disse rigettando con tutto sé stesso la sua vita passata.

- Si lo so, sono venuta a conoscenza della tua ribellione. Voi due siete la causa per cui ho perso un grande maestro e alleato -

- Ti illudi se pensi che Galbatorix ti considerasse un alleato. Lui aveva solo servi -

Isobel rise - Tu ti riferisci ai rinnegati guidati da tuo padre. Sei tu che ti illudi se pensi che mi possa paragonare a loro. -

Nel mentre Eragon era riuscito a radunare un po’ di forze. - Che cosa hai fatto a Saphira! – disse con voce tremante.

Isobel si girò verso di lui, infastidita – Starà bene se non farai mosse azzardate - gli rispose con un ghigno maligno.

- Questo comprende ogni forma di magia, anche quella che non fa uso dell’antica lingua - disse anticipando le intenzioni del giovane. Eragon serrò i denti quando venne raggiunto da una nuova ondata di dolore – Non la userò ma falli smettere! -   Isobel alzò una mano e i volto di Eragon si rilassò appena.  

- Ora che ho la vostra attenzione mie giovani cavalieri vi darò un consiglio. La magia non è una conoscenza da condividere con tutti –

- Questo è certo - rispose Murtagh. Isobel ignorò il suo commento carico di odio e continuò a parlare

- Quando ieri vi ho visto per la prima volta non avevo compreso a pieni il vostro valore. Per questo ho inviato uno dei mie a fare visita al vostro campo. Non potevo permettere che ve ne andaste liberi sulle mie terre. Il suo compito doveva essere quello di uccidere le due donne facendo ricadere la colpo sugli elfi oscuri -

- Non c‘è mai stata un’incursione, non è così? Sei sempre stata tu fin dall’inizio - l’accusò Murtagh. La regina lo guardò con accondiscendenza.

- Vorrei potermi prendere il merito di tutto, ma non posso. Una nave elfica è stata avvistata sulle nostre coste, la vostra principessa è con loro adesso. - disse con una vena disappunto nella voce. – ma nella loro miopia hanno deciso di salvare solo quelli della loro razza lasciandomi qualcosa di molto più importante, le vostre preziose uova. È stato sciocco mentirmi sulla loro presenza - disse rivolta direttamente ad Eragon.

- Ti avrei perdonato la somiglianza con gli Elfi, ma tenermi nascosto questo è inaccettabile. -

Mentre la regina parlava una decina di soldati fecero irruzione nella sala con le armi sguainate. 

- C’è un elfo qui, ha cercato di attentare alla mia vita - disse indicando Eragon.  

Come se lo vedessero per la pria volta le guardie puntarono le armi contro il cavaliere disarmato. Con la punta di una spada puntata al collo Eragon fu costretto ad alzarsi dalla sedia mentre altri due guardie lo presero per le braccia. Lottò contro di loro strattonando per liberarsi ma un terzo lo colpì alle tempie con l’impugnatura della spada tramortendolo. Le guardie lo afferrano prima che cadesse a terra.

- Portatelo via – ordinò alle guardie Isobel.

Accanto a lui Murtagh serrò i denti impotente. Aveva le braccia e le caviglie bloccate saldamente alla sedia da legacci invisibili.

– Cosa vuoi da noi? –

- Cosa voglio da te, vorrai dire? –

- Non capisco – lo guardò cupo il ragazzo.

- Murtagh, Murtagh. Galbatorix mi ha parlato molto di te, al contrario sembra proprio che tu non sappia nulla di me. – il silenzio del cavaliere era eloquente e la regina sorrise sodisfatta.

- Seguimi, ti mostrerò qualcosa di interessante. –

Murtagh sentì la pressione intorno alle gambe allentarsi quel tanto da permettergli di alzarsi e seguì Isobel in completa balia degli eventi. Attraversarono la porta che accedeva alle sue stanze private e Isobel lo portò nella sala dove la sera prima c’era stata Jill. Murtagh trasalì nel vedere la mappa di Alagaësia disegnata nei minimi particolari. La regina sorrise trionfante.

- Questo è il mondo disegnato dai miei cartografi. Quando raggiunsero la vostra terra Galbatorix rimase molto sorpreso nell’apprendere della nostra esistenza. Venne qui diverse volte quando erano ancora in vita i rinnegati. Mi insegnò tutto quello che sapeva sulle arti magiche e lasciò alcuni dei suoi maghi a seguire la mia istruzione. Fu in una delle sue ultime visite che mi promise un cucciolo di drago con il quale con il quale avrei sconfitto i miei nemici. -

Un drago, Murtagh scosse la testa a quella possibilità - Galbatorix non faceva nulla senza un tornaconto personale, cosa ha chiesto in cambio? – Chiese. Isobel gli sorrise

- Hai ragione. Avevo qualcosa di molto prezioso per lui. Due giovani Ra’zac. –

Isobel vide lo sguardo impietrito di Murtagh e soddisfatta continuò il suo racconto.

- Li salvai ancora cuccioli sui monti ai confini delle terre selvagge e da allora mi considerano la loro madre. Galbatorix ne era rimasto affascinato ma sapeva meglio di me che dovevano passare ancora alcuni anni prima che la loro trasformazione fosse completa e insieme decidemmo di attendere. Con la sua morte improvvisa, come ben sai, il nostro accordo sfumò. –

Murtagh registrò le parole di Isobel nella sua mente cercando di dargli un senso. Sapeva che Galbatorix gli aveva tenuto nascoste delle cose ma non avrebbe mai immaginato un segreto del genere.

- Puoi immaginare la mia sorpresa quando ho scoperto cosa avevate. Le stesse persone che mi avevano tolto tutto mi portavano su un piatto d’argento ben quattro uova. Molto più di quanto mi era stato promesso! –

La regina fece una breve pausa prima di riprendere a parlare - Presto avrò una nuova generazione di draghi al mio servizio e tu mi aiuterai a crearla - aveva alzato la voce fino a diventare un selvaggio grido di trionfo.   

Murtagh ascoltava le sue parole mentre il cuore gli batteva forte nel petto.

- Se accetto di servirti che cosa succederà? -

La domanda di Murtagh spiazzò Isobel che lo guardò sorpresa.

- Che cosa vuoi dire? Devi essere più specifico –

- Se accetto di servirti lascerai libero Eragon? –

Isobel girò intorno al Cavaliere e si fermò dietro alle sue spalle

- Se lo vuoi la sua vita sarà salva. Ma liberarlo…- Isobel aveva avvicinato la bocca al suo orecchio

- Non sono una sciocca. Mi ricordo che Saphira era importante per Galbatorix è lo sarà anche per me. –

Murtagh respirò piano la mente cominciò a girare vorticosamente. Era appena uscito dalla schiavitù di Galbatorix ma la sua influenza ancora lo perseguitava. Se voleva avere qualche possibilità di liberare il fratello avrebbe dovuto giocare con le sue stesse carte e sarebbe stato costretto a servire un tiranno.

- Rispondi ora a una mia domanda. Perché continui a difendere qualcuno che non ha fatto altro che portarti miseria e sofferenze? –

- Eragon è mio fratello. –

- Certo, lo so. La famiglia non si sceglie ma possiamo prendere le distanze da loro se minano alla nostra felicità. Lascia che ti mostri le conseguenze del suo ultimo gesto –  

Batté le mani e poco dopo Jill comparve nella stanza. Il suo sguardo si posò su Murtagh e il ragazzo ebbe un moto di gioia quando vide un segno di riconoscimento nei suoi occhi poi lei si inchinò di fronte a loro.

-Sì Maestà, desiderate? -

-Jill, ti ricordi di Murtagh, il Cavaliere del Draghi di cui eri innamorata. Devi sapere che ha accettato di aiutarci nella battaglia contro gli Elfi oscuri -

- Certo mia Signora -

- Vorrei che tornassi ad essere la sua compagna e compiacere ogni suo desiderio, merita tutta la nostra gratitudine –

- Farò tutto il possibile. – sussurrò lei ancora con la testa china.

Murtagh prese Isobel sotto il braccio e la portò da una parte. Lei lo lasciò fare senza scomporsi. – Lei devi lasciare fuori da questo – Allora Isobel lo guardò con compassione – Tuo fratello ha eseguito un incantesimo maldestro. La sua mente era troppo sconvolta per tornare come prima. – Murtagh strinse i pugni, non credeva minimante alle sue parole ma non poteva negare il fatto che al suo risveglio Jill ricordasse a malapena il suo nome.

- Tu hai cercato di ucciderla –

- Sì, e sono stata io stessa a confessartelo. Ma questo prima di capire quanto fosse importante per te questa donna -

Murtagh non disse nulla e Isobel continuò - So che c’era qualcosa tra voi. L’ho visto quando ho indagato nella sua mente. Non posso cancellare quello che le ha fatto Eragon. Posso solo fare in modo che torni a provare quei sentimenti. –

Murtagh guardò Jill, il terreno sotto i suoi piedi stava lentamente scivolando via come sabbie mobile. In quel momento era la sua ancora di salvezza e l’afferrò con tutte le sue forze. – Va bene Isobel accetto -

Le andò vicino e prese con delicatezza le mani per farla alzare.

Isobel sorrise nel guardarli l’uno accanto all’altra – Hai fatto la scelta giusta Murtagh - 

* * *

Eragon venne condotto lungo una scala che girava intorno al perimetro di una delle torri della cittadella. Era ancora stordito dal colpo ricevuto in testa e a malapena si rese conto di dove lo stavano portando. Raggiunta la cima della torre i due soldati che lo tenevano per le braccia lo spinsero dentro una cella e, senza alcun preavviso, gli assestarono un calcio alle ginocchia. Lui crollò a terra boccheggiante. - Questo è per tutti i compagni caduti nella vostra guerra sporco elfo - sibilò il soldato piegandosi su di lui e sputandogli in faccia. La porta di ferro venne chiusa alle sue spalle con una serie di chiavistelli; i mandanti emisero un cigolio sinistro mentre la porta veniva serrata. Eragon si pulì il volto con la manica e si rimise lentamente in piedi. Con un breve sguardo analizzò l’ambiente in cui si trovava. Le pareti erano di un bianco sporco, un pagliericcio rivestito di tela era stato sistemato ad un angolo affiancato da un tavolino su cui era poggiato un catino.

L’unico affaccio all’esterno era una finestra incassata profondamente nel muro e munita di sbarre da cui riusciva a penetrare la luce del giorno. Avvicinandosi Eragon vi poté scorgere uno spicchio di cielo azzurro. Nuvole bianche lo attraversavano veloci. Il suo pensiero andò a Saphira. Con un brivido ricordò di aver sentito il suo grido di dolore attraverso il loro legame e come quel dolore lo avesse paralizzato. Doveva uscire di lì al più presto. Ma come! Sentiva le braccia e la testa pesanti e faceva fatica a concentrarsi. Si passò una mano sulla tempia dove era stato colpita dal soldato, era gonfio e caldo al tatto, presto si sarebbe formato un ematoma. In quelle condizioni non sarebbe andato molto lontano. Si trascinò verso pagliericcio crollandovi esausto, senza alcun motivo.  Si girò un paio di volte colto dal un’inquietudine improvvisa. Murtagh era rimasto solo con la regina ed Eragon era preoccupato per lui, Isobel conosceva Galbatorix e lo aveva chiamato suo servo. Che cosa voleva dal fratello? Prima di chiudere gli occhi il suo ultimo pensiero andò ad Arya, almeno lei era al sicuro tra la sua gente.     

* * *

Arya attraversò la città accanto al re, un budello di case che si inerpicavano in alto fino a una grande fortezza in cima all’altura che sovrastava il porto. Le case erano basse, di uno o massimo due piani e costruite di mattoni. Al loro passaggio alcune finestre si aprirono e si intravidero i volti dei loro abitanti.

Guardandosi intorno tutto le sembrava nuovo ma allo stesso tempo familiare; era difficile pensare agli Elfi come a dei costruttori ma soprattutto non si era mai resa conto di quanto la magia dei draghi avesse trasformato e forgiato la loro razza. Guardando ora quel popolo poteva leggervi ancora la loro fierezza ma le mancavano quelle caratteristiche che le erano valse la fama di stirpe leggendaria.

Il re accanto a lei vide tutto questo riflesso nei suoi occhi.

- Ho visto tante volte quello sguardo negli occhi degli umani. Non giudicarci per questo -

- Non era mia intenzione offendervi Maestà. Solo mi riesce difficile pensare agli elfi come creature mortali -  

Il re annuì mesto, erano infine arrivati ai cancelli della fortezza e presto ne raggiunsero il suo cuore. Arya non aveva mai visto un insieme di volte e porticati e una ricchezza di decorazioni prima d’ora.  
- Questo Arya svit-kona, è il nostro quartier generale. Da quando abbiamo scoperto che la magia esisteva ancora, abbiamo messo insieme tutti i nostri studiosi per cercare di recuperare l’uso dell’antica lingua. Qualche progresso lo abbiamo ottenuto, ma il lavoro è l’ungo e costellato di insuccessi. -
Guardò Arya con occhi pieni di speranza.
- Ma se tu ci insegnerai, forse avremo qualche possibilità in più per sconfiggere Isobel -
Arya incominciò a girare lenta fra le scrivanie, si fermò davanti ad un giovane intento a scrivere qualcosa.
- Posso? - gli fece con gentilezza. L’elfo si alzò dal suo lavoro e gli porse il libro. Arya iniziò a leggere alcune righe. Lo studio era incentrato sulla parola ramo, e il modo in cui poteva esser utilizzato.
- Dimmi tu sai usare la magia? -
- Sì - gli fece subito il ragazzo.
- Ed hai sperimentato tu tutto quello che hai scritto? -
- Certamente…-
Arya gli sorrise con dolcezza.
- Hai fatto un buon lavoro. - L’Elfa era veramente impressionata e ritornò dal re che la stava aspettando alla porta.
- Sarà un onore per me istruirli, e se ci raggiungeranno anche Eragon e Murtagh, potremo prepararli per ogni tipo d’attacco. -
Il re sembrò soddisfatto. Poi una giovane si avvicinò a loro.
- Arya svit-kona Alicia ti mostrerà i tuoi alloggi. Chiedile pure tutto ciò che desideri. -
La ragazza le sorrise - Sono a vostra completa disposizione, mia signora - gli fece subito la giovane.
- Ti ringrazio per l’ospitalità, Maestà. Spero di riuscire a vedervi più tardi. –

Alicia l’accompagnò nella sua stanza. Nonostante le sue insistenze Arya ottenne di rimanere sola. Apparentemente al sicuro, in quel momento Arya si sentì più che mai vulnerabile.

 

 

 

 

 

  
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