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Autore: Queen of Superficial    13/07/2022    0 recensioni
“C’è qualcosa di strano, qui,” disse il Carro, infilandosi la t-shirt alla rovescia.
“Il tuo senso estetico,” ribatté l’Eremita.
“Qualcos’altro. È nell’aria. È come se ci trovassimo fuori dal tempo canonico.”
“Quanta tequila ha bevuto?”, si informò prosaicamente il Sole.
“Non abbastanza, evidentemente,” ribatté Brian.
“Finitela, sono serio.”
“E da quando tu credi ai fantasmi, Zacky?”
Il Carro sfilò pensieroso dalle mani di Jimmy il romanzo russo e lo aprì ad una pagina a caso: quindi, diceva il libro, ieri agli stagni Patraršie lei ha incontrato Satana.
“Da tutta la vita,” rispose.
Genere: Mistero, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: The Rev
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Subito dopo il funerale di Sasha venne una tremenda tempesta.
Io e Jimmy saltammo fuori dalla sua auto e scivolammo sul selciato del viale di casa mia sotto la pioggia sempre più intensa; quasi ridemmo, scontrandoci nella fuga, e approdammo in casa zuppi d’acqua nonostante avessimo percorso solo pochi metri. Era una villa antica quanto l’America alla periferia di Huntington Beach, abbastanza vicina all’oceano da consentirgli di sfondare le finestre con il suo respiro incessante nei mesi più caldi. Lo guardai mentre faceva ripartire il contatore centrale con un cazzotto e si scrollava di dosso l’acqua in eccesso sopra un tappeto che Ausencia, la mia governante, non vedeva l’ora di dare alle fiamme; quando lui era in casa gli chiedeva istruzioni, gli sottoponeva questioni di economia domestica e lo faceva parlare con il giardiniere nella muta speranza che restasse per sempre. Quella donna minuta ed efficiente, che era già di mezza età quando io ero bambina, lo adorava in un modo sconsiderato; sapevo che le ricordava il figlio che aveva perduto molti anni prima in circostanze che lei non aveva voglia di spiegare e su cui io non indagavo per discrezione.
“Prima o poi dovremo fare qualcosa per questo maledetto contatore,” disse. Ausencia apparve da dietro un angolo. “Ma che bello avervi a casa tutti e due.”
Jimmy le rivolse un sorriso pieno di fascino: “Hola, mi amor.”
Tu mi amor. Levati quella maglia, ti prenderai un malanno. Hai fame? Forse meglio se preparo uno dei miei famosi borrachos per tutti e due. Come stai, mi niña? Hanno dato una degna sepoltura al vecchio corvo?”
Sospirai mentre lo guardavo sfilarsi i vestiti e depositarli nella cesta in attesa tra le braccia di Ausencia; mi fece segno di fare lo stesso e mi affrettai a obbedire. “Sai com’era fatto. Un funerale di stato.”
“Hai letto quel passo che volevi leggere?”
Stavo combattendo inutilmente con la chiusura dell’abito e le risposi solo quando Jimmy accorse ad aiutarmi con mano esperta. “Ho letto Tutto e niente di Borges, che fu scritto per Shakespeare. L’altro mi sembrava troppo intimo per darlo in pasto alla folla piangente.”
Lui era in ginocchio davanti a me e mi stava sfilando le calze; mi guardò e non disse niente, ma Ausencia era chiaramente soddisfatta della piega che avevano preso le cose.
“E le ragazze?”
“Sono tristi e frastornate.”
Y tu, muñeca?”
“Io sono preoccupata.”
“Sono trent’anni che sei preoccupata, non facciamone un dramma. Vado a mettere questi in lavanderia e a prepararvi da bere, voi nel frattempo fate un bel bagno caldo. Insieme, che fate prima.”
Jimmy era in mutande ed aveva le mie scarpe in mano: sorrise. Ausencia svoltò l’angolo e sparì.
“Sei inopportuna!” le urlai dietro.
“Sì, sì,” mi giunse la sua voce, “sbrigatevi! Se non tornate giù entro mezz’ora poso tutto in ghiacciaia e mi metto a recitare un Magnificat di ringraziamento.”
Scoppiai a ridere, una cosa che mi accadeva di rado. Guardai lui, che guardò me. Il mondo divenne uno sfondo sbiadito.

Il piano di sopra aveva una stanza da bagno con stucco veneziano alle pareti e un’enorme vasca proprio al centro; Jimmy, che da me si muoveva come e meglio che a casa sua, stava facendo correre l’acqua calda e il getto potente riempiva in fretta la cava blu dove ci saremmo ripresi dal freddo improvviso. Tolsi il reggiseno e sentii il suo sguardo posarsi su di me, denso e possessivo come un gesto; tenni gli occhi ostinatamente puntati oltre lo specchio vicino alla grande finestra, nella notte che avanzava in anticipo sul tempo e nella tempesta che minacciava di sfondare i vetri. La luce elettrica regolabile era già soffusa: l’intera stanza riverberava di romanticismo e desiderio. Tolsi anche gli slip e li buttai in un angolo. Nuda, afferrai una bottiglia dalla forma strana e rovesciai una generosa quantità di bagnoschiuma al fico nella vasca, che si riempì di bolle. Lui mi fissava incantato. Arrossii.
“Cosa fai, non li togli i boxer?”
Non si mosse ne parlò, ma in un modo così dolce che mi sorse spontaneo un sorriso; mi avvicinai con cautela e glieli tirai giù io. “Se abbiamo deciso di farci trattare come bambini da Ausencia, tanto vale che andiamo fino in fondo. Entra prima tu, scegli la parte che vuoi.”
Ma alla fine, una volta dentro, mi stesi su di lui e mi lasciai abbracciare.
“Eravamo senza dubbio bambini molto strani, io e te,” gli dissi.
“Posso darti almeno un bacio?”
Misi la bocca all’altezza della sua e annuii. Il bacio fu tenero e pericoloso, sistemarmi di conseguenza inevitabile, e per poco non rischiammo di fare qualcosa di molto stupido.
“Vedi perché non possiamo baciarci?,” gli dissi, a un passo dall’irreparabile, “perché baciarsi, per noi due, vuol dire dover fare l’amore subito. E non possiamo fare l’amore.”
Mi accarezzò come solo lui sapeva fare, con le mani e le labbra e il viso. Parlò sulla mia pelle, vicino alla mia bocca. “Perché hai così paura di una profezia, baby?”
“Perché nella vita ne ho viste accadere anche di più strane. E perché non posso perderti.”
“Non mi perderai.”
“Questo non lo sai.”
“Sì che lo so. So anche che non senti ragioni, però. E che pensi al fare l’amore con me come a un imperativo categorico, il che ovviamente mi fa molto piacere.”
“Sai anche che non è solo per la profezia, allora. La tua cartella clinica non è certo un mistero.”
Jimmy si accigliò brevemente e mi pizzicò un fianco.
“Io sono un uomo, piccola, non una cartella clinica. Non è che posso vivere trattenendo il respiro per tutto il tempo che mi resta, poco o tanto che sia. Nessuno può, e nessuno sano di mente vorrebbe.”
Mi girai nel suo abbraccio e gli appoggiai la schiena al torace; le sue mani sul mio seno non furono una provocazione né una dichiarazione di intenti, semplicemente un fatto.
“Va bene?”, mi chiese, pieno di premura.
“Certo che va bene.”
“Comunque,” disse, “se potessi scegliere modo e tempo morire, ora e qui non sarebbe affatto male.”
Sorrisi all’oscurità che avanzava. “Dammi un figlio almeno, prima.”
“Per poterti dare un figlio dovrei fare l’amore con te, mi duole informarti. Circostanza che, mi pare, almeno per il momento abbiamo escluso.”
Gli presi la mano che giocava con il mio seno e la baciai più e più volte.
“Sei davvero convinta che risolvere l’enigma di Sasha servirà a qualcosa?”
“Sì.”
“Quindi qual è il piano?”
“Il piano, per ora, è parlare con mia nonna. Aprire quei romanzi, portarli da lei, farci dire cos’è che non vediamo. Val sta facendo progressi con la lettura delle carte.”
Jimmy scoppiò a ridere. “È tutto così assurdo. Mi piace.”
Risi anch’io. Ausencia bussò alla porta: “Spero di interrompere qualcosa.”
“Solo il bagno.”
“Se non mi state facendo un pargoletto di cui prendermi cura uscite, siete lì dentro da un secolo. I drink sono serviti, vi ho fatto anche qualcosa da mangiare.”
Mi alzai controvoglia e lo rivolli addosso nell’istante in cui mi staccai dal suo corpo per infilare l’accappatoio; non era l’acqua ad avermi ridato calore alle ossa raggelate dal freddo e dal lutto, era lui. Lui che mi guardava, ancora abbandonato contro il bordo della conca blu; gocce d’acqua, vapore e occhi azzurri che tagliavano la superficie dura delle cose per andare al di là, sempre al di là. L’intricata mappa delle sue braccia. Le piccole cicatrici delle operazioni al cuore tra i tatuaggi sul torace. Tutto in lui era casa mia, l’unica a cui non riuscivo mai a fare a meno di tornare. Mi inventai un altro finale, un altro mondo. Rinnovai la mia promessa di credere all’incredibile pur di trovare un compromesso con Dio e tenerlo con me. Forse aveva ragione lui, dovevamo fare l’amore e sperperare il nostro tempo in un’assoluta e fragile felicità. Ma lui non vedeva quel che io stavo guardando in quell’istante, mentre si scrollava l’acqua dai capelli e si tirava su: un uomo amato oltre ogni lume della ragione che non avrei mai smesso di confondere con un dio, tanto da costruire per lui un’epica intera, da intridere ogni sua cellula di così tanta poesia da raddoppiarne, triplicarne il peso e l’impronta che avrebbe lasciato quando ora e qui non sarebbero più stati un’opzione per lui. Amore… il fragore dell’onda e la prima lama di luce che annuncia il giorno. Amore come una preghiera, un’invocazione, una necessità. Tu eri il vespro, il vespro e non la messa; eri il compieta e non l’elevazione. A messa si va pure senza fede, ma il vespro è veramente di chi crede. Mi alzò tra le braccia e girò su se stesso.
“È bello che ti preoccupi tanto per me, piccola. Ma adesso andiamo a bere qualcosa…”
“… che non potresti bere…”
“… che non potrei bere, ma berrò comunque insieme alla donna che vorrei tanto poter…”
Gli chiusi la bocca con le dita per impedirgli di finire la frase e gli sorrisi. “Andiamo.”

 

Se le follie si ripetono nella famiglia lo si deve al fatto che esiste una memoria genetica che impedisce che si perdano nell’oblio. —
 

Sul retro della villa c’era quello che Viola chiamava ‘il Passaggio’. Era una radura di biancospino e rose circondata da ogni parte da piante verdeggianti; sulla parete ovest della grande tenuta crescevano dei rampicanti più antichi della casa stessa ai quali generazioni di Grail avevano appeso, negli anni, ciondoli e ricordi dei giorni felici. Viola e Theodore, suo fratello, avevano trasformato lo spazio in un luogo di convivio; il gazebo, il tavolo, il dondolo, perfino l’altalena appesa all’immenso faggio poco lontano parlavano di loro, l’ultimo capitolo di una stirpe in cui il mistero era sempre stato risposta e mai domanda. Jimmy era seduto a torso nudo nell’aria di aprile ripulita dalla tempesta, con il viso al sole per non perdere il centro delle cose, lontano dalla protezione del gazebo; Ausencia cuciva all’ombra, in una vecchia sedia di vimini, e lo teneva d’occhio come la nonna e la madre che non aveva avuto il tempo di essere.
“Allora, mi niño?”
“Allora cosa, amorcito? È da quando sono arrivato che vuoi farmi domande, lo so, ma non ti decidi.”
Jimmy non aveva neppure aperto gli occhi per risponderle; Ausencia arricciò le labbra in un’espressione più concupiscente che materna — aveva sempre pensato che quell’incidente diplomatico tra l’America e l’Irlanda con gli occhi azzurri fosse dotato di un fascino discolo e innocente che lo rendeva irresistibile — e disse solo: “Non sempre le domande si devono fare, niño. Ad alcune si risponde con tutta la vita.”
Lui sorrise. “Mi fa bene al cuore questa cosa che mi chiami niño anche se ho quasi quarant’anni.”
“Cosa c’entra? Io ne ho quasi 75”
“Portati benissimo”
“E comunque che tu abbia messo il tuo coso in qualche decina di donne e fatto un po’ di soldi non fa di te un adulto. Sei sempre figlio a me, in un certo senso. E di essere figli si smette un po’ solo quando si diventa genitori.”
Questa volta lui scoppiò a ridere e si voltò a posare uno sguardo pieno di affetto sull’anziana.
“Che ne pensi di tutta questa storia, Ausie?”
“Di quale parte, mi amor? Bebé è sempre stata matta come un cavallo, da quando era piccolina. Ma questo lo sai già. Però io sono con la famiglia da prima che lei nascesse, e mentirei se ti dicessi che è la prima volta che vedo accadere cose che non stanno né in cielo né in terra.”
“È già successo?”
“Sono sempre stati sfortunati in amore, i Grail. Lei ha portato la rivoluzione. Il suo talento non sono le parole, ma la capacità di leggere anche quello che non dicono.”
“Quello che non dicono i libri?”
“I libri e le persone. Non so cosa pensi tu di lei, però. A parte che è bella come gli angeli e matta come Dio.”
Jimmy sospirò al bicchiere di limonata che aveva affianco.
“Con lei ho scoperto che, quando ami davvero una donna, è impossibile farti un’idea di chi è secondo te. La accogli e basta. La veneri. Desideri proteggerla da ogni male, e tutto di lei ti appartiene: il presente, il passato e il futuro. Non c’è niente che non sei disposto a fare. E non c’entra il fatto che sia fisicamente bella, lei è bella tutta. È bella perfino nel modo in cui odia le  poche cose che odia. Per esempio, le fave.”
Ausencia sorrise, ma quel che seguì la prese in contropiede.
“Perché non vuole fare l’amore con me, Ausencia?”
“Perché il vostro legame sta alla base di tutta quell’assurda teoria dei destini del Professore. E, se lui ha ragione, consumare affretterebbe la rovina.”
“Una sentenza di morte ce l’ho già, è tutto scritto nero su bianco da dottori in medicina. Se proprio devo andarmene, almeno che ne sia valsa la pena.”
L’anziana donna si strinse nelle spalle studiando un punto complicato del lavoro all’uncinetto che aveva in grembo.
“Ci dormi insieme. Bloccale i polsi sopra la testa e dille come stanno le cose. Cederà, perché lo vuole come lo vuoi tu.”
Jimmy si finse sorpreso: “Non è certo il tipo di suggerimento che mi sarei mai aspettato da te.”
“Non essere ridicolo, corazón. Il sesso è una cosa naturale. Privata, ma naturale. Ed è bene che accada fra due che lo desiderano, perché non si pensa lucidamente sennò. E poi tu sembri così sicuro di te. Come sai che la ami davvero?”
“So che la amo davvero perché mi trovo dentro un quadro metafisico senza capo né coda che non mi spiego e, anche se non sono mai riuscito a credere in Dio, non ho avuto un attimo di esitazione a credere in lei.”
“Allora fai quello che dice. Andate in Messico dalla bruja, portatele i vostri dubbi. Saprà dire qualcosa che io non so. Lo ha sempre fatto.”
“Viveva qui?”
“La señora Ananke? Poco. Comunque, quelle rare volte che c’era questa casa impazziva. Impazzivano gli oggetti, li si trovava ovunque. Una volta estrassi una collana di rubini dal forno acceso, nessuno seppe mai com’era finita lì. I bambini non potevano essere stati, perché erano tutti e due in collegio in Europa. E non è tutto. Impazzivano i libri. Impazzivano gli animali del bosco qui vicino e quelli dell’oceano oltre l’aranceto. Impazzivano gli uccelli, perdevano la rotta del cielo.”
Jimmy aveva preso una posizione d’ascolto dei tempi delle elementari, con la testa tra le braccia sul tavolo da picnic.
“Mi sembra quasi di riuscire a vederla, questa misteriosa nonna” disse, “si somigliano?”
“In alcune cose sì, molto. Per esempio, quando c’era lei qui c’era sempre anche il vecchio corvo. Il suo migliore amico, diceva.”
“E lo era?”
“Come tu lo sei per Viola.”
Jimmy sorrise interdetto, senza malizia: “Questa è una cosa molto delicata da dire, Ausie.”
“Lo so, dev’essere qualcosa nell’aria di qui che vi fa comportare tutti come degli stronzi smidollati.”
“Avrei detto come eroi di una qualche tragedia di Shakespeare.”
“È la stessa cosa.”
Lui rise. “Non farti sentire da Viola.”
“Comunque, sai che Ananke è un nome greco? Significa ‘la necessità, il fato’. È un nome che ha a che fare con l’inevitabilità. Quel che deve per forza accadere.”
“Ti prego, non torniamo sull’argomento.”
“Torniamoci, invece. Questa è una storia di generazioni di antropologi e linguisti che si sono uniti in matrimonio quasi esclusivamente con generali e nobili. Parliamo di donne come fiamme al vento. Anche sua madre, la figlia di Ananke, era così. Fragile, ma eterna. Queste femmine sono diamante o cristallo, ma in ogni caso riflettono una luce da cui è impossibile non essere abbagliati. Ananke e Mangrove erano sempre in giro per il mondo a studiare mitologie e antichi riti, ma c’era qualcosa quando li guardavo lavorare insieme alle loro ricerche chini sullo stesso tavolo che non si dimentica in quarant’anni. Le bionde dagli occhi striati come le tigri che produce questa discendenza sono la rovina di qualsiasi uomo perbene.”
Alzò lo sguardo su di lui, divertita: “Fortunatamente per gli uomini perbene, però, loro sembrano preferire compagni di un altro tipo.”
“Non so se è un insulto o un complimento.”
“Ti chiamo ‘mi amor’ perché lo sei, figlio mio. Sei il mio amore grande. E non ti dimenticare che sono stati gli uomini perbene a portare questo mondo allo sfacelo,” sentenziò, mettendo da parte il lavoro, “neanche Mangrove era un uomo perbene. Però sapeva il fatto suo, e in più di un’occasione io stessa sono stata testimone dell’efficacia delle sue assurde soluzioni ai problemi. E la mia señora bruja, se possibile, è anche più brava di lui. Comunque, il dio di questa casa non è mai stata lei.”
“E chi è stato?”
Ausencia fece un cenno vago verso la finestra del secondo piano.
“La tua ragazza è la dea incoronata di queste mura. Non c’è diamante più duro né spaccapietre più ostinato di lei. Se la nostra Viola del Pensiero vede una luce in fondo al tunnel, per quanto assurdo sembri, con l’aiuto di Dio e delle sue due braccia, vuol dire che c’è. Il corvo ha già fatto qualcosa, e Ananke saprà decifrare il resto ed indicarle la strada.”
“Secondo te funzionerà?”
“Deve. Perché se non funziona questo, non funziona niente. E io vi perdo entrambi. La mia bambina non sopravvive un giorno senza di te. E non è un timore, è una certezza.”
Jimmy respinse quel pensiero insopportabile con un colpo di tosse: “Sei un po’ bruja anche tu, non è vero?”
Ausencia non disse nulla: arricciò il naso e sorrise.

Fece le scale a due a due e arrivò nel lungo corridoio del piano di sopra. Si guardò intorno e fece caso al modo in cui l’aria si disponeva intorno alle cose in quella fragrante mattina di aprile; non era mai sveglio prima di lei, ma questa volta sì. I suoi sogni erano pieni di simboli e cifre che non sapeva interpretare. Ausencia e la limonata erano rimaste a scaldarsi di sotto; ogni soprammobile e quadro, ogni vaso di rose riluceva di un bagliore latteo, come se anche il corridoio fosse soltanto un sogno. Spinse la porta dolcemente e guardò i capelli di lei sparsi sul cuscino, il suo corpo sotto il lenzuolo, la quieta respirazione di fiore che aveva quando era immersa nel sonno. La stanza era in penombra, ma il buio era altrove ed i contorni dei mobili — e della donna — erano chiari e vicini. Si ricordò dell’uomo ineffabile con cui aveva passato tante sere dell’anno e mezzo precedente; la barba corta e curata, bianca come i suoi capelli, gli occhi vividi e accesi che sembravano sempre tornare da un’altra dimensione quando si posavano addosso a qualcuno. Il suo amato camino — inusuale, per la California, — e le pareti ingombre di libri, alcuni dei quali molto più vecchi di tutti e tre loro. “Devi capire, James,” diceva Mangrove nella sua memoria, “che esiste un ordine invisibile che regola le cose. In gran parte siamo noi stessi a definirlo, con le azioni e i pensieri di cui siamo la sorgente e che tornano misteriosamente negli anni, come evocati da una magia. Sai quando pensi ad un film in un determinato giorno, apparentemente casuale, e dai ricordi che ripropongono annualmente quei maledetti social network scopri di averlo visto per la prima volta quello stesso giorno di molti anni prima? Funziona più o meno così anche con le emozioni, le sensazioni, le decisioni. Per questo si dice che la storia si ripete, per questo un percorso è fatto di passi ed è dunque possibile prevederne l’esito. Ma noi siamo qui per diventare l’eccezione, non la regola. Siamo qui per incastrare l’ingranaggio ed opporci a ciò che è già scritto.”
Viola quella sera indossava un vestito di seta color carne che somigliava un po’ alla camicia da notte che aveva addosso in quel momento. “Noi sconfiggiamo i presagi,” aveva detto, interrompendo i pensieri di Mangrove, che la usò come una rampa di lancio spirituale: “Esatto. Shakespeare, Amleto: noi sconfiggiamo i presagi. La scienza ci dice che il tuo cuore è il problema, i miei tarocchi mi dicono che un altro cuore può essere la soluzione.”
Quel cuore invincibile batteva sotto la stoffa della veste di seta, addormentato e languido nel torpore del mattino. Quando si era seduto accanto a lei? Le scostò i capelli dal viso, pregando che un sogno gentile la stesse strappando per un po’ al suono insopportabile dell’orologio che scandiva il passare di un tempo inclemente. La mano che afferrò la sua gli ricordò che tutto in lei arrivava sempre un attimo prima del pensiero, e di solito si trattava di un attimo determinante.

 

   
 
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