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Autore: Sia_    13/07/2022    3 recensioni
“Cos’è questo?” Ron alza un sopracciglio, indicando il mazzo che Harry gli ha messo in mano. Dall’altro capo del tavolo, Hermione sta studiando il suo.
“Chiavi,” il Prescelto fa in fretta ad arrossire: aprire il suo cuore è più difficile che sconfiggere il Signore Oscuro, “così che possiate venire a vostro piacimento.” È un rituale spaventosamente babbano, se ne rende conto – a che serve un mazzo di chiavi se uno può smaterializzarsi? O se, ancora, conosce a memoria l’incantesimo per aprire le porte?
Ron però sorride e capisce, gli dice qualche cosa che Harry non afferra del tutto. Sta guardando Hermione che a sua volta sta guardando le chiavi, strette nel palmo della mano sinistra.
(Questa storia partecipa alle iniziative "La Penna del Beta" organizzata da Futeki e Legar e a "Tre tiri di dado" indetta da me, entrambe presenti su Ferisce più la penna)
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Potter, Hermione Granger | Coppie: Harry/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da Epilogo alternativo
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Questa storia partecipa alle iniziative "La Penna del Beta" organizzata da Futeki Legar e a "Tre tiri di dado" indetta da me sul Ferisce più la penna (trovate il link del forum nelle note autore)

 

Personaggio: Harry Potter

Scenario: Persona A non riesce a dormire e sveglia persona B. Persona B è esausta ma rimane sveglia con persona A finché la persona A non si addormenta.

Avvertimento: Fluff

 

“Questa casa è sua. Altrimenti mica riuscirebbe ad addormentarsi così, come se niente fosse! [...] Dove va, una persona che dorme? Non va da nessuna parte. Rimane lì. Come le chiavi quando sai dove le hai messe.”

“Secondo te, le chiavi sono felici? Cioè, ci stanno volentieri, dove le abbiamo messe?”

“Secondo me sì.”

[Le luci nelle case degli altri, Chiara Gamberale]

 

Secondo te, il mazzo di chiavi è felice?

 

Il ticchettio di un’unghia troppo lunga che sbatte contro un tavolo di legno, una pergamena che rotola sulla scrivania, la pioggia contro il vetro della finestra, lo scricchiolio del pavimento sotto i passi della famiglia Weasley e poi, una volta ritrovata, anche della sua. Hermione ha imparato a stare attenta anche al minimo rumore, una conseguenza necessaria dei mesi di fuga. Così non rimane stupita quando apre gli occhi e la figura di Harry le si piazza davanti: l’ha sentito arrivare dal suono della porta e dei cardini poco oliati di Grimmauld Place. Fa mente locale e si raccomanda di dovergli dire prima o poi di metterci qualcosa per attutire lo stridio, se si ostina a volere ospiti. 

“Pensavo fossi andato a dormire.” Gli sorride, sopprimendo uno sbadiglio. I capelli del prescelto hanno una forma tutta casuale e gli occhiali gli ricadono sul naso: per guardarla, se ne è accorta, deve alzare leggermente la testa. 

Harry scuote il capo, sembra affranto. “Non riesco a chiudere occhio.” Potrebbe dare la colpa a tante cose: al plico di carte letto nel suo ufficio, a quello che lo sta ancora aspettando o al freddo inglese che gli si infila nelle ossa. Decide che il problema dev’essere il materasso: è da molte notti che ha la sensazione che le molle di ferro gli perforino la schiena. “Mi spiace di averti svegliata.” s’affretta ad aggiungere. 

Hermione si fa piccola nel letto, girandosi sul fianco e intimandogli di mettersi comodo, “Non fa niente.” 

Era la stanza di Regulus questa, Harry ci pensa mentre gli occhi si fermano sul corpo della strega sotto le coperte. La camera, dalla prima volta che l’ha vista, è drasticamente cambiata: ha preso luce, è più vivace. Ha scelto silenziosamente di lasciarla ad Hermione, per quando viene, e Hermione ha scelto silenziosamente di prenderla per sé. Harry di norma dorme in quella di Sirius – gli fa sia bene, che male – così che a separarli la notte è solo un muro. 

La mano destra del ragazzo si appoggia al materasso e affonda verso il basso, lasciando un’impronta, mentre quella sinistra alza le coperte. Il fresco che si insinua nello spazio fa presto a raggiungere Hermione, che gli stringe l’avambraccio con il palmo e cerca di tirarlo a sé. Harry le sorride, per scusarsi, e occupa più velocemente il suo posto nel letto: si sistema anche lui di lato, costringendo gli occhiali a rimanere tutti storti sul volto. 

“Li spaccherai.”

“Ho imparato l’incantesimo, a furia di sentirlo.”

Sussurrano entrambi, pare che abbiano premura di non svegliare nessuno. La casa però è vuota e gli scricchiolii che Hermione continua a sentire devono essere i fantasmi del passato; pensiero sciocco, Harry non sarebbe venuto a vivere in una casa infestata dalle anime dei Black. È venuto perché alcuni angoli sanno disperatamente del passaggio di Sirius. 

Si fa più vicina con il capo e stringe la parte inferiore del cuscino con una mano, mentre con l’altra finisce ad accarezzare lo zigomo di Harry. Gli sorride, come se ci avesse messo un po’ a registrare il suo commento sull’incantesimo e gli occhiali rotti. Una parte di Hermione vorrebbe aggiungere di non preoccuparsi, che sarà lei a ripararli di nuovo. Sopprime l’istinto solo perché il mago chiude gli occhi e si adagia contro il suo palmo. 

“Grazie” le dice e Hermione si rende improvvisamente conto di quanto le labbra di lui siano adesso vicine al suo polso, perché le ha sentite muovere. 

“Per cosa?” 

Harry ci impiega qualche secondo a trovare una risposta, le opzioni sono troppe e tutte estremamente valide, ma è così stanco che spera che la strega possa capirle dal silenzio. “Per essere rimasta.” Non specifica quando, così che può essere per quella volta al secondo anno quando Hermione l’ha accompagnato da Piton, o per quella volta che Hermione gli ha tenuto la mano prima di un esame, o per quella volta che l’ha aiutato a salvare Sirius dai Dissennatori, o per quella volta che ha promesso di lasciare la scuola e infilarsi in una missione suicida con lui. O che sia rimasta nella tenda. O che non sia tornata a dormire dai suoi. “La casa è troppo silenziosa.” 

“Sei abituato alla Tana” gli ricorda, spostando la mano verso la mascella e accarezzando il filo di barba che gli è cresciuta in volto. Harry apre gli occhi, la cerca nel buio della stanza e sul suo viso Hermione può vedere che sta tentando di dire altro, ma non lo capisce. “Togliti gli occhiali” intima allora. Lo fa, li appoggia con una spinta al comodino dietro di lui e la mano della strega è costretta a scivolare via dal suo volto. Harry sente la differenza per il fresco sulla pelle e per il cuore che fa un tuffo verso lo stomaco. Quando torna aderente al materasso non ci pensa troppo a prenderle le dita e a portarle al petto. “Buonanotte, Hermione.” 

“Notte, Harry.” 

La strega non si addormenta velocemente quanto lui. Rimane a contare i battiti del cuore del Prescelto da sopra la maglietta e, quando è certa che lui non riesca a sentirla, la stringe nel palmo. 

 

Harry non ha mai davvero dovuto chiederle di restare, è semplicemente accaduto che lei riempisse lo spazio vuoto che lo circonda da quando si conoscono. Pensa a Hermione appena si sveglia, si dice che è perché stanno dormendo nello stesso letto e le loro dita sono ancora intrecciate. Pensa a Hermione perché un ricciolo le cade sulla fronte e lui glielo sposta, nonostante la posizione scomoda del polso. Pensa a Hermione e basta, pensa a Hermione che resta. 

Fa mente locale, girandosi di schiena sul letto. Non lascia andare la presa, vorrebbe persino avvicinare la mano di lei al suo petto come qualche ora prima, ma c’è il rischio di svegliarla. Così rimane appeso da un lato, per quanto appeso non sia davvero, sdraiato di schiena sul materasso della vecchia stanza di Regulus, che adesso è una stanza e basta. È la stanza di Hermione quando viene e resta per un po’. 

Sospira. Prende aria. E non smette di pensare a Hermione.

Vorrebbe che un po’ diventasse un per sempre.

 

“Cos’è questo?” Ron alza un sopracciglio, indicando il mazzo che Harry gli ha messo in mano. Dall’altro capo del tavolo, Hermione sta studiando il suo.

“Chiavi,” il Prescelto fa in fretta ad arrossire: aprire il suo cuore è più difficile che sconfiggere il Signore Oscuro, “così che possiate venire a vostro piacimento.” È un rituale spaventosamente babbano, se ne rende conto – a che serve un mazzo di chiavi se uno può smaterializzarsi? O se, ancora, conosce a memoria l’incantesimo per aprire le porte?

Ron però sorride e capisce, gli dice qualche cosa che Harry non afferra del tutto. Sta guardando Hermione che a sua volta sta guardando le chiavi, strette nel palmo della mano sinistra. 

 

Quando Hermione apre gli occhi, un filo di sole si è spalmato sul lato del letto ormai vuoto. Ha ancora l’impronta della schiena di Harry e lei segue la linea con gli occhi finché l’ombra non sparisce sotto le coperte. Dev’essersi alzato da poco perché il suo profumo di pulito impregna ancora la vecchia stanza di Regulus. 

Le viene da pensare, con le narici che si riempiono di Harry, che sono passati nove anni da quando è entrata a contatto con la magia. Ci pensa perché è la prima volta, da quando il suo migliore amico le ha regalato il mazzo di chiavi, che si ferma a dormire. Ci pensa perché nove anni fa, la prima persona che ha conosciuto oltre a Ron è stata proprio Harry. 

Si mette più dritta sul materasso e guarda la luce filtrare tra le dita della sua mano. Si racconta, mentre la chiude a pugno e la riapre di scatto, che il mondo è proprio buffo. Che qualche tempo fa, in mezzo ad un bosco, rischiava di morire, che per un po’ non ha avuto una mamma e un papà. Che Harry, anche quando ormai mamma e papà erano tornati, s'era preso il diritto di essere la cosa più importante. Il punto fermo mentre tutto il resto gira. Ha il sentore che lui lo sappia – deve averlo capito, perché ad un certo punto Hermione si è resa conto che Harry l’aveva trasformata nel suo, di punto fermo. 

E poi le ha regalato il mazzo di chiavi di Grimmauld Place. Anche a Ron, si sforza di dirle la parte più razionale del cuore. Ma Ron non dorme mai nella vecchia stanza di Regulus, Ron si presenta dal camino, togliendosi la polvere dal ciuffo rosso. A Hermione piace bussare alla porta di Harry, sentirlo arrivare dall’altra parte e trovarselo davanti sorridente – solo per lei, che tra tutti quelli che conosce è l’unica che bussa alla babbana. 

 

Si ritrovano in cucina dieci minuti dopo. Hermione ne ha passati otto a studiarsi la mano, vedere se la stretta di Harry aveva apportato dei cambiamenti, anche minimi. Stava cercando nel posto sbagliato, che per vedere cos’aveva fatto Harry doveva cercare nel petto, qualche centimetro vicino ai polmoni. 

“Buongiorno,” le dice, appoggiando una tazza fumante di tè al bancone della cucina, “ne è rimasto un po’ nel bollitore.” 

Le sono sempre piaciute le mattine lente, quelle in cui quando si svegliava mamma le dava un bacio sulla tempia e le diceva che la colazione era pronta in cucina. E poi in cucina papà era ancora al tavolo a leggere il giornale, non in studio a curare i denti degli sconosciuti. Le piacevano le mattine lente a Hogwarts, ad aspettare Harry e Ron nella Sala Comune con un libro sulle ginocchia. 

È la mattina più lunga di sempre, questa. Con il mago che non deve andare al lavoro e con il Ministero che il sabato proprio non la vuole vedere. Ma non è lenta solo perché non c’è niente da fare, è che c’è troppo da dire. 

Si avvicina al bollitore e i soliti tre passi che ci sono tra la porta e la teiera adesso sembrano venti. Venti passi in cui lo sguardo di Harry non la lascia mai. 

“Hermione.” 

Mugugna qualcosa, prendendo la sua tazza preferita dalla credenza. 

Se ne sta zitto, Harry. Come la sera prima e poi la mattina, sta cercando di collezionare le idee: pensa a Hermione che non ha bisogno di domande per restare, ma che non resta abbastanza. “Non è che mi sono abituato alla Tana, è che mi sono abituato ad avere intorno te.” La strega sorride, ma il Prescelto non riesce a vederla: l’espressione si nasconde tra i fumi del tè bollente. “Resta a Grimmauld Place, il mazzo di chiavi è tuo, la stanza di Regulus pure.” E anche io, te ne sei accorta? “Vieni a vivere con me.”

 
 

Due colpi alla porta costringono Harry a rigirarsi sul cuscino e ad aprire gli occhi. La prima cosa che riesce a vedere, sistemandosi gli occhiali sul muso, è che sono le tre e ventisette del mattino e la seconda è Hermione, in piedi sullo stipite che tiene stretto nella mano il pomello d’ottone. “Posso?” 

È rimasta a dormire ancora e, il Prescelto l’ha notato con una certa allegria, le librerie del salotto si sono riempite dei libri preferiti della strega. 

Harry toglie gli occhiali e poi la lascia scivolare sotto le coperte. Questa volta la stringe a sé: la schiena di Hermione aderisce al suo petto e lui si chiede, arrossendo un pochino nel buio, se lei può sentire il suo cuore che non smette di accelerare. “Non riuscivo a dormire, scusa se ti ho disturbato” gli sussurra.

“Buonanotte, Hermione.” 

“Notte, Harry”

 

“Sono una la casa dell’altro. 

Altrimenti mica riuscirebbero ad addormentarsi così, insieme, come se niente fosse! [...] Dove va una persona quando dorme? Non va da nessuna parte. Rimane lì. Come un mazzo di chiavi quando sai dove lo hai messo.”

“Secondo te, il mazzo è felice? Cioè, ci sta volentieri, dove lo abbiamo messo?”

“Secondo me sì.”

 

 

 


Non scrivo da tanto. Le due challenge di Ferisce più la penna sono state indispensabili per mettere giù una parola dietro l'altra e andare avanti un pochino. Noto con piacere però che nonostante sia passato un sacco di tempo, ancora non riesco a fare un angolo autore degno di questo nome. 

Mi fermo ancora un secondo per ringraziare Mari, che ha letto questa storia in anteprima e l'ha betata in ogni singolo angolo. E ringrazio anche chi si è fermato a leggere, un abbraccione a voi. 

Vi auguro una buona giornata, 

Sia 

   
 
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