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Autore: lady lina 77    14/07/2022    3 recensioni
L'omicidio di una donna e il salvataggio dei suoi due figli porteranno i Poldark dentro a un grande segreto da tenere celato a qualsiasi costo. Una storia che nasce nel freddo dei ghiacci di Oslo per poi approdare in Cornovaglia dove Ross, assieme a due misteriosi gemellini (già conosciuti in una mia vecchia fanfiction ma quì in ruoli diversi), lotterà per poter tenere fede a una promessa.
Genere: Azione, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Demelza Carne, Nuovo personaggio, Ross Poldark
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Aveva aiutato Clowance a fare il bagno, le aveva dato da mangiare, le aveva messo caldi abiti puliti e sua figlia non aveva fatto altro che parlare della sua avventura, eccitata e per nulla spaventata dalla gravità di quanto vissuto.
Demelza sapeva che Clowance era la più simile a Ross e che nelle avventure ci si buttava come un pesciolino in mare e nel vederla era sollevata. Jeremy l'aveva ascoltata in silenzio, quasi imbarazzato forse per la presenza di Odalyn, i piccoli l'avevano sommersa di domande e lei aveva potuto tirare un sospiro di sollievo nel vedere che non era rimasta traumatizzata dal rapimento. Anche se Clowance, anche se lei non lo aveva voluto dare a vedere, una volta a letto le aveva chiesto se stesse bene e se era stata in ansia. Era una bambina vivace e sensibile, attenta agli umori e ai sentimenti di chi aveva più a cuore. Come Jeremy del resto, mentre Bella e i gemellini erano ancora troppo piccoli e a loro modo concentrati su loro stessi e i loro bisogni per sviluppare quel tipo di sensibilità che sarebbe venuto con gli anni.
"Un pò, ma sapevo pure che mia figlia era forte e io e tuo padre non abbiamo mai smesso di avere fiducia in te. Sapevamo che te la saresti cavata" - le aveva risposto Demelza, ricacciando indietro le ennesime lacrime, di sollievo stavolta.
"Papà quando tornerà?".
Demelza le accarezzò i capelli. "Presto. Gli uomini di Jones lo stanno andando ad avvertire e sono certa che appena saprà che sei quì, correrà da te".
Clowance aveva annuito, poi si era addormentata, esausta. Accanto a lei c'erano i fratellini e nel guardarli tutti insieme, sani e salvi, Demelza aveva potuto tirare nuovamente un sospiro di sollievo. Momentaneo, certo, Haakon avrebbe tentato nuovi attacchi, ma per il momento voleva godere di quella pace ritrovata e dei suoi bambini. Tutti i suoi bambini, quelli che erano figli di sangue e quelli che aveva adottato e scelto il suo cuore.
Rimboccò le coperte a Daisy e Bella che come al solito si erano scoperte, osservò Jeremy il cui viso addormentato, nella penombra, sembrava adulto e serio e poi Demian, biondo e pacifico come sempre, che amava ancora dormire col pollice in bocca come quando era piccolo e Ross lo aveva portato a casa loro dalla fredda Norvegia. Li baciò sulla fronte, tutti, poi andò nel salotto.
Aveva lasciato che Inge si occupasse di Odalyn e le avevano preparato il divano affinché fungesse da letto e ora quella ragazza misteriosa era lì, con indosso una delle camicie da notte che le aveva prestato, anche se troppo grande per le sue forme ancora molto esili, seduta davanti al camino.
Demelza sorrise nel'oscurità, grata per quanto aveva fatto e decisa a fidarsi nonostante Prudie avesse borbottato che non era una buona idea. Era la figlia del loro nemico, vero, ma a Demelza non sembrava altro che una ragazzina infreddolita e sola, con indosso abiti più grandi di lei, smarrita e senza protezione alcuna, come era stata lei un tempo. Una ragazzina coraggiosa, l'unica che al momento potesse ringraziare per averle riportato Clowance.
Le si avvicinò ed Odalyn sussultò, presa alla sprovvista.
"Scusa, non volevo spaventarti. Inge dov'è?".
Odalyn arrossì, imbarazzata. Era in una casa sconosciuta e a parte Jerermy e Clowance che ormai dormivano, fra estranei che il padre le dipinto con toni foschi descrivendoli come nemici. "Mi ha aiutata a lavarmi e mi ha dato del pane con della ciocciolata. E' stata gentile, le ho detto che poteva andare a riposare".
"Hai bisogno di altro? Stai bene? C'è qualcosa che posso fare per te?".
Odalyn scosse la testa mentre Demelza le si sedeva accanto. "No, sto bene signora. Vi ringrazio".
Demelza la osservò. Era bella, con colori simili a quelli dei suoi gemellini con cui condivideva le origini e sentiva di essere terribilmente in debito nei suoi confronti. "Sono io che devo ringraziare te, hai salvato mia figlia".
"Gli uomini che presidiano la casa e ci hanno portate quì pensano che sia una spia... Non sono sciocca, so che mi controlleranno e mi terranno quì anche contro la mia volontà".
Demelza la osservò. Faceva 'la dura', voleva apparire forte e coraggiosa ma le faceva tenerezza pensare alla sua situazione. Era vero, gli uomini di Jones le avevano detto che la ragazza non doveva lasciare la casa ma a lei importava poco e si sarebbe presa cura di quella giovane come faceva coi suoi figli. Forse era una spia, forse il salvataggio di Clowance era stato ideato a tavolino, forse, forse... Ma non aveva scelto da sempre di seguire il suo cuore? E il suo cuore in quel momento non le stava forse consigliando di prendersi cura senza riserve di quella ragazza? "Quello che dicono loro a me non importa. Per quel che mi riguarda, dobbiamo stare tutti in questa casa per una questione di sicurezza e tu sei una di noi. Se vuoi...".
"Una di voi?".
Demelza annuì. "Suppongo tu ti sia messa nei guai con tuo padre, giusto?".
Odalyn sorrise con amarezza. "Suppongo sia un modo delicato di descrivere la mia condizione".
"Sistemeremo tutto" - tentò scioccamente di rassicurarla anche se si rendeva conto di essere ridicola e che Odalyn tutto era fuorché una bambina a cui raccontare frottole, anche se a fin di bene.
Infatti... "Non credo, voi non conoscete mio padre".
Demelza osservò la stanza dove dormivano i suoi figli. "Sì invece, ha rapito mia figlia e questo mi basta per pensare di conoscerlo bene. Ma tu sei sua figlia, sangue del suo sangue...".
Odalyn sorrise con ancora più sarcasmo. "Voi vivete in una bella favola con la vostra bella famiglia felice. Ma vi assicuro che i legami di sangue non valgono allo stesso modo da altre parti".
Demelza le sfiorò una ciocca di capelli che, ormai corti, si ribellava e ricadeva disordinata sulla testa della ragazza. "E allora perché hai rischiato tanto per mia figlia?".
"Voi non pensate che sia una spia? Potrebbe essere un piano di mio padre, come pensano gli uomini di guardia... Potrei aver fatto finta di salvare Clowance per arrivare a trovare il vostro nascondiglio".
"So che non è così. Clowance ha buon occhio e anche io, per le persone oneste".
Odalyn sospirò. Come rispondere a quella donna tanto gentile e a suo modo, saggia? Come poteva se non sapeva nemmeno lei perché lo aveva fatto? "Credo di non essere così altruista come pensate voi. Volevo dimostrare a mio padre che esisto e che so scegliere anche senza di lui. Contro di lui... Credo che mio padre..." - tremò, pensando a cosa gli aveva chiesto di fare con Jeremy, cosa che di certo non avrebbe rivelato a Demelza Poldark - "Credo... Che abbia interesse in me solo come pedina per i suoi piani. Non ha mai avuto molto... spirito paterno...".
Demelza sorrise tristemente, non ci era forse già passata anche lei. "Credo di capirti bene".
Odalyn la fissò stupita e poi sorrise con sarcasmo. "Voi? Come potreste capirmi voi, signora? Siete bella, amata, con una famiglia forte ed unita attorno e dubito possiate capire una come me".
Demelza rimase per un attimo incerta sul da farsi, poi decise che lei ed Odalyn erano talmente simili che forse proprio quella ragazzina avrebbe potuto essere una sua confidente su cose accadute tanti anni prima di cui nemmeno con Ross aveva parlato. Lasciò che la vestaglia le scivolasse dalle spalle e invitò la ragazza a guardarle la schiena, sollevando un pò il colletto della sua camicia da notte. "La vedi quella piccola cicatrice sotto la scapola destra?".
Intimidita, Odalyn la guardò brevemente, scostando il tessuto dell'indumento. "Come ve la siete fatta?".
Demelza chiuse gli occhi, ripensando a quanto patito da bambina, alle ferite guarite sulla pelle e alle cicatrici nel cuore rimarginate ma mai scomparse del tutto. Ogni giorno ringraziava il fatto di aver incontrato Ross e che i suoi figli stessero vivendo una infanzia diversa con un padre diverso e ogni giorno ricordava ciò che era e quanto la sua vita fosse cambiata. "Mio padre... Ne avevo altre ma con il tempo sono sparite. Quella no, era profonda e ricordo bene quando me la fece, con la cinghia".
Odalyn la guardò con orrore. "Con la cinghia? Vostro padre vi picchiava?".
"Sempre".
"Perché? Eravate una cattiva figlia?".
"No, facevo del mio meglio. Eravamo tanti bambini, io ero la più grande, mia madre era morta, eravamo poveri e ci mancava tutto... Lui beveva e bastava poco, uno spiffero d'aria o la mancanza di gin a farlo imbestialire. E allora ogni scusa era buona per picchiarmi, sempre. Dici che ho una bella famiglia ed è vero, ora ho accanto persone per cui darei la vita. Ma in fatto di padri orribili, ne so quanto te... Saranno forse diversi nel modo di fare ma il risultato è tristemente simile. Ho una certa esperienza e se non fosse stato per l'incontro con mio marito, la mia vita oggi sarebbe ben diversa e ben più difficile".
Odalyn, sorpresa, rimase per un attimo attonita e in silenzio, immagazzinando quanto Demelza le aveva appena detto. Era sempre stata convinta che fosse una lady per nascita, che avesse contratto un matrimonio combinato ma poi rivelatosi vincente e invece arrivava dal nulla, non aveva avuto nulla e aveva trovato un uomo che aveva sposato per amore... "Vi ha salvato vostro marito?" - chiese, sperando che magari salvasse pure lei, in qualche modo. O che lo facesse - arrossì pensandolo - Jeremy...
Demelza sorrise dolcemente. "Sì, lui mi ha letteralmente salvata portandomi a casa sua. Prima come domestica e poi, come moglie...".
"Sembra la trama di un bel romanzo d'amore".
"Un romanzo d'amore spesso tormentato ma meraviglioso. Non vorrei cambiare nulla di ciò che ho, di ciò che ero, di ciò che sarò".
"Anche vostro padre?".
"In fondo ha avuto il suo ruolo in tutto questo pure lui" - concluse Demelza.
"Lo vedete ancora?" - chiese Odalyn.
"Chi, mio padre?".
"Sì".
"E' morto anni fa, quando ero incinta di Clowance. Ma dopo l'incontro con Ross non ci siamo quasi mai visti e non approvava la mia vita con lui".
Odalyn alzò un sopracciglio. "Beh, aveva ben poco da recriminare".
Demelza le strizzò l'occhio. "Esatto, infatti non ho più lasciato Nampara, la mia casa". Si voltò poi verso il fuoco che si stava spegnendo, prendendo un pezzo di legno per metterlo nel camino. "Hai freddo?".
Odalyn rise, sollevata e rinfrancata da quello scambio di parole fra loro. Era una bella donna la madre di Jeremy, dolce e gentile, e parlare con lei non era affatto spaventoso come si sarebbe aspettata. Ora capiva perché quel ragazzino tanto corretto ed educato fosse così sereno e attaccato alla sua famiglia. "Parlate con una vichinga del grande nord. Il freddo fa parte di noi".
Demelza rabbrividì a quelle parole ricordando i suoi gemelli, il perché di tutto quello che stavano vivendo e quanto i suoi piccolini fossero simili a quella ragazza. Anche loro non temevano il freddo, non lo avvertivano e anzi, nei giorni di gelo e neve amavano correre nell'aia di Nampara lamentandosi perché lei voleva metter loro una mantellina. "Anche i miei bambini più piccoli sono come te, amano freddo e neve più di quanto io potrei mai tollerarli".
Odalyn si morse il labbro anche perché sapeva, anche se non ne conosceva il motivo, che era ai gemellini dei Poldark che suo padre mirata. "Credo siano molto simili a me in tante cose".
"Tuo padre..." - sussurrò Demelza, quasi come a volersi confidare con lei. Era sciocco far finta di nulla e di fatto non voleva nemmeno farlo.
Ma poi si bloccò e fu Odalyn a decidere di essere franca e parlarne. "Mio padre e i vostri gemelli. Lui li vuole... Non so perché ma tutta questa storia è nata da lì. Sono bambini molto simili a quelli norvegesi, ma credo ci sia sotto altro perché di solito non si mette a dare la caccia a un bambino biondo... e a nessuno in generale, se sotto non c'è qualche grosso interesse".
Odalyn rimase in silenzio e Demelza si accorse che sperava che lei proseguisse il discorso, raccontando ogni cosa. Forse lo avrebbe fatto, di certo quella ragazza meritava la sua fiducia ma aveva timore di sbagliare e soprattutto sentiva di doverne parlare prima con Ross. Ma optò per non mentire e decise che dire una mezza verità sarebbe bastato, al momento. Odalyn non era sciocca, i suoi ragionamenti erano adulti ed era stupido negare l'interesse di Haakon per Demian e Daisy. "Sì, c'è sotto altro e tuo padre vuole i miei due bimbi".
Odalyn deglutì. "Sono vostri davvero?".
Demelza sorrise. "Per il mio cuore, sì".
La ragazza abbassò il capo, capendo che quella donna non poteva dire oltre ma che con semplici parole le aveva dato fiducia e confidato più di quel che poteva. "E' che le questioni di cuore a volte, sono belle forti. Più dei legami di sangue".
Demelza annuì, scostandole nuovamente il ciuffo ribelle. "Nel mio caso, è sempre stato così".
E con quelle parole, fra loro calò il silenzio. Non c'era altro da dire, non c'era altro da aggiungere ed erano talmente simili che non serviva dire altro per capirsi.
Poi, come aveva fatto coi suoi figli, Demelza augurò ad Odalyn la buona notte e poi la lasciò riposare al caldo e al sicuro sul divano. I pericoli per ora potevano stare fuori da quella casa.

...

Ross e Jones avevano notato movimenti concitati fuori dalla casa del console Haakon, movimenti che denotavano una certa irrequietezza e nervosismo.
I giorni erano stati uggiosi, freddi, e la pioggia leggera che di giorno rendeva umida l’aria, la notte si trasformava in un gelido nevischio capace di far congelare chiunque si trovasse per strada.
Jones era taciturno e Ross sapeva che quando era così, poco ciarliero e poco propenso alla polemica, stava maturando qualche idea anche pericolosa nella testa.
In effetti pure lui pensava e ripensava a come farla pagare ad Haakon per aver rapito Clowance e gli erano venute in mente ingegnose torture poco degne di un gentiluomo, ma poi si fermava e capiva che le sue priorità erano altre. Aveva fretta di recuperare Clowance, di riabbracciare sua figlia e di riportarla a casa affinché Demelza si rasserenasse ma sapeva che bisognava fare con calma e attenzione perché la sua bambina era nelle mani di gente pericolosa e si doveva agire con cura.
Qualcuno bussò alla porta della loro stanza alla locanda e Jones, con circospezione, l’aprì. Era ormai sera e non aspettavano ospiti ma l’uomo riconobbe la voce al di la dell’uscio e non si fece problemi a lasciare entrare i nuovi arrivati.
Due uomini vestiti di lunghi mantelli neri entrarono e Ross riconobbe in loro i due più fidati collaboratori di Jones, i suoi tirapiedi che ingaggiava per le missioni più delicate.
Jones sorrise. “Oh, simpatiche facce amiche! Che meraviglia poter spezzare questi attimi di noia mortale”.
Gli uomini, di poche parole, annuirono senza scomporsi. Gli diedero un biglietto e si misero appoggiati alla parete in attesa di istruzioni.
Jones lesse, spalancò gli occhi e scoppiò a ridere. “Ross Poldark, hai più sedere che anima! Avessi la tua fortuna al gioco, sarei ricco da far schifo a quest’ora”.
Ross si avvicinò senza capire. “Che è successo? Che c’è scritto in quel biglietto?”.
Con fare dispettoso, Jones scostò il foglietto che teneva fra le mani affinché lui non potesse leggerlo. “La tua mocciosa è sana e salva a casa mia con tua moglie. Si è data alla fuga con la piccola vichinga figlia di Haakon… Pare l’abbia aiutata a scappare e che i miei uomini le abbiano acciuffate nei pressi di casa mia”.
Il cuore di Ross accelerò i battiti. “Cosa?”. Non poteva crederci, stava sognando?
Tua figlia è salva, la mocciosa di Haakon è con la tua famiglia e forse è stata gentile o forse si tratta di un piano congeniato fra padre e figlia per tenderci una trappola. Ma poco importa, ora la ragazza è a casa mia e i miei uomini la terranno amorevolmente d’occhio, tua figlia è salva e noi possiamo prendere a calci nel sedere Haakon prima che lui faccia alcunché”.
Di colpo, tutta la tensione accumulata in quei giorni, parve lasciare il corpo di Ross che si sentì improvvisamente pieno di adrenalina. “Clowance? Sta bene?”.
Benissimo, da quel che scrive tua moglie sul foglio”.
Ross lo guardò storto. “TU stai leggendo un messaggio di MIA moglie?”.
Portato dai MIEI uomini. Sì, sempre carina la signora Poldark, continuo a chiedermi cosa ci abbia trovato in un orso come te per decidere di sposarti”.
Devo andare a casa, subito” - disse Ross, ignorando le provocazioni dell'amico.
Jones annuì. “Sono d’accordo, non ti sopporto più. Con la tua faccia cupa e il tuo scarso sarcasmo di questi giorni, stavi facendomi morire di noia. E io odio annoiarmi!”. Poi si rivolse ai suoi uomini. “Scortatelo a casa, io resto qui… un altro po’”.
Ross si accigliò. Conosceva Jones e il fatto che volesse restare quando apparentemente non ce n’era motivo, non lo lasciava tranquillo. Era irruento il suo amico, più di lui, non aveva peli sullo stomaco e di certo non provava rimorsi di coscienza quando si muoveva in una missione. Sapeva per certo che lui e Wichman avevano discusso di Haakon e dei pericoli che rappresentava per Ross e la sua famiglia e anche a livello diplomatico, ma non sapeva a che conclusioni fossero giunti. E il fatto che non gliene avessero parlato lo faceva propendere per il fatto che entrambi sapevano che non sarebbe stato d’accordo. “Perché resti qui?” – chiese, a denti stretti.
Perché a casa mia ci sono troppi mocciosi e io amo il silenzio”.
Jones!”.
Ross Poldark, ascoltami bene! Tua figlia è salva ma Haakon continua a rappresentare un rischio. Meglio tenere d’occhio ancora un po’ i movimenti attorno a casa sua”.
Farai solo quello?”.
Fumerò anche qualche sigaro, mi dai il permesso?”.
Jones, non fare idiozie!”.
L’uomo sospirò. “Mi hai mai visto fare qualcosa di non calcolato?”.
No, ma ti ho visto fare cose CALCOLATE piuttosto folli e discutibili. Cosa hai in mente?”.
Jones gli mise una mano sulla spalla. “Osservare, cenare, fumare e farmi portare in camera una donna che per qualche ghinea sarà compiacente e disposta a farmi divertire. E ora va, torna a casa, controlla i pupi, fa divertire anche tu tua moglie e appena puoi, torna qui. Abbiamo ancora qualcosa da dire a questi norvegesi”.
Mi aspetterai?”.
Ti aspetterò”.
Ross non ne era convinto ma aveva voglia di credergli e andarsene. “Mi fido”.
"Fai male ma lo apprezzo".
"Ribadisco che ti do fiducia, Jones!".
Grazie MAMMA” – rispose l'amico. Poi ordinò a uno degli uomini di andare con Ross mentre all’altro chiese di rimanere per consegnare un messaggio a Wichman circa le ultime novità.
Ross corse via e Jones, rimasto solo col suo tirapiedi, si fece serio. “Dì a Wichman che la piccola Poldark è al sicuro e che al momento non ci sono ostaggi. Ma potrebbero essercene di nuovi se non agiamo come deciso, quanto prima”.
Sì signore”. L’uomo si calò il mantello sul viso e scomparve dietro la porta.
Jones chiuse l’uscio a chiave, si avvicinò al comodino e lo aprì, estraendone una pistola. Ne annusò il profumo di polvere da sparo e poi con gesti lenti e metodici la caricò. “Cena, una puttana e un sigaro. E un po’ di sano… tiro al bersaglio. Caro Ross mi spiace che tu non apprezzi le delizie del mestiere e che stavolta dovrò fare senza di te ma ho idea che non apprezzerai affatto come io e Wichman abbiamo deciso di porre fine alla questione. Guardala così, manterrai pulita la tua anima. La mia è già persa invece, quindi non mi resta che divertirmi per non pensarci troppo su”.
Poi rimise via l’arma, scese di sotto, chiese del pollo con patate alla locandiera, della birra e una donna che salisse a tenergli compagnia per un po’. Sarebbe stata una notte divertentePeccato davvero che lui e il suo amico Ross avessero modi di concepire il divertimento così diversi.


  
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