Xavier
camminava per le strade della città di Abalon. Quella
mattina era libero da impegno
ufficiali e ne approfittò per fare visita alla famiglia
Colleman.
La madre,
Serena, contava molto su di lui per tante piccole cose. Nonostante
fosse
un’eccellente sarta e i suoi merletti non avessero uguali in
tutta Zàkhara, in
tempi di guerra il suo lavoro non le permetteva di sostenere la
famiglia. Dalla
morte del marito la loro entrata principale era il sussidio che la
regina aveva
messo a disposizione delle famiglie dei caduti. Quei soldi bastavano a
mala
pena a sostenere le spese della casa e il capitano era ben lieto di
aiutarli
con quello che poteva. L’unico modo per onorare la memoria
del suo amico Phill.
Ad aprirgli
la porta di casa fu una ragazza dai capelli bruni. Era Rebekha la
sorella di
Reafly. Era di qualche anno più grande del fratello ma i
lineamenti delicati e
la sua corporatura minuta la facevano sembrare una ragazzina.
Non appena
lo riconobbe gli saltò al collo
- Mamma,
mamma, indovina chi è venuto a trovarci? -
Serena si
affacciò dalla cucina e venne incontro al capitano con un
largo sorriso.
- Questo
sono le provviste per una settimana – disse porgendo alla
donna un involto con
dentro i viveri.
- Che gli
spirti ti benedicano Xavier - lo ringraziò Serena
abbracciandolo con forza.
Xavier ricambiò il gesto poi guardò la donna
negli occhi.
- Come sta
Reafly – nel nominarlo lo sguardo di Serena si
rabbuiò
- Sempre
agitato. Ieri sera non riusciva ad addormentarsi e stamattina ancora
raccontava
di come aveva parlato con i due draghi, quello con le squame blu
zaffiro e
l’altro rosse –
Erano passati
sette giorni ormai dagli eventi legati all’arrivo della
cometa. Aveva
attraversato i loro cielo e se ne era andata via lasciando dietro di
sé un senso
di inquietudine e di incertezza. Tutti sapevano dell’arrivo
del cavaliere dei
draghi Murtagh e del suo drago Castigo, che era ospite della regina e
che si
era offerto di aiutarli nella guerra contro gli elfi oscuri.
- Rebekha
per favore va in cucina e sistema nella dispensa quello che ci ha
portato il
capitano – chiese alla figlia. Serena voleva parlargli sola.
Rebekha intuì le
intenzioni della madre e sbuffò.
- Va bene
madre. -
La donna
seguì la figlia con lo sguardo fino alla porta poi si
rivolse all’uomo.
- Dimmi
sinceramente Xavier, cosa ne pensi di questo Cavaliere?- la donna usava
il suo
nome solo quando voleva da lui un parere spassionato. - Ci si
può fidare?
Reafly ne sembra così affascinato! –
- Come lo
sono tutti i ragazzini della sua età. – rispose
Xavier soppesando bene le sue
parole prima di continuare.
- Non ho
potuto conoscere bene il cavaliere in questi giorni, la regina lo tiene
sempre occupato
ma che io sappia non ce ne sono altri come lui. -
- Se
è così,
allora chi sono Eragon e Saphira? Dove può averli
conosciuti? -
- Non lo so
Serena - disse il capitano pensieroso.
- Ho paura
che tenti di andare a cercarli. Non è la prima volta che
scappa inseguendo quello
gli passi per la testa. E gli elfi oscuri sono tornati a navigare il
mare –
disse riferendosi alle navi nere avvistate qualche giorno fa.
- Ho
già
perso un marito a causa loro, nono voglio perdere anche un figlio.-
- Abbiamo
raddoppiato
i turni di guardia alle porte dalla città.
Di una cosa
sono certo. La nostra regina sa quel che fa, con un cavaliere al nostro
fianco
tutto sarà diverso –
Serena non
ne era convinta.
- Tutto quello
che so è che eravamo appena usciti a ristabilire una certa
normalità nelle
nostre vite ed ora una nuova guerra incombe su tutto quello che abbiamo
faticosamente
ricostruito. –
Xavier
poteva capire le preoccupazioni della donna ma lui era pur sempre un
militare.
Come tale aveva giurato fedeltà alla sua regina e alla sua
patria. Il
sacrificio faceva parte della sua vita, come lo era stato per il
marito.
- Il popolo
è stanco, Xavier e non vuole altri martiri da sacrificare. -
In quel
momento entrò Rebekha, guardandosi negli occhi entrambi
tacquero di comune
accordo.
- Ho pensato
potessi gradire - disse la giovane reggendo tra le mani un vassoio con
sopra tè
e biscotti.
Xavier sorrise
e si andò a sedere al tavolo mentre la madre gli
avvicinò la tazza per versargli
il tè.
Con la
presenza di Rebekha la loro conversazione si alleggerì.
Xavier raccontò alle
due donne di alcuni avvenimenti accaduti in caserma, mentre Rebekha
intrattenne
il capitano con episodi che le erano successi a scuola. Tra una risata
e
l‘altra il tempo voltò via in fretta.
- Devi
ascoltare questa Capitano - stava dicendo Rebekha mentre si preparava
ad
imitare la voce della sua insegnante.
- Temo
dovrai raccontarmi questa storia un’altra volta, si
è fatto tardo devo rientrare
- disse alzandosi dalla sedia.
- Di
già?! -
esclamò la ragazza delusa. Xavier la guardò
aggrottando appena la fronte, prese
uno degli ultimi biscotti dal piatto e se lo mise in bocca
assaporandolo con
gusto.
- Non posso
resistere ai tuoi biscotti - la lusingò con un sorriso.
– la prossima volta cercherò
di rimanere più a lungo. -
***
Reafly era
di ritorno dalla scuola. Aveva deviato di proposito il percorso
allungano il
tragitto fino a casa per un motivo ben preciso. Da qualche giorno, a
dispetto
dei consigli della madre e del capitano, si era messo a fare domande
sul
cavaliere dei Draghi. A chiunque avesse chiesto, la risposta che
riceveva era
sempre la stessa, come una litania. Il cavaliere era una benedizione e
sarebbe
stato a loro fianco se ci fosse stato un nuovo attacco.
Ma Reafly aveva
un ricordo ben diverso di quel giorno. A sbarcare non era stato solo
Murtagh ma
anche suo fratello Eragon. Lui non si era subito fidato di loro ma la
loro
gentilezza e la presenza dei draghi gli aveva fatto abbassare quasi
subito la guardia.
I draghi poi gli avevano parlato. Le loro voci risuonavano ancora
limpide nella
sua testa, quella cristallina si Saphira e quella più rude
di Castigo, non era
qualcosa che si poteva dimenticare così facilmente.
Reafly
sembrava l’unico che lo ricordasse. Ed ora era diretto a
palazzo deciso ad
andare in fondo a l’enigma.
Non era la
prima volta che andava a trovare il capitano. Le guardie lo lasciarono
passare
e lui si recò direttamente verso il campo
d’addestramento dove sapeva che lo
avrebbe trovato.
Al centro Xavier
stava combattendo con un cadetto. Parò con
facilità una sera di fendenti poi,
con un colpo fulmineo, fece ruotare la sua spada e disarmò
l’avversario che
cadde a terra di schiena con un sonoro tonfo; la lama del capitano
calò
fermandosi a qualche centimetro dalla testa del ragazzo.
- Morto -
disse l’uomo madido di sudore e con il respiro affannato.
– Sei migliorato Ivan
ma sei ancora troppo lento nei movimenti. Riprenderai gli allenamenti
domani -
diede una pacca paterna al giovane e gli tese una mano per aiutarlo ad
alzarsi,
quindi si avviò a grandi passi verso Reafly che lo stava
osservando dal limite
del campo.
- Ragazzo
cosa ti porta da queste parti, vuoi allenarti anche tu? - Reafly scosse
la
testa con un sorriso.
- Ero venuto
a chiederti una cosa - Xavier si stava asciugando il sudore con un
panno e si
fermò a guardarlo intensamente.
-
Cosa? -
- Riguardo
ancora
al il Cavaliere dei Draghi Murtagh - Xavier che sapeva dove il giovane
sarebbe
andato a parare lo guardò accigliato
- Tua madre
sa che sei qui? - gli chiese. Reafly abbassò lo sguardo
smuovendo il terreno sotto
i piedi. Xavier sospirò.
- È
molto
preoccupata per te. Avevamo già parlato riguardo a questa
tua fantasia -
- Non
è una
fantasia – ribatté con decisione Reafly - Se solo
mi permettessi di parlare con
lui! Non chiedo altro- Xavier rimase impassibile. Era pericoloso
alimentare
questo suo capriccio. Doveva essere duro con lui per il suo bene.
- Il Cavaliere
non può essere disturbato da una cosa così
sciocca - usò quella parola con
l’intento preciso di dissuaderlo ma il risultato che ottenne
fu il contrario.
- Non
è
sciocco. Ti dico che c’erano due cavalieri e due draghi -
Reafly era offeso e
il sorriso bonario che gli rivolse Xavier lo fece ancora più
infuriare.
- Suvvia
vieni dentro ragazzo, torna a casa prima che tua madre si preoccupi
davvero -
Reafly
sapeva che il capitano parlava per il suo bene, non riusciva mai a
rimanere
arrabbiato con lui troppo a lungo. L’uomo gli
passò una mano sulla testa
scompigliandogli i capelli come faceva sempre e lui annuì
seguendolo, deciso, però,
a defilarsi non appena la situazione glielo avesse permesso.
**
Murtagh
accarezzò
il caschetto nero di Jill e le baciò la nuca. La ragazza
aveva la testa
appoggiata sul suo petto ma si tirò su quando lui si
alzò scostandola
gentilmente. Era diventata una abitudine stare con lei dopo le lunghe
riunioni
con Isobel e la sua corte.
- Sei
turbato – affermò lei osservandolo in volto
preoccupata.
- È
così
evidente? – le rispose Murtagh alzando un sopracciglio. In
quel momento gli sembrò
che Jill fosse tornata ad essere sé stessa.
- Se
è
qualcosa che ho fatto io ti chiedo perdono. – si
affrettò a giustificarsi la
ragazza arrossendo. Murtagh cacciò indietro un sospiro di
frustrazione.
- No Jill,
non sei tu – Le disse scansandole con dolcezza una ciocca di
capelli che le era
caduta sul volto. Jill aveva riacquistato la sua memoria ma tutto
quello che lo
aveva fatto innamorare di lei, la sua forza il suo coraggio e la sua
intelligenza
era offuscato da un unico scopo: quello di compiacerlo. La sua
personalità era
stata annullata asservita a Isobel a cui lei riferiva ogni cosa.
- Allora
cos’è?
–
Il volto di
Jill si rabbuiò nel sentire il suo sospiro frustrato.
- È
ancora
per tuo fratello Eragon? Io non so dove lo hanno portato e Isobel dice
è meglio
che tu non lo sappia, per il tuo bene – Murtagh scosse la
testa
- So bene
quello che dice Isobel. Ma non è questo che ora mi preoccupa
adesso -
- Se non
è
tuo fratello allora cos’è? Lo sai che puoi dirmi
tutto – Murtagh soppesò bene
le sue parole.
- Sì
tratta
di Eleonor – Ad aggiungersi alle persone che Isobel aveva in
pugno, infatti, si
era aggiunta anche la bambina incontrata il giorno del loro arrivo ad
Abalon e
a cui Saphira aveva donato il gadwey-ignasia. Era
arrivata a palazzo
qualche girono fa a chiedere la protezione dei cavalieri. Il simbolo
dei draghi
che brillava sul suo palmo aveva attirato non poche attenzioni e la
gente,
superstiziosa, aveva iniziato a fare congetture sul suo significato.
Non
potendosi dare risposte qualcuno aveva iniziato ad avere paura della
bambina;
il seme del sospetto si era insinuato nelle loro mente tanto da
accusare la sua
famiglia di avere legami con gli elfi oscuri.
- Vedi come
l’influenza di Eragon ha rovinato anche l’esistenza
di questa bambina? - Gli aveva detto
Isobel una volta in
più. – Cos’altro ti serve per
capire che devi prendere le distanze da lui?
Murtagh
cacciò via dalla sua testa quelle parole e tornò
a guardare Jill che stava in
attesa che proseguisse a raccontare.
–
Isobel mi
ha chiesto di portarla di fronte alle uova. Ma nessuna di loro si
è schiusa. –
- E non sai
darti
un perché - aggiunse Jill dando voce ai suoi pensieri.
Murtagh i limitò ad
annuire
- Le ho interrogate attraverso
la magia. Ho
usato diversi incantesimi cercando di essere il più delicato
possibile con loro.
– Murtagh era rimasto colpito della forza delle giovani vite
che pulsavano al
loro interno. Era stata un’esperienza elettrizzante, le loro
menti erano
malleabili come creta e delicate come il cristallo. - Hanno subito
mostrato
entusiasmo e curiosità quando le ho toccate con la mano,
riconoscendomi come
cavaliere. La mano di Eleonor l’hanno sentita a stento
–
- Ti sei dato
una spiegazione? -
- È
qualcosa
di molto insolito, a meno che in futuro Saphira e Castigo non generino
altre
uova oltre a quelle che già abbiamo –
- Devi
parlarne con la regina. Credo sia una cosa importante –
- Lo
farò.
Ora vorrei uscire a fare un giro da solo desso, ci vediamo domani?
– disse e la
lasciò con un bacio sulla fronte.
Orami fuori
Murtagh si lasciò andare a un respiro più
profondo. Tante cose erano successe
in quei sette giorni che aveva dovuto nascondere a Jill. Isobel parlava
giornalmente
con lei e se fosse venuta a conoscenza delle sue attività
sarebbe stata la fine
per tutti loro. Aveva scoperto che Aglaia, una delle sue ancelle
più vicine,
era in realtà le orecchie e gli occhi degli elfi nella
capitale. Grazie a lei
era riuscito a sapere che Arya era stata portata al sicuro e che
stavano organizzando
una spedizione per portare tutti loro via, lontani
dall’influenza di Isobel. Una
nave li avrebbe attesi nella baia del fiume Striamone a nord di Abalon
Murtagh stava
ragionando su quante cosa ancora dovevano fare quando si
trovò di fronte il
capitano Xavier.
Il suo sguardo
andò subito al giovane dai capelli rossi accanto al
capitano. Murtagh vi
riconobbe il ragazzo che aveva incontrato con Eragon alla spiaggia. Gli
sembrava
fossero passati secoli da allora
- Capitano -
disse rivolgendosi all’uomo. Il capitano mise le mani sulle
spalle di Reafly e se
lo portò davanti.
- Cavaliere
ti ricordi di Reafly? -
- Ma certo,
come stai ragazzo? - gli fece Murtagh rivolgendogli un sorriso distratto
- Bene Signore
- Reafly guardò Murtagh con occhi pieni di ammirazione ma il
caliere lo stava considerando
a male pena.
- Ora se mi
scusate devo andare - disse con una certa fretta.
- Mi ha
fatto piacere divederti Reafly - Il ragazzo arrossì appena,
si era ricordato di
lui e questo era già tanto.
Quando
rimasero soli, Xavier gli rivolse uno sguardo eloquente - Hai visto?
Come ti ho
detto è molto occupato. -
Il ragazzo si
limitò ad annuire seguendolo in silenzio. Arrivati in
prossimità dei cancelli stava
già disperando di dover tornare a casa senza aver ottenuto
nessuna riposta,
quando il capitano lo fermò ponendogli una mano sulla
spalla. - Aspettami qui e
non ti muovere - gli disse e andò incontro a due soldati.
Con il capitano
distratto dalla conversazione Reafly ne approfittò per
sgattaiolare di nuovo
dentro. Fece un cenno alle due guardie che sorvegliavano le porte di
essersi
dimenticato qualcosa e chiese loro il permesso di ritornare indietro.
Le
guardie lo lasciarono andare.
Xavier si
sarebbe arrabbiato parecchio per questa sua fuga, ma a questo ci
avrebbe
pensato più tardi. Ripercorse a ritroso il sentiero appena
fatto e si diresse
verso la porta dove aveva visto entrare Murtagh. Varcata la soglia si
ritrovò
davanti un lungo corridoi, una fila di colonne correva su entrambi i
lati. Il
rumore di passi lo costrinse a nascondersi dietro ad una di esse. Erano
due cameriere
che stavano camminando fianco a fianco chiacchierando.
- Devo portare
queste cose nelle stanze del Cavaliere, ti raggiungo tra poco - Reafly
non
poteva credere di aver avuto un colpo di fortuna. Prestando attenzione
ad ogni
passo seguì la ragazza.
Una volta
dentro Reafly impiegò diversi minuti ad abituarsi
all’oscurità che vi regnava. Si
acquietò ad un lato e si mise ad attendere. I minuti
scorrevano lenti e si
trovò a studiare le ombre della stanza illuminata da un filo
di luce proveniente
dallo spiraglio di una finestra. Dal punto dove si trovava
notò la spada del
cavaliere poggiata al muro e il debole bagliore rosse del rubino
incastonato
nell’impugnatura; una serie di carte geografiche radunate
sopra un tavolo
sporgevano dai bordi. Il cavaliere sembrava stesse progettando qualcosa.
Poi
finalmente la porta si aprì
e vi entrò Murtagh, non era solo. Aglaia chiuse la porta
dietro alle spalle. Il
cavaliere si buttò sul letto con un tonfo sordo ma si
accorse subito di una
presenza nella stanza. Si rialzò di scatto.
- Chi
c’è? -
Reafly,
che aveva trattenuto il
respiro fino a quel momento, si alzò dal suo nascondiglio, e
si fece avanti un
poco titubante.
- Sono
io signore…-
-
Reafly? Come hai fatto ad
entrare? -
-
Signore…io…volevo parlare con
te di…di quello che è successo da quando tu e tuo
fratello Eragon siete arrivati…-
Se non
ci fosse stato
l’oscurità Reafly avrebbe visto
un’espressione di stupore e di speranza
accendersi negli occhi del Cavaliere.
- Ti
prego non chiamare
nessuno…- chiese supplichevole il ragazzo. Aglaia intanto
era andata ad aprire
la finestra lasciando entrare la luce nella stanza.
Murtagh
non poteva credere alle
proprie orecchie. Si avvicinò al bambino ed inginocchiandosi
davanti a lui lo
prese per le spalle:
- Stai
dicendo che ti ricordi
di Eragon e Saphira?- il ragazzo annuì timidamente.
-
Eragon
è tuo fratello e Saphira è il suo
drago. Dovevo parlarti di loro, così ho ingannato il
capitano Xavier e mi sono
intrufolato qui - Reafly disse quelle ultime parole con un certo
orgoglio per
l’imprese compiuta, facendo scappare a Murtagh una risata
benevola.
-
Sei molto
coraggioso ragazzo, anche se il capitano non ci metterà
molto a scoprire dove
sei –
- Ma ora so
che quello che ho visto alla spiaggia non era solo frutto della mia
immaginazione… –
- No, non lo
è - gli disse Murtagh a conferma le sue parole.
Il ragazzo era
eccitato. Quella risposta lo portò al quesito successivo.
- Ma se Eragon
e Saphira erano con voi, ora dove sono? – il sorriso di
Murtagh si trasformò in
una leggera smorfia.
- Mio
fratello è nel palazzo ma non mi è permesso
vederlo. Saphira, invece, l’hanno
portata qui, da qualche parte tra queste montagne – disse
prendendo una mappa e
facendo scorrere l’indice su una zona montuosa.
-
Perché la
Regina gli sta facendo questo!? Non hanno fatto niente di male
– Gli occhi di
Reafly si accesero di sincero stupore. Non capiva. Murtagh
sospirò e chiuse la
mano a pugno mentre ricordava come la donna li avesse ingannati tutti.
- Lei vuole
quello
che abbiamo io ed Eragon. Il potere che deriva dal nostro legame con i
draghi. –
- Se state
progettando
di andarvene – quella di Reafly non era una domanda ma una
semplice
constatazione. - Avrete bisogno di tutto l’aiuto possibile-
Murtagh lo
guardò con affetto. - Reafly non posso chiederti di
rischiare tanto, è già pericoloso
che tu sia qui adesso… - ma Reafly lo interruppe subito.
- No, non
sto parlando di me, ma del capitano Xavier. Lui vi aiuterebbe, se solo
sapesse
la verità! -
- Reafly posso?
- gli chiese Aglaia che fino ad ora era rimasta in disparte. Il ragazzo
conosceva bene chi fosse Aglaia ne era intimorito. Cercando di
mantenere i
nervi saldi annuì semplicemente non volendo provare la
fermezza della voce. La
ragazza gli prese delicatamente il viso tra le mani e appoggiando i
pollici
sulle palpebre per tenerle alzate osservò i suoi occhi per
alcuni istanti.
L’iride era limpida.
- La tua
mente non è offuscata dalla magia – disse
lasciandolo di nuovo andare. - Forse
parlare con i draghi ti ha permesso di resistere, non posso dirlo con
certezza
– Reafly batté gli occhi e scosse la testa con
decisione
- Ma ci
hanno sempre detto che la pratica della magia è proibita! -
- Isobel vi
ha mentito. Usa da anni la magia per tenervi tutti sotto il suo potere,
alimentando
il vostro odio nei confronti degli elfi oscuri -
Reafly non
seppe dire il perché ma sapeva che la ragazza gli stava
dicendo la verità.
- Xavier
è
sotto il suo incantesimo come tutti a Abalon. Posso provare a
spezzarlo, ma non
posso garantire che ci aiuterà -
***
Xavier era
arrabbiato con sé stesso per essersi fatto raggirare dal
ragazzo in quella
maniera. Fino a qualche attimo prima Reafly era al suo fianco e in
quello
successivo era scomparso. Quando si metteva in mente qualcosa non
c’era modo di
tenerlo lontano dal suo obiettivo. Xavier temeva solo che la sua
bravata potesse
arrivare alle orecchie della regina. Allora non sarebbe stato
più in gradi di
proteggerlo.
- Cavaliere,
apri la porta per favore, so che Reafly è li con te
–
Dall’altra
parte della porta Murtagh fece cenno agli altri di tacere quindi
andò ad aprire.
- Capitano
Xavier entrate - disse stendendo il braccio e facendogli cenno di
entrare.
L’uomo
lo
superò con poche falcate e fece scorrere rapidamente lo
sguardo nella stanza. Era
in cerca del ragazzo ma la sua attenzione fu attirata dalle presenza di
Aglaia,
una delle ancelle più intime della regina, e dalle molte
carte sparse su un
tavolo il cui accesso era riservato a pochi.
- Fatemi
parlare con Reafly. Questo posto non adatto a un ragazzo, se la regina
lo
sapesse passerebbe dei guai – disse fremendo impaziente.
- Sono qui
Capitano- si fece
avanti Reafly a capo
chino. - Ti prego ascolta Murtagh – Il capitano
guardò uno ad uno i presenti.
Reafly gli aveva già chiesto una volta di farlo, quando
erano alla spiaggia ma quella
volta aveva rifiutato di farlo. Ora gli sembrò di non avere
più un motivo
valido. Molte cose gli sembravano confuse adesso
-
Perché non
ti siedi - lo invitò il cavaliere porgendogli una sedia.
L’uomo accettò
l’invito di buon grado.
- Non saremo
noi a parlare alla regina del ragazzo, se è questo che temi
Capitano e questa
stanza è da tempo schermata dalla magia - gli rispose
Murtagh. Più di una volta
Xavier gli aveva dimostrato di avere poca dimestichezza con tutto
ciò che era
magico ma era anche un uomo d’armi e aveva un animo pratico,
la chiarezza
poteva essere la chiave giusta per avere il suo appoggio.
Murtagh si
andò
ad poggiare con la spalla alla pare opposta e guardandolo da quella
distanza
incrociò le braccia.
- So che Reafly
ti ha parlato di mio fratello, Eragon. Mi ha detto ci avresti aiutato
se ti
avessimo spiegato la verità su di lui e sul suo drago,
Saphira–
- Per cui non
sono frutto della sua immaginazione? - Xavier sentì
improvvisamente la sua
mente leggera e fu grato di aver accetto di sedersi. Aglaia aveva
iniziato a
pronunciare le parole necessarie per spezzare l’incantesimo
che teneva la sua
mente offuscata.
- Sono reali
come lo siamo noi. Ed Isobel, la donna che hai giurato di servire, non
è quello
che vuol far credere di essere. -
Xavier
batté
le palpebre come destato da un sonno lungo cent’anni
- Ti ascolto
-
* * *
Eragon
aveva
completamente perso la cognizione del tempo. Non aveva idea di quanti
giorni
fosse rimasto confinato nella sua cella. Al suo risveglio, il giorno
seguente
il suo arresto, aveva trovato una fascia sottile di metallo che gli
cingeva il
collo.
Non
ci
mise molto a collegare la presenza del collare al fatto di non poter
più usare la
magia. Prima d’ora non si era reso conto di quante volte al
giorno si affidava a
lei anche per compiere i più piccoli gesti, ad ogni accenno
di usarla poteva sentire
il metallo sfrigolare dolorosamente contro la sua pelle mentre
attingeva alle
sue energie lasciandolo spossato e con un senso di vuoto. Eragon
iniziò a porre
attenzione a quello che faceva per non scatenare il dolore ma non era
solo
quello lo scopo del collare. Eragon scoprì presto che
attraverso esso chiunque
in gradi di usare la magia potevano infliggergli dolore. Isobel gli
aveva
mostrato ciò che era in grado di fare solo qualche giorno
prima quando aveva
usato Eleonor come pretesto per punirlo. Quando lo lasciò
riverso a terra con tutti
i muscoli del corpo tesi e doloranti la sola consapevolezza fu che non
si
sarebbe potuto difendere da lei se fosse tornata.
Quell’isolamento
forzata lo stava facendo impazzire ed ogni giorno cercava di rompere la
monotonia delle sue giornate eseguendo degli esercizi fisici e
meditando per calmarsi
e trovare pace quando i dubbi e le paure lo assalivano.
Quando
quel pomeriggio sentì i chiavistelli scorrere di nuovo
Eragon si mise
lentamente in piedi mentre sentiva un miscuglio d’emozioni
affollarsi
nell’anima. In quei giorni si era posto così tante
domando, su Isobel, sul
collare connesso con la sua magia e su Eleonor. Tante volte aveva
formulato
delle risposte senza riuscire a giungere mai ad una conclusione. Quando
vide nuovamente
la donna in piedi sulla porta le parole gli morirono in bocca.
Isobel
lo squadrò da capo a piedi, soddisfatta nel vedere il
turbamento sul suo volto.
-
Seguimi-
gli ordinò con voce tagliente.
Bastò
una
leggera scossa dal collare ed Eragon si affrettò ad
obbedire. Fuori c’era una ragazza
ad attenderli. - Questa è Oliviana il mio braccio destro.
È un formidabile
sicario e una potente maga - lo informò Isobel con voce
secca. Era appoggiata
allo stipite della porta d’ingresso e stringeva tra le mani
una cinghia di
cuoio che terminava con una catenella. Ad un cenno della regina si
staccò dalla
porta e gli andò incontro. Eragon serrò la
mascella quando lei assicurò la
catenella all’anello sul suo collare e usò la
cinghia come un guinzaglio. I
loro sguardi si incrociarono. - Finalmente conosco chi ha spezzare il
mio
incantesimo. Sei un mezz’elfo – constatò
lei con freddezza scrutando con
attenzione i suoi lineamenti. Eragon
sussultò
a quelle parole – l’avresti lasciata morire
togliendole ogni speranza. Che
razza di persona ha il coraggio di fare questo? – gli disse
sostenendo il suo
sguardo.
-
Qualcuno che ora ha il controllo di un Cavaliere. – gli
rispose Oliviana strattonando
il guinzaglio e ponendo fine alla loro breve conversazione.
Guidati
da Isobel camminarono per una serie infinita di cunicoli sotterranei
per quelle
che ad Eragon parvero ore. Uscire fuori dalle mura della
città in un tratto che
si affacciava in aperta campagna. Fuori c’erano tre cavalli.
Eragon assaporò alcuni
attimi di libertà mentre tornava a respirare
l’aria fresca poi Oliviana lo strattonò
dirigendolo verso il più giovane dei destrieri. Il cavallo
scalpitò nervoso non
appena gli furono vicino.
-
Sali –
gli ordinò fredda. Sotto lo sguardo vigile di Oliviana
Eragon si accostò al
cavallo che nitrì e agitò la testa seguito a
distanza dagli altri due, erano tutti
e tre spaventati. Istintivamente poggiò la mano sul suo
collo e iniziò ad accarezzarlo
per fargli sentire la sua presenza. Quando infine riuscì a
tranquillizzarlo,
gli salì in groppa Oliviana lo assicurò alla
sella legandogli i polsi con
l’estremità libera del guinzaglio.
Anche
le
due donne montarono sui loro cavalli ed Eragon capì il
perché di tanta
agitazione e provò compassione per loro, entrambe le donne
avevano in mano un
frustino che non esitavano a usare per impartirli ogni comando.
Oliviana fece
trottare il suo destriero intorno a quello di Eragon un paio di volte
per poi accostarsi
e prendere le sue redini, quindi i cavalli vennero spronati al galoppo,
diretti
verso l’entroterra.
Per
Eragon non fu un viaggio piacevole, nel legarlo Oliviana aveva lasciato
poco
gioco al guinzaglio e ad ogni sobbalzo sentiva il collare sferzarlo
dolorosamente.
Presto
il
paesaggio di prati e le colline lasciarono il posto a una serie di
affioramenti
rocciosi. I cavalli vennero spronati in quella direzione. Quando furono
abbastanza vicini Eragon notò che sulle sue pareti di roccia
che si ergevano
tutte intorno a loro si aprivano delle caverne. Trepidò
mentre iniziava a comprendere
chi potevano ospitare.
-
Sì
Eragon, stiamo andando a trovare Saphira - lo raggiunse la voce di
Isobel
mentre Oliviana lo liberava dalla sella. Il viaggio sarebbe proseguito
a piedi.
Ignorarono
le prime aperture dalle grandi entrate e si diressero, invece, verso
quelle più
piccole che si aprivano su una serie di insenatura nella roccia. Isobel
scelse l’imbocco
di una galleria stretta e angusta e ne percorse la lunghezza per alcune
iarde poi
il corridoio si aprì su una grotta dalla grande capienza. In
fondo alla sala
c’era Saphira. La luce nella grotta proveniva da una grande
apertura sul soffitto.
La dragonessa aveva le zampe posteriori incatenata al muro, altre
catene le
bloccavano le ali e la coda e il suo muso era serrato da un museruola.
Saphira
non si mosse al loro arrivo. Sembrava dormire.
A
quella
vista, Eragon camminò dritto verso di lei fino a tendere il
guinzaglio ma Oliviana
tenne la posizione con fermezza.
-
Che
cosa le avete fatto?! – chiese, le dita intorno al collare
mentre premeva facendo
resistenza.
-La
dragonessa
è ostinata quasi quanto il suo cavaliere. Ma non
così tanto. – rispose Isobel
con voce melliflua
Il
basso
ruggito di Saphira scosse le pareti della sala. Aveva udito la voce di
Eragon e
lanciò alla regina uno sguardo eloquente.
-
Oliviana
lascia che Eragon la raggiunga -
La
donna
lasciò cadere il guinzaglio dalle mani permettendogli di
muoversi liberamente.
Eragon non se lo fece ripetere due volte e in pochi passi percorse la
distanza
che lo separava dalla sua compagna. Saphira
teneva ancora la sua mente serrata. - Saphira ti prego parla. Di
qualcosa. -
gli disse ad alta voce. Ma la sua unica risposta fu un basso ringhio.
La
dragonessa esitava, aveva riconosciuto il suo cavaliere ma allo stesso
tempo non
capiva perché non l’avesse già
raggiunta con la mente.
Eragon
allungò
una mano per sfiorarle il muso e gli occhi di Saphira lampeggiarono di
rabbia quando
caddero sull’oggetto intorno al suo collo. Rimasero
così fermi per alcuni lunghissimi
minuti poi
qualcosa sfiorò la mente di Eragon.
Piccolo
mio, come stai?
Il cavaliere piegò gli angoli della bocca in un sorriso
triste.
-
Sono
stato meglio, tu invece? - Saphira gorgogliò appena.
Non
ti preoccupare per me, sono più forte di quello
credono. Eragon
annuì,
fiero di lei, ma iniziò a percepire un misto di ansia e di
trepidazione
provenire dalla sua compagna. Da tempo aveva imparato a conoscere il
suo modo
di agire e di pensare. Saphira aveva già messo in atto
qualcosa di cui ancora
non era a corrente ed ora stava cercando il momento giusto per
parlagli.
-
Saphira
so di Eleonor e del suo fallimento - disse tenendo gli occhi fissi in
un punto
di fronte sé mentre ricordava come Isobel lo avesse punito
poi li rialzò lentamente
- Puoi dirmi il motivo per cui siamo qui? – Incalzata dalla
sua domanda Saphira
rispose
La
bipede è ossessionata. Non si fermerà
finché non avrà
capito perché nessuna delle mie uova si è schiusa
per lei.
Eragon notò lo sdegno nella voce
della sua compagna ma anche qualcos’altro. Lei sapeva la
verità. Eragon lo
percepì chiaramente. Le ho
consentito di condividere
questa conoscenza con lei a patto di mostrarlo prima a te
disse Saphira
anticipando la sua domanda. Sei pronto? Chiese. Eragon
annuì e prendendo
un profondo respiro allargò il torace e chiuse gli occhi. Le
immagini lo investirono
con tutta la loro potenza. Lo stupore per ciò che rivelarono
gli fece
dimenticare per un attimo la presenza dei loro carcerieri. Eragon
aprì gli
occhi e poggiò la fronte al suo muso, ora che si erano
ritrovata era dolorosa anche
solo l’idea di lasciarsi.
Dall’altra
parte della grotta la regina seguì la scena fremendo di
impazienza. Batté lentamente
le mani tre volte. Eragon vide con la coda dell’occhio
Oliviana che si
avvicinava a lui poi le ginocchia cedettero sotto il suo peso e cadde a
terra colpito
da un dolore acuto che gli strappò un gemito. Quando
riaprì gli occhi un attimo
dopo Oliviana troneggiava su di lui, la vide piegarsi per raccogliere
il guinzaglio
che giaceva a terra e senza troppe cerimonie lo fece alzare da terra e
lo
trascinò via.
Saphira
al
suo fianco riuscì ad emettere solo un basso ruggito. La
regina sentì la mente
della dragonessa toccare la sua. Rabbia e odio sprigionavano dalla
possente
creatura.
Ti
dirò ciò che vuoi, ma non abusare del tuo potere.
La intimò la dragonessa.
Ti
ascolto.
Saphira
chiuse
gli occhi e mostrò nuovamente la visione a favore della
regina. Era come
essere in volo sul dorso di un drago. Isobel riconobbe la sua terra, la
costa e
la città di Abalon. Poi il paesaggio sotto di lei
iniziò a cambiare, si erano addentrati
dove nessuno aveva mai osato, oltre le Terre Selvagge. Li, in mezzo a
un paesaggio
roccioso, Eleonor faceva schiudere un uovo di drago. Un drago femmina. Il
suo
colore era di un bianco iridescente e non apparteneva a nessuna di
quelle in
suo possesso. Era un uovo nato in quella terra. Isobel non poteva dire
perché
ma sapeva che era così poi la visione
svanì
-
Questo
va oltre ogni mia immaginazione. – disse con un sorriso.