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Autore: lightoftheday    23/05/2005    3 recensioni
Cosa succede ad un giovane attore affermato quando entrano all'improvviso a far parte della sua vita una vecchia amica e suo figlio di quattro anni? Se poi lei non è una qualsiasi, i lontani ricordi si riaffacciano alla memoria e fanno pensare.
Genere: Commedia, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Dominic Monaghan
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Buon lunedì a tutti!

Cascasse il mondo, giuro, questa settimana finisco di postare questa storia! Ve l’assicuro!

Passando oltre, purtroppo questa volta mi tocca parlare in questo spazio di una cosa non tanto piacevole, soprattutto per me.

Sono successe delle cose, niente di grave, però un po’ spiacevoli, per cui mi sono trovata costretta ad aggiungere una nota alla nota in tutti i primi capitoli delle mie storie e credetemi, non ne avevo nessuna vogli perché credevo non ce ne fosse alcun bisogno. La webmistress di questo sito ci tutela abbondantemente per quelli che sono i, se così possono essere definiti, “diritti d’autore” per le storie che scriviamo, anche per questo ho sempre pensato che non ci fosse il bisogno di ribadire certi concetti. Può darsi che faccia troppo affidamento sul buonsenso comune, comunque.

Più precisamente, in fondo ad ogni pagina, e quando dico tutte dico proprio tutte le pagine, c’è questa scrittina: © dal 2001 EFP. Creato da Erika. EFP non ha alcuna responsabilità per gli scritti pubblicati in esso, in quanto esclusiva opera e proprietà degli scrittori stessi. Il materiale presente su EFP non può essere riprodotto in nessuna forma senza il consenso del proprietario del materiale. I personaggi e le situazioni presenti nelle fanfic di questo sito sono utilizzate senza alcun fine di lucro e nel rispetto dei rispettivi proprietari e copyrights. Lo script che il sito utilizza è proprietà di Rebecca Smallwood.

Il sottolineato grassetto credo che sia molto, molto chiaro… giusto?

Comunque ribadisco qui che il copia/incolla lo considero eticamente scorretto, soprattutto quando non ricevo richieste di poterlo fare da chi lo fa. Allora, ufficialmente e inequivocabilmente, dico che il copia/incolla per quanto riguarda le mie storie non mi piace, al limite potete likare qui ad EFP, in modo che chi le andrà a leggere le leggerà come io le ho impaginate e concepite.

Scusare se l’ho ribadito, so che alla maggior parte di voi non importa una cippa lippa di queste cose ma era una considerazione dovuta, dato che qulcuno si è sentito libero di prendere e stravolgere cose su cui io e altri hanno lavorato.

Ritorno a dire che è solo un hobby, ma è un hobby che costa fatica e chi scrive lo sa bene!

Buona lettura, Mandy

 

 

v       Capitolo Trentaduesimo - La malinconia su di noi

 

Non che avesse molti dubbi in proposito, sul fatto che Dominic anche quel giorno sarebbe stato con lei e il bambino, ma Irene quella mattina si era svegliata con la netta sensazione addosso che c’era una probabilità che lui avesse altro di meglio da fare, e la cosa le dava un certo fastidio.

Un fastidio che continuava ad avere tuttavia anche in quel momento, mentre Dominic le stava seduto non troppo distante sul suo telo da mare, con un quotidiano appoggiato sulle gambe distese del quale stavano facendo il cruciverba.

Era buffo a vedersi, a parte per il fatto che aveva addosso un costume da bagno non sembrava affatto uno in spiaggia, anzi, sembrava più un fobico del sole. Non si era tolto la maglia e stava con gli occhiali scuri e il cappellino con la visiera, rigorosamente all’ombra. L’unica cosa che teneva al sole erano i piedi, perché non entravano nell’ombra dell’ombrello che avevano piantato nella sabbia appena erano arrivati.

Più lo guardava e più quel leggero fastidio la invadeva. Anche se poi, definirlo fastidio, forse era del tutto inappropriato.

Era una strana sensazione, che era già qualche giorno che provava ad averlo sempre così vicino, una sensazione che aveva cominciato a sentire nel momento esatto in cui aveva capito che se anche i loro ricordi di una vita sarebbero stati sempre nelle loro menti, non potevano mascherare per sempre la realtà com’era. Irene era finalmente riuscita a distinguere chiaramente la differenza tra il Dominic quindicenne, impacciato e gentile, un po’ innamorato di lei che portava e avrebbe portato per sempre affettuosamente nei suoi ricordi, e il Dominic trentenne, quella persona intelligente e gentile che le stava accanto in quel momento, affermato nel suo lavoro sebbene ancora un po’ insicuro su tante altre cose, una persona di successo, un uomo anche decisamente affascinante anche se non propriamente bello… un uomo.

Dominic era un uomo.

Irene in quei giorni si era stupita di come le fosse occorso tutto quel tempo per rendersi conto di una cosa che ai suoi occhi invece era così palese in quell’istante.

Per lei forse era difficile perché le era sempre mancata una presenza maschile fino a che non era entrato Christopher a far parte della sua vita, poi quando anche la presenza di suo marito era sparita se ne era ritrovata privata un’altra volta. Con Dominic all’inizio non aveva percepito quel genere di presenza, ma in quegli ultimi giorni invece era stato così, e questo era il punto che la infastidiva leggermente o, meglio, le faceva provare quella sensazione così strana.

Si sentiva una donna accanto a lui, e non una persona che all’improvviso non era più riuscita a suscitare l’interesse di suo marito e che non aveva più avuto nessun motivo di sentirsi bella e desiderabile. Sapeva benissimo che Dominic non lo faceva affatto con quell’intento, ma le piaceva come la toccava, il fatto che l’abbracciasse spesso, come la sua mano si posava leggermente sulla sua spalla quando le cedeva il passo ad una porta. Le piaceva come il suo braccio di tanto in tanto si stringeva intorno alle sue spalle o alla sua vita in un gesto rassicurante, come quei gesti erano prolungati sempre un secondo in più del necessario perché Dominic li prolungava, indugiando un po’, come se gli dispiacesse discostarsi da lei.

Si era ritrovata improvvisamente a pensare che se era così anche nell’intimità doveva esser anche bravo. Si era sentita avvampare, quel pensiero non l’aveva proprio potuto prevedere e si era improvvisamente vergognata da morire. Per fortuna era arrivata da Dominic stesso una scusa per doversi concentrare su qualcos’altro.

- Trentadue orizzontale: consente di fregiarsi del titolo di dottore. Sei lettere.-

- Laurea.- aveva risposto prontamente lei.

Dominic aveva scritto la parola nelle caselline quadrate del cruciverba mentre Owen, con un costumino addosso con su disegnati dei pesci rossi era tornato verso di loro per far vedere la conchiglia che aveva trovato. L’aveva fatta vedere a Dominic, che aveva momentaneamente lasciato il quotidiano che teneva sulle ginocchia da una parte, per poi suggerirgli di darla alla mamma.

- Che bella, è per me?- gli aveva detto la donna dopo due secondi.

Owen aveva annuito soddisfatto, quindi, facendo una corsetta, era scappato pochi metri lontano da loro, sul bagnasciuga, dove stava giocando con la paletta, il secchiello e il rastrello. Irene aveva messo la conchiglia nella borsa di paglia dove aveva portato tutti i giochi da mare di Owen.  Aveva sorriso a Dominic quindi, decidendo di non pensare più ad altro se non a quanto fosse piacevole stare lì sulla spiaggia, con lui e suo figlio poco lontano, a godersi quel sole che a Birmingham ovviamente non c’era. Dominic le aveva sorriso di rimando riprendendo in mano il giornale.

- Trentaquattro orizzontale: pollaio senza polli, due lettere… o a?-

Irene non gli aveva risposto l’aveva guardato sempre con un sorrisino divertito sulla faccia.

Dominic le aveva sorriso nuovamente, guardando la sua figura di profilo, mentre si teneva le ginocchia al petto e lo guardava divertendosi.

- Che hai da ridacchiare sotto i baffi?-

- Niente, è che sembri in incognito! Almeno la maglietta potresti toglierla!-

- Guarda che non sembro, sono in incognito!- le aveva risposto sorridendo mentre scriveva le lettere o a nelle caselline del trentaquattro orizzontale. - I tatuaggi che ho sulle braccia sono peggio del dna, mi beccano subito! E poi non mi voglio abbronzare.-

- Ok, capisco i tuoi motivi ma sei buffo! Quindi non mi chiedere perché ridacchio!-

- Non te lo chiedo più, va bene… magari evita di prendermi troppo per il culo però!-

- Ci provo.- aveva detto cercando di essere seria Irene, che a differenza di lui stava al sole, a pochi centimetri di distanza. Si era alzata un momento e aveva scosso appena il telo da mare, sistemandolo e sdraiandosi a pancia in giù, ma reggendosi con i gomiti. - Il prossimo?- aveva chiesto quindi.

Dominic aveva cercato il segno. - Trentacinque orizzontale. Solido geometrico con le facce tutte uguali, quattro lettere.-

- Cubo?- aveva chiesto Irene.

- Direi di sì.- aveva risposto scrivendolo. - La fine di fiore, due lettere, sarà r e, immagino…- aveva continuato a dire sbirciando la richiesta successiva.

- Credo proprio. Che stupidaggine questo cruciverba… che giornale è?-

- Los Angeles Times.- detto questo aveva sorriso, per poi commentare la richiesta successiva.

- Uh, questa proprio non la so… trentasei orizzontale, sette lettere: Peter, il regista neozelandese della trilogia del Signore degli Anelli e di King Kong…-

Irene aveva riso. - Eh, proprio a te doveva capitare una domanda simile, come fai a saperlo!-

- Troppo difficile, lo lascio in bianco, forse ci viene con le verticali!- aveva continuato a scherzare mentre riempiva le caselline. - Hai ragione, questo cruciverba è una stronzata!- aveva aggiunto dopo, mettendo il giornale da una parte, accantonandolo.

Per un po’ erano rimasti ognuno assorto, per conto loro. Irene stava tranquillamente prendendo il sole, Dominic si era perso a guardare il panorama davanti a lui. Una spiaggia come tante su quella costa degli Stati Uniti, mediamente affollata per essere sabato mattina, temperatura ottimale con un leggero alito di vento che mitigava il sole di mezzogiorno. Owen poco lontano stava scavando una buca sul bagnasciuga, probabilmente nel tentativo di trovare l’acqua. Stava lavorando con precisione, metteva tutta la sabbia che toglieva nel secchiello e ogni volta che lo riempiva lo andava a svuotare poco lontano. Quando tornava faceva un salto dentro la buca, per vedere a che profondità era. Sembrava divertito, assorto com’era. Improvvisamente aveva fatto una corsetta ed era tornato verso di loro, con un’altra conchiglia. Da quando aveva cominciato gli scavi ne aveva già portata qualcuna, anche questa l’aveva data a Irene.

- Lo facciamo il bagno prima di pranzo?- aveva chiesto alla donna.

- Sì, fra un’oretta ci andiamo a fare una nuotata.- lo aveva rassicurato.

- E tu vieni?- aveva chiesto quindi girandosi verso Dominic.

- No, credo di no.-

- Perché, non sai nuotare?

- Sì che so nuotare!- aveva ribattuto.

- E allora perché non vieni?-

- Non posso fare il bagno.-

- Perché, ti senti male come mamma l’altra settimana?-

Irene si era girata leggermente imbarazzata, Owen non si era chiesto niente perché era ancora piccolo per preoccuparsi di certe faccende che riguardavano l’universo femminile, ma Dominic poteva capire benissimo a cosa si potesse riferire. - Owen, dai non essere insistente!- gli aveva detto.

Dominic aveva sorriso per l’uscita del bambino e l’imbarazzo della donna che era riuscito a percepire.

- Sto bene, solo che non voglio prendere il sole. Anche se mi andrebbe di fare una nuotata.-

Owen, anche per il richiamo di Irene, si era accontentato di quella spiegazione, aveva fatto un’altra corsetta verso i suoi attrezzi da lavoro, li aveva raccolti nel secchiello e poi era tornato indietro. Si era seduto tra Irene e Dominic, sulla striscia di sabbia che c’era libera tra loro.

- E la buca?- aveva chiesto Dominic.

- Non mi va più.- aveva ribattuto serio il bambino, che subito dopo però aveva ripreso i suoi attrezzi e si era messo a scavare nella sabbia asciutta tra i piedi di Dominic. Non appena era riuscito ad aprire una piccola buca aveva preso di peso il suo piede destro e lo aveva messo dentro, divertendosi poi a ricoprirla con la sabbia tolta in precedenza. Quindi aveva alzato la testa guardando Dominic e ridacchiando soddisfatto della bravata.

- Sei davvero una piattola tu, eh!- aveva osservato Irene che si era goduta la scenetta. Detto questo si era alzata leggermente e si era sporta verso il bambino, prendendolo per un braccio e attirandolo verso di lei. Se l’era stretto un po’ contro dandogli qualche bacio, mentre gli ripeteva che era un dispettoso di prima categoria. Dominic per un po’ li aveva guardati sorridendo, pensando che era una bellissima scena, ma non aveva detto o fatto niente, si era limitato ad osservarli evitando di pensare alla separazione che li aspettava tutti a breve.

Non era ancora passata quell’ora di cui Irene aveva parlato, ma Owen aveva un po’ insistito per andare a fare il bagno. La donna nel frattempo aveva pensato che in effetti fra un’ora sarebbe stato tardi così gli aveva detto che andava bene, di aspettare solo qualche altro minuto. Nell’attesa era tornato alla buca con i suoi attrezzi.

Irene, che fino a quel momento era rimasta seduta con le gambe incrociate sul suo telo si era alzata ed era andata a sedersi all’ombra accanto a Dominic che subito le aveva passato un braccio attorno alle spalle posando la sua mano sul braccio destro di Irene.

Lei aveva sorriso, pensando a quello che le era passato per la testa poco prima.

- Ho da farti una proposta. - aveva detto. Dominic l’aveva guardata incuriosito invitandola a parlare, quindi si era voltata verso la sua borsa e aveva tirato fuori un flacone con una crema protettiva.

- Schermo totale, resistente all’acqua, è da bambini. Anche se è più di mezzogiorno per stare una mezz’oretta al sole con questa non ti abbronzi nemmeno.-

- Allettante, ma meglio di no.- aveva risposto abbastanza tentato.

- E dai, non ti far pregare! L’unica volta che ti ho visto nell’acqua è stato nella piscinetta di gomma che tua madre aveva messo per te e per Matt nel giardino della vostra casa a Düsseldorf… mi pare almeno che fosse lì, ne avete girate troppe di città in Germania perché mi ricordi. Comunque tu avevi l’età di mio figlio a quei tempi!-

Dominic aveva riso. - Sì, era Düsseldorf. Oddio che ricordi remoti, mi stanno sovvenendo delle immagini che avevo completamente messo nel dimenticatoio! La odiavo quella cosa di gomma, ma mia mamma sembrava tanto contenta che io un po’ ci stavo per farle piacere, ma poi mi davo alla fuga!-

- Sì, lo facevi sempre! Dopo un po’ scavalcavi e ti mettevi a correre con le chiappette al vento sul prato finchè tua mamma non ti riacchiappava e ti avvolgeva nell’asciugamano!-

- Poi anche questa cosa del costumino… Matt ne aveva otto quindi a lui sì, io ne avevo sempre tre, ero piccino e allora potevo fare anche senza! Io invece avrei preferito averlo invece, accidenti! Era imbarazzante dover scappare con il pistolino all’aria, molto lesivo della mia dignità infantile…-

Mentre Irene stava ridendo divertita per la performance ironica che lui le aveva appena offerto, inaspettatamente, Owen era nuovamente tornato verso di loro e, la donna non sapeva se casualmente o perché li aveva sentiti, aveva provato a convincere a sua volta Dominic ad unirsi a loro.

- Ci hai ripensato? Vieni a fare il bagno?-

- Ma ce l’avete con me oggi voi due?- aveva detto lui, che comunque stava per arrendersi.

Irene aveva guardato Owen, che a sua volta aveva guardato la sua mamma, aspettando una mossa.

- In effetti sì, ce l’abbiamo con te!- aveva detto infatti, incitando il bambino a fare quello che anche lei stava facendo, ovvero una carica a colpi di solletico, a causa della quale Dominic si era dovuto arrendere.

- E va bene, avete vinto! Verrò a fare il bagno o mi sa che sono un uomo morto!- aveva esclamato mentre gli altri due si scambiavano un cinque. - Siete disonesti perché non si caricano le persone in due, questa è superiorità numerica, ma va bene, mi adeguerò alla massa!-

Irene lo aveva guardato di sotto in su:- Superiorità numerica… un innocente bambino di quattro anni e la sua esile mamma, ma vergognati!-

- Sul bambino innocente non sono molto d’accordo!- aveva osservato Dominic divertito, quindi si era tolto il cappellino e gli occhiali, poi la maglia. - Senti, quella protezione?- le aveva chiesto.

Irene si era girata un’altra volta verso la sua borsa, Dominic si aspettava che gli desse il flacone, lei invece se ne era messa un po’ sulle mani e si era messa in ginocchio dietro a lui, incominciando a mettergliela sulle spalle.

- Grazie.- le aveva detto.

Lei gli aveva semplicemente detto a mezza voce di niente, sentendosi davvero disonesta. Di fatto aveva sperato che lui le chiedesse di aiutarla non appena gli aveva offerto quella crema protettiva, poi senza tanto rifletterci aveva preso da sola l’iniziativa. Solo che si era improvvisamente resa conto della stupidità del gesto a cose fatte, ormai era in ballo e se anche si sentiva un po’ imbarazzata doveva continuare.

Owen poco dopo aveva cominciato a scalpitare per spingere gli altri a sbrigarsi, Irene quindi si era affrettata un po’, il bambino non appena lei aveva detto ho fatto aveva preso a tirare la mano destra di Dominic per farlo alzare. Lui l’aveva assecondato, mettendosi tempestivamente in piedi.

- Sei una zecca oggi, più del solito!- aveva scherzato.

- Andiamo!- aveva incitato ancora Owen.

L’altro prima si era messo a ridere, poi l’aveva preso in braccio mettendoselo su una spalla e gli aveva dato una pacchetta sul sedere. Il bambino aveva riso.

- Ecco, ora andiamo, pecorella!- aveva esclamato Dominic che, prima di cominciare ad andare verso l’acqua, si era voltato porgendo la mano destra ad Irene. Lei l’aveva presa lasciandosi condurre.

Non si erano spinti dove l’acqua era troppo alta, era stata Irene a decidere fin dove potevano andare, facendo arrivare il livello all’altezza del petto per loro adulti, Owen non ci toccava ma quando Dominic l’aveva fatto scendere dalla sua spalla aveva visto che nuotava come un pesce. - A Birmingham andava regolarmente in piscina, poi l’acqua gli è sempre piaciuta.- aveva spiegato la donna.

Per una mezz’ora erano rimasti a fare il bagno, loro a chiacchierare del più e del meno mentre Owen nuotava loro intorno, fino a che Irene aveva deciso che era il momento di uscire e il bambino aveva chiesto di rimanere ancora.

- No, perché poi ti vengono le branchie e mi tocca lasciarti qui da solo!- aveva scherzato.

Owen si era dovuto arrendere, mentre loro adulti camminavano verso la riva lui li seguiva nuotando. Quando erano stati nell’acqua abbastanza bassa perché lui potesse camminare come loro però, ancora nuotava. Anzi, aveva cominciato a fare dei ruggiti, come se volesse spaventarli, Irene era stata al gioco.

- Oddio un pescecane! Oddio mi azzanna!- aveva detto appoggiandosi a Dominic, che, senza pensarci, le aveva stretto le braccia intorno alla schiena sollevandola appena da terra, stando al gioco anche lui.

- Ti salvo io da quella bestiaccia, soave fanciulla!- aveva detto, scatenando le risate di Owen che si faceva “pericolosamente” vicino ai piedi di sua mamma.

Prima che Irene si rendesse conto di essere talmente vicina a Dominic che riusciva a sentire l’odore della salsedine direttamente sul suo collo e che aveva le sue mani sulla sua schiena nuda che la stringevano era passato qualche secondo, ma quando ne aveva preso atto si era sentita arrossire violentemente.

Le era sembrato di essere una ragazzina alla prima cotta e non una donna di trentotto anni.

Si era data della stupida, Dominic stava solo giocando con suo figlio che ridacchiava ancora e fingeva di ringhiare, ma si sentiva così imbarazzata e perciò a disagio, per quanto quel contatto fosse immensamente piacevole, che aveva dovuto chiedergli di lasciarla.

- Eh?- aveva chiesto Dominic che non aveva capito cosa avesse detto.

- Per favore, mettimi giù…- aveva ripetuto lei categorica.

Dominic aveva avuto anche paura di aver fatto qualcosa che non doveva. Il sorriso di lei nuovamente con i piedi per terra l’aveva tranquillizzato però.

Una volta sulla spiaggia avevano recuperato le loro cose ed erano andati a mangiare in un locale vicino alla spiaggia, poi subito a casa. Non avrebbero potuto rimanere lì molto di più dato che aspettavano Sakumi e Yume a cena quella sera.

Irene era rimasta con quella sensazione di imbarazzo misto a piacere per quel contatto per un bel po’. Nonostante tutto, non era riuscita proprio ad impedirselo.

 

***

 

Sakumi era arrivata a casa loro dopo le sei del pomeriggio con Yume e il dvd del Re Leone. Irene, che aveva immaginato che avrebbe avuto poco tempo per preparare la cena, il giorno prima si era portata avanti con il lavoro e fortunatamente non aveva molte cose che le erano rimaste da fare. Nonostante questo si erano messe in cucina ugualmente, per fare due chiacchiere tra loro, avevano allontanato anche Dominic che era stato messo a guardia delle due piccole pesti. Sakumi gli aveva dato il dvd e gli aveva chiesto di far vedere loro il cartone.

- Agli ordini signore…- aveva detto. - Vi lascio alle vostre chiacchiere private.- aveva osservato, cosa che aveva fatto sorridere le due donne, che erano state beccate nel loro tentativo di avere privacy.

Non gli dispiaceva del resto, aveva richiamato i bambini e gli aveva portati in soggiorno.

Rivolgendosi a Yume le aveva fatto strada verso il divano dicendole con un tono volutamente cerimonioso prima lei signorina, poi si era voltato verso Owen e gli aveva detto: sempre prima le ragazze, ricordatelo.

Il bambino aveva annuito, non aveva capito il perché ma aveva afferrato il messaggio.

Guardare i cartoni in compagnia di bambini era sempre estremamente divertente, ci si poteva davvero rendere conto di quanto fossero divertenti per loro. Owen e Yume scoppiavano a ridere di tanto in tanto, specialmente quando i personaggi facevano cose buffe o un tantino schifose, a volte magari non capivano delle battute, che probabilmente gli sceneggiatori inserivano per rendere gli spettacoli gradevoli anche ai genitori che accompagnavano i bambini. Dominic a metà della canzone “Hakuna Matata” si era ritrovato a ridere e Yume ed Owen, seduti accanto a lui, l’avevano guardato perplessi senza capire il perché.

- Ehm… niente…- aveva spiegato lui che si era messo a ridere perché uno dei due animali che cantavano aveva chiesto all’altro di non parlare di gas intestinale davanti ai bambini.

Yume canticchiava tutte le canzoni, in un certo momento in cui era arrivata Sakumi a vedere come se la cavavano si era unita anche lei al coretto, facendo intendere a Dominic che doveva conoscere quel cartone a menadito. Del resto i bambini si sa, quando si fissano su una cosa, sono capaci di guardare solo quella ininterrottamente senza mai annoiarsi!

A cartone finito i bambini avevano avuto il permesso di andare fuori a giocare fino all’ora di cena, quando era stato il momento di richiamarli erano usciti sulla porta Sakumi e Dominic, che per un attimo erano rimasti a guardarli da lontano mentre insieme sembravano divertirsi da pazzi.

Dominic aveva sospirato. - Oh guardali! Piccoli semi d’amore che germogliano…- per completare esattamente la battuta del film, come la diceva Zazu, avrebbe dovuto finire con nella Savana, ma aveva detto:- …nel mio giardino!-  Sakumi si era messa a ridere e aveva richiamato i bambini.

La serata era andata avanti tranquilla, era finita piuttosto presto in previsione del fatto che la mattina dopo avrebbero dovuto tutti alzarsi di prima mattina. Il volo che dovevano prendere Irene ed Owen partiva alle dieci, quindi dovevano essere all’aeroporto intorno alle nove del mattino, Sakumi si era offerta lei di accompagnarla, quindi si erano date appuntamento per le otto e mezza del giorno dopo.

Quasi come se fosse subentrato un certo imbarazzo, misto a quella sana repulsione per gli addii che un po’ tutti hanno, dopo aver messo a letto Owen e aver sistemato la cucina insieme a Dominic, Irene non aveva dimostrato di avere molta voglia di chiacchierare. Lui l’aveva capita benissimo, dato che come lei non avrebbe saputo cosa dire. Si sentiva imbarazzato e un po’ triste e se anche avrebbe avuto tante cose da dirle alla fine non ci era riuscito. Era stato più comodo per entrambi darsi la buonanotte e chiuderla così, forse la notte avrebbe portato consiglio, almeno lo speravano.

 

Irene non riusciva a prendere sonno, stava mentalmente facendo la lista di tutto quello che doveva fare, con il terrore addosso che ci fosse qualcosa che aveva dimenticato. La porta della sua stanza era accostata, vedendo che il corridoio era lievemente illuminato aveva immaginato che anche Dominic fosse sveglio, chissà poi perché.

Quando a notte inoltrata aveva sentito che anche Owen si era svegliato non gli aveva volutamente chiesto se ci fosse qualcosa che non andava, l’aveva appena spiato sentendolo mentre scivolava verso il bordo del letto e scendeva. Si era girata dalla sua parte per vedere dove volesse andare, il bambino aveva preso la porta che dava sul corridoio ed era uscito, Irene aveva scorto la sua figuretta dirigersi verso sinistra, probabilmente da Dominic. Aveva immaginato che, come già altre volte aveva fatto, volesse stare un po’ con lui.

Quello che era strano era stato il fatto che Irene aveva pensato che, se avesse potuto, avrebbe anche lei voluto passare dell’altro tempo con Dominic, ma forse lui avrebbe giudicato strana la sua intrusione. Aveva avuto anche una mezza idea di raggiungerli, fingendo di essersi svegliata e di non aver trovato Owen, potrebbe essere stata l’occasione adatta, forse sarebbe riuscita a salutare Dominic come si deve, ma poi ci aveva ripensato.

Nonostante sapesse che era stupido non poteva impedirsi comunque di sentirsi un pizzico gelosa di quella cosa, solo che in quel momento non lo era solo di Dominic, e forse non era puramente gelosia, era un fastidio strano. Si era sporta per un momento verso il pulsante di accensione l’abat-jour che stava sul comodino dall’altro lato del letto, aveva acceso quella lampada per avere nella stanza almeno un po’ di luce, quindi si era alzata dirigendosi alla porta, dove era rimasta sperando di sentire qualcosa. Aveva sentito che stavano parlottando tra loro, ogni tanto ridacchiavano, ma non riusciva a sentire chiaramente cosa si stessero dicendo. Non voleva avvicinarsi, sarebbe stato spiarli, quando aveva sentito scendere il silenzio era tornata a letto accostando la porta il più possibile, pensando che Owen ormai sarebbe rimasto di là con Dominic.

Si era messa su un fianco, dando le spalle alla porta, per il momento non aveva spento la luce. Guardava la sua immagine riflessa nel vetro della porta finestra che stava davanti a lei, un’immagine sfocata che le faceva scorgere solo i contorni della sua figura. Almeno fino a che la porta non si era aperta piano.

Irene non sapeva come avesse fatto a trattenersi dal girarsi di scatto, forse perché non appena aveva capito cosa stava succedendo aveva potuto tranquillamente spiare tutto dal riflesso sulla porta a vetri che stava davanti a lei, quella che dava su un balcone sulla facciata anteriore della casa.

Dominic era entrato nella sua stanza con Owen in braccio.

Mentre lo teneva addormentato tra le sue braccia era rimasto per qualche secondo a guardare verso di lei, ed Irene si era sentita molto in imbarazzo, una sensazione simile a quella che aveva provato quel pomeriggio in spiaggia quando lui l’aveva tenuta stretta contro di lui.

Continuava a guardarli riflessi nel vetro e a pensare che forse poteva, per una volta nella vita, lasciarsi andare ad un gesto meno ragionato del solito.

   
 
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