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Autore: Feisty Pants    27/07/2022    1 recensioni
In una scuola americana, lontana dalla Spagna e dalla storia dei Dalì, i figli degli ex rapinatori vivono la propria adolescenza con spensieratezza, gioia ed energia, senza sapere di avere, come genitori, i ladri più geniali della storia. La vita trascorre normalmente per i Dalì, ormai intenti a lavorare e a seguire una routine che li entusiasma, ma la tranquillità non durerà per sempre: presto la verità verrà a galla, portando con sé rischi e pericoli.
Genere: Azione, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Bogotà, Il professore, Nairobi, Rio, Tokyo
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Incompiuta
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CAPITOLO 29

“Forza, è il momento di avanzare!” urla il professore, incitando un’altra squadra di salvataggio pronta a intervenire. Tokyo, Helsinki, Sergio e altri cinque militari avanzano emozionati verso il museo in cui, da ormai un’ora, era scoppiata una vera e propria rivolta e i buoni stavano finalmente mettendo a tacere i cattivi.

La vittoria è ormai vicina ma, improvvisamente, un’esplosione seguita da una fiamma altissima scoperchia il tetto di una parte di museo e il gruppo è costretto a immobilizzarsi per lo spavento.

“Che cazzo succede?!” chiede Tokyo spaventata dal fuoco che pare divorarsi sempre più velocemente il legno della struttura.

“Non lo so, questo non era nei piani!” afferma Sergio, dimenticandosi di aggiustare gli occhiali a causa della preoccupazione per la sua Lisbona, ancora prigioniera tra le mura.

Tutti sono pronti a correre quando, inaspettatamente, alcune sagome compaiono dal fumo e si avvicinano a loro con fatica. Axel, Nairobi, Ramon, Dimitri e Cecilia avanzano verso la squadra amica facendo intuire la necessità di un tempestivo intervento medico.

“Nairo” sussurra Silene sollevata nel vedere la migliore amica, ma anche allarmata dalla quantità innumerevole di sangue che si trascinava appresso.

“Ha bisogno di cure!” grida Cecilia piangendo, non sapendo cosa fare di fronte alla madre che desiderava solo chiudere gli occhi e abbandonarsi al dolore.

In poco tempo tutta la squadra si prodiga per l’aiuto alla gitana, portando una barella, medicinali, flebo, siringhe, garze sterili e altri strumenti medici.

“Che cosa è successo?” chiede Sergio senza parole, vedendo la mano perforata di Nairobi.

“Le hanno sparato per divertimento, quegli schifosi! Vi prego fate qualcosa!” supplica Axel con un filo di voce, tenendosi ancora strette le braccia attorno alle costole rotte.

Helsinki, dopo un fugace abbraccio al figlio sano e salvo, si mette subito al lavoro per aiutare la migliore amica, mentre il professore ordina a dei militari chirurghi di intervenire sul posto.

“State tranquilli, ci pensiamo noi! Ora dovete riposarvi e farvi controllare” dice dolcemente Silene, abbracciando forte Cecilia. Il contatto con la ragazza le fa percepire maggiormente la vicinanza con Nieves che, però, non appare dalle fiamme insieme ai coetanei.

“Dov’è mia figlia?” domanda Tokyo divorando con gli occhi il territorio circostante.

“Lei sta salvando gli altri, o almeno è corsa a liberare i nostri genitori! Non l’ho più vista però e ho paura!” esclama Ramon terrorizzato, non riuscendo a distogliere gli occhi dalla casa in fiamme nella speranza di vedere uscire Nieves.

“Silene…”

La flebile voce di Agata richiama Tokyo alla realtà visto che, a causa della preoccupazione per la figlia, stava per dare fuori di matto e correre nel fuoco.

“Sono qui amica mia” dice Tokyo con dolcezza, stringendo la mano sana della migliore amica.

“Ho visto Nieves! Sta bene, quella ragazza è come te! È cazzuta come te! Vedrai che uscirà, non temere!” prova a rassicurarla Nairobi, stringendo i denti per resistere.

“Ora tu pensa solo alla salute, del resto ci pensiamo noi” taglia corto Silene con le lacrime agli occhi, non del tutto convinta delle parole della gitana.

“No! Tu non hai mai mollato e non mollerai neanche questa volta!” grida Agata, usando ogni briciolo della propria grinta per calmare il panico della testa calda. Nairobi non può infierire ancora perché l’anestesia iniettata nel braccio la fa addormentare per permettere ai medici di intervenire sulla ferita.

“Con quel fumo… come farà a respirare?!” si libera Tokyo con voce strozzata, mostrando il proprio dramma in solitudine, allontanandosi dall’amica per permettere agli altri di lavorare.

“Ho paura anche io…”  si intromette Ramon con occhi lucidi, altamente in pensiero per la ragazza che gli aveva rubato il cuore.

In un attimo la sofferenza di Tokyo viene smezzata. Alla donna, infatti, basta un piccolo sguardo al giovane per intuire il suo sentimento puro e dolce.

“Ramon… vieni qui” lo chiama a sé Tokyo, stringendolo forte in un abbraccio nel quale comprende di avere ormai un’eroina come figlia. Un’eroina di cui si era innamorato un ragazzo eccezionale.

Nieves corre per i corridoi barcollando. Il fumo le intacca le corde vocali e l’ossigeno pare diminuire a vista d’occhio. La ragazza urla il nome di suo padre in continuazione, alternando il suono gracchiante con svariati colpi di tosse che la costringono a stringersi una mano al petto, avvertendo affaticamento al polmone fragile.

“Papà… ti prego, papà!!” si sgola lei, spalancando porte e schivando le fiamme. Attorno a lei si muovono altre persone che controllano i luoghi freneticamente alla ricerca dei nemici.

“Ragazzina, dovremmo portarti fuori! Sei una degli ostaggi!” prova a dire uno degli alleati del professore, interrotto, però, dallo svenimento di un compagno vicino che lo costringe a non prestare attenzione alla giovane.

Nieves ricomincia a correre il più velocemente possibile raggiungendo, finalmente, un punto non ancora intaccato dal fuoco e dalle fiamme. È proprio in tal corridoio che, nel trambusto generale, riconosce una voce familiare. La ragazza apre con forza la porta riconoscendo, una volta nella stanza, le figure di Lisbona, Palermo e Bogotà. Lisbona, addormentata, era pallida e livida come chi ha subìto un’intossicazione alimentare o ha vomitato troppe volte. Palermo teneva una mano stretta su un occhio bendato dal quale era possibile notare la presenza di croste sanguinolente e Bogotà, nonostante la stazza e la muscolatura, era tramortito e ricoperto di ematomi sul volto e sulle braccia.

“Che cosa vi hanno fatto?!” sussurra Nieves portandosi le mani davanti alla bocca per contenere lo shock.

“Bravissima ragazza! Li hai trovati, ora dobbiamo uscire!” la interrompe immediatamente un’altra squadra di soccorso, afferrando la ragazzina e trascinandola fuori, senza darle il tempo di salutare gli ostaggi.

Le fiamme iniziano a divorare le pareti di quelle stanze e l’atmosfera si fa sempre più confusa a causa del fumo, della bassa visibilità e di qualche sparo effettuato da alcuni militari alleati. Nieves osserva gli uomini caricare Bogotà, Lisbona e Palermo su alcune barelle, per poi portarli all’esterno il prima possibile. La ragazza, però, non si da pace perché, silenziosamente, scruta ogni angolo dell’edificio nella speranza di vedere il padre.

“Dov’è mio papà?!” domanda lei a una delle guardie che le tiene stretto il braccio.

Il caos non le fa pervenire risposta e Nieves, sempre più agitata e ormai prossima all’uscita del museo, richiede con forza:

“Dov’è Anibal Cortes?!”

Nessuna risposta.

I poliziotti non riuscivano a sentirla in quanto occupati a captare e scambiarsi messaggi tra colleghi e intenti a guardarsi attorno, nella speranza di non incrociare qualche nemico armato. Il gesto di Nieves appare allora istintivo e naturale perché, mossa da una sicura determinazione, si libera dalla presa con un colpo secco per poi ributtarsi nelle fiamme.

“No! No, torna indietro!” grida un militare, facendo per correrle incontro impossibilitato, però, dalle fiamme troppo alte.

“Mia mamma ha perso già troppo, non le farò perdere anche papà!” si dice lei con un filo di voce per poi bloccarsi in una delle stanze adiacenti all’ingresso rendendosi conto di non sapere come orientarsi in mezzo all’incendio.

Un gesto coraggioso ed eroico se non fosse che, in quell’edificio, di persone vive ne erano rimaste ben poche e che Anibal Cortes era già stato salvato e trascinato fuori da una squadra di soccorso poco prima degli altri Dalì.
  
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