Film > Star Wars
Segui la storia  |       
Autore: MissAdler    27/07/2022    12 recensioni
Dal testo: Decide che quel dolore tra le costole, quella lama che continua a scavargli nella carne, quel sapore metallico in fondo alla gola non sono sensazioni reali. Se lo ripete in ogni momento ed è consapevole di quanto sia bugiarda la sua mente. Ma d’altronde che altro potrebbe fare? Ha provato tante di quelle volte a farlo ragionare, a metterlo in guardia, a ricordargli quello stesso voto che tanto tempo prima ha formulato anche lui, ma tutto ciò che ha ottenuto è stato di allontanarlo, di farlo chiudere a riccio. Hanno iniziato a non parlarsi più come prima, a non raccontarsi più ogni cosa, a non capirsi.
Obi-Wan ormai non capisce più nemmeno se stesso.
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Anakin Skywalker/Darth Vader, Obi-Wan Kenobi
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A





 
●○●◇●○●






For All Of It




Parte Seconda




 

Obi-Wan percepisce calore, morbidezza, un odore che già conosce ma che ora è più intenso, più intimo, l’odore della sua pelle. Le orecchie ronzano forte, forse lo facevano già da ore, da quando ha buttato giù l’ultimo sorso di Grog con il gomito appoggiato al bancone di quella topaia. Si chiede come possa, questo frastuono, venire dai battiti del suo cuore, dal respiro di Anakin contro il suo viso. E si sente disperatamente felice, vorrebbe congelare il tempo, l’universo attorno a loro, restare in quella bolla sospesa al di là della ragione, della coscienza e della morale, tenere Anakin per sempre lì, sulle sue labbra, in quel freddo spazio vitale che è sempre stato solo suo, in cui non ha mai fatto entrare nessuno e che ora è caldo, luminoso, profumato.
Obi-Wan ha perfino paura di muoversi. Resta immobile, non lo abbraccia, non lo sfiora e quasi non respira. Si rende conto di star tenendo gli occhi chiusi, ma non ricorda nemmeno di aver abbassato le palpebre.
Poi Anakin muove la bocca, la dischiude impercettibilmente, la inclina quel tanto che basta a far combaciare le loro labbra e subito un calore liquido lo pervade, una vibrazione bollente ed elettrica che gli scorre nel sangue, che gli fa tremare i muscoli sotto la pelle, come una pulsione nuova, sconosciuta, repressa da tutta la vita. L’istinto di afferrare le spalle di Anakin, di stringerlo, di ribaltarlo su quel materasso e di ammirare i suoi capelli sparsi sul cuscino. Il bisogno di sentire di più, di provare di più, di riempire vuoti mai colmati e ricucire ferite mai guarite, mai curate, mai mostrate a nessuno. Ferite che non sapeva nemmeno di avere.
Potrebbe farlo, solo per una volta. Dare la colpa al Grog, alla guerra, a quel pianeta remoto, e poi dimenticare. Il Consiglio, Padmé, il Tempio Jedi, i loro giuramenti… tutto sembra così lontano, inconsistente, come se non fosse mai esistito, come se nell’universo ci fossero solo loro…


“Anakin, no” mormora staccandosi a fatica dalle sue labbra. E poi una valanga di non possiamo, non dovevo, è colpa mia, e altre scuse biascicate che gli rimbombano nelle orecchie quasi non fossero parole sue, così retoriche, così vigliacche.
È tutto sbagliato. Obi-Wan sa che potrebbe essere espulso dall’Ordine anche solo per averlo desiderato. Sa che quel bacio è un atto blasfemo e sa che la colpa è solo sua, anche se è stato Anakin a spingersi sulla sua bocca. Del resto un Maestro non gliel’avrebbe mai permesso. Un Maestro si sarebbe ritratto, l’avrebbe respinto, mentre lui ha indugiato anche troppo a lungo in quella precaria bolla di felicità.
Non riesce nemmeno a guardarlo, abbassa gli occhi sulle sue ginocchia, poi li gira verso quel terrazzino fatiscente e li lancia oltre il parapetto, nel buio, nel vuoto, mentre sente il materasso riassestarsi sotto di lui senza più il peso di Anakin ad affossarlo, la sua presenza allontanarsi, la sua ombra svanire sotto le coperte del letto accanto al suo.
Poi tutto tace.
Un tremolio nella Forza, rabbia e vergogna. Obi-Wan non sa a chi dei due appartengano, se ne resta semplicemente seduto lì, ad afferrarsi le ginocchia e ad accartocciarsi su se stesso, a fustigarsi e a seppellirsi sotto strati e strati di sensi di colpa, con ancora il sapore di Anakin sulle labbra.




 
●○●◇●○●




Il ventre di Padmé si arrotonda. Obi-Wan nota il suo sguardo più consapevole, i tratti del suo viso più dolci, più morbidi. Immagina la mano di Anakin seguire quella curva prominente, percepire gli sfarfallii di una forma di vita così piccola, così innocente, con cui lui non avrà mai a che fare, di cui non dovrebbe nemmeno conoscere l’esistenza.


Non hanno più parlato di quella notte. Talvolta Obi-Wan si chiede se quel bacio se lo siano scambiato davvero, se non sia stato solo uno dei tanti sogni inopportuni che gli hanno tolto il sonno durante la guerra. Non sa nemmeno lui se si sentirebbe più sollevato o disperato, sapendo che in realtà non è mai accaduto.
Oh, ma quel bacio c’è stato, era reale. Così come lo erano i sogni. Forse, in qualche modo, anche Anakin sentiva la stessa connessione, anche lui la notte andava incontro alla sua proiezione onirica, vagando senza timore nelle ombre dell’inconscio. Ed era lui stesso a sfilarsi i vestiti, a lasciarli cadere a terra e a mostrargli la pelle chiara, illuminata dal tenue bagliore delle lune azzurre di Yardrath.
Obi-Wan ricorda ogni cosa, ogni dettaglio.
Dopo averlo respinto aveva passato la notte in bianco, con le ginocchia strette al petto, fissando la sagoma di Anakin sotto le coperte, cercando di raccogliere i pensieri, di essere pragmatico, logico, razionale.
Due settimane di silenzio, un breve incarico in solitaria e altre due settimane a scambiarsi monosillabi e sguardi colpevoli. Poi, quasi come se il destino avesse avuto pietà di loro, erano stati richiamati entrambi dall’Orlo Esterno per una importante missione di salvataggio. Erano partiti in fretta e furia, senza dirsi una parola, senza guardarsi in faccia, qualche scambio sterile durante il viaggio, informazioni logistiche, un piano del tutto folle e sconclusionato che Anakin aveva snocciolato senza la solita spavalda sicurezza. Obi-Wan aveva acconsentito, perché l’ultima cosa che voleva era rifilargli un’altra predica.
Concentrarsi. Doveva fare solo questo, si ripeteva sfiorandosi la barba ormai ricresciuta, era fondamentale la sua lucidità per salvare il Cancelliere e sconfiggere Dooku una volta per tutte.


Obi-Wan ci ripensa spesso e sa bene che senza Anakin non ce l’avrebbe mai fatta, che può essere grato anche solo per il fatto che non l’abbia lasciato lì a morire, che se lo sia caricato in spalla mentre era svenuto e che l’abbia portato in salvo.
Lo sente più lontano che mai e non sa se sia perché gli ha permesso di baciarlo o perché poi l’ha respinto. Eppure non riesce a togliersi dalla testa l’idea che tutto ciò che Anakin desiderasse da lui fossero attenzioni, conferme e approvazione, cose che avrebbe dovuto dargli un padre, un fratello, una qualunque figura maschile di riferimento. Cose che lui non è mai riuscito a elargire in misura sufficiente.
E amore. Anakin ha una tale sete d’amore che arriverebbe a prenderselo in qualunque forma, anche la più sbagliata, anche la più tossica. La guerra, la morte, la mancanza di Padmé… forse Obi-Wan era semplicemente la persona più vicina in quel momento, un punto di riferimento forzato, una soluzione facile, a portata di mano. Se ne convince e prova a rimediare, a essere un Maestro migliore, si complimenta con Anakin per la missione, lascia a lui gli onori del trionfo e si ritira nel silenzio, a stilare un noiosissimo rapporto sulla missione da far visionare al Consiglio.
Prima di lasciarlo in compagnia dei politici scorge la figura elegante della Senatrice appostata discretamente dietro una robusta colonna, avvolta in uno dei suoi abiti lussuosi e impeccabili, in attesa di riabbracciare il suo amato.
Non può smettere di provare quei sentimenti, quell’attaccamento così sbagliato e meschino, ma giura a se stesso che non sbaglierà mai più, che proteggerà entrambi, che li terrà sotto la sua ala e che Anakin sarà felice.
Perché quando ami qualcuno vuoi che sia felice, anche a costo di essere infelice a tua volta.


Quando inizia a sospettare della gravidanza di Padmé, Obi-Wan si scopre molto più preoccupato del fatto che Anakin si sia avvicinato fin troppo alla figura del Cancelliere. Palpatine lo ricopre di lodi e instilla nella sua mente il seme dell’ambizione e dell’insoddisfazione. Al Consiglio non piace che un politico metta bocca nelle questioni dei Jedi, men che meno approva la sua eccessiva influenza sul giovane Skywalker, ma anziché allontanare Anakin da lui, i Maestri lo spingono ancor di più nelle sue fauci, dandogli un incarico talmente meschino da non essere nemmeno pronunciato a voce alta.
“Vogliono che io spii il Cancelliere?”
“Siamo in guerra, Anakin.”
E perché non mi hanno affidato questo incarico durante la seduta?”
Quest'incarico non deve apparire dagli atti ufficiali.”
“Tu mi chiedi di fare una cosa che va contro il codice Jedi. Contro la Repubblica. Contro un mentore e un amico. Perché mi chiedi di fare questo?”
“È il Consiglio che te lo chiede” taglia corto Obi-Wan, ingoiando il suo riserbo per quella missione indecorosa.
Un altro motivo per sentirsi in colpa, un’altra dose di vergogna da mandar giù.
E il pensiero di doversi allontanare da lui, di lasciarlo solo con Palpatine in quelle circostanze, gli è intollerabile.
“Tu sei forte e saggio, Anakin” gli dice prima di partire, “e io sono molto orgoglioso di te. Ti ho addestrato fin da quando eri bambino. Ti ho insegnato tutto ciò che so. E ora sei un Jedi più grande di quanto sperassi di diventare io.”
Solo Obi-Wan sa quanto gli è costato dirglielo. Non perché non sia vero, ma perché lo è anche troppo. E ci sarebbe così tanto altro da dire, da farsi perdonare…
Se fossero due uomini qualunque potrebbero parlare di quella notte, dare la colpa all'alcol e buttarsela alle spalle. Anakin potrebbe raccontargli di Padmé, del fatto che stia per diventare padre, potrebbe chiedergli di essere felice per lui e Obi-Wan potrebbe fingere apertamente che sia così, magari potrebbe anche provare a esserlo davvero, a rompere quel legame, a cercare altrove la felicità.




 
●○●◇●○●




Mustafar è l’inferno. Perfino la freddezza di Obi-Wan si scioglie e gli cola addosso come sudore bollente.
O forse è ciò che sta cercando di fare, ciò che gli è stato ordinato di fare, a bruciargli l’anima dall’interno.
“Non ucciderò mai Anakin” aveva detto con convinzione al Maestro Yoda. Eppure adesso è di fronte a lui, i laser delle spade a ronzare e a lampeggiare, sfrigolando uno contro l’altro, quegli occhi dorati e iniettati di sangue che lo fissano come a volerlo incenerire, occhi che Obi-Wan non riconosce, che non sono di Anakin.
Quello non è Anakin!
Anakin non farebbe del male alla donna che ama, non ucciderebbe dei bambini a sangue freddo, non proverebbe a uccidere lui. Si sorprende a dubitare di quell’ultima certezza, mentre colpisce il suo apprendista disteso sul tavolo della sala di comando, calcolando una velocità sufficientemente scarsa da lasciargli il tempo di parare il fendente.
Forse Anakin lo odia davvero. Forse Obi-Wan si merita quell’odio.
Ed è stato l’oro nei suoi occhi, la voce così diversa, roca, aliena, metallica, non più sua… la cieca violenza dei suoi colpi a far sì che in un qualche momento imprecisato, tra un colpo incassato e uno sferrato, Obi-Wan abbia compreso di non avere alcuna possibilità di riuscire a salvarlo. E allora ha semplicemente smesso di dargli vantaggio, di ritardare gli attacchi, di assecondare i suoi senza approfittare del solito fianco scoperto.
Fino all’ultimo istante prega di vederlo riaffiorare da quell’oscurità, di convincerlo a desistere o di morire provandoci. E quell’ultimo colpo poco sopra le ginocchia, quella mossa spietata e letale, finisce per menomare tanto Anakin quanto se stesso.
“TU ERI IL PRESCELTO! ERA SCRITTO CHE DISTRUGGESSI I SITH, NON CHE TI UNISSI A LORO!”
Continua a farlo, Obi-Wan. Continua a sbagliare e nemmeno se ne rende conto. Ancora prediche, biasimo e un carico di aspettative deluse.
Come può gettargli addosso quello schifo proprio ora? Come può sfogare quella dolorosa frustrazione vomitandogli addosso profezie infrante in cui nemmeno lui ha mai creduto? Se lo chiede non appena finisce di pronunciare l’ultima parola, in una presa di coscienza tardiva che ormai non serve più a nulla, se non a farlo sentire ancora più colpevole.
Sì, finalmente ne è certo. Anakin lo odia. E quando glielo grida, strisciando sulla terra rovente di quella riva infuocata, pensa che vorrebbe solo morire con lui, che se non ci fosse Padmé da soccorrere e portare in salvo lo farebbe. Si stenderebbe accanto a quel corpo distrutto e si lascerebbe consumare anch’egli dalle fiamme. Per punirsi, per non lasciarlo solo, per avere finalmente la libertà e il coraggio di offrirgli ogni cosa, anche la vita.


Ma deve salvare lei. Deve salvare il bambino che ha in grembo. E la più crudele delle consapevolezze è che l’unica persona che vuole salvare davvero è proprio colui che sta guardando bruciare.
Muore dalla voglia di soccorrerlo, di allontanarlo da quelle fiamme, di tenerlo con sé per provare con ogni mezzo a riportarlo nella luce o in alternativa restare con lui su quella linea di confine, sul limitare dell’oscurità.
Ma non può farlo. E allora grida come un pazzo, perché è l’unica cosa che riesce a fare, immobile su quell’altura di terra nera, mentre la pelle liscia di Anakin si scioglie come cera bianca.
“Eri mio fratello! TI VOLEVO BENE!”
Nemmeno ora riesce a dirgli tutto, nemmeno ora si arrende a quella debolezza sconsiderata. A che servirebbe dirgli la verità a questo punto? Dirgli ti amavo, ti amo anche adesso e vorrei morire subito piuttosto che continuare a vivere con la consapevolezza di averti fatto questo… che senso avrebbe dopo avergli tagliato le gambe, dopo avergli voltato le spalle?
In quell'istante decide che si punirà in eterno, che Obi-Wan Kenobi morirà lì, sulla riva di quel fiume di lava, insieme al Codice, ai giuramenti, ai sentimenti mai rivelati e alle emozioni soffocate. Obi-Wan Kenobi sta morendo insieme ad Anakin Skywalker, a cui non ha saputo dare nulla se non prediche, biasimo, e belle parole gettate al vento.
Completamente svuotato di tutto, si volta e abbandona il suo cuore, la sua anima, tutto ciò in cui ha sempre creduto e ciò che è sempre stato, schermandosi con la solita granitica compostezza.
Non resterà ad aspettare l’ultimo respiro di Anakin, non verserà lacrime per Padmé, fingerà di non vedere colui che amava nelle labbra sottili di Leia, negli occhi chiari di Luke. Parlerà e agirà come un automa, fin quando non si ritroverà solo in mezzo alle sabbie di Tatooine, deciso a cercarsi un buco roccioso dove rintanarsi per smettere una volta per tutte di essere il Jedi che è sempre stato, di essere forte, di essere saggio, di essere giusto. Veglierà sul piccolo Luke perché è il minimo che possa fare, ma quell’ultima patetica missione non gli toglierà quel peso dal petto, non alleggerirà quel senso di colpa, quel senso di niente.




 
●○●◇●○●




Ben Kenobi percorre ogni giorno la stessa strada per andare al lavoro, in silenzio e con gli occhi bassi. Compie gli stessi gesti meccanici, non si taglia i capelli né si cambia i vestiti più di una volta al mese.
Sono passati dieci anni.
Anakin è morto da dieci anni.
Anche Obi-Wan è morto da dieci anni.
Ben osserva il piccolo Luke da lontano, vede somiglianze che preferisce ignorare, percepisce in lui un potere latente che ora teme quasi come fosse una maledizione.
Sogna Anakin ogni notte, sogna di quando erano felici senza saperlo, di quando sembravano irrimediabilmente distanti ma in realtà erano una cosa sola. Sogna lava, fiamme e oscurità, si sveglia con la sensazione di cenere negli occhi.
Di giorno lo vede in ogni cosa, nei volti scavati degli schiavi disillusi, nei bambini che corrono a perdifiato con le guance arrossate dal sole, lo vede agli angoli delle strade, tra le dune sinuose di quel deserto infinito, la sua sagoma stagliata contro il rosso del tramonto.
A volte, quando è solo, grida di disperazione, a volte si abbandona alle lacrime, altre ancora si sente soffocare. E quasi vorrebbe morire così, una volta per tutte, senza più aria nei polmoni, con l'illusione della sua presenza e la sua immagine fittizia negli occhi.




 
●○●◇●○●




“Anakin Skywalker è vivo. E ti sta cercando… da moltissimo tempo.”


Lo sente dritto nel petto, un coltello che affonda, scava e gira nella carne, alla ricerca di un cuore che non doveva esserci più ma che forse è ancora li, che pulsa e fa male. Troppo male. E tutto il suo universo si ribalta, si scompagina, esplode e si polverizza.


Anakin…


Come ha potuto non percepirlo? Come ha potuto non crederlo possibile nemmeno per un secondo?
Forse, semplicemente, arrendersi era stato più facile.




 
●○●◇●○●




Nella vasca di rianimazione Ben è in uno stato di semi-coscienza. Sente il fresco sulla pelle, minuscole bolle che lo solleticano ovunque mentre galleggia come se pesasse meno di un granello di sabbia. Il suo corpo è sospinto e cullato dalla forza dell’acqua, la sua mente irrequieta, indisciplinata, preda di sensazioni incontrollabili. Immagini fugaci gli balenano nel cervello e gli si proiettano contro le palpebre chiuse.
Succede all’improvviso ed è come vederlo dentro di sé, percepirlo sotto la pelle, essere lui.
Ben può sentire ogni centimetro di epidermide tirare e bruciare, ginocchia e mani che non ci sono più, mancanza d’ossigeno, orecchie che fischiano…


Anakin...


Si scopre a temerlo come mai aveva temuto qualcosa o qualcuno prima di quel momento. È terrorizzato da lui perché rappresenta tutti i suoi sbagli, tutte le sue colpe e tutti i suoi fallimenti.
O forse, ancor di più, è terrorizzato dal fatto che se Anakin lo trovasse, forse Ben si arrenderebbe a lui, si lascerebbe attirare nelle tenebre solo per potergli stare accanto.


Non può correre questo rischio, pensa mentre si passa una mano sulla ferita. Una brutta ustione, macchie rosse e lucide su tutta la spalla e fino al gomito. Gli resteranno i segni in eterno ma va bene così, in qualche modo sente di essere più vicino a lui, di nuovo collegati, come se la sua pelle fosse la pelle di Anakin e viceversa.
Si infila la vecchia casacca ruvida e logora, si ravvia i capelli con le dita, chiude gli occhi e respira. Semplicemente, respira.
Gli sembra di non riuscire a fare più nemmeno quello.




 
●○●◇●○●




Non avrebbe mai pensato di ritrovare quel vigore, quell’energia poderosa, un tale controllo della Forza. Soprattutto non pensava di poter ritrovare un motivo per non arrendersi, per tornare a combattere con il cuore.
Leia.
Luke.
Il modo in cui Anakin sopravvive in loro, negli occhi chiari di lui, nel sorriso furbo di lei, nel loro sognare e guardare lontano, oltre l’orizzonte.
Obi-Wan Kenobi ora protegge semplicemente ciò che gli resta, apre le braccia, solleva decine di massi e li scaglia contro quel Signore Oscuro, contro colui che gli ha portato via ogni cosa. Sferra un colpo dietro l’altro, para quelli di Vader con grazia e precisione millimetrica. E mentre lo fa si sente leggero e inarrestabile. Si sente di nuovo se stesso, potente nella Forza e determinato.
Ma ogni sua più radicata convinzione, tutta quella forza poderosa svanisce nel momento in cui colpisce Vader sulla testa e la sua maschera si spacca in due, nel momento in cui il viso di colui che amava appare davanti ai suoi occhi.


Anakin…”


La maschera lacerata lascia intravedere un occhio dorato, cerchiato di rosso, la guancia deturpata, le labbra piegate in un ghigno storto, diabolico.
Ma tutto ciò che Obi-Wan riesce a vedere è Anakin. Il suo Anakin.
La vista gli si appanna e un liquido tiepido gli riempie gli occhi. Sente un rumore di vetri rotti, di cocci che rimbalzano a terra, da qualche parte, in lontananza. Capisce che forse si tratta del suo cuore, di quello stesso cuore che ha provato a gettare nella lava tanto tempo prima.
Smette di combattere, di essere forte, lascia cadere la spada e lascia che le lacrime gli righino le guance.


“Mi dispiace, Anakin… per tutto…”


E quel tutto racchiude davvero ogni cosa, ogni gesto mai compiuto, ogni parola mai pronunciata, ogni sguardo mai sostenuto.
In quel tutto c’è l’averlo ridotto così, l’averlo lasciato a morire sulle rive roventi di Mustafar, ma non soltanto.
In quel tutto c’è un universo intero di cose che Obi-Wan avrebbe voluto dargli: certezze, comprensione, amore a piene mani. Qualunque tipo di amore, perché Obi-Wan non osa ambire a un tipo di legame che probabilmente Anakin non ha mai voluto davvero.
Non sa spiegarlo a parole, ma abbassa le difese così tanto da permettere a colui che ha di fronte di leggergli dentro.
Sa che Anakin è in grado di farlo, perché era uno Jedi, perche ora è un Sith, ma soprattutto perché è ancora parte di lui e le loro anime saranno sempre legate da un laccio che non può spezzarsi.


Il ghigno di Vader si ammorbidisce impercettibilmente e a Obi-Wan non sfugge quella sfumatura diversa, quell’effimero sfarfallio nella Forza.
Si inginocchia di fronte a lui e semplicemente continua a guardarlo. Fa sì che ogni granitica barriera gli si stacchi di dosso e si lascia guardare a sua volta, in profondità, fin dentro l’anima, perché era ciò che avrebbe dovuto fare fin dall’inizio, fin dal primo momento, da quella stretta di mano davanti allo sguardo compiaciuto di Qui-Gon Jinn, quando, nonostante tutto, lui e Anakin erano ancora due ragazzini immaturi e imperfetti.
Forse lo sono ancora. Immaturi e imperfetti.
Solo adesso Obi-Wan comprende che ucciderlo non è mai stata un’opzione, che non ne sarebbe capace neppure provandoci, nonostante tutte le atrocità che ha commesso e che potrebbe ancora commettere.
“Anakin…” ripete sottovoce, mentre lentamente avvicina una mano tremante al suo viso. Non è la paura a farlo vacillare, solo il timore che quell’istante congelato nel tempo, quel silenzio carico di parole non dette, possa frantumarsi da un momento all’altro.
Si tratta di una tregua precaria, di uno stallo che si fa più delicato ogni secondo che passa.
“Avrei dovuto darti molto di più” soffia senza riuscire a trattenere altre lacrime, senza poter controllare il tremore nella voce.
Vader resta impassibile, sguardo freddo e ghigno obliquo, forse si ritrae appena, nello stesso istante in cui le dita di Obi-Wan stanno per sforargli la guancia.
“Sei l’unica persona che abbia mai amato in questo modo, Anakin. Sconsideratamente, irrimediabilmente. E ti chiedo scusa se non ho saputo farlo nel modo giusto.”
Si fa coraggio, allunga di nuovo le dita e gli sfiora lo zigomo. Pelle liscia e fredda come quella di un anfibio.
Sul viso di Anakin il ghigno diabolico svanisce, restano solo confusione e odio mal celato. O forse non è soltanto odio…
“Ci sono così tante cose che vorrei spiegarti, per cui devo fare ammenda, ma te lo giuro, ho sempre voluto con tutto me stesso che fossi felice.”
Insieme a Padme, perché lei era l’unica a riuscire a farti sorridere davvero, vorrebbe aggiungere. Ma preferisce non pronunciare il suo nome. In ogni caso non riuscirebbe ad articolare un’altra parola, perché il groppo che ha in gola ora lo soffoca.


“Tu non sei capace di amare. Nessun Jedi, così freddo, impassibile e privo di emozioni, può amare! È il Codice a dirlo, rammenti?”
Vader scaccia la mano del suo vecchio Maestro con un gesto rabbioso, ma c’è qualcosa di strano nella sua voce, nello sguardo che ora gli rivolge dal basso. L’oro delle sue iridi sembra più tenue, più opaco, quasi verdastro.
“E io non sono il tuo fallimento, Obi-Wan. Non sei tu che hai ucciso Anakin Skywalker. Ma io. Così come adesso distruggerò te.”
“Se è questo tutto ciò che vuoi, allora fallo. Fallo adesso.” E per rendere quell’invito ancora più chiaro, allarga appena le braccia in segno di resa e scopre la gola.
Non smette di guardarlo negli occhi. Le lacrime che ancora gli bruciano le guance.
“Oppure vieni con me.”
Glielo sussurra ingoiando quel groppo doloroso, mentre le dita guantate di Vader si stringono nel vuoto, soffocandolo senza toccarlo.


A Obi-Wan non piace essere toccato, ma preferirebbe mille volte morire con le dita di Anakin sulla gola, piuttosto che in quel modo.
Annaspa e si porta istintivamente le mani sul collo, anche se non c’è niente da afferrare, nessuna pressione fisica da allentare. La vista gli si oscura e il corpo inizia a formicolare, i muscoli a cedere, finché non sente l’impatto della sua testa contro la roccia dura e fredda sotto di sé. Poi solo silenzio. Solo oscurità.






Continua…





ANGOLINO DELL'AUTRICE

Lo so, dovevano essere solo due capitoli, ma alla fine il finale non mi piaceva più, perciò ho riscritto tutto il capitolo da capo e ho aggiunto un epilogo che pubblicherò a breve. Sì, sono pazza! XD
Un paio di precisazioni:
  • Yardrath è un pianeta dell'universo di Dragon Ball Z, quello dove Goku impara il teletrasporto
  • alcuni dialoghi sono ripresi da Episodio III.
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto! Povero Obi-Wan, l'ho davvero torturato! Ma io all'angst non so proprio resistere!
Grazie a tutt3 coloro che hanno recensito, passo presto a rispondere, promesso! A presto!
Aislinn


 
   
 
Leggi le 12 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > Star Wars / Vai alla pagina dell'autore: MissAdler