AU
ambientata nel nostro mondo.
Facciamo
finta che siamo in un post Battlefield
(non
penso che sia necessario conoscere la long per comprendere questo
piccolo delirio).
Qui
non considero tutti gli avvenimenti che stanno succedendo in Someone
you loved.
Respirando l’aria della Cornovaglia
«Grazie
per questo invito» inizia Victoire, riconoscente, dopo che è
saltata giù dalla macchina e ha stretto l’altra in un abbraccio
affettuoso e stritolante.
Molly
scrolla le spalle, sorridendo.
«Mi
sei mancata» confida morbida, riferendosi a quei tre anni in cui si
sono viste sporadicamente e solo tramite videochiamate. «Dopo questa
pandemia globale e tutto quello che ci è successo, ci
meritiamo un po’ di relax» sostiene convinta, alludendo solo di
sfuggita e con molto tatto al lutto che ha colpito la loro famiglia.
Lei
fa davvero fatica a trattenere l’emozione, gli occhi azzurri che
diventano pericolosamente umidi.
Tornare
in Inghilterra le ha dato un senso di strana serenità, come se quel
posto fosse capace di placare qualsiasi pensiero negativo e farle
assaporare di nuovo la vita.
Non
sarà Villa Conchiglia
– e
da un lato è meglio così, almeno può evitare di ripensare a quei
ricordi che ora hanno un gusto amaro – ma è pur sempre la
Cornovaglia, con quell’acqua di un azzurro brillante, le colline
piene d’erba giallastra e sbiadita e quelle raffiche di vento che
diventa improvvisamente violento e gelido.
È
casa.
È
ritrovarsi in un luogo nel quale si ha la sicurezza che non succederà
nulla, perché ha la forza e la dolcezza dei ricordi dalla sua, è
meraviglioso.
Il
sorriso di Molly svanisce quando lo sguardo si punta oltre le sue
spalle.
«Aspetta…
c’è anche lui?» domanda lentamente, corrugando la fronte con
quello che minaccia di essere un piglio scontento.
Boccheggia
per l’impaccio, sentendosi annegare dall’agitazione per cercare
di articolare alla svelta una scusa prima di essere trucidata da
quegli occhi marroni, nei quali già brilla una sinistra luce di
ferocia.
«Puoi
anche smettere di fingere di non essere contenta» sostiene Etienne,
leggero, piegando le labbra in un sorriso che sa tanto di
provocazione, una volta che le ha raggiunte dopo che ha chiuso la
macchina. «Tanto lo so cosa pensi di me» dichiara quasi altezzoso.
«Ne
dubito» ribatte l’altra, asciutta. «Altrimenti mi staresti alla
larga» commenta sicura. Poi sposta la sua attenzione su Dominique,
che, al suo fianco, ha l’espressione di chi si sta sforzando di
sopportare qualcosa di terribilmente noioso. «Confesso che se ci
fossimo viste in giro, avrei fatto fatica a riconoscerti: sei
cresciuta» afferma cortese.
Sua
sorella inarca le sopracciglia.
«Dopo
quasi tre anni, sarebbe strano se non l’avessi fatto» risponde
acida.
Molly
si sforza per far un sorriso amorevole, anche se il risultato non è
un granché e sa di presa in giro.
«Ma
la simpatia è rimasta quella» conviene ironica, quasi tra sé,
ignorando l’occhiataccia che segue. «Dai, prendete i bagagli e
entriamo dentro!» li sprona benevola.
Pur
sapendo che la famiglia della cugina, da parte di madre, è ricca –
e
che quella, come le altre case che hanno sparse in giro per
l’Inghilterra è proprietà esclusiva dei Burke, che ci tengono a
non intestare immobili a parenti acquisiti –, Victoire rimane
favorevolmente impressionata dalla mancanza
di opulenza o sfarzo.
Quel
cottage su due
piani in mattoni bianchi, con il tetto di un rosso scolorito a causa
del tempo, è stato arredato per dare una sensazione di calore e
intimità, nonostante le stanze spaziose.
Si
ritrova a respirare a pieni polmoni, una volta che si è fermata
nell’ingresso, il trolley ai suoi piedi e gli occhi azzurri che già
cercano quel mare, che tanto ama e conosce, al di là delle alte
finestre del salotto.
Tuttavia,
quando lo sguardo vaga nella stanza e incrocia un paio di iridi che
sembrano quasi gialle, Victoire sbarra gli occhi e si lascia sfuggire
uno squittio allarmato.
Teddy
si alza dal divano, e per una frazione di secondi a lei sembra che il
tempo si sia riavvolto. Come se quei tre anni assurdi non fossero mai
esistiti.
Come
se non si fossero mai detti addio.
«Oh,
giusto» cinguetta Molly, serena, sbattendo le ciglia con candore, al
suo fianco. «Forse mi sono dimenticata di accennarti che c’è pure
Teddy» dice ad alta voce, prima di farsi più vicina fino a trovarsi
a un palmo dal suo naso. «Brutto ricevere delle infamate, vero?»
ritorce sferzante, gli occhi castani baluginanti dalla stizza,
alludendo al cugino che lei si è portata dalla Francia.
«Sì,
sì, questa atmosfera da drama è molto bella» taglia corto
Dominique, spazientita per quella tensione imbarazzante che è calata
all'improvviso. «Dov’è la mia stanza?» chiede con urgenza,
desiderosa di allontanarsi da lì il prima possibile.
«Secondo
piano, scegli quella che preferisci sulla sinistra» illustra Molly,
laconica, prima di sospirare per farsi coraggio e voltare il capo a
sinistra. «Delacour, vieni con me in cucina» ordina perentoria,
ignorando con grande noncuranza lo sguardo di supplica di Victoire di
non lasciarla sola.
*
Dopo
essersi trascinata dietro la valigia per le scale, Dominique imbocca
il corridoio sulla sinistra senza la minima esitazione.
A
dir la verità non sa nemmeno lei perché ogni cosa la irriti, perché
sembra sempre così arrabbiata con il mondo. Non le piace essere così
ma non ha idea di come fare a tornare ad essere quella di un tempo,
la ragazzina spensierata che sembrava avere una vita perfetta e
soprattutto un padre.
Il
non essere in grado di riprendere il controllo –
sulla
propria vita, su quella rabbia bruciante che è sempre lì, sotto la
pelle, pronta a divampare con furia per ogni minima situazione –,
la rende più scontrosa e sferzante che mai verso chi la circonda.
Ironico
e desolante che finiamo sempre per prendersela con quelli che amiamo
e vorrebbero solo aiutarci.
Apre
l’ultima porta del corridoio, buffando seccata
quando
le ruote del trolley si inceppano ed esercitando maggior forza per
tirarlo dentro nella stanza. Dopo di ché, si chiude l’uscio alle
spalle, in maniera tale da creare una barriera tra sé e il resto
della casa.
Quando
si volta, per poco non si lascia sfuggire un urlo per lo spavento
quando si accorge che non è da sola in quella camera da letto.
Ci
mette un momento per riprendersi, sarà perché non aveva nemmeno
preso in considerazione la possibilità di trovarsi a pochi passi da
un ragazzo che si è bloccato dal indossare la maglietta nera che ha
tra le mani e che ha la sua stessa espressione perplessa.
Facendo
forza su se stessa per evitare di apparire come una ragazzina
immatura che non ha mai visto dei pettorali, Dominique simula la sua
miglior espressione sprezzante.
«E
tu che ci fai qui?» pretende di sapere brusca.
«Potrei
farti la stessa domanda» sottolinea lui, distaccato, con due occhi
azzurri che sono straordinariamente gelidi nonostante il sorriso
beffardo che gli arriccia le labbra. «Tu saresti?» si sforza
comunque di chiedere, educato.
«Dominique»
svela rapida, graziandolo di una risposta.
Lo
vede inarcare le sopracciglia, annuendo anche con il capo con fin
troppa enfasi.
Non
ci vuole un genio per capire che la sta prendendo per i fondelli!
«Senti,
misterioso sconosciuto» riprende spazientita, schiarendosi la gola
così da assumere un tono chiaro. «Saresti così gentile da uscire
dalla mia camera? Sono un po’ stanca dal viaggio e avrei voglia di
cambiarmi, per cui…» lascia in sospeso, allusiva, sperando che
l'altro capisca alla svelta l’antifona.
«Vai
pure» concede quello, magnanimo, finendo di vestirsi.
Dominique
rimane di sasso, presa alla sprovvista.
«No,
tu te ne devi andare» puntualizza di slancio, inflessibile, ad alta
voce.
A
lui quasi viene da ridere mentre scuote il capo, incredulo.
«E
perché mai?» indaga divertito.
«Perché
sei nella mia camera!»
«Ah
sì? A me sembra la mia,
di camera».
Dominique
molla di botto il manico del trolley che aveva stritolato in una
morsa nervosa, prima di avvicinarsi all’altro con un passo svelto e
le sopracciglia aggrottate per il nervosismo.
«Okay,
forse non hai capito il sottinteso» riprende velenosa, quando gli è
di fronte. E poco importa che ci sia un divario di altezza, perché
non si lascia intimidire dall'essere più bassa. «Te ne devi
andare!» ordina intransigente.
«Fai
sempre così?» replica lui, placido, per nulla intimorito,
inclinando il capo di lato e socchiudendo le palpebre. «Pretendi
invece di domandare?» si informa intrigato.
Rimane
per la seconda volta senza parole, a causa di quella domanda che la
getta nella più totale confusione.
«Ma
che… cioè» biascica in un balbettio, frastornata, interrompendosi
quando si rende conto che lo ha fatto ridacchiare. Questa
conversazione è durata anche troppo,
stabilisca
ferma. «Non so nemmeno come ti chiami ma so che devi sloggiare!»
decreta tagliente, tornando al nocciolo della questione.
«Lance»
svela l’intruso, lieve, permettendole così da dare un nome a quel
volto. E
a quegli addominali,
le
ricorda una vocina maliziosa nelle sue orecchie. «E per quanto mi
spiaccia spezzarti il cuore, sei arrivata tardi. Puoi prendere la
stanza accanto» concede indulgente, come se fosse un privilegio
averlo come vicino.
Dominique
serra la mandibola, irritata a morte.
«Sembra
quasi che tu mi stia facendo un favore» sibila tra i denti,
pungente.
Lui
scrolla le spalle, senza smettere di sorridere.
«Forse
perché è così» commenta sommesso.
«La
cavalleria non dovrebbe essere un requisito inglese?» domanda
graffiante, portandosi con fastidio una ciocca ramata, che le è
dispettosamente finita davanti agli occhi, dietro l’orecchio.
«Perché, qui, io vedo solo stronzaggine»
sottolinea aspra.
«Una
cosa non esclude l’altra» sospira Lance, spassionato, prima di
prenderle la mano. E, anche se ha la tentazione di ritrarla, gli
permette di portarsela alle labbra in quello che dovrebbe essere
l’imitazione –
o
la presa in giro – di
un gesto d’altri tempi. «Benvenuta a Newquay,
Dominique»
mormora contro il suo dorso, facendole crepitare la pelle e
provocando una fitta di calore allo stomaco.
*
«Allora»
inizia Victoire, impacciata, infilandosi le mani nelle tasche degli
shorts e alzando di riflesso le spalle. «Ti trovo bene» se ne esce
infine, sentendosi morire per la banalità di quella frase.
Teddy
si lascia sfuggire una risata.
«Sto
bene» assicura sincero, continuando a guardarla con quegli occhi che
l’hanno ossessionata e che le sono mancati per quasi tre anni. «E
mi sembra che lo stia anche tu» azzarda piano, appena incerto.
Lei
scuote la testa, sperando di risultare credibile con quell’aria
limpida.
«Perché
è così» sostiene genuina, credendoci davvero. Il tempo delle
lacrime è finito e, anche se una parte di sé sarà sempre spezzata,
è giusto cercare di andare avanti. «Cioè… questi tre anni sono
stati un casino assurdo ma ci stiamo riprendendo. È questo che
conta, vero?» domanda quieta, con una punta di timore chiaramente
udibile nella sua voce.
Lui
sorride rassicurante.
«Immagino
di sì» conviene amabile. Abbassa solo un momento le iridi
giallastre e, quando torna a osservarla, le vede chiaramente incupite
dal nervosismo. «Ti dà fastidio che Molly mi abbia invitato?» si
preoccupa di chiedere, diretto.
Victoire
sbatte le ciglia, sbigottita.
«Perché
dovrei?» rilancia schietta. Si rende subito conto che l’altro si
riferisce al suo palese smarrimento quando ha scoperto della sua
presenza. «Sono rimasta solo sorpresa. Ti avrei scritto, davvero,
solo che…» si blocca, incapace di dire alcunché. «Sarebbe stato
strano?» tenta a bassa voce, dubbiosa.
«Perché
non ci vediamo dal funerale o perché non ti sei fatta più viva dopo
che mi hai chiesto una pausa?» precisa Teddy, un po’ troppo
brutale.
Non
se la prende. Sa che il tatto non è esattamente una qualità
dell'altro, anche se ci ha lavorato per smussare quell’aspetto così
affilato e grezzo del suo carattere.
«So
di aver sbagliato ad allontanarti ma avevo bisogno di stare da sola»
comincia lei, in difficoltà, perché ammettere una colpa non mai
facile. Soprattutto se è stata commessa per poca lucidità e in un
periodo che si preferirebbe dimenticare.
«Anche
da Delacour?» indaga lui, brusco. Poi scuote il capo, voltandolo a
sinistra per prendere un respiro e riacquistare il controllo. «Scusa,
frecciatina idiota» conviene frustrato, facendo una smorfia
insofferente.
«Tra
me ed Etienne non c’è stato nulla» afferma Victoire, veritiera,
sostenendo senza difficoltà quello sguardo che le fa tremare ancora
il cuore. «Però mi ha aiutata con Domi e Louis. Soprattutto con
Domi» aggiunge riflessiva, mordendosi appena le labbra, rendendosi
conto che la sua famiglia sta in piedi per miracolo.
«Perché
lui se la rigira come vuole?» scherza Teddy, divertito, anche se c'è
un pizzico di verità in quell’osservazione.
Una
risata le sgorga dalla gola, sincera e cristallina.
«Sarà
il fascino dei biondi» replica rilassata, sollevando con teatralità
le spalle. «Però a me sono sempre piaciuti i mori. Dici che sono
strana?» domanda quasi preoccupata mentre gli si avvicina fino a
trovarsi a un passo di distanza.
Lui
sorride ed è sempre bello notare come quel piccolo gesto li illumini
il volto, addolcendogli gli occhi.
«No,
è solo buon gusto» rilancia fingendosi sdegnato. Socchiude le
labbra per qualche istante, prima di allargare appena le braccia.
«Posso?» domanda titubante.
Victoire
si scioglie in un sorriso mentre si tuffa contro quel petto, sentendo
un feroce moto di gioia arderle nelle vene e facendola sospirare per
la certezza che, per un mese, non ci saranno altri problemi.
Le
ci vuole una piccola pausa dalla vita.
Tanto
i guai saranno ancira lì, a settembre, ad attenderla pazientemente
il suo ritorno.
*
«Lo
ammetto, mentecatto: sei una continua spina nel fianco! Speravo che
il Covid qualcosa di buono lo avesse fatto ma chissà come, quando si
tratta di sfiga, l’universo ha un occhio di riguardo per la
sottoscritta» brontola Molly, malevola, maledicendo ogni singolo
pianeta, costellazione e pure galassia.
Etienne,
che ha ascoltato tutta quella lagna con il sorriso di chi si sta
divertendo un mondo, prende posto sullo sgabello all’isola della
cucina.
«Anch’io
sono contento di vederti» dichiara genuino, appoggiando i gomiti sul
ripiano in marmo.
Lei
serra la mandibola, irritata, ignorando il cuore che ha fatto un
balzo fino ad arrivarle quasi in gola.
«Come
no» sbuffa scettica, facendo divagare lo sguardo nella stanza così
da togliersi dall’impiccio di incrociare quello dell’altro. «Ma
sarò così magnanima da permetterti di restare» concede benevola,
sentendosi una persona straordinariamente buona.
«Nonostante
quello che c’è stato tra noi?»
Quella
domanda, posta a bruciapelo, la costringe involontariamente a
spostare le iridi castane nella sua direzione.
«Non
c’è stato nulla
tra
di noi» precisa Molly, veemente, tra i denti.
«Solo
perché abbiamo avuto un pessimo tempismo» replica Etienne,
ragionevole, alzando le spalle con noncuranza ma senza smettere un
momento di guardarla dritta negli occhi.
Ed
è difficile sostenere quelle iridi di un azzurro chiaro e
terribilmente attraenti.
«Delacour,
ora sfidi la mia pazienza» abbaia brusca. Incamera ossigeno dal naso
e ringrazia tutto il creato che almeno ci sia un bancone a dividerli,
così da impedirle di mettergli le mani al collo e torcerglielo
all’istante. «Ti ho concesso questo mese di vacanza, vedi di non
farmi cambiare idea» continua intimidatoria, il volto torvo.
Gli
volta le spalle solo per recuperare dal frigo tutto l’occorrente
per fare il Mojito, per poi metterlo sul piano da lavoro in marmo.
Recupera dallo scompartimento inferiore dell’isola due bottiglie di
rum bianco – perché è estate, crepi l’avarizia e la sobrietà –
e, dopo aver lavato la buccia, inizia a tagliare e spremere i lime.
Stranamente
lui l’aiuta senza proferire una parola, dopo essersi lavato le
mani, e, per una manciata di minuti, nella stanza si sentono solo i
suoni relativi alla preparazione del cocktail.
Solo
dopo che hanno mescolato con un bar spoon, così da amalgamare bene
gli ingredienti in due brocche di vetro – che si sono opacizzate a
causa del freddo del liquido –, Molly crede che ormai il peggio sia
passato e che possano tranquillamente divertirti senza accennare a
quel piccolo episodio imbarazzante che è capitato.
«Quindi
non ci hai mai pensato?» indaga Etienne, noncurante, cogliendola
totalmente alla sprovvista.
Lei
rimane basita, la bocca che si schiude per la sorpresa di quel colpo
basso assestato così all'improvviso e anche per la paura di quello
che la sua espressione potrebbe rivelargli.
«L’ho
fatto» ammette scornata, in un mormorio a malapena udibile e
vergognoso. Sarebbe sciocco negare, vero? E poi l’altro non ci
crederebbe nemmeno per un istante. «Ma non sono il tipo da
ossessionarmi su quello che poteva essere» dichiara risoluta,
facendogli capire l’antifona. «Anche perché ho una missione da
compiere» aggiunge tenace, cambiando rapidamente argomento e
spostandosi su un terreno più innocuo.
Lui
accenna un sorriso divertito.
«Vuoi
farli rimettere insieme?» deduce interessato.
«Ovvio»
conferma Molly, diretta, senza provare un briciolo di imbarazzo per
quel piano che esalta l’adolescente che è stata. E siamo oneste:
non è che quella parte di lei sia scomparsa, altrimenti non avrebbe
problemi a relazionarsi con quel miserabile mentecatto. «E sai cosa
che divento estremamente letale se qualcuno osa mettersi sulla mia
strada» butta lì causale, inchiodandolo con uno sguardo d’intesa.
«E
perché dovrei?» replica Etienne, placido, il sorriso che si
accentua e assume una sfumatura intrigata. «A me piacciono queste
iniziative» confessa deliziato.
«Perché
tu sei subdolo, manipolare, spregevole, doppiogiochist-»
«E
tu sei terribilmente testarda quando vuoi ottenere qualcosa» la
interrompe rilassato, mettendo fine a quella sfilza di complimenti
che non lo infastidiscono minimamente. Abbassa solo per un momento
gli occhi verso il marmo, tamburellando le dita sulla superficie
fredda e storcendo il viso in un’espressione pensierosa. Infine
torna a guardarla, con il viso limpido e un sorriso invitante che la
fa rabbrividire. E non per il disgusto, purtroppo. «E se vuoi un
consiglio da un subdolo, manipolare, spregevole, doppiogiochista…
beh, io lo vorrei il mio aiuto» suggerisce sagace.
Lei
piega le labbra, soppesando attentamente quell’offerta.
«So
già che me pentirò» biascica sconfortata, scuotendo il capo per la
sua idiozia e versando il primo cocktail della stagione in due dei
bicchieri che avevano precedentemente disposto sul bancone. «Alla
nostra alleanza» brinda, quindi, semplicemente, alzando il suo verso
il ragazzo che le sta di fronte e facendo scontrare delicatamente il
vetro. «Vedi di non farmi saltare i piani o ti abbatto. Considerala
una promessa» lo avvisa sanguinaria, sorridendo amabile.
Etienne
ridacchia, per nulla preoccupato.
«E
tu le mantieni sempre» puntualizza sommesso.
«Soprattutto
se queste comprendono la possibilità di farti la pelle» conferma
lei, radiosa.
*
«Chi
ne vuole un altro?» domanda Molly, entusiasta, brandendo la caraffa
contenente il Mojito come se fosse una mazza, avanzando nella loro
direzione.
Victoire
ride ma accetta volentieri un secondo bicchiere.
«Allora,
nostro amato Lucifero» inizia la cugina, allegra, appoggiandosi con
il fondoschiena al muretto che c’è accanto alla brace. «Come
procede la cottura?» si informa, sorseggiando il cocktail che ha
fatto nella cucina e studiando la carne che sta rosolando sulla
griglia.
Teddy
la fissa scettico.
«Adesso
mi paragoni al diavolo?» domanda asciutto.
«In
senso affettuoso» precisa quella, leggera. «Hai un forcone in mano,
sei circondato da fiamme… e hai fatto patire alla poveretta al tuo
fianco le pene dell’inferno» sostiene schietta, alludendo a quel
periodo in cui il ragazzo non accettava che tra loro ci poteva
esserci altro oltre all’amicizia. «Apprezza che ti abbia chiamato
così. Potevo darti un soprannome peggiore» lo informa spassionata,
nascondendo il sorriso birichino che l’è spuntato dietro il bordo
del bicchiere.
«Tipo
mentecatto?» la provoca lui, sarcastico.
«Oh,
il lupacchiotto fa dell’ironia!» sospira Molly, zuccherina,
mostrando un’espressione di teatrale compiacimento. «Si vede che
sei proprio di buon umore!» dichiara lanciando a lei un’occhiata
d’intesa. Si stacca dal muretto con un movimento davvero fluido per
chi deve essersi trangugiata più di mezza caraffa. «Vado a vedere
come se la cavano gli uomini con le verdure. Non vorrei che Etienne –
sì, Teddy, per i poteri conferitimi dall’universo, ho deciso di
chiamarlo così – finisse ammazzato. Lance non sopporta che
qualcuno gli dica cosa fare e non è affatto saggio lasciarlo vicini
ai coltelli» dichiara tranquilla, come se non affatto preoccupata
della possibilità di assistere a un omicidio. Storce le labbra in
una smorfia meditabonda, aggrottando per un momento anche la fronte.
«Sarebbe comunque legittima difesa: Etienne è insopportabile»
dichiara sicura.
Teddy
si lascia sfuggire uno sbuffo che assomiglia a una risata.
«Talmente
tanto che ti piaceva» afferma brutale, rigirando uno a uno tutti gli
spiedini con la pinza da barbecue.
Molly
si sforza di fargli un sorriso.
«Tutte
commettono degli errori» dichiara saggia, annuendo anche con il
capo. «Vi lascio l’alcol, così magari vi sciogliete un pochino.
Vi vedo un pochino rigidi» insinua con una punta di malizia.
Solo
dopo che si è allontanata, Victoire si permette di prendere un
profondo respiro.
«A
me non lo sembriamo affatto» obietta ragionevole, continuando a bere
il cocktail e riempiendo il bicchiere ormai vuoto dell’altro.
«Perché
non lo siamo» conferma lui, sicuro, ringraziandola con un sorriso.
«Il problema di Molly è che, a furia di stare con Delacour, è
diventata anche lei una mentecatta» decreta impietoso, scuotendo la
testa con compassione.
«Delacourtite?»
scherza lei, svagata, rievocando quegli episodi in cui l'altra era
convinta, a ragione, di avere quel morbo.
Lo
vede annuire, convinto.
«Altamente
contagiosa» sostiene Teddy, divertito, inarcando le sopracciglia con
eloquenza.
*
«Allora…
Sebastian e Chef Louis, come procede la preparazione?»
Li
osserva scambiarsi un’occhiata perplessa, ma se l’azzurro di
Lance esprime tutta la pena di questo mondo, in quello chiaro di
Etienne brilla una lieve luce di apprezzamento.
«È
già ubriaca?» si informa suo cugino, distaccato, rivolgendosi
all’altro come se lei non fosse presente in cucina.
«No,
l’alcol la rende solo più instabile» afferma Etienne, saputo,
riprendendo a tagliare le zucchine che ha posto sul tagliere di
legno, sopra l’isola della cucina. «Per farla ubriacare, bisogna
farne scorrere di litri di alcol. Solo che non ho riconosciuto la
citazione» ammette pensieroso, corrucciando appena la fronte.
Molly
si siede allo sgabello della cugina, scrollando con le spalle.
«Perché
non lo è» precisa con disinvoltura, sfoderando un sorriso
disimpegnato. «Sono due personaggi de La
Sirenetta,
quelli che decidono di imbastire nella cucina una lotta all’ultimo
sangue. Mi ricordano voi» continua imperturbabile, ignorando
l’espressione perplessa che suscitano le sue parole. «Chiaramente
Chef Louis, sei tu» decreta risoluta, puntando gli occhi castani
sull’unico biondo presente. «Perché se il mangiarane della
situazione mentre tu» si blocca, spostando l’attenzione sul
cugino. «Povero Lancie! Da Rampollo Rosierino a granchietto in fuga»
cinguetta addolcita, intenerita da quel parallelismo folle che il
cervello ha elaborato.
Lance
si blocca dal versare la busta di patatine congelate nella
friggitrice.
«Molly,
riprenditi» consiglia di cuore, dopo essersi scrollato di dosso lo
sbigottimento e il disgusto per essere stato paragonato a un misero
crostaceo. Il realtà, un po’ del secondo li impregna ancora le
labbra, che lui ha arricciate in una smorfia nauseata. «Essere già
andate la prima sera, anche no» afferma intransigente.
Le
alza le spalle, forse l'alcol la rende stranamente tollerante.
«Ho
grandi progetti per questo mese» dichiara vivace, finendo il suo
bicchiere e appoggiando sul piano in marmo. «Ci divertiremo un
casino, ci ubriacheremo e passeremo un’estate senza rimpianti»
elenca sognante, già elettrizzata da quella prospettiva di pace e
relax totale.
«Se
è un modo per dirmi che vuoi venire a letto con me» inizia suo
cugino, sarcastico, interrompendo di colpo quella visione
meravigliosa. Dopo aver sbattuto le ciglia per il disorientamento,
nota che ha piegato le labbra in un sorriso malizioso. «Passo. Non
ho voglia di avere problemi» sostiene spassionato, premendo un
pulsante e accendendo la friggitrice ad aria compressa, posta sul
bancone della cucina accanto ai fornelli.
Molly
ridacchia senza contenersi.
«Hai
paura che ti distruggerei?» domanda innocente, riferendosi quasi con
pietà alle sue prestazioni sessuali. «Non ti credevo tanto
delicato» sospira sovrappensiero, quasi delusa.
«No,
di vedervi farvi le ripicche tutto il tempo» replica quello, secco,
esponendo quella verità con una semplicità assurda. Solleva le
iridi azzurre dall’elettrodomestico, fissando prima l’una e poi
l’altra. «Siete stati insieme, no?» deduce tranquillo, affatto
impressionato.
Lei
boccheggia qualche istante, prima di corrugare le sopracciglia con
veemenza.
«Sai
che hai proprio il tatto di un Troll?»
«Ma
da che pulpito!»
«Che
cosa stai insinuando esattamente, Rosier?»
«Ti
sta dando la possibilità di salvarti» gli fa notare Etienne,
scaltro, sottovoce, lasciandosi sfuggire un sorrisetto gongolante e
infame.
«Non
la voglio» liquida Lance, quasi infastidito da quell'offera, prima
di guardarla come si fa con gli idioti. «Cugina, in fatto di
delicatezza, sei quasi al mio livello» dichiara implacabile.
«Non
credo proprio. Ci vuole del talento per essere un simile buzzurro».
«Intanto
il buzzurro in questione si è trattenuto dal affibiarti qualche
nomignolo idiota ma visto che sembrano divertiti tanto… penso che
ripiegherò su Medusa»
«Mi
stai dando della piovra?» domanda Molly, interdetta, scandendo le
parole con una lentezza che rasenta la minaccia
«Intanto
era un polipo» corregge suo cugino, paziente, alzando gli occhi al
cielo come se avesse appena sentito una bestialità. «No, ti stavo
dando della pazza malefica che tesse piani nell’ombra. Anche se
quella cercava di dividere una coppia, non riunirla» considera tra
sé, accorto, storcendo il viso in una smorfia.
Suo
malgrado, deve serrare la bocca per evitare di farsi scappare una
risatina.
«Lo
ammetto, Lancie» constata affettuosa. «Tu sembri la classica
persona che sembra non notare nulla ma che, alla fine, è più
sveglia di quanto appaia» dice quasi commossa.
«Tu,
invece, sembri la classica pazza che poi si scopre essere san… ah
no» ribatte lui, desolato, alzando un braccio per parare la fetta di
lime, utilizzata come decorazione, che lei ha recuperato dal suo
bicchiere per lanciargliela scherzosamente addosso.
«Un
po’ si vede che siete parenti» dichiara Etienne, ironico, nel
momento in cui ha finito di tagliare le zucchine e le ha messe a
grigliare sulla padella. Effettivamente avrebbe avuto più senso
metterle sulla brace, così da far andare solo un fuoco, ma Molly ha
vietato a chiunque di avvicinarsi a meno di cinque metri da Victoire
e Teddy. «Non so dire chi sia più folle» continua distratto,
mentre si lava le mani nel lavandino della cucina.
«Io
sì» sostiene Lance, rilassato, accomodandosi sullo sgabello
dell’isola dato che il suo compito ora consiste solo nel gettare di
tanto in tanto occhiate alla friggitrice per vedere quanto manchi
alla cottura delle patatine. «Ma per il quieto vivere non lo dirò»
li grazia magnanimo.
«Che
granchietto gentile!» lo percula Molly, zuccherina.
Volta
il capo quando intravede con la coda dell’occhio qualcosa di rosso
avanzare nella loro direzione.
Dominique,
i capelli legati in una coda alta e il viso corrucciato nella sua
ormai famosa smorfia di fastidio, appoggia il sacchetto di carta sul
ripiano dell’isola.
«Non
era rimasta molta frutta» dice coincisa, riferendosi alla spesa
frettolosa e scarna che è riuscita a fare in quel negozio in fondo
alla via prima della chiusura. «Non c’era molto» afferma
concreta, azzardando a guardare Etienne con quella che pare un’aria
colpevole.
«Non
fa niente» la rincuora lui, con una dolcezza che gli illumina gli
occhi chiari. Afferra la brocca di vetro, versandole due dita di
Mojito in un bicchiere pulito. «Visto che non ha brindato prima»
spiega sereno, rispondendo alla domanda silenziosa che è apparsa sul
volto della cugina più piccola e facendole un occhiolino complice.
«Se
Vic la vede bere, ti uccide» lo informa Molly, serafica, senza la
reale voglia di iniziare una polemica.
Lui
inclina la testa nella sua direzione, inarcando le sopracciglia con
scetticismo.
«Per
due gocce?» sottolinea eloquente, riempendo i bicchieri anche degli
altri. «Come se noi non lo avessi fatto» sostiene realista.
«All'estate!» proclama semplicemente.
*
«Come
mai qui?»
Dominique
sussulta, rischiando di far cadere il cucchiaino che ha affondato
nella vaschetta di gelato che ha appena tolto dal freezer.
Si
volta, l’espressione di chi è stata appena sorpresa ad affogare
tutti i dispiaceri in una valanga di cioccolato fondente.
Sì,
forse è da golose senza possibilità di redenzione dopo la cena che
hanno consumato ma ci sono dei momenti in cui è indispensabile
lasciarsi andare e strafogarsi senza sensi di colpa, fregandosene
delle calorie.
Tanto
si piangerà comunque quando arriverà il momento di confrontarsi con
la bilancia.
«Dove
ti aspettavi che fossi?» ribatte seccata, dopo aver chiuso lo
sportello dell'elettrodomestico, posando la confezione sull’isola
della cucina e prendendo posto sullo sgabello.
Lance
scrolla le spalle, avvicinandosi e appoggiando i gomiti sul marmo
chiaro del bancone e piegando la schiena in avanti.
«Magari
al falò?» ipotizza con una punta di beffa.
«Così
da essere costantemente sotto l’occhio di mia sorella?» replica
lei, eloquente, infastidita solo dalla prospettiva. Non ci ha pensato
un secondo a declinare quell’invito, anche perché non ha nessuna
intenzione di fare da quinta
incomoda.
«No, grazie» sentenzia inflessibile, mangiando con gusto un'altra
cucchiaiata di gelato.
«E
quindi passerai la serata a deprimerti?» sottolinea lui, perspicace,
gettando una lunga occhiata a quella maglietta troppo grande che usa
come pigiama e che una volta era di suo cugino.
Dominique
fa una smorfia amareggiata.
«Vedi
alternative?» ribatte passiva, deglutendo altro gelato e cattivo
umore.
Lance
sorride, piegando le labbra in modo che è straordinariamente
affascinante.
«Qualcuna,
sì» riflette enigmatico, calamitando il suo sguardo e la sua
attenzione.
Lo
so cosa state pensando: chiuderla così è proprio da infami!
Avete
pure ragione ma se divento logorroica come mio solito, è finita, non
ne esco!
E
poi questa è la tipica storia estiva che nasce senza troppo impegno
ma che mi renderà euforica per tutte quelle situazioni che si
creeranno. Anche se temo che non sarà affatto facile gestire tre
coppie contemporaneamente.
È
meschina questa idea? Può darsi ma che estate sarebbe senza un po’ di dramma?
Spero
che risulti comunque divertente, perché l’intenzione è proprio
quella.
Vi
mando un grosso bacio e vi auguro buona serata,
Blue
Rampollo
Rosierino: nomignolo che gli ha affibbiato Giu.
Delacourtite:
riferimento a Battlefield,
anche se in realtà è una citazione di The O.C.
Fistral
Beach: informandomi su internet, ho scoperto che è una delle spiagge
più belle dell'Inghilterra. Non ci sono mai stata ma vedrò di
colmare in futuro questa lacuna.