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Autore: BlueBell9    01/08/2022    3 recensioni
Una vacanza in Cornovaglia, un gruppo di cugini che si rivedono dopo tanto tempo, nuove conoscenze e diverse questioni irrisolte.
«Ti trovo bene» se ne esce, infine, sentendosi morire per la banalità di quella frase.
Teddy si lascia sfuggire una risata.
«Sto bene. [...] mi sembra che lo stia anche tu» azzarda piano.
«Perché è così Cioè… questi tre anni sono stati un casino assurdo ma ci stiamo riprendendo. È questo che conta, vero?» domanda quieta, appena timorosa.

[Victoire/Teddy]
«Anch’io sono contento di vederti» dichiara genuino, appoggiando i gomiti sul ripiano in marmo.
«Come no.[...]Ma sarò così magnanima da permetterti di restare» concede benevola, sentendosi una persona straordinariamente buona.
«Nonostante quello che c’è stato tra noi?»
«Non c’è stato
nulla tra di noi» precisa Molly, veemente, tra i denti.
[Molly/Etienne]
«Vai pure» concede quello, magnanimo, finendo di vestirsi.
«No, tu te ne devi andare» puntualizza di slancio, inflessibile, ad alta voce.
A lui quasi viene da ridere mentre scuote il capo, incredulo.
«E perché mai?» indaga divertito.
«Perché sei nella mia camera!»
«Ah sì? A me sembra la
mia, di camera».
[Dominique/Lance]
Si preannuncia un mese interessante, no?
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dominique Weasley, Molly Weasley Jr, Nuovo personaggio, Teddy Lupin, Victorie Weasley | Coppie: Teddy/Victorie
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'What if/AU'
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Capitolo I



AU ambientata nel nostro mondo.
Facciamo finta che siamo in un post Battlefield (non penso che sia necessario conoscere la long per comprendere questo piccolo delirio).
Qui non considero tutti gli avvenimenti che stanno succedendo in
Someone you loved.






Respirando l’aria della Cornovaglia





«Grazie per questo invito» inizia Victoire, riconoscente, dopo che è saltata giù dalla macchina e ha stretto l’altra in un abbraccio affettuoso e stritolante.
Molly scrolla le spalle, sorridendo.
«Mi sei mancata» confida morbida, riferendosi a quei tre anni in cui si sono viste sporadicamente e solo tramite videochiamate. «Dopo questa pandemia globale e tutto quello che ci è successo,  ci meritiamo un po’ di relax» sostiene convinta, alludendo solo di sfuggita e con molto tatto al lutto che ha colpito la loro famiglia.
Lei fa davvero fatica a trattenere l’emozione, gli occhi azzurri che diventano pericolosamente umidi.
Tornare in Inghilterra le ha dato un senso di strana serenità, come se quel posto fosse capace di placare qualsiasi pensiero negativo e farle assaporare di nuovo la vita. 
Non sarà Villa Conchigliae da un lato è meglio così, almeno può evitare di ripensare a quei ricordi che ora hanno un gusto amaro – ma è pur sempre la Cornovaglia, con quell’acqua di un azzurro brillante, le colline piene d’erba giallastra e sbiadita e quelle raffiche di vento che diventa improvvisamente violento e gelido.
È casa.
È ritrovarsi in un luogo nel quale si ha la sicurezza che non succederà nulla, perché ha la forza e la dolcezza dei ricordi dalla sua, è meraviglioso.
Il sorriso di Molly svanisce quando lo sguardo si punta oltre le sue spalle.
«Aspetta… c’è anche lui?» domanda lentamente, corrugando la fronte con quello che minaccia di essere un piglio scontento.
Boccheggia per l’impaccio, sentendosi annegare dall’agitazione per cercare di articolare alla svelta una scusa prima di essere trucidata da quegli occhi marroni, nei quali già brilla una sinistra luce di ferocia.
«Puoi anche smettere di fingere di non essere contenta» sostiene Etienne, leggero, piegando le labbra in un sorriso che sa tanto di provocazione, una volta che le ha raggiunte dopo che ha chiuso la macchina. «Tanto lo so cosa pensi di me» dichiara quasi altezzoso.
«Ne dubito» ribatte l’altra, asciutta. «Altrimenti mi staresti alla larga» commenta sicura. Poi sposta la sua attenzione su Dominique, che, al suo fianco, ha l’espressione di chi si sta sforzando di sopportare qualcosa di terribilmente noioso. «Confesso che se ci fossimo viste in giro, avrei fatto fatica a riconoscerti: sei cresciuta» afferma cortese.
Sua sorella inarca le sopracciglia.
«Dopo quasi tre anni, sarebbe strano se non l’avessi fatto» risponde acida.
Molly si sforza per far un sorriso amorevole, anche se il risultato non è un granché e sa di presa in giro.
«Ma la simpatia è rimasta quella» conviene ironica, quasi tra sé, ignorando l’occhiataccia che segue. «Dai, prendete i bagagli e entriamo dentro!» li sprona benevola.
Pur sapendo che la famiglia della cugina, da parte di madre, è ricca e che quella, come le altre case che hanno sparse in giro per l’Inghilterra è proprietà esclusiva dei Burke, che ci tengono a non intestare immobili a parenti acquisiti –, Victoire rimane favorevolmente impressionata dalla mancanza di opulenza o sfarzo.
Quel cottage
su due piani in mattoni bianchi, con il tetto di un rosso scolorito a causa del tempo, è stato arredato per dare una sensazione di calore e intimità, nonostante le stanze spaziose. 
Si ritrova a respirare a pieni polmoni, una volta che si è fermata nell’ingresso, il trolley ai suoi piedi e gli occhi azzurri che già cercano quel mare, che tanto ama e conosce, al di là delle alte finestre del salotto.
Tuttavia, quando lo sguardo vaga nella stanza e incrocia un paio di iridi che sembrano quasi gialle, Victoire sbarra gli occhi e si lascia sfuggire uno squittio allarmato.
Teddy si alza dal divano, e per una frazione di secondi a lei sembra che il tempo si sia riavvolto. Come se quei tre anni assurdi non fossero mai esistiti.
Come se non si fossero mai detti addio.
«Oh, giusto» cinguetta Molly, serena, sbattendo le ciglia con candore, al suo fianco. «Forse mi sono dimenticata di accennarti che c’è pure Teddy» dice ad alta voce, prima di farsi più vicina fino a trovarsi a un palmo dal suo naso. «Brutto ricevere delle infamate, vero?» ritorce sferzante, gli occhi castani baluginanti dalla stizza, alludendo al cugino che lei si è portata dalla Francia.
«Sì, sì, questa atmosfera da drama è molto bella» taglia corto Dominique, spazientita per quella tensione imbarazzante che è calata all'improvviso. «Dov’è la mia stanza?» chiede con urgenza, desiderosa di allontanarsi da lì il prima possibile.
«Secondo piano, scegli quella che preferisci sulla sinistra» illustra Molly, laconica, prima di sospirare per farsi coraggio e voltare il capo a sinistra. «Delacour, vieni con me in cucina» ordina perentoria, ignorando con grande noncuranza lo sguardo di supplica di Victoire di non lasciarla sola.


*


Dopo essersi trascinata dietro la valigia per le scale, Dominique imbocca il corridoio sulla sinistra senza la minima esitazione.
A dir la verità non sa nemmeno lei perché ogni cosa la irriti, perché sembra sempre così arrabbiata con il mondo. Non le piace essere così ma non ha idea di come fare a tornare ad essere quella di un tempo, la ragazzina spensierata che sembrava avere una vita perfetta e soprattutto un padre.
Il non essere in grado di riprendere il controllo sulla propria vita, su quella rabbia bruciante che è sempre lì, sotto la pelle, pronta a divampare con furia per ogni minima situazione –, la rende più scontrosa e sferzante che mai verso chi la circonda. 
Ironico e desolante che finiamo sempre per prendersela con quelli che amiamo e vorrebbero solo aiutarci.
Apre l’ultima porta del corridoio, buffando seccata quando le ruote del trolley si inceppano ed esercitando maggior forza per tirarlo dentro nella stanza. Dopo di ché, si chiude l’uscio alle spalle, in maniera tale da creare una barriera tra sé e il resto della casa.
Quando si volta, per poco non si lascia sfuggire un urlo per lo spavento quando si accorge che non è da sola in quella camera da letto.
Ci mette un momento per riprendersi, sarà perché non aveva nemmeno preso in considerazione la possibilità di trovarsi a pochi passi da un ragazzo che si è bloccato dal indossare la maglietta nera che ha tra le mani e che ha la sua stessa espressione perplessa.
Facendo forza su se stessa per evitare di apparire come una ragazzina immatura che non ha mai visto dei pettorali, Dominique simula la sua miglior espressione sprezzante.
«E tu che ci fai qui?» pretende di sapere brusca.
«Potrei farti la stessa domanda» sottolinea lui, distaccato, con due occhi azzurri che sono straordinariamente gelidi nonostante il sorriso beffardo che gli arriccia le labbra. «Tu saresti?» si sforza comunque di chiedere, educato.
«Dominique» svela rapida, graziandolo di una risposta.
Lo vede inarcare le sopracciglia, annuendo anche con il capo con fin troppa enfasi.
Non ci vuole un genio per capire che la sta prendendo per i fondelli!
«Senti, misterioso sconosciuto» riprende spazientita, schiarendosi la gola così da assumere un tono chiaro. «Saresti così gentile da uscire dalla mia camera? Sono un po’ stanca dal viaggio e avrei voglia di cambiarmi, per cui…» lascia in sospeso, allusiva, sperando che l'altro capisca alla svelta l’antifona. 
«Vai pure» concede quello, magnanimo, finendo di vestirsi.
Dominique rimane di sasso, presa alla sprovvista.
«No, tu te ne devi andare» puntualizza di slancio, inflessibile, ad alta voce.
A lui quasi viene da ridere mentre scuote il capo, incredulo.
«E perché mai?» indaga divertito.
«Perché sei nella mia camera!»
«Ah sì? A me sembra la mia, di camera».
Dominique molla di botto il manico del trolley che aveva stritolato in una morsa nervosa, prima di avvicinarsi all’altro con un passo svelto e le sopracciglia aggrottate per il nervosismo.
«Okay, forse non hai capito il sottinteso» riprende velenosa, quando gli è di fronte. E poco importa che ci sia un divario di altezza, perché non si lascia intimidire dall'essere più bassa. «Te ne devi andare!» ordina intransigente.
«Fai sempre così?» replica lui, placido, per nulla intimorito, inclinando il capo di lato e socchiudendo le palpebre. «Pretendi invece di domandare?» si informa intrigato.
Rimane per la seconda volta senza parole, a causa di quella domanda che la getta nella più totale confusione.
«Ma che… cioè» biascica in un balbettio, frastornata, interrompendosi quando si rende conto che lo ha fatto ridacchiare. Questa conversazione è durata anche troppo, stabilisca ferma. «Non so nemmeno come ti chiami ma so che devi sloggiare!» decreta tagliente, tornando al nocciolo della questione.
«Lance» svela l’intruso, lieve, permettendole così da dare un nome a quel volto.
E a quegli addominali, le ricorda una vocina maliziosa nelle sue orecchie. «E per quanto mi spiaccia spezzarti il cuore, sei arrivata tardi. Puoi prendere la stanza accanto» concede indulgente, come se fosse un privilegio averlo come vicino.
Dominique serra la mandibola, irritata a morte. 
«Sembra quasi che tu mi stia facendo un favore» sibila tra i denti, pungente.
Lui scrolla le spalle, senza smettere di sorridere. 
«Forse perché è così» commenta sommesso.
«La cavalleria non dovrebbe essere un requisito inglese?» domanda graffiante, portandosi con fastidio una ciocca ramata, che le è dispettosamente finita davanti agli occhi, dietro l’orecchio. «Perché, qui, io vedo solo stronzaggine» sottolinea aspra.
«Una cosa non esclude l’altra» sospira Lance, spassionato, prima di prenderle la mano. E, anche se ha la tentazione di ritrarla, gli permette di portarsela alle labbra in quello che dovrebbe essere l’imitazione
o la presa in giro – di un gesto d’altri tempi.  «Benvenuta a Newquay, Dominique» mormora contro il suo dorso, facendole crepitare la pelle e provocando una fitta di calore allo stomaco. 


*


«Allora» inizia Victoire, impacciata, infilandosi le mani nelle tasche degli shorts e alzando di riflesso le spalle. «Ti trovo bene» se ne esce infine, sentendosi morire per la banalità di quella frase.
Teddy si lascia sfuggire una risata.
«Sto bene» assicura sincero, continuando a guardarla con quegli occhi che l’hanno ossessionata e che le sono mancati per quasi tre anni. «E mi sembra che lo stia anche tu» azzarda piano, appena incerto.
Lei scuote la testa, sperando di risultare credibile con quell’aria limpida.
«Perché è così» sostiene genuina, credendoci davvero. Il tempo delle lacrime è finito e, anche se una parte di sé sarà sempre spezzata, è giusto cercare di andare avanti. «Cioè… questi tre anni sono stati un casino assurdo ma ci stiamo riprendendo. È questo che conta, vero?» domanda quieta, con una punta di timore chiaramente udibile nella sua voce.
Lui sorride rassicurante.
«Immagino di sì» conviene amabile. Abbassa solo un momento le iridi giallastre e, quando torna a osservarla, le vede chiaramente incupite dal nervosismo. «Ti dà fastidio che Molly mi abbia invitato?» si preoccupa di chiedere, diretto.
Victoire sbatte le ciglia, sbigottita.
«Perché dovrei?» rilancia schietta. Si rende subito conto che l’altro si riferisce al suo palese smarrimento quando ha scoperto della sua presenza. «Sono rimasta solo sorpresa. Ti avrei scritto, davvero, solo che…» si blocca, incapace di dire alcunché. «Sarebbe stato strano?» tenta a bassa voce, dubbiosa.
«Perché non ci vediamo dal funerale o perché non ti sei fatta più viva dopo che mi hai chiesto una pausa?» precisa Teddy, un po’ troppo brutale.
Non se la prende. Sa che il tatto non è esattamente una qualità dell'altro, anche se ci ha lavorato per smussare quell’aspetto così affilato e grezzo del suo carattere.
«So di aver sbagliato ad allontanarti ma avevo bisogno di stare da sola» comincia lei, in difficoltà, perché ammettere una colpa non mai facile. Soprattutto se è stata commessa per poca lucidità e in un periodo che si preferirebbe dimenticare.
«Anche da Delacour?» indaga lui, brusco. Poi scuote il capo, voltandolo a sinistra per prendere un respiro e riacquistare il controllo. «Scusa, frecciatina idiota» conviene frustrato, facendo una smorfia insofferente.
«Tra me ed Etienne non c’è stato nulla» afferma Victoire, veritiera, sostenendo senza difficoltà quello sguardo che le fa tremare ancora il cuore. «Però mi ha aiutata con Domi e Louis. Soprattutto con Domi» aggiunge riflessiva, mordendosi appena le labbra, rendendosi conto che la sua famiglia sta in piedi per miracolo. 
«Perché lui se la rigira come vuole?» scherza Teddy, divertito, anche se c'è un pizzico di verità in quell’osservazione.
Una risata le sgorga dalla gola, sincera e cristallina. 
«Sarà il fascino dei biondi» replica rilassata, sollevando con teatralità le spalle. «Però a me sono sempre piaciuti i mori. Dici che sono strana?» domanda quasi preoccupata mentre gli si avvicina fino a trovarsi a un passo di distanza.
Lui sorride ed è sempre bello notare come quel piccolo gesto li illumini il volto, addolcendogli gli occhi.
«No, è solo buon gusto» rilancia fingendosi sdegnato. Socchiude le labbra per qualche istante, prima di allargare appena le braccia. «Posso?» domanda titubante.
Victoire si scioglie in un sorriso mentre si tuffa contro quel petto, sentendo un feroce moto di gioia arderle nelle vene e facendola sospirare per la certezza che, per un mese, non ci saranno altri problemi.
Le ci vuole una piccola pausa dalla vita.
Tanto i guai saranno ancira lì, a settembre, ad attenderla pazientemente il suo ritorno.


*


«Lo ammetto, mentecatto: sei una continua spina nel fianco! Speravo che il Covid qualcosa di buono lo avesse fatto ma chissà come, quando si tratta di sfiga, l’universo ha un occhio di riguardo per la sottoscritta» brontola Molly, malevola, maledicendo ogni singolo pianeta, costellazione e pure galassia. 
Etienne, che ha ascoltato tutta quella lagna con il sorriso di chi si sta divertendo un mondo, prende posto sullo sgabello all’isola della cucina.
«Anch’io sono contento di vederti» dichiara genuino, appoggiando i gomiti sul ripiano in marmo.
Lei serra la mandibola, irritata, ignorando il cuore che ha fatto un balzo fino ad arrivarle quasi in gola. 
«Come no» sbuffa scettica, facendo divagare lo sguardo nella stanza così da togliersi dall’impiccio di incrociare quello dell’altro. «Ma sarò così magnanima da permetterti di restare» concede benevola, sentendosi una persona straordinariamente buona.
«Nonostante quello che c’è stato tra noi?»
Quella domanda, posta a bruciapelo, la costringe involontariamente a spostare le iridi castane nella sua direzione. 
«Non c’è stato nulla tra di noi» precisa Molly, veemente, tra i denti.
«Solo perché abbiamo avuto un pessimo tempismo» replica Etienne, ragionevole, alzando le spalle con noncuranza ma senza smettere un momento di guardarla dritta negli occhi.
Ed è difficile sostenere quelle iridi di un azzurro chiaro e terribilmente attraenti.
«Delacour, ora sfidi la mia pazienza» abbaia brusca. Incamera ossigeno dal naso e ringrazia tutto il creato che almeno ci sia un bancone a dividerli, così da impedirle di mettergli le mani al collo e torcerglielo all’istante. «Ti ho concesso questo mese di vacanza, vedi di non farmi cambiare idea» continua intimidatoria, il volto torvo. 
Gli volta le spalle solo per recuperare dal frigo tutto l’occorrente per fare il Mojito, per poi metterlo sul piano da lavoro in marmo. Recupera dallo scompartimento inferiore dell’isola due bottiglie di rum bianco – perché è estate, crepi l’avarizia e la sobrietà – e, dopo aver lavato la buccia, inizia a tagliare e spremere i lime. 
Stranamente lui l’aiuta senza proferire una parola, dopo essersi lavato le mani, e, per una manciata di minuti, nella stanza si sentono solo i suoni relativi alla preparazione del cocktail.
Solo dopo che hanno mescolato con un bar spoon, così da amalgamare bene gli ingredienti in due brocche di vetro – che si sono opacizzate a causa del freddo del liquido –, Molly crede che ormai il peggio sia passato e che possano tranquillamente divertirti senza accennare a quel piccolo episodio imbarazzante che è capitato. 
«Quindi non ci hai mai pensato?» indaga Etienne, noncurante, cogliendola totalmente alla sprovvista.
Lei rimane basita, la bocca che si schiude per la sorpresa di quel colpo basso assestato così all'improvviso e anche per la paura di quello che la sua espressione potrebbe rivelargli.
«L’ho fatto» ammette scornata, in un mormorio a malapena udibile e vergognoso. Sarebbe sciocco negare, vero? E poi l’altro non ci crederebbe nemmeno per un istante. «Ma non sono il tipo da ossessionarmi su quello che poteva essere» dichiara risoluta, facendogli capire l’antifona. «Anche perché ho una missione da compiere» aggiunge tenace, cambiando rapidamente argomento e spostandosi su un terreno più innocuo.
Lui accenna un sorriso divertito.
«Vuoi farli rimettere insieme?» deduce interessato.
«Ovvio» conferma Molly, diretta, senza provare un briciolo di imbarazzo per quel piano che esalta l’adolescente che è stata. E siamo oneste: non è che quella parte di lei sia scomparsa, altrimenti non avrebbe problemi a relazionarsi con quel miserabile mentecatto. «E sai cosa che divento estremamente letale se qualcuno osa mettersi sulla mia strada» butta lì causale, inchiodandolo con uno sguardo d’intesa.
«E perché dovrei?» replica Etienne, placido, il sorriso che si accentua e assume una sfumatura intrigata. «A me piacciono queste iniziative» confessa deliziato. 
«Perché tu sei subdolo, manipolare, spregevole, doppiogiochist-»
«E tu sei terribilmente testarda quando vuoi ottenere qualcosa» la interrompe rilassato, mettendo fine a quella sfilza di complimenti che non lo infastidiscono minimamente. Abbassa solo per un momento gli occhi verso il marmo, tamburellando le dita sulla superficie fredda e storcendo il viso in un’espressione pensierosa. Infine torna a guardarla, con il viso limpido e un sorriso invitante che la fa rabbrividire. E non per il disgusto, purtroppo. «E se vuoi un consiglio da un subdolo, manipolare, spregevole, doppiogiochista… beh, io lo vorrei il mio aiuto» suggerisce sagace.
Lei piega le labbra, soppesando attentamente quell’offerta.
«So già che me pentirò» biascica sconfortata, scuotendo il capo per la sua idiozia e versando il primo cocktail della stagione in due dei bicchieri che avevano precedentemente disposto sul bancone. «Alla nostra alleanza» brinda, quindi, semplicemente, alzando il suo verso il ragazzo che le sta di fronte e facendo scontrare delicatamente il vetro. «Vedi di non farmi saltare i piani o ti abbatto. Considerala una promessa» lo avvisa sanguinaria, sorridendo amabile.
Etienne ridacchia, per nulla preoccupato.
«E tu le mantieni sempre» puntualizza sommesso. 
«Soprattutto se queste comprendono la possibilità di farti la pelle» conferma lei, radiosa.


*


«Chi ne vuole un altro?» domanda Molly, entusiasta, brandendo la caraffa contenente il Mojito come se fosse una mazza, avanzando nella loro direzione.
Victoire ride ma accetta volentieri un secondo bicchiere.
«Allora, nostro amato Lucifero» inizia la cugina, allegra, appoggiandosi con il fondoschiena al muretto che c’è accanto alla brace. «Come procede la cottura?» si informa, sorseggiando il cocktail che ha fatto nella cucina e studiando la carne che sta rosolando sulla griglia.
Teddy la fissa scettico.
«Adesso mi paragoni al diavolo?» domanda asciutto.
«In senso affettuoso» precisa quella, leggera. «Hai un forcone in mano, sei circondato da fiamme… e hai fatto patire alla poveretta al tuo fianco le pene dell’inferno» sostiene schietta, alludendo a quel periodo in cui il ragazzo non accettava che tra loro ci poteva esserci altro oltre all’amicizia. «Apprezza che ti abbia chiamato così. Potevo darti un soprannome peggiore» lo informa spassionata, nascondendo il sorriso birichino che l’è spuntato dietro il bordo del bicchiere.
«Tipo mentecatto?» la provoca lui, sarcastico.
«Oh, il lupacchiotto fa dell’ironia!» sospira Molly, zuccherina, mostrando un’espressione di teatrale compiacimento. «Si vede che sei proprio di buon umore!» dichiara lanciando a lei un’occhiata d’intesa. Si stacca dal muretto con un movimento davvero fluido per chi deve essersi trangugiata più di mezza caraffa. «Vado a vedere come se la cavano gli uomini con le verdure. Non vorrei che Etienne – sì, Teddy, per i poteri conferitimi dall’universo, ho deciso di chiamarlo così – finisse ammazzato. Lance non sopporta che qualcuno gli dica cosa fare e non è affatto saggio lasciarlo vicini ai coltelli» dichiara tranquilla, come se non affatto preoccupata della possibilità di assistere a un omicidio. Storce le labbra in una smorfia meditabonda, aggrottando per un momento anche la fronte. «Sarebbe comunque legittima difesa: Etienne è insopportabile» dichiara sicura.
Teddy si lascia sfuggire uno sbuffo che assomiglia a una risata.
«Talmente tanto che ti piaceva» afferma brutale, rigirando uno a uno tutti gli spiedini con la pinza da barbecue. 
Molly si sforza di fargli un sorriso.
«Tutte commettono degli errori» dichiara saggia, annuendo anche con il capo. «Vi lascio l’alcol, così magari vi sciogliete un pochino. Vi vedo un pochino rigidi» insinua con una punta di malizia.
Solo dopo che si è allontanata, Victoire si permette di prendere un profondo respiro.
«A me non lo sembriamo affatto» obietta ragionevole, continuando a bere il cocktail e riempiendo il bicchiere ormai vuoto dell’altro.
«Perché non lo siamo» conferma lui, sicuro, ringraziandola con un sorriso. «Il problema di Molly è che, a furia di stare con Delacour, è diventata anche lei una mentecatta» decreta impietoso, scuotendo la testa con compassione.
«Delacourtite?» scherza lei, svagata, rievocando quegli episodi in cui l'altra era convinta, a ragione, di avere quel morbo.
Lo vede annuire, convinto.
«Altamente contagiosa» sostiene Teddy, divertito, inarcando le sopracciglia con eloquenza.


*


«Allora… Sebastian e Chef Louis, come procede la preparazione?»
Li osserva scambiarsi un’occhiata perplessa, ma se l’azzurro di Lance esprime tutta la pena di questo mondo, in quello chiaro di Etienne brilla una lieve luce di apprezzamento.
«È già ubriaca?» si informa suo cugino, distaccato, rivolgendosi all’altro come se lei non fosse presente in cucina.
«No, l’alcol la rende solo più instabile» afferma Etienne, saputo, riprendendo a tagliare le zucchine che ha posto sul tagliere di legno, sopra l’isola della cucina. «Per farla ubriacare, bisogna farne scorrere di litri di alcol. Solo che non ho riconosciuto la citazione» ammette pensieroso, corrucciando appena la fronte.
Molly si siede allo sgabello della cugina, scrollando con le spalle.
«Perché non lo è» precisa con disinvoltura, sfoderando un sorriso disimpegnato. «Sono due personaggi de La Sirenetta, quelli che decidono di imbastire nella cucina una lotta all’ultimo sangue. Mi ricordano voi» continua imperturbabile, ignorando l’espressione perplessa che suscitano le sue parole. «Chiaramente Chef Louis, sei tu» decreta risoluta, puntando gli occhi castani sull’unico biondo presente. «Perché se il mangiarane della situazione mentre tu» si blocca, spostando l’attenzione sul cugino. «Povero Lancie! Da Rampollo Rosierino a granchietto in fuga» cinguetta addolcita, intenerita da quel parallelismo folle che il cervello ha elaborato.
Lance si blocca dal versare la busta di patatine congelate nella friggitrice.
«Molly, riprenditi» consiglia di cuore, dopo essersi scrollato di dosso lo sbigottimento e il disgusto per essere stato paragonato a un misero crostaceo. Il realtà, un po’ del secondo li impregna ancora le labbra, che lui ha arricciate in una smorfia nauseata. «Essere già andate la prima sera, anche no» afferma intransigente.
Le alza le spalle, forse l'alcol la rende stranamente tollerante.
«Ho grandi progetti per questo mese» dichiara vivace, finendo il suo bicchiere e appoggiando sul piano in marmo. «Ci divertiremo un casino, ci ubriacheremo e passeremo un’estate senza rimpianti» elenca sognante, già elettrizzata da quella prospettiva di pace e relax totale.
«Se è un modo per dirmi che vuoi venire a letto con me» inizia suo cugino, sarcastico, interrompendo di colpo quella visione meravigliosa. Dopo aver sbattuto le ciglia per il disorientamento, nota che ha piegato le labbra in un sorriso malizioso. «Passo. Non ho voglia di avere problemi» sostiene spassionato, premendo un pulsante e accendendo la friggitrice ad aria compressa, posta sul bancone della cucina accanto ai fornelli.
Molly ridacchia senza contenersi.
«Hai paura che ti distruggerei?» domanda innocente, riferendosi quasi con pietà alle sue prestazioni sessuali. «Non ti credevo tanto delicato» sospira sovrappensiero, quasi delusa.
«No, di vedervi farvi le ripicche tutto il tempo» replica quello, secco, esponendo quella verità con una semplicità assurda. Solleva le iridi azzurre dall’elettrodomestico, fissando prima l’una e poi l’altra. «Siete stati insieme, no?» deduce tranquillo, affatto impressionato.
Lei boccheggia qualche istante, prima di corrugare le sopracciglia con veemenza. 
«Sai che hai proprio il tatto di un Troll?»
«Ma da che pulpito!»
«Che cosa stai insinuando esattamente, Rosier?»
«Ti sta dando la possibilità di salvarti» gli fa notare Etienne, scaltro, sottovoce, lasciandosi sfuggire un sorrisetto gongolante e infame. 
«Non la voglio» liquida Lance, quasi infastidito da quell'offera, prima di guardarla come si fa con gli idioti. «Cugina, in fatto di delicatezza, sei quasi al mio livello» dichiara implacabile. 
«Non credo proprio. Ci vuole del talento per essere un simile buzzurro».
«Intanto il buzzurro in questione si è trattenuto dal affibiarti qualche nomignolo idiota ma visto che sembrano divertiti tanto… penso che ripiegherò su Medusa»
«Mi stai dando della piovra?» domanda Molly, interdetta, scandendo le parole con una lentezza che rasenta la minaccia
«Intanto era un polipo» corregge suo cugino, paziente, alzando gli occhi al cielo come se avesse appena sentito una bestialità. «No, ti stavo dando della pazza malefica che tesse piani nell’ombra. Anche se quella cercava di dividere una coppia, non riunirla» considera tra sé, accorto, storcendo il viso in una smorfia. 
Suo malgrado, deve serrare la bocca per evitare di farsi scappare una risatina. 
«Lo ammetto, Lancie» constata affettuosa. «Tu sembri la classica persona che sembra non notare nulla ma che, alla fine, è più sveglia di quanto appaia» dice quasi commossa. 
«Tu, invece, sembri la classica pazza che poi si scopre essere san… ah no» ribatte lui, desolato, alzando un braccio per parare la fetta di lime, utilizzata come decorazione, che lei ha recuperato dal suo bicchiere per lanciargliela scherzosamente addosso. 
«Un po’ si vede che siete parenti» dichiara Etienne, ironico, nel momento in cui ha finito di tagliare le zucchine e le ha messe a grigliare sulla padella. Effettivamente avrebbe avuto più senso metterle sulla brace, così da far andare solo un fuoco, ma Molly ha vietato a chiunque di avvicinarsi a meno di cinque metri da Victoire e Teddy. «Non so dire chi sia più folle» continua distratto, mentre si lava le mani nel lavandino della cucina. 
«Io sì» sostiene Lance, rilassato, accomodandosi sullo sgabello dell’isola dato che il suo compito ora consiste solo nel gettare di tanto in tanto occhiate alla friggitrice per vedere quanto manchi alla cottura delle patatine. «Ma per il quieto vivere non lo dirò» li grazia magnanimo.
«Che granchietto gentile!» lo percula Molly, zuccherina.
Volta il capo quando intravede con la coda dell’occhio qualcosa di rosso avanzare nella loro direzione.
Dominique, i capelli legati in una coda alta e il viso corrucciato nella sua ormai famosa smorfia di fastidio, appoggia il sacchetto di carta sul ripiano dell’isola.
«Non era rimasta molta frutta» dice coincisa, riferendosi alla spesa frettolosa e scarna che è riuscita a fare in quel negozio in fondo alla via prima della chiusura. «Non c’era molto» afferma concreta, azzardando a guardare Etienne con quella che pare un’aria colpevole.
«Non fa niente» la rincuora lui, con una dolcezza che gli illumina gli occhi chiari. Afferra la brocca di vetro, versandole due dita di Mojito in un bicchiere pulito. «Visto che non ha brindato prima» spiega sereno, rispondendo alla domanda silenziosa che è apparsa sul volto della cugina più piccola e facendole un occhiolino complice.
«Se Vic la vede bere, ti uccide» lo informa Molly, serafica, senza la reale voglia di iniziare una polemica.
Lui inclina la testa nella sua direzione, inarcando le sopracciglia con scetticismo.
«Per due gocce?» sottolinea eloquente, riempendo i bicchieri anche degli altri. «Come se noi non lo avessi fatto» sostiene realista. «All'estate!» proclama semplicemente.


*


«Come mai qui?»
Dominique sussulta, rischiando di far cadere il cucchiaino che ha affondato nella vaschetta di gelato che ha appena tolto dal freezer.
Si volta, l’espressione di chi è stata appena sorpresa ad affogare tutti i dispiaceri in una valanga di cioccolato fondente.
Sì, forse è da golose senza possibilità di redenzione dopo la cena che hanno consumato ma ci sono dei momenti in cui è indispensabile lasciarsi andare e strafogarsi senza sensi di colpa, fregandosene delle calorie.
Tanto si piangerà comunque quando arriverà il momento di confrontarsi con la bilancia.
«Dove ti aspettavi che fossi?» ribatte seccata, dopo aver chiuso lo sportello dell'elettrodomestico, posando la confezione sull’isola della cucina e prendendo posto sullo sgabello.
Lance scrolla le spalle, avvicinandosi e appoggiando i gomiti sul marmo chiaro del bancone e piegando la schiena in avanti.
«Magari al falò?» ipotizza con una punta di beffa.
«Così da essere costantemente sotto l’occhio di mia sorella?» replica lei, eloquente, infastidita solo dalla prospettiva. Non ci ha pensato un secondo a declinare quell’invito, anche perché non ha nessuna intenzione di fare da quinta incomoda. «No, grazie» sentenzia inflessibile, mangiando con gusto un'altra cucchiaiata di gelato.
«E quindi passerai la serata a deprimerti?» sottolinea lui, perspicace, gettando una lunga occhiata a quella maglietta troppo grande che usa come pigiama e che una volta era di suo cugino. 
Dominique fa una smorfia amareggiata.
«Vedi alternative?» ribatte passiva, deglutendo altro gelato e cattivo umore.
Lance sorride, piegando le labbra in modo che è straordinariamente affascinante.
«Qualcuna, sì» riflette enigmatico, calamitando il suo sguardo e la sua attenzione.







Lo so cosa state pensando: chiuderla così è proprio da infami! 
Avete pure ragione ma se divento logorroica come mio solito, è finita, non ne esco!
E poi questa è la tipica storia estiva che nasce senza troppo impegno ma che mi renderà euforica per tutte quelle situazioni che si creeranno. Anche se temo che non sarà affatto facile gestire tre coppie contemporaneamente.
È meschina questa idea? Può darsi ma che estate sarebbe senza un po’ di dramma?
Spero che risulti comunque divertente, perché l’intenzione è proprio quella.
Vi mando un grosso bacio e vi auguro buona serata, 
Blue


Rampollo Rosierino: nomignolo che gli ha affibbiato Giu.
Delacourtite: riferimento a Battlefield, anche se in realtà è una citazione di The O.C.
Fistral Beach: informandomi su internet, ho scoperto che è una delle spiagge più belle dell'Inghilterra. Non ci sono mai stata ma vedrò di colmare in futuro questa lacuna.






   
 
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