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Autore: Ivy001    03/08/2022    1 recensioni
RIECCOMI CON UNA NUOVA FANFICTION, STAVOLTA DAI TRATTI DI UN VERO E PROPRIO GIALLO, CON LA SPARIZIONE DI UNA DONNA E LE INDAGINI CONDOTTE DA ISPETTORI CHE ERAVAMO ABITUATI A CONOSCERE CON I PANNI DI RAPINATORI. SPERO VI PIACCIA. ATTENDO DI SAPERE COSA NE PENSATE PERCHE’ QUESTO MONDO CHE RACCONTO NON HA NULLA A CHE VEDERE CON LA TRAMA DE “LA CASA DI CARTA”
BESITOS A TODOS
Genere: Sentimentale, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bogotà, Il professore, Nairobi, Palermo, Raquel Murillo
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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29 CAPITOLO “MARIPOSAS”

 

Mentre Nairobi torna con la mente ai vecchi ricordi, Santiago Lopez girovaga all’ultimo piano della gigantesca villa di famiglia.

Scruta nei dettagli ogni angolo di stanze rimaste chiuse per decenni. Da quando sua madre è morta, si è accontentato di abitare in un appartamento al settimo piano di una palazzina in una periferia.

Donna Leticia seppure solare e accogliente, tanto da trattare le sue cameriere al pari di nipoti di sangue, era piuttosto discreta per quanto riguardava il passato, quindi a suo figlio tocca ora recuperare tracce lontane nel tempo.

Bogotà però non sa bene dove la defunta madre custodisce i segreti del suo cuore ferito, il cuore di una donna che si innamorò, che si sposò convinta di essere ricambiata, che diede alla luce un figlio cercato e voluto, ma cresciuto con le sue sole forze, e che fu abbandonata da chi le promise fedeltà e amore per tutta la vita.

Perquisire le stanze è il primo tentativo di ricerca. Raggiunge la camera dove alla parete spicca un dipinto, coperto da un velo scuro che il quarantaduenne solleva immediatamente…l’ennesimo quadro di Leticia.

La villa ne è piena.

Aveva dimenticato dell’esistenza di quel capolavoro.

Stavolta è ritratta giovanissima, nella bellezza dei suoi diciotto anni, con gli occhi colmi di speranza per il futuro e il sorriso di chi ancora non è chiamata a soffrire.

Da bravo ispettore, Santiago sceglie di studiare i dettagli di ogni minimo oggetto presente tra quelle quattro pareti.  Dopotutto, il mestiere gli insegna che dietro le cose più impensabili, di solito, si nascondono risposte ai misteri.

Così solleva il quadro sganciandolo dal muro, convinto di trovarvi qualche cassaforte o buchi alla parete. Ma niente. Il dipinto è stato adagiato lì solo per estetica.

A colpirlo è invece un dettaglio, scritto con un pennellino nero, dietro la tela.

“Da C.G. alla farfalla più bella” – legge, spiazzato dall’appellativo utilizzato. Oggi come oggi quell’insetto riesce a collegarlo solo e inevitabilmente alle vicende del Mariposas.

Magari, chissà, è un modo per definire la donna. In fondo si sa, le farfalle sono note per essere meravigliose per natura.

“C.G.” – ripete ad alta voce, come a cercare risposte all’identità di tale persona – “Chi sarà mai?” – piuttosto che il nome Farfalla, sono tali iniziali a insospettirlo.

Per scoprirne di più, comincia a rovistare in alcuni cassetti, la maggior parte difettati dal trascorrere degli anni o altri purtroppo vuoti.

Sedutosi sul letto, torna a fissare il dipinto.

E un dettaglio gli viene alla mente – “Cazzo, anche lui dipingeva! Non può che essere mio padre quel tale C.G.! probabilmente le ha realizzato il quadro negli anni di fidanzamento…e poi l’appellativo farfalla… il Mariposas…ecco, tutto torna! Forse Nairobi non ha frainteso nulla, non mente, non è confusa…ha semplicemente detto il vero” – scatta in piedi come un fulmine e solo allora avverte uno scricchiolio strano.

Abbassa lo sguardo constatando che un paio di mattonelle sono leggermente sollevate rispetto all’intero pavimento.

“Bingo!” – esclama, certo di aver trovato qualcosa che forse era stato volutamente celato.

Con il cuore in gola, per l’ansia di quanto verrà a scoprire, e per le aspettative elevate, Santiago solleva le due piastrelle e nota una piccola scatola nera, paragonabile ad un piccolo portagioie in termini di dimensioni.

Probabilmente la grandezza e il colore non sono casuali, pensa l’ispettore. Chi l’ha nascosto lì non voleva che saltasse all’occhio e il nero è utile a questo scopo.

Accuratamente la apre, dopo un bel respiro profondo.

“Lettere?!” – esclama, non sapendo quale emozione provare di fronte a pezzi di carta. Ne tira fuori un mucchio messe tutte assieme, l’una sull’altra, come fossero un pacchettino, unite da un nastro di quelli che Leticia usava per i capelli, di colore rosa confetto.

Ed è così, in questo modo, che Santiago Lopez si accinge a leggere e svelare come tutto ebbe inizio.

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“Che bel dipinto, complimenti”
“Grazie, ammetto di aver sempre amato l’arte”

“Beh, una creatura così bella e raffinata non poteva non amare altrettanta magnificenza” – un affascinante vent’enne si avvicina alla giovanissima Leticia Lopez, figlia unica di una famiglia benestante madrilena.

Spinta dal padre, la ragazza ha realizzato una mostra per esporre i suoi lavori migliori.

È quel giorno, il 13 marzo del 1979 che viene scritta la storia.

“Sono un appassionato anch’io, sai?”

“Davvero? Mi piacerebbe osservare i suoi lavori” – confessa la biondina.

“Io sono un appassionato di pittori come Dalì. Soprattutto quando si tratta di quadri di farfalle”

“Credo di non averne mai visti. Come mai proprio le farfalle?”

“Io amo la natura e le farfalle sono sempre state la mia ossessione. Le farfalle per Dalì io le interpreto così: secondo me lui le collega al desiderio carnale, a…alla seduzione… e rappresentano una metamorfosi…ognuno di noi è, in fondo, una farfalla”

“Caspita, come è informato, signore”

“Siamo coetanei, suppongo. Diamoci del tu”

Imbarazzata dal temperamento del giovane, da sempre timida e chiusa nella sua teca di vetro, Leticia si lascia andare e approfondisce la conoscenza.

Durante le ore seguenti, che vedono il ragazzo raccontare ogni piccola curiosità su Dalì e la sua arte, di cui è al corrente per via della passione e dello studio sui libri, i due non badano alla cosa primaria…

“E’ ora di andare! È stato bello conoscerti”

“Anche per me. Adesso tocca a te realizzare una mostra”
“Solo se avrò il piacere di averti tra gli invitati” – la lusinga, con un leggero e delicato baciamano.

Negli anni ’80 era alquanto raro trovare ventenni tanto educati da compiere ancora quei gesti tradizionalisti.

“A proposito” – dice lui, prima di allontanarsi con un uomo sulla quarantina che sembra essere una sorta di guardia del corpo –“Non conosco neanche il tuo nome”
“Leticia….Leticia Lopez”

“Bene, Leticia Lopez piacere mio. Io sono Carlos Grigoryan”

I due si perdono di vista per alcuni mesi, fino a quando, il fato mischia nuovamente le carte.

Ed è una mattina di inizio estate quando, a colazione, la diciottenne nota sul quotidiano di suo padre la notizia dell’imminente mostra di Salvador Dalì in città.

“Andiamoci, ti prego, papà!” – lo supplica una giornata intera, e riesce ad abbattere i No del genitore solo accettando di recarvisi accompagnata.

Ciò che accade è l’incontro, o meglio il rincontro, tra due giovani, invaghitisi l’uno dell’altra.

Leticia, all’epoca, sapeva, in cuor suo, che Carlos sarebbe andato alla Mostra essendo così fanatico del pittore spagnolo. Disposta a vederlo e potergli nuovamente parlare, opta per parteciparvi.

E così si ritrova faccia a faccia con il ventenne dai capelli castani e la strana ma adorabile voglia sulla guancia sinistra.

Quella stessa voglia che con il passare del tempo verrà in qualche modo camuffata da una folta barba che la stessa Leticia imparerà ad amare.

È prossimo il Natale quando i due si scambiano il loro primo bacio.

“Perché Grigoryan? Sei straniero?” – domanda lei.

“Mio padre è armeno. Mia madre spagnola. Ecco perché solo il mio nome è iberico” – le spiega quando l’accompagna davanti casa, una villa enorme che lo lascia di sasso.

Certo, sapeva quanto fosse benestante la Lopez, ma immaginare che vivesse in tale sfarzo non lo credeva possibile.

Trascorsa qualche settimana, dopo baci e uscite, coccole e sentimentalismi, Carlos fa un passo decisamente scioccante: le chiede la mano.

La famiglia di lei è incredula. Come mai tutta quella fretta? Alcuni temono sia dovuto a una gravidanza inattesa. Ma Leticia rassicura. È una giovane donna responsabile che mai avrebbe permesso che capitassero cose che avrebbero potuto mettere in cattiva luce i suoi genitori in società. Mette da parte i suoi desideri per il bene di chi l’ha messa al mondo.

Beh…tanta urgenza nel promettersi SI sull’altare ha, in realtà, un motivo di fondo… qualcosa di molto distante dall’amore.

Leticia e Carlos si uniscono in matrimonio nel gennaio del 1980.

Una festa degna di un re e una regina. I Grigoryan sembrano apprezzare quel lusso e goderne a pieno. È come se avessero combinato tutto alla perfezione pur di accasare il loro unigenito con una donna ricca.

Ed è effettivamente ciò che accade.

Ma si sa, le forzature spesso creano effetti contrari.

Carlos si sente imprigionato in delle nozze mai seriamente volute. Per di più si rende conto che ad accomunarlo a Leticia è solo l’amore per l’arte e la pittura.

Anche fare l’amore con lei diventa un peso.

Ha vent’anni quando scopre che da lì a qualche mese sarebbe diventato addirittura papà.

Tutto troppo per un giovane come lui.

Nasce Santiago e solo un anno dopo il suo arrivo, il piccino diventa orfano di padre.

Colui che avrebbe dovuto crescerlo assieme alla consorte, fa le valigie e abbandona la sua famiglia.

Lo scandalo per i Lopez è tale da costringere i Grigoryan ad annullare ogni tipo di vincolo con loro.

Per evitare denunce, avvocati, assegni di mantenimento o altro, si opta per cancellare definitivamente dalla vita del bambino ogni traccia di Carlos.

A Leticia non resta che un cuore in mille pezzi, tanti sogni bruciati, e un figlio da crescere…da sola!

C’è da domandarsi il perché di quelle lettere nascoste.

Beh… la signora Lopez, il cui cognome sarà quello che contraddistinguerà anche Santiago, negli anni scriveva lettere al suo amore perduto. Lettere mai spedite, sulle quali raccontava di quanto dolore gli avesse recato, di come il loro Santi stesse crescendo, dei suoi cambiamenti, delle sue paroline…una raccolta custodita gelosamente.

In quella stessa raccolta emerge che Leticia negli ultimi quindici anni era stata ricattata e le venne imposto un pagamento molto alto.

Soldi che dovette cedere a chissà chi per evitare danni al compagno scomparso, nonché al suo adorato figlio.

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“La ricattavano per salvare il culo a quello stronzo!” – esclama Bogotà, stringendo con forza una delle ultime lettere rimaste – “Chissà che razza di malfattore è! Maledetto”

Ma è il tassello mancante alle sue indagini quello che trova in fondo alla scatola.

Una piccola cornice nella quale è fotografata la coppia con in braccio il loro neonato di poche settimane.

“Cazzo” – esclama Santiago, riconoscendosi in quel giovane di fianco alla madre.

“Nairobi aveva ragione…porca puttana, allora è mio padre!” – grida sconvolto.

È in tale istante che Agata, agitata per la scoperta fatta in autonomia, si fa ben udire  mentre parla ad alta voce con Tokyo e Rio, in mezzo ai corridoi del primo piano.

“Cosa conti di fare ora, amica mia?” – chiede Silene alla gitana.

Santiago origlia, ancora decisamente scioccato dalla novità.

“Vorrei che Bogotà sapesse. Vorrei sapesse chi è il Signor Dalì, chi è il Cliente 13”

“Lo so già” – commenta l’ispettore, scendendo a passo lento le scale per riunirsi ai tre.

Poi si rivolge alla sua compagna e la prende per mano – “Perdonami per prima. Certo che ti credo. Mi fido di te. E adesso ho la prova decisiva. Guarda tu stessa”

Le porge la cornice.

Dal viso di Nairobi, impallidito, e quello agitato di Santiago, la Olivera e Cortes intuiscono che parte del mistero è stato risolto.

“Quel figlio di puttana che ti ha messo le mani addosso è lo stesso che ha usato mia madre per arricchirsi. Non ho dubbi, lui ha costruito il suo impero con il denaro che le ha strappato”
“Sei sicuro? Tutto questo l’hai dedotto da una fotografia?” – domanda Tokyo, quasi burlandosi di lui.

“Era tutto studiato a tavolino, sin dal principio. E ci sono delle lettere che ne danno prova. C.G. queste sono le sue iniziali”

“Aspetta, com’è possibile? Diceva di chiamarsi Lopez” – ricorda Nairobi.

“Ha usato il cognome di mia madre come copertura. L’ha sposata per soldi. Poi l’ha abbandonata. Non so come sia arrivato al Mariposas né come ha fatto ad impossessarsene. State pur certi che lo scoprirò. Ho una voglia matta di sbattere in galera la persona che ha calpestato il cuore e i sentimenti di mia madre…la persona che ha osato distruggere la donna che amo. Non la passerà liscia. Fosse l’ultima cosa che farò in vita mia…lo voglio dietro le sbarre!!”

 

   
 
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