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Autore: MIV93    09/08/2022    0 recensioni
La storia di "Our Hero Academia" narra di 3 nuove studentesse ritrovatesi, per i motivi più disparati, a frequentare la U.A. High School. L'arco narrativo segue quello della storia ufficiale e si intreccerà con la vita delle nuove tre studentesse con nuove e vecchie avventure.
[Raiting giallo: presenza di un linguaggio volgare] [Coppie HET] [OC] [OCC per togliere le paranoie] [Fanfiction scritta a più mani] [SPOILER dal capitolo 8]
Genere: Avventura, Azione, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: All Might, Izuku Midoriya, Katsuki Bakugou, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Capitolo 12

 
You gotta go and reach for the top
Believe in every dream that you got
You only living once so tell me
What are you, what are you waiting for?
You know you gotta give it your all
And don't you be afraid if you fall
[Nickelback – What are you waiting for?]



 

Era passata circa una settimana dalla fine degli esami del primo semestre e, nonostante qualche difficoltà, le quattro giovani aspiranti eroine erano riuscite a superare le prove. La loro strategia di studio ed allenamento si era rivelata vincente, anche se purtroppo non era stato così per tutti gli studenti della 1-A. Insomma, un piccolo traguardo era stato superato, ma questo era solo l’inizio..

Era finalmente arrivato il giorno del ritiro in montagna e la giornata non poteva essere iniziata nella maniera migliore: il sole era alto nel cielo, il vento fresco d’estate muoveva le nuvole ritmicamente e scuoteva allegramente i capelli dei giovani studenti.           
  
Gli studenti, spalla contro spalla, erano fuori dalla struttura principale con le orecchie ben tese per ascoltare il loro professore.

“Il primo semestre della U.A. High è finito e sono iniziate le vacanze stive - disse placidamente il professor Aizawa – però quelli di voi che stanno cercando di diventare eroi non avranno giorni di riposo. A questo campo estivo di allenamento vogliamo che puntiate ad obiettivi ancora più alti del Plus Ultra!”

“Sissignore” urlarono all’unisono tutti gli studenti della 1-A.

Ben presto nel luogo di ritrovo arrivò anche la seconda classe per aspiranti eroi: la 1-B. Le due classi non avevano mai avuto modo di conoscersi a pieno, anche perché tirava sempre una certa aria di sfida e competizione.

“Non ci saranno solo le ragazze della classe A, ma anche quelle della classe B - borbottò Mineta con la bava alla bocca - sarà un buffet da cui possiamo scegliere e prendere ciò che vogliamo!”

“E..eh??” sbottò Hino che era accanto a lui, con un’espressione disgustata a terrorizzata allo stesso tempo. Tra tutte le ragazze della 1-A, lei era nuova e, per quanto il giovane ragazzo avesse già dato prova della sua perversione, Hino doveva ancora abituarcisi.

“Lascialo perdere” sussurrò Atsuko, scrollando la testa rassegnata.

“Allora, l’autobus della classe A è da questa parte, ordinatevi secondo i posti assegnati!” urlò Iida mentre si dimenava e gesticolava dietro al mezzo per indicare il punto di ingresso.

 
[…]


“Ragazzi, l’autobus si fermerà una volta tra circa un’ora - disse Aizawa seduto al primo posto davanti a tutti – dopo…” ma non fece in tempo a finire la frase, poichè l’intera classe era intenta a farsi i beati cavoli loro, ignorando palesemente il povero professore. 
   
Tra tutti i casinisti della 1-A, proprio in fondo all’autobus stavano iniziando le prime chiacchiere e casini, segno che quel viaggio sarebbe stato tanto lungo quanto chiassoso.

“Questa è la prima e vera gita fuori dalla U.A.” trillò Kokoro super emozionata.

“In questa scuola non c’è mai un giorno di riposo vedo” disse la povera Hino che, tra gli esami di accesso per la U.A. e gli esami del primo semestre, non aveva ancora avuto un attimo di tregua.

“E non hai ancora visto un cazzo, aspetta e spera” sbottò Reiko incocciandosi le braccia al petto, mentre portava, in maniera poco femmine, la pianta del piede destro contro il sedile davanti.

“Eh? In che senso?” chiese Hino strabuzzando gli occhi preoccupata.

“Non preoccuparti” disse Atsuko in tono calmo per rassicurarla.

Hino era nuova ma, purtroppo per lei, i problemi non erano di certo finiti qui e le altre tre ragazze lo sapevano bene. Nonostante i disastri dei supercattivi fossero diventati un problema di tutto il Giappone, cosa realmente era accaduto ogni volta lo sapevano in pochi, e Hino non faceva eccezione. Ma forse era questo il prezzo dell’amicizia? Kokoro, Reiko e Atsuko avevano provato sulla loro pelle il prezzo da pagare per proteggere qualcuno, e questo le aveva unite sempre di più di volta in volta. Ora toccava a Hino.
 

 
[…]


L’autobus si fermò in una piazzola chiamata da Aizawa “area di sosta”, ovvero un grosso spiazzale in terra a lato della strada principale e circondato dal lato più esterno da una recinzione di legno; oltre la recinzione c’era una distesa verde di alberi e montagnette.      
       
Tra qualche perplessità generale e un Mineta intento a correre ovunque in cerca di un bagno che non esisteva, Aizawa, immobile e assonnato, fissava gli studenti.

Una macchina nera dai finestrini oscurati parcheggiò a pochi metri dell’autobus. Dal veicolo scese una misteriosa figura, si avvicinò al professore e infine disse: “Ehi Eraser” disse una voce femminile.

“Ne è passato di tempo” disse il professore eseguendo un inchino in segno di saluto.

Dall’auto comparvero due splendide ragazze vestite nello stesso modo ma con colori differenti: la ragazza dal caschetto castano era color rosso, mentre la ragazza bionda di color blu. Ciò che attirò l’attenzione di tutti fu il particolare abbigliamento che mimava quello di un felino: indossavano dei guanti a forma di zampe di felino pelose, il cerchietto assomigliava a due orecchie da gatto robotiche e dalla gonna partiva una coda lunga e pelosa.

“Fissati con questi sguardi scintillanti” urlò la ragazza dai capelli a caschetto castani, “Pungentemente carini e felini!” urlò poco dopo l’altra ragazza dai capelli lunghi e biondi. “Wild, Wild..Pussycats!” terminando in sincrono la farse.

“Questi sono eroi professionisti che lavoreranno con noi durante il campo, sono i Pussycats” disse Aizawa terminando la presentazione.

L’area verde che si poteva ammirare da quella piazzola era di proprietà del team di Pussycats e l’accampamento per l’allenamento sarebbe stato proprio ai piedi di una di quelle montagne.

“Uh? Allora perché ci siamo fermati qui?” chiese Kokoro pensierosa.

“Sento puzza di fregatura” borbottò Reiko.

“Oh no, di nuovo..” disse Hino pensando a qualche altro strambo test da fare nuovamente.

“Credo proprio che…” sussurrò Atsuko.

Iniziava ad essersi un certo fermento alle spalle delle quattro ragazze, c’era chi si stava dirigendo sull’autobus per paura che da lì a poco succedesse qualcosa, oppure c’era chi, immobile e con gli occhi sgranati, guardava gli altri compagni in attesa di una risposta.

“Sono le 9:30 – disse la gatta castana – se fate in fretta forse… intorno a mezzogiorno?” disse pensosa, mentre gli artigli felini scintillavano con la luce del sole. Poi si voltò a guardare tutti gli studenti con gli occhi che le scintillavano: “I gattini che non arriveranno entro le 12:30 non mangeranno!” sentenziò lei.

Nel trambusto generale, silenziosa come un felino, la gatta bionda si portò dietro a tutta la classe della 1-A, portò le mani al suolo e, utilizzando l’abilità del suo Quirk, fece alzare il terreno tramutandolo in un enorme tsunami di sabbia con dentro tutti gli studenti. In men che non si dica, tutti gli aspiranti eroi si trovarono letteralmente sbalzati in cielo, sotto di loro vi era solo un mare verde e tanta disperazione.

“Dato che la proprietà è privata, potrete usare le vostre unicità liberamente” disse la gatta rossa dall’alto, mentre gli studenti precipitavano verso il basso.

Il salto nel vuoto, nonostante non fosse basso, non era nemmeno così tanto alto da poter creare qualche problema agli studenti, di fatti la discesa verso il terreno fu veloce e abbastanza facile da affrontare per tutti. Una volta ritrovatisi a terra, una foresta verde brillante li accolse, mostrando a loro cosa avrebbero dovuto affrontare. Ora la foresta non appariva più un luogo spensierato e di divertimento, sembrava una vera e propria casa degli orrori. Ma la cosa peggiore di tutto quel casino era ciò che stava aspettando tutti gli studenti dentro a quell’ammasso di tronchi e foglie. Perché sì, se volevano arrivare entro le 12:30 all’accampamento, avrebbero dovuto attraversare la foresta, nolenti o volenti.        

Un ruggito attirò l’attenzione di tutti che, senza indugi, si voltarono verso la foresta scoprendo l’ennesima prova: dentro alla foresta vi erano una quantità di bestie assurde, fatte di terra e di fango, esseri senz’anima generati dal quirk della gatta azzurra che avevano il solo scopo di ostacolare l’avanzare di tutti gli studenti.

Atsuko diete due colpetti teneri sulla spalla di una incredula Hino, ancora non del tutto abituata alle stramberie dei loro professori. “Ciò che non ci distrugge ci fortifica” disse Atsuko abbozzando un piccolo sorriso.

“Dovrò fare il culo anche a loro” disse una Reiko piuttosto a suo agio, mentre eseguiva un breve stretching per scaldare i muscoli, poi tese il proprio corpo e con balzo fulmineo si gettò dentro alla foresta.

Kokoro seguì l’idea di Reiko e iniziò a fare un po’ di stretching anche lei: “Hihi iniziamo.”

Questo allenamento era sicuramente duro, forse i professori stavano veramente spingendo gli studenti al limite, ma questo purtroppo era necessario. Ciò a cui puntavano i professori era di portarli ad una preparazione che avrebbero dovuto avere al secondo anno e che, per ovvi motivi, dovevano avere già alla fine del primo semestre. Con i cattivi così attivi nell’ultimo periodo, i professori stavano cercando di aiutare gli studenti, stavano cercando di abituarli ad utilizzare il loro quirk per imparare a difendersi. Era quindi una circostanza di emergenza, un modo per tutelare i loro studenti e farli cresce, forse, troppo velocemente.

“Visto che la strada è molta, non posso consumare tutta la mia energia ora” pensò Reiko dopo aver assestato l’ennesimo calcio ad una sorta di tigre fatta di terra e muschio.

Reiko si circondò di elettricità cremisi e si gettò di corsa dentro alla foresta, lasciando una leggera scia rossastra dietro di lei. Saltò poi in alto, eseguì una capriola e colpì con una tallonata la nuca di un mostro, quest’ultimo si disintegrò non prima di lanciare un rantolo non ben definito. Proseguì quasi per tutto il tragitto così: scattando letteralmente come una molla, assestando calci e pugni alla prima cosa che le si parava contro. Nonostante la mattinata non fosse iniziata nei modi migliori, in quel momento, persa fra la vegetazione e con nessun limite del suo quirk, la sua mente sembrò alleggerirsi dai problemi che l’affliggevano quotidianamente.   

“Con tutta questa vegetazione, posso provare a sollevare oggetti di peso diverso, sono certa che mi aiuterà a capire fin da subito che peso ha ciò che voglio alzare” pensò Kokoro mentre correva.

Poco lontana da Reiko, circondata da una sfera telecinetica, vi era Kokoro che correva nella bassa vegetazione: la sua sfera le permetteva di parare i colpi che provenivano da tutte le direzioni e con i poteri della sua mente sollevava massi e zolle di terra per scaraventarle contro i nemici. La concentrazione della ragazza era tale da farla focalizzare solo sui nemici, spostando e lanciando pezzi della vegetazione con l’unico scopo di abbattere il nemico. In quel momento non c’era tempo per rimuginare su avvenimenti passati, anche perché il minimo errore comportava il ferimento di un alleato o un mancato centramento dell’obiettivo. Però i pensieri c’erano stati e, proprio come stava accadendo a Reiko, quei momenti di allenamento erano una manna dal cielo per mettere in stand-by i grattacapi della vita quotidiana.

“Ma perché corrono così veloce??” gridò Hino che correva a perdifiato accanto ad Atuko mentre un gruppo di mostri a forma di Trent li ricorreva.

Le due ragazze, per star dietro a Kokoro e Reiko, si erano focalizzate a pensare più a correre che a difendersi, ritrovandosi inevitabilmente inseguite da gruppi di piccoli alberelli alti circa un metro e cinquanta che emettevano suoni simili a degli striduli.

“Pensiamo a questi Trent, loro sicuramente sapranno cavarsela” disse poi Atsuko, fermandosi e voltandosi verso i mostri: trasformò i suoi arti superiori e inferiori in quelli di un felino, poi scattò in avanti per iniziare lo scontro.
“Se li avessimo affrontati insieme, magari saremmo arrivate più velocemente. Non credi?” Hino chiese poi conferma ad Atsuko.

“Penso di sì Hino – disse Atsuko – ma penso che hanno bisogno di un po’ di tempo per stare da sole” concluse brevemente.

Benché Atsuko non fosse di tante parole e non insistesse sul voler far sfogare Kokoro e Reiko, sapeva bene cosa stesse succedendo alle loro amiche. Era una situazione particolare, Atsuko la capiva bene, ma quanto sarebbe riuscita a capirlo Hino se gliene avesse parlato in quel momento?             

La vita di Atsuko aveva preso nuove sfumature di vita da quando era entrata nella U.A.: da un lato stava prendendo più consapevolezza di se stessa, si stava anche aprendo molto di più verso le altre persone, ma dall’altra si era ritrovata immischiata in situazioni molto pericolose e la tranquillità nella sua vita non sembrava più all’ordine del giorno. Anche lei aveva il suo bel da pensare e, tra le tante cose, forse era l’unica che effettivamente aveva pensato ad una cosa: chi avrebbe parlato ad Hino di quello che stava succedendo?

“Uhm va bene” Hino rispose un po’ delusa, poi evocò due pozze davanti a lei e fece uscire delle palle infuocate contro l’orda di nemici.

Hino, che era arrivata da poco, non aveva la benché minima idea di dove si era andata a cacciare, perché, inevitabilmente, anche lo stare semplicemente accanto a quelle tre, l’aveva portata sotto il mirino di qualcuno. Da quando era entrata alla Yuei la sua vita era ruotata intorno ai test di ingresso, allo studio, al recupero delle materie e ad estenuanti allenamenti e, forse proprio per questo, non c’era mai stato davvero abbastanza tempo per parlare con le sue nuove tre compagne. Hino amava la Yuuei e, piano piano, stava iniziando a dimenticare il suo passato, la sua vecchia scuola e le sue delusioni.
 

 
[…]
 

“Siete arrivati finalmente” esultò la Pussy Cat dai capelli biondi.

Il sole stava quasi per tramontare, il sottobosco ormai era quasi completamente in ombra, solo i contorni della vegetazione si potevano intravedere e la foresta verde brillante si stava trasformando sempre di più in una distesa nero pece.   

Dal bosco, numerosi studenti si fecero avanti, un po’ barcollanti, sudati, alcuni si appoggiava agli alberi stremati dalla fatica, mentre altri si trascinavano dietro a fatica con l’ultimo barlume di lucidità che avevano. Gli studenti della Yuei si fecero piano piano avanti, stremati dalla fatica, ma orgogliosi per essere arrivati nel luogo in cui avrebbero finalmente riposato e cenato.     
     
Kokoro e Reiko erano nella prima fila di studenti arrivati al campeggio, la prima si teneva la testa fra le mani in prenda a una forte emicrania, mentre l’altra barcollava accanto a lei con il corpo rimpicciolito e i vestiti completamente sporchi di qualsiasi cosa. Poco dietro vi era Atsuko, che si trascinava letteralmente dietro una delle due gambe in stato di calcificazione, mentre Hino la sorreggeva da una parte, visibilmente provata e dall’aria accaldata.

“Cosa volevate dire con 3 ore?? Era impossibile arrivare qui in 3 ore” sbottò a quel punto Iida, stramazzando al suolo poco dopo.

“È il tempo che ci avremmo messo noi, scusate ma onestamente, pensavo che ci avreste messo più tempo!” rispose allegramente la Pussy Cat, ridendo poi in faccia a tutti gli studenti.         

“Prendete le cose dall’autobus, una volta sistemati, ceneremo nella mensa, dopodiché, andrete a lavarvi. Inizieremo sul serio domani” intervenne Aizawa con voce atona, nemmeno in quel momento la sua voce trapelava un po’ di orgoglio verso i suoi studenti.

Il momento della cena finalmente arrivò e fu il momento più bello. Tutti gli studenti erano arrivati alla fine del percorso, ma nessuno ne era uscito senza dolori o fatiche: era stata davvero una bella impresa per tutti.

La mensa del campeggio era enorme, al centro vi erano grossi tavoloni in legno con lunghe file di panche ai lati, un grosso finestrone in vetro al di sopra di un bancone divideva la cucina dalla sala principale. La 1-A era disposta su due tavoloni in cui sopra vi erano prelibatezze di ogni tipo… dai gyoza, agli udon in brodo, onigiri di tutti i tipi, spaghetti di soia e stufato di carne, insomma, ce n’era per tutti i tipi. Nel mentre che gli studenti mangiavano, Mandalay e Pixie-Bob, le due Pussycats, correvano tra un tavolo e l’altro per portare ciò che avevano appena finito di cucinare, specificando a tutti gli studenti che quello sarebbe stato l’unico giorno in cui gli avrebbero cucinato da mangiare, i restanti giorni avrebbero dovuto da soli provvedere alla cucina.

Nella mensa era scesa una tranquillità quasi surreale, dati i componenti della 1-A, ma la stanchezza era tale che riuscirono a muovere­ solo la bocca per degustare il cibo che gentilmente gli avevano preparato. Ogni tanto si sentiva qualche risata, qualche complimento alla cucina, ma per la maggior parte del tempo si sentiva il tintinnio di tazzine che sbattevano le une contro le altre, oppure il suono delle hashi contro le superfici dei piatti.

Una volta finito di mangiare, dopo aver ripreso un po’ le energie perse durante il giorno, arrivò il momento del bagno dentro alla Onsen, ovvero dentro ad una piccola stazione termale situata nel campeggio dove soggiornavano.

“Vi ho viste molto prese oggi” disse Atsuko dentro all’acqua a pochi passi da Reiko, quest’ultima a braccia conserte su un masso che segnava il bordo della piscina termale.

“Emm..spero non sia successo nulla, forse ho detto qualcosa di sbagliato?” chiese timidamente Hino, arrossendo leggermente per l’imbarazzo.

“Oh no Hino-chan! Non è successo nulla” disse improvvisamente Kokoro visibilmente dispiaciuta per aver fatto preoccupare la sua amica.

“Cerco di non pensarci, ma ciò che è successo poco tempo fa...non mi lascia stare” disse Reiko, lasciandosi andare in un sospiro lungo e triste. “I casini con Taro si sono risolti, certo, ma voi sapete bene che questa è solo la calma prima della tempesta. Insomma, da quanto i Supercattivi non si fanno sentire?” concluse poi, levando gli occhi al cielo stellato sopra le loro teste.

“Emm – Hino fece scorrere lo sguardo su Reiko, poi su Atsuko e infine su Kokoro, visibilmente spaesata dalla situazione – mi sono persa qualcosa?”

“È difficile riassumere tutto in poche righe, Hino, però abbiamo avuto non pochi problemi con la lega dei Supercattivi. Ho motivo di pensare che non siamo nemmeno le uniche sotto il loro mirino, anche altri studenti ci sono, ma fatto sta che non siamo in una bella situazione” disse atona Atsuko.

“Prima che tu entrassi nella 1-A abbiamo dovuto affrontare Taro, ex capo di un gruppo di telecinetici affiliati alla lega, non che mio fratello, ma la situazione è più grave del previsto. Mio fratello ora è in prigione, ma non sappiamo dove siano andati a finire i suoi sottoposti, né che piani hanno realmente i Supercattivi, oltre che uccidere All Might ovviamente” concluse Kokoro.

“E, come se la situazione non fosse già schifosa di suo, dietro a questa situazione c’è anche mio padre, che ha evidenti legami con il capo dell’organizzazione dei Supercattivi, Shigaraki. Non ho idea di che cosa abbia in testa, ma non penso sia contento di vedermi tra le file di All Might..” concluse Reiko.

“Ho sentito parlare di questa lega al telegiornale, ma ho motivo di pensare che dietro agli ultimi casini ci siete voi, anche se non è stato detto nulla” pensò ad alta voce Hino con aria pensosa, cercando di recapitolare tutti gli ultimi avvenimenti trasmessi alla TV.

“Capisco che siamo qui per diventare eroi e in futuro la città di Tokyo, o qualsiasi altra città, toccherà a noi difenderla ma…abbiamo paura che tu possa essere immischiata in problemi ancora più grandi di noi” sospirò Kokoro.

“Il punto della questione è che abbiamo coinvolto inconsapevolmente Atsuko e a questo giro abbiamo pensato fosse il caso di avvertirti” sussurrò Reiko non appena vide le altre ragazze della 1-A entrare nell’Onsen.

“Vi ringrazio per la fiducia che mi avete dato dicendomi queste cose – sorrise Hino sincera – ma questo non mi fermerà! Io voglio diventare una hero e non mi fermerò davanti a nulla, anzi, mi impegnerò a fondo per aiutare a risolvere questa situazione” concluse infine stringendo un pugno al petto con gli occhi scintillanti di determinazione.

Quello giorno fu particolarmente importante per le ragazze: ora non vi erano segreti o barriere, tutte sapevano in cuor loro cosa stesse succedendo ed erano disposte ad affrontarlo insieme. Forse non sarebbero state in grado di abbattere la lega dei Supercattivi, però il legame che si era formato non aveva prezzo e questo un futuro le avrebbe aiutate.

 
[…]
 

“Sono passati tre mesi da quando avete iniziato la scuola. Dopo varie esperienze, siete tutti migliorati. Ma quel miglioramento c’è stato soprattutto a livello mentale e tecnico, e solo in parte alla resistenza. Come avrete visto, le vostre unicità in sé non sono migliorate molto” disse Aizawa.

Così quella mattinata si era aperta con una triste realtà: benché ne avessero passate di avventure e di scontri contro i villans, non avevano mai avuto modo di allenare i loro quirk apprendendo che, da quel punto di vista, le loro abilità non erano migliorate. E, infatti, tutti lo avevano notato, poiché le loro unicità peccavano di resistenza e in parte di potenza. In sostanza, non bastava essere pronti mentalmente ad uno scontro, bisogna anche avere le capacità fisiche per affrontarlo e portarlo a termine.             

Aizawa aveva quindi programmato per quella giornata un allenamento speciale per ogni studente della 1-A, al fine di soffermarsi sul miglioramento delle loro unicità per carpirne meglio i punti deboli e i limiti dovuti al poco allenamento. Sarebbe quindi stato un allenamento personale, ogni studente avrebbe avuto un piano di allenamento unico e incentrato unicamente per migliorare il suo quirk.

“Da oggi lavoreremo per migliorare le vostre unicità – disse con un sorriso malefico dipinto sul volto – sarà così dura che vi sembrerà di morire, ma cercate di non farlo.”

Gli studenti vennero quindi portati in uno spazio verde circondato dal bosco, molto distante dal campeggio, per poter dare agli studenti lo spazio necessario per allenirsi senza disturbarsi a vicenda. In questo luogo trovarono la loro attrezzatura, con un nome scritto sopra per evitare ogni dubbio, e la 1-B, la seconda classe del corso eroi della Yuuei. Gli allenamenti sarebbero stati singoli, quindi gli studenti non avrebbero avuto modo, e nemmeno il tempo, per chiacchierare o scontrarsi con la classe “rivale”.

“Questo è uno scherzo” borbottò Atsuko, lasciando trapelare un velo di preoccupazione per quello che, da lì a poco, sarebbe successo. La ragazza venne immobilizzata ad una sedia con un piccolo motore posizionato proprio dietro lo schienale, mentre le braccia erano circondate da una fascia collegata direttamente al piccolo motore che si allargava per adattarsi alle trasformazioni di Atsuko. All’interno di queste fasce vi erano dei piccoli attuatori di onde d’urto che avevano il compito di emettere delle vere e proprie onde d’urto che andavano a mirare direttamente le sue ossa, per favorirne la guarigione e permetterle di cambiare animale e ritornare poi alla forma umana.

“Questa fitta mi ha spezzato letteralmente il fiato – disse cercando di respirare quanta più aria possibile – ma devo farcela”. Se da una parte Atsuko riusciva a prolungare la durata delle sue trasformazioni, dall’altra le onde erano talmente forti da provocarle delle fitte alle braccia, facendole stringere i denti ogni volta che le ossa cambiavano forma.

Lontana da Atsuko, vicino ad un Bagkugou urlante che lanciava continuamente esplosioni e ad un Todoroki che alternava la manipolazione del ghiaccio e del fuoco, vi era Kokoro. La ragazza, per potenziare le sue doti telecinetiche, aveva a disposizione una sfilza di pesi davanti a sé che doveva sollevare e far orbitare intorno a lei molto velocemente ma ad una altezza costante. I pesi erano di varia forma e peso e ovviamente la difficoltà stava proprio nel mantenere la velocità costante e tenere i pesi perennemente sollevati, costringendola ad una concentrazione continua e senza errori.

“C..ce la posso fare, non devo mollare proprio ora” pensò stringendo i denti. L’emicrania sembrava tormentarla, senza contare che la rotazione dei pesi intorno a lei aumentava ancora di più le vertigini. Decise di chiudere gli occhi per concentrarsi di più e per cercare di placare il giramento della testa che le stava facendo perdere velocità.

“UOAAAAAAAAH” urlò Hino con le fiamme che si impossessavano dei suoi capelli e della parte sterna del suo corpo, mentre davanti a lei tre pozzi di fuoco eruttavano fiamme a non finire: “Non finirà mai questa salita” pensò poi, ricordando quanto poco fiato aveva avuto dall’ingresso alla Yuei a quel giorno.

Il problema principale delle ragazze era dato dal fatto che, durante l’attivazione del suo quirk, il suo corpo si surriscaldasse al tal punto da venire ricoperta di fuoco, mettendo sotto stress la sua omeostasi. Infatti, per quella prova letteralmente di resistenza, aveva una speciale tutta con un sistema di refrigerazione attivabile da un pulsante direttamente controllato da Hino. La tuta era fatta da infiniti tubi cosparsi per tutto il corpo in cui, con un semplice “click” del pulsante, l’anidride carbonica allo stato solido, per sublimazione, passava allo stato liquido, portando alla formazione del cosiddetto ghiaccio secco. Questo sistema ingegnoso ma semplice permetteva a Hino di abbassare la temperatura del suo corpo durante l’attivazione del suo quirk per aiutarla a creare fiamme senza sosta.

Se da una parte del bosco c’erano fiamme che divampavano in cielo, dall’altra parte, in mezzo al prato e su un tapis roulant speciale, vi era una Reiko sudata marcia e con la lingua di fuori.

“Non sento più le gambe, dannazione – urlò la rossa paonazza in viso – ma col cazzo che smetto di correre” proseguì lei allargando le narici per prendere quanto più ossigeno poteva.

La ragazza correva sopra ad un tapis roulant molto resistente e che sopportava le alte velocità; a lato di quel macchinario vi erano due batterie molto grosse, attaccate alla ragazza dalle due piccole antenne che aveva sul capo. Le batterie servivano per tenere alimentata Reiko ed impedirle di rimpicciolirsi e perdere potenza, mentre il tapis roulant serviva per permetterle di correre stando sul posto, poiché non sarebbe stato facile correre senza le due batterie ai lati. Ciò che la ragazza stava andando a potenziare era esattamente la sua velocità, potenziando in primis il suo corpo. Questo perché l’obiettivo finale era di aumentare la velocità della sua tecnica principale, ma allo stesso tempo ridurre il consumo di elettricità, poiché il suo quirk le permetteva di generare elettricità a corta e lunga distanza, ma anche di andare stimolare con impulsi elettrici il suo corpo per contrarre i muscoli più velocemente e spostarsi a grande velocità.


Ben presto arrivò la sera e con essa la fine degli allenamenti. Gli studenti si radunarono e tornarono a piedi verso l’accampamento, i volti sciupati dalla fatica e il silenzio che dominava su tutto: si muovevano come zombie, trascinandosi faticosamente dietro il corpo, sporchi come non mai e con gli occhi che si chiudevano dalla fatica.          

L’armonia di quel silenzio fu ben presto rotta dalla voce delle due Pussycats: Pixie-Bob e Ragdoll, un’altra ragazza “gatto” dai lunghi capelli verdi e due occhi color topazio tenuti sempre spalancati e iperattivi.

“Ora, ricordate cos’ho detto ieri? – miagolò Pixie-Bob in piedi davanti ad uno dei tavoli esterni del campeggio – era l’unico giorno in cui avremmo lavorato per voi” disse lei.

“Oggi tocca a voi cucinare - urlò Radoll muovendo freneticamente le mani guantate a forma di zampe di gatto - Ahahah sembrate tutti esausti! Ma non significa che riuscirete a fare del un pessimo cibo vecchio per gatti!” si lasciò andare in una risata compulsiva.

In mezzo al gruppo di studenti della A e della B, pietrificati dalla fatica e con nessuna voglia di lavorare, si fece strada Iida: “È vero che parte del salvare qualcuno consiste nel riempire i loro stomaci e spiriti di chi soffre dopo un disastro…ecco la U.A. per voi! Nessuna opportunità va sprecata! Ragazzi, prepariamo il curry più buono del mondo!” concluse cercando di tirare su gli animi dei suoi compagni.

Nonostante la stanchezza generale, le parole del ragazzo servirono per dare la giusta spinta a tutti, anche perché qualcuno doveva pur preparare la cena e, se tutti avessero dato una mano, avrebbero fatto sicuramente prima.        
     
“Todoroki, Reiko..potete venire ad accendere il fuoco anche qui?” trillò Mina posizionata davanti ad una serie di braci da campeggio. Todoroki usò il suo quirk di fuoco per bruciare la legna, mentre Reiko sfruttò le scintille elettriche per far prendere fuoco alla legna.

“Almeno noi siamo più utili di quell’altro” borbottò Reiko guardando cons guardo torvo le braci di un camino a pochi passi da loro.

Hino indicò le braci di un camino a pochi passi da Reiko:“Ehm, Bakugou potresti usare il tuo quirk per accendere il fuoco?” chiese timidamente Hino, abbozzando un sorriso. Era la prima volta che parlava a Bakugou da quando era arrivata, ma aveva già avuto modo di vedere che era meglio non mandarlo in escandescenza per non avere altri problemi a cui pensare.

Il ragazzo la guardò stralunato: “È quello che sto per fare tks” borbottò lui, lanciando una serie di esplosioni talmente forti sulla legna da far esplodere tutto il caminetto di mattoni.
“Ma che ca…” sbottò Hino strabuzzando gli occhi.

“E te pareva” borbottò Sero roteando gli occhi verso il cielo.

Hino decise di spostarsi dove c’era Reiko, dato che là non era ancora saltato in aria nulla, poi decise di aiutare la ragazza a lavare e a mettere i pentoloni sul fuoco per riscaldare l’acqua.  
            
Sui tavoloni invece vi era Kokoro, assieme ad Ochaco, Itsuka Kendo e Ibara Shiozaki, due studentesse della B, che tagliavano accuratamente le verdure per il piatto di curry.

“Ecco qui altre verdure!” disse Atsuko scaricando due enormi ceste fatte in vimini con all’interno altra verdura da tagliare.

“Ehh? Non è ancora finita la verdura da tagliare?” chiese Ochaco sbadigliando sonoramente.

“Ho una voragine nello stomaco, dopo tutti gli allenamenti di oggi, potevano almeno prepararci qualcosa” disse Kokoro pelando una patata con gli occhi chiusi da quanto le doleva la testa.

“Tagliate queste verdure qua, le altre due ceste le porterò all’altro tavolo!” disse Atsuko voltandosi per poi andare a prendere altra verdura.

 
   
 
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