Fanfic su artisti musicali > Bangtan boys (BTS)
Segui la storia  |       
Autore: Juliet8198    17/08/2022    1 recensioni
Seokjin era l'ombra di se stesso dall'incidente. Un anno di terapia. Un anno di depressione clinica. Un anno in cui la sua personalità brillante e perennemente concentrata sul lato positivo della vita si era spenta come una candela, lasciando dietro di sé solo un fantasma che i suoi amici non riuscivano a riconoscere. Dall'incidente, la solitudine a cui il destino lo aveva sottoposto pesava su di lui più di quanto avrebbe potuto prevedere.
Yona aveva imparato sin da piccola a non credere nei legami a lungo termine. Quale significato aveva trovare la propria anima gemella? I suoi genitori avevano divorziato pur essendo fatti l'uno per l'altra e lei aveva una vita perfettamente felice pur non potendo congiungersi con la sua metà. Aveva imparato che la solitudine a cui il destino l'aveva sottoposta dalla nascita non le avrebbe impedito di diventare una persona completa.
Una scatenata insegnante di inglese, inguaribile nerd e sfegatata amante di musical dai discutibili metodi didattici, riuscirà a scuotere una persona così persa nella propria solitudine e a salvarla da se stessa?
SOULMATE AU
Quarto libro del JU
Questa storia fa parte di un universo integrato. Non è però necessario aver letto
Genere: Angst, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kim Seokjin/ Jin
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Yoongi si stropicciò gli occhi, mentre i suoi timpani emettevano un fastidioso "pop" a causa dell'ampio sbadiglio che era sfuggito dalla sua bocca. Accendendo lo schermo del cellulare, vide che erano le undici e mezza. 

 

"Ancora un quarto d'ora", si disse. Un quarto d'ora e poi se ne sarebbe tornato a casa. 

 

Quando riportò lo sguardo sul foglio di carta sotto le sue mani, però, le linee nere iniziarono a ballare davanti alla sua vista, offuscate e confuse. Le lettere si mescolavano fra di loro creando strani miscugli e le parole parevano scarabocchi incomprensibili che il suo cervello non riusciva a riconoscere. Sospirando, appoggiò il capo sulla sua mano, strizzando le palpebre per poi riaprirle e cercare di mettere a fuoco le scritte della penna a sfera. Non appena avevano messo piede fuori dall'aereo, erano stati catapultati in sala prove a prepararsi per Music Bank e M Countdown, senza un minuto di tregua. La sera prima, Yoongi non si era neppure fermato nello studio da quanto era esausto. Ancora a due giorni di distanza, infatti, sentiva gli effetti del jet lag che non era riuscito a smaltire perché non aveva fatto altro che correre dal momento che erano tornati in Corea. E la data d'uscita del mixtape si avvicinava. 

 

Yoongi si morse il labbro inferiore, tamburellando con ipnotica lentezza la penna sul foglio. Di questo passo, sarebbe stato costretto a posticipare l'uscita ancora una volta. L'agenzia avrebbe capito, certo. Non era come posticipare un progetto del gruppo e non era ancora stato fatto nessun annuncio ufficiale perciò non c'erano problemi con la schedule della promozione. Ma non avrebbero neppure apprezzato. E lui non si riteneva un buon soldatino ligio al dovere, ma se c'era un valore di cui poteva andare fiero era la sua serietà nel  lavoro e negli impegni che prendeva. Il fatto che dava il cento percento del suo tempo, della sua attenzione e del suo impegno nei progetti che intraprendeva. E tanto più quel progetto, uno che per lui era tanto personale. 

 

Yoongi cercò di raddrizzare la schiena per impedire alla sua testa di ciondolare in avanti, ma senza successo. Era come se il suo capo fosse diventato pesante tonnellate, come se i suoi muscoli improvvisamente avessero perso tutta la loro forza e non fossero più in grado di sorreggere neppure le palpebre. Ma lui sbatté gli occhi, almeno una decina di volte perché non sembrava funzionare, e seppellì un altro sbadiglio fra le labbra strette. 

 

Quando mi guardo allo specchio 

Vedo l'ombra di un uomo che non conosco 

Mi chiedo come qualcuno possa portare rispetto per lui 

 

Ma quando mi guardo nei tuoi occhi 

Inizio a vedere perché qualcuno potrebbe amare quell'uomo 

 

Per un istante, un sorriso timido comparve nella memoria di Yoongi. Lo stesso sorriso che aveva salvato come sfondo del telefono, e non come bloccoschermo perché i suoi amici lo avrebbero preso in giro fino alla fine dei suoi giorni se lo avessero visto. La data d'uscita del mixtape si faceva più vicina, la metà delle tracce era ancora incompleta eppure eccolo lì, a scrivere una nuova canzone che probabilmente non avrebbe mai neppure usato. Come avrebbe potuto? Praticamente ogni riga trasudava l'identità della persona che l'aveva ispirata, al punto che gli mancava solo di descrivere i capelli biondi che pettinava fra le dita e gli occhi verdi in cui si specchiava per renderla appena più ovvia. Sarebbe stato imbarazzante condividere quelle parole con il mondo. Non era mai stato riservato nel parlare delle sue emozioni e delle sue esperienze nella sua musica, ma in qualche modo quella situazione era diversa. Non era semplicemente un esporsi nella sua vulnerabilità, era un esporre la propria vulnerabilità nei confronti di un'altra persona. Ammettere quanto quella persona tenesse la sua sanità mentale e il suo cuore attorcigliati sulla punta delle dita, detenendo il potere di trasformarlo in un burattino inginocchiato al suo cospetto a un solo schiocco di indice e pollice. 

 

Quella canzone urlava "Ti amo" mentre la sua bocca raramente usava pronunciarlo. 

 

La penna scivolò dalle mani di Yoongi, emettendo un piccolo tonfo sul tavolo e portandolo a sbattere nuovamente gli occhi. Seppellendo un altro sbadiglio, osservò la sua mano riprendere l'oggetto e iniziare a scrivere parole tremolanti di cui non riusciva a comprendere il senso. 

 

La sua testa era pensante. Troppo pesante per essere sorretta. 

 

Sentiva le palpebre combattere tenacemente per rimanere aperte, ma pareva come se una forza magnetica le costringesse ad abbassarsi. Come se dei pesi vi fossero appesi. Come se qualcuno vi avesse attaccato delle corde invisibili e stesse tirando e tirando e tirando... 

 

... fino a vincere. 

 

 

 

Yoongi sobbalzò, emettendo un sussulto sorpreso. La sua testa scattò verso l'alto, portandolo a raddrizzare la sua schiena. Era ancora nel suo studio, realizzò. Sbattendo le palpebre, capì che doveva essersi assopito brevemente mentre stava scrivendo, tanto che poteva sentire il segno lasciato sulla sua guancia dalla penna incastrata nella sua mano. Yoongi scosse il capo, alzandosi dalla sedia girevole e afferrando il suo giubbotto. Non aveva senso continuare a rimanere nello studio se non sarebbe riuscito a rimanere sveglio. Tanto valeva che tornasse a casa e dormisse in un letto vero. Afferrando il suo cellulare, sbloccò lo schermo per controllare l'orario e quanto avrebbe dovuto correre per arrivare in tempo prima della mezzanotte. 

 

Non appena la luce azzurra gli illuminò il viso, però, i suoi occhi si spalancarono. 

 

Non era possibile. 

 

Era sicuro che fossero passati non più di cinque minuti. 

 

Non poteva davvero essere... 

 

Sentì il suo cuore battere sempre più velocemente mentre osservava insistentemente i numeri sei e quindici nel suo cellulare, seguiti dalla notifica di dieci chiamate perse. Deglutendo rumorosamente, aprì l'app per vedere a chi appartenevano.

 

6 chiamate perse da: Di

 

3 chiamate perse da: Taehyung

 

1 chiamata persa da: Estella 

 

"Cazzo". 

 

Prima ancora che il suo cervello potesse iniziare a ragionare, i suoi piedi erano già scattati in direzione della porta, sbattendo il vetro dietro di sé senza neppure inserire il codice di sicurezza. Poteva perfino aver lasciato le luci accese, per quanto riusciva a ricordare.

 

"Cazzo, cazzo, cazzo, cazzo..." 

 

Il suo dito premeva insistentemente sul nome di Diana ma l'unico risultato che riceveva, volta dopo volta, era sempre lo squillo vuoto e ripetitivo della linea senza risposta. Con il rombo del suo sangue nelle orecchie, corse giù per le scale fino al sotterraneo dove era parcheggiata la sua macchina, tentando le chiamate fino a che il segnale non scomparve e ricominciando subito dopo non appena la vettura riemerse sulla strada. 

 

Premendo il piede sull'acceleratore, Yoongi studiò le strade silenziose che circondavano l'agenzia, immerse nella calma che precedeva l'ora di punta dei salary men che avrebbero raggiunto il loro luogo di lavoro. 

 

-Chiama Taehyung. 

 

Il telefono si collegò al Bluetooth della macchina, facendo partire la chiamata. Gli squilli ripetitivi ripresero a martellargli le orecchie, dettando il ritmo a cui anche il suo cuore aveva preso a battere contro la sua gabbia toracica. 

 

-Hyung. 

 

Yoongi si lasciò sfuggire un verso gutturale non appena sentì la voce del suo amico, spalancando gli occhi quando si accorse che stava per passare un semaforo rosso e inchiodando violentemente con un rumore di pneumatici stridenti. 

 

-Taehyung, mi sono addormentato mentre stavo lavorando, ho visto le chiamate quando mi sono svegliato, io- 

 

La voce frenetica del maggiore fu tagliata da quella baritonale del minore. Solitamente, il tono del ragazzo si alzava di qualche ottava quando era in preda al panico o quando era preoccupato, dipingendosi di quello smarrimento infantile che confondeva così tanto Yoongi. In quel momento, però, la sua intonazione era bassa, grave quanto una tomba. 

 

-Hyung, sbrigati. Se ne sta andando. 

 

L'uomo spalancò gli occhi e, per un momento, non riuscì più a vedere la strada davanti a sé. Sentiva le sue cornee iniziare a bruciare fastidiosamente e la sua bocca schiudersi per ansimare leggermente, perché sembrava all'improvviso che l'aria non fosse sufficiente nei suoi polmoni. 

 

"No. No, no, no, no, no..." 

 

-Sto arrivando. 

 

La chiamata si chiuse. Senza la voce di Taehyung, a tenerlo ancorato alla realtà rimase solo con il rombo del motore della sua macchina che superava i limiti di velocità attraverso le strade di Seoul. 

 

 

 

Quando Yoongi riuscì finalmente a digitare i numeri nel tastierino d'ingresso, aprì violentemente la porta fino a farla sbattere contro l'attaccapanni dietro di essa. I suoi occhi frenetici studiarono la fila di scarpe riposte più o meno ordinatamente all'ingresso, passando in rassegna ogni paio tre volte prima che il suo stomaco si chiudesse definitivamente. Mancavano i suoi stivaletti beige, quelli che ultimamente indossava quasi tutti i giorni perché le tenevano caldi i piedi nel gelo invernale. 

 

-Tella, aspetta-

 

Yoongi spalancò gli occhi quando sentì un oggetto colpirgli la gamba. Abbassando lo sguardo, vide una piccola ciabatta rosa giacere solitaria ai suoi piedi, scrutandolo quasi come a riconoscere senza pudore la propria colpa. Quando sollevò la testa di scatto, fece appena in tempo a porre le mani davanti al viso prima che la sua gemella lo colpisse nell'avambraccio, emettendo uno schiocco sonoro e provocandogli un lieve bruciore sulla pelle. Quando abbassò appena le mani, incontrò lo sguardo furibondo di Estella, che si contorceva nel tentativo di scivolare dalla stretta di Taehyung, il quale le teneva le braccia incollate al busto. Yoongi si congelò sul posto mentre le corte gambe della ragazza scalpitavano come le zampe di un cavallo. 

 

-Déjame! Tengo que quitarle la cabeza! 

 

Taehyung sospirò, acciuffando la mano della sua anima gemella che era riuscita a sfuggirgli e afferrare un vaso, pronta a lanciarglielo addosso. 

 

-Qualsiasi cosa tu abbia detto, se stai pensando di decapitarlo ti prego di cambiare idea. 

 

Yoongi abbassò le mani, studiando il salotto vuoto e il silenzio che abitava la stanza, interrotto solo dal sommesso strisciare delle ciabatte di Namjoon, la cui testa era timidamente spuntata dal bordo del corridoio che dava sulle loro stanze. Yoongi deglutì mentre sentiva il cuore pulsargli nella gola. 

 

-Dov'è? 

 

Estella si bloccò. I suoi arti smisero di lottare contro la presa del ragazzo e le sue gambe cessarono di scalpitare, tanto che Taehyung iniziò ad allentare la presa su di lei, molto lentamente. La piccola ragazza, allora, strizzò gli occhi accesi d'ira. 

 

-Dov'è? Vuoi sapere dov'è?- ripetè lei, con la voce permeata di veleno e ogni parola sputata come una dardo appuntito. Yoongi sussultò leggermente sul posto, deglutendo. 

 

-Se n'è andata. 

 

L'uomo lo sapeva. Lo aveva capito nel momento in cui aveva messo piede in casa e nonostante ciò sentì il panico attanagliargli lo stomaco, portandolo a stringere debolente i pugni. 

 

-Io...- mormorò, distogliendo lo sguardo dagli occhi infuocati di Estella e incontrando quello contrito di Namjoon. Non capiva. Aveva fatto un errore, certo, ma quello che non riusciva a capire era perché quella reazione? Cosa gli stava sfuggendo che nessuno gli stava dicendo? 

 

-Io... ho provato a chiamarla. Mi sono addormentato, io... 

 

I suoi occhi si appoggiarono sul capo chino di Taehyung, che rimaneva ostinatamente accanto alla sua anima gemella con la bocca tesa in una smorfia sofferente. Yoongi contrasse le sopracciglia, mentre una nuova ondata di malessere iniziava a salire sotto forma di brividi nella sua spina dorsale e di freddo nel suo stomaco. 

 

-Cos'è successo?- mormorò infine, contemplando ognuno dei presenti mentre cercava di ricacciare indietro quel sentore che gli stava oscurando il cervello. Estella fu l'unica a rispondere al suo sguardo. 

 

-Ha passato la notte in preda agli attacchi di panico e tu non c'eri. 

 

Il respiro abbandonò il petto dell'uomo. Le sue palpebre spalancate rivelavano i suoi occhi arrossati e confusi, saettanti nello sguardo di Estella. 

 

-Cosa? 

 

Incredula, la sua voce era appena sopra a un sussurro anche nella stanza priva di ogni fonte di suono. 

 

-Stavamo per chiamare un'ambulanza ma lei non ha voluto. Continuava a ripetere che saresti arrivato e tutto sarebbe passato. 

 

Yoongi sentì le ciglia inumidirsi, mentre le sue labbra tremavano incapaci di emettere una sola parola. 

 

No, no, lei glielo avrebbe detto, non lo avrebbe affrontato da sola se fosse stato vero, sapeva che anche lui era stato nella stessa situazione e avrebbe capito perciò sicuramente non poteva essere... 

 

-Non aveva avuto il coraggio di dirtelo. Sono mesi che prende tranquillanti quando tu non ci sei. 

 

Yoongi prese a scuotere la testa, mentre le ciglia febbrili sfarfallavano con movimenti confusi e la sua gola si chiudeva. 

 

Un ricordo. 

 

La conversazione nel suo studio. 

 

L'incertezza di lei. 

 

La promessa che gli aveva fatto fare. 

 

Iniziò ad accavallarsi con le scuse che lui stesso aveva pronunciato anni addietro. Quando si chiudeva nel bagno di un camerino in preda agli ansimi, quando sentiva l'aria mancargli fino al punto di pensare di morire e morire e morire ed essere solo, per poi tornare e giustificare la sua assenza e il suo trucco sciolto con un pisolino segreto e non dire mai a nessuno la verità perché nessuno avrebbe capito. Era il suo carico da portare. Era la sua testa da aggiustare e doveva in qualche modo farlo da solo. 

 

Yoongi sentì la nausea salirgli fino alla bocca. 

 

-Dove si trova? 

 

Estella lo guardò dritto negli occhi impassibile, incrociando le braccia davanti al petto con il fuoco del suo furore ostinatamente incastrato nello sguardo. L'uomo corrugò le sopracciglia, avvicinandosi a lunghe falcate fino a essere davanti alla ragazza. Yoongi non era di certo il più alto del gruppo, ma lei era talmente piccola che la sua ombra la divorava completamente. 

 

-Estella, dove si trova? 

 

La ragazza inspirò a fondo, prima di girarsi e afferrare un mazzo di chiavi. Il giovane vide troppo tardi il metallo volare in rotta con il suo stomaco, ritrovandosi improvvisamente a tenersi il punto colpito con una mano mentre si abbassava ad afferrare l'oggetto che era atterrato con un tintinnio sul pavimento. 

 

-Il nostro appartamento a Yangcheon. 

 

Yoongi si voltò rapidamente per infilarsi le scarpe che aveva da poco abbandonato all'ingresso, prima di bloccarsi quando la voce di Estella catturò nuovamente la sua attenzione. 

 

-Se vengo a sapere che hai messo piede nell'agenzia nell'intera giornata di oggi faccio pulire a fondo il tuo studio e butto tutta la tua attrezzatura nell'Han. 

 

 

 

Non appena Diana chiudeva gli occhi il sangue tornava a colorare la sua mente, perciò non fece altro che rimanere seduta sul divano dell'appartamento vuoto con le palpebre spalancate. Fissava la televisione con sguardo vitreo, senza sentire le parole che uscivano dallo stereo né vedere le immagini che vi passavano davanti. 

 

Quando le sue cornee ricominciarono a bruciare, abbassò appena le ciglia, ma i suoi occhi si serrarono contro la sua volontà per via del sonno che si era accumulato nella notte passata. 

 

Yoongi stava sanguinando. Yoongi era pallido, la guardava come se stesse cercando di dirle qualcosa di importante. 

 

Yoongi era morto.

 

Taehyung piangeva. 

 

Hosoek piangeva. 

 

Anche lei piangeva e piangeva e ansimava... 

 

Diana spalancò gli occhi, sussultando violentemente. Si accorse dopo qualche secondo del rumore della porta d'ingresso che si chiudeva con un tonfo. La ragazza sentì il cuore battere sempre più velocemente man mano che dei passi si facevano strada nell'appartamento e, istintivamente, strinse la coperta che la circondava fra le dita ansiose, ansimando. Con la mente ancora immersa nelle immagini che abitavano i suoi sogni, il limite tra realtà e immaginazione era diventato talmente labile che Diana non riusciva a fare a meno di sentire l'angoscia chiuderle la gola. Era stata una pessima idea lasciare il dormitorio per venire in un appartamento da sola, riflettendoci. Ma dopo una notte insonne in cui aveva tormentato Estella con i suoi stupidi attacchi dato che la ragazza aveva deciso di dormire insieme a lei, pensava che rimanere un po' da sola, a riflettere, l'avrebbe aiutata. 

 

Si sbagliava. 

 

Man mano che i passi si avvicinavano, la sua mente non faceva che congiurare scenari che finivano sempre, inevitabilmente con il sangue.

 

Alla fine, vide il piede dell' estraneo che aveva invaso l'appartamento emergere dalla soglia della porta, prima che una mano pallida si infiltrasse oltre lo stipite. Quella mano la conosceva bene. Dita lunghe e nodose, sottili eppure mascoline, dai palmi grandi. Perfette per tenere una palla da basket o per suonare il pianoforte. 

 

I suoi occhi si sollevarono sul viso della sua anima gemella, che si sporse oltre la porta chiuso in un'espressione illeggibile perfino per lei. E vederlo, per quanto fosse arrabbiata con lui, non fece che lavare via tutta l'angoscia che le era rimasta addosso dalla notte passata. Perché lui stava bene. Come sapeva, non era successo niente. Quello che pensava nella sua testa non era vero perché lui era lì, vivo e vegeto. 

 

Diana schiuse le labbra, ma non fece in tempo a pronunciare una singola parola perché Yoongi era già apparso sul divano, con le mani avvolte attorno al suo viso e i pollici intenti a raccogliere le lacrime che scendevano sulle sue guance. Lui trasse un lungo sospiro senza guardarla negli occhi, concertando invece lo sguardo sulle piste bagnate che le percorrevano la pelle e, per un istante, le parve di vedere un'ombra umida anche lungo le sue ciglia. 

 

-Perché non me l'hai detto? 

 

Diana abbassò il capo, mordendosi il labbro tremante. 

 

Quindi sapeva. 

 

-Io... non... non avevo il coraggio. È stupido. È tutto... 

 

La ragazza sollevò le mani per osservarle tremare e forse per cercare le parole con cui descrivere i suoi sogni assurdi. 

 

-Non è stupido. 

 

Diana scosse il capo. 

 

-Non... non ha senso. È come se... la mia testa iniziasse a tirare fuori ogni pensiero negativo che ho su me stessa e... ogni ansia... ogni paura... ogni assurda congettura... 

 

Diana ansimò mentre i singhiozzi le tagliavano la voce. 

 

-Quando non ti vedo arrivare mi dice che è perché te ne sei andato, o perché ti è successo qualcosa... o perché non mi ami e non ti importa di me. E da lì inizia... una catena... di pensieri che mi tira sempre più giù e... non riesco a fermarla... e così inizio ad affogare...

 

Diana sentì un singhiozzo morirle in gola quando il suo corpo si sollevò dal divano e si accorse che Yoongi l'aveva afferrata per poi appoggiarla sulle sue gambe e circondarla con le sua braccia, chiudendola in un bozzolo protettivo creato dal suo corpo. 

 

-So esattamente quello di cui stai parlando. Credimi quando ti dico che ne conosco ogni dettaglio e so quanto è straziante affrontarlo da soli. 

 

Le dita di Diana arpionarono il tessuto della maglietta di lui, affondando il viso nella sua spalla mentre sentiva lui fare lo stesso. Si accorse, allora, del tessuto bagnato che si stava incollando alla sua stessa pelle man mano che Yoongi parlava. 

 

-Per questo voglio essere accanto a te in ogni passo di questo percorso. Non ti lascerò mai più sola. Mai più. 

 

La ragazza non riuscì a trattenere i singhiozzi che le tempestarono il petto con maggiore violenza. 

 

Tutti quei mesi di sofferenza, e bastavano quelle poche semplici parole a sollevare il peso dalla sua testa. 

 

-Te lo giuro.

 

 

ANGOLO AUTRICE 

 

E che storia sarebbe se vi lasciassi troppo tranquilli??? Finalmente vediamo il climax della trama di Yoongi e Diana, insieme alla sua felice risoluzione. E abbiamo anche visto il momento sclero di Estella che tutti aspettavamo con ansia XD so che qualcuno avrebbe voluto un bello schiaffo ma ho pensato che il nostro povero Yoongi non se lo meritasse dal momento che non conosceva tutte le circostanze. Ebbene adesso che capiterà? Abbiamo ancora diverse questioni insolute da risolvere, perciò tenetevi stretti perché le montagne russe sono solo appena iniziate! 

 

   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Bangtan boys (BTS) / Vai alla pagina dell'autore: Juliet8198