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Autore: Kodama_    25/08/2022    0 recensioni
[AtsuHina | 2300 parole | introspettivo/poesia]
E io ti spiegherò, pazientemente, come il corpo della gente cambia con la gravità e come il mio, invece, cambia con te.
(Note: raiting arancione per la menzione di un rapporto sessuale che occupa però letteralmente un rigo, perciò non aspettatevi niente di erotico.)
Genere: Introspettivo, Poesia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Atsumu Miya, Shouyou Hinata
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Poggiare la guancia contro un lampione pieno di ruggine fingendo che sia il tuo cuore

Anomalia

Notte. Una fila di lampioni.
Ogni lampione illumina un brandello di verità.
Primo lampione, luce: Atsumu guarda gli occhi di Shouyou e pensa: vorrei mangiarli. Tipo anelli di cipolla o takoyaki. È strano.
Secondo lampione, luce: Atsumu gli guarda la mano e pensa: vorrei stringerla. E poi mettermela in bocca. È strano.
Terzo lampione, luce: Atsumu guarda Shouyou e pensa: buchi. Buchi sulle braccia e sulle gambe, buchi che mi trapassano da parte a parte a da cui entri tu per rimpiazzare il sangue - va bene comunque, tanto sei dello stesso colore. Forse sono innamorato di te. È strano.
Quarto lampione, luce: Atsumu guarda Shouyou. L’estate si squarcia sotto i suoi piedi come una voragine e Atsumu vorrebbe solo tirare fuori la lingua e prendere fuoco come un fiammifero. Poi capisce: lo è.
Quinto lampione, luce: Atsumu guarda Shouyou e pensa: è ruggine. Shouyou è fatto di ferro. Shouyou ama il mare. E si sa, il ferro che ama l’acqua si ossida. Brucia. Diventa tramonto.
Sesto lampione, luce: Shouyou guarda Atsumu, si ferma, e gli dice: “Atsumu-san, ti voglio baciare. È strano, vero?”



Terra

Una luce si spegne.
È la luce di un lampione.
Atsumu e Shouyou camminano sul marciapiede, soli, zitti. Il mondo, zitto come loro, li osserva. O forse li nasconde, forse li protegge, perché li guarda e pensa: questi sono figli miei, figli miei e del sole e della notte e c’è qualcosa, fra loro, dentro di loro, di viscerale. Radici, sangue, fame. Odorano di vita. Odorano di terra.
Succedono cose strane, quando rimangono da soli: Atsumu comincia a vedere rosso. Shouyou comincia a vedere dorato. Cavallette nello stomaco.
Shouyou gli sfiora la mano. Forse per sbaglio, forse di proposito. Atsumu se lo chiederà per tutta la notte. Si chiederà cosa sarebbe successo se gli avesse preso il mignolo. Se gli avesse afferrato la manica mettendo la mano di Shouyou dentro la tasca del suo cappotto.
È buio, c’è silenzio, fa freddo, la terra pensa: questi sono figli miei.
Succedono cose strane, quando sono da soli.
Hanno paura, tanto per dirne una.



Larva

Una luce si spegne,
Atsumu gli sbottona la camica.
Uno, due, tre.
I piccoli bottoni sfuggono dalle sue dita tremanti.
Shouyou sorride, poggia le mani sulle sue, vuole aiutarlo. Il risultato è che adesso sono quattro le mani che tremano, due sopra due.
Uno, due, tre.
La camicia scivola con un fruscio lungo le sue spalle spruzzate di lentiggini. Atsumu chiude gli occhi, ingoia un sospiro, un singulto, gli poggia la mano sul petto.
È strano, toccare la pelle nuda di Shouyou. È calda, vetrata per i brividi. Atsumu ripercorre con l’indice la linea della clavicola, poi gli preme la mano in alto alla sua sinistra. Il cuore di Shouyou palpita sotto i polpastrelli. Atsumu spinge. Il cuore batte più forte.
Atsumu pensa che, se continuasse a premere, gli aprirebbe un buco. Gli aprirebbe un buco, ci infilerebbe dentro il braccio, gli strapperebbe il cuore e se lo mangerebbe.
Poi Atsumu diventerebbe piccolo piccolo, come una stella filante. Si tufferebbe nel buco, ricucendo la carne viva alle sue spalle e rimarrebbe lì, a pulsare, un bozzolo dentro Shouyou, il suo nuovo cuore.

Shouyou lo sa e pensa: glielo lascerei fare.



Apocalisse

Una luce si accende.
Atsumu gli graffia le scapole. Scalpita con le gambe, lo tira verso di sé, supplica con gli occhi e ringhia con la bocca. Shouyou lo spinge contro il muro.
“Sta’ fermo, sta’ fermo,” soffia.
Atsumu si arrende, cede, cederà per sempre, un pugno di fili tranciati di netto.
Fermo, le mani che formicolano perché vorrebbe prendere, stringere, strappare. Shouyou sorride contro il suo addome mentre bacia e lecca e morde, sempre più giù, sempre più caldo.
Quando Shouyou lo prende in bocca, Atsumu vede le stelle, la fine del mondo. Shouyou gli succhia piano la punta e poi se lo ficca in gola. Atsumu non sa dove mettere le mani. Vorrebbe metterle ovunque, smania di muoversi, ma c’è l’eco della voce, cristallina, imperativa, che dice: sta’ fermo, sta’ fermo.
Atsumu, fermo, si lascia sbriciolare.



[Zerbino con su scritto: BENTORNATO A CASA!!!]

Una luce si spegne.
Shouyou chiude gli occhi. Atsumu lo abbraccia, gli sospira sulle labbra, si aggrappa alle sue scapole, gli stringe le cosce intorno alla vita. Lo bacia in bocca, sul collo, sulle guance, sotto la mascella, e ogni bacio significa: ho bisogno di te e ho bisogno di sapere che tu rimarrai per sempre e ti prego, ti prego, diventa mio, diventa solo mio e di nessun'altro, e lasciati mangiare lasciati sbranare e ascoltami e soprattutto credimi quando ti dico che per te farei qualunque cosa ucciderei ti cucinerei le omelet per colazione ogni mattina e sarei felice per sempre come se avessi perennemente la primavera incastrata tra le ciglia perciò per favore portami con te ovunque andrai, attaccami alle tue chiavi di casa anzi fammi diventare la tua casa anzi fammi diventare la maniglia della porta che chiudi con un sospiro di sollievo quando finalmente sei al sicuro, per favore fammi diventare -
Atsumu smette di baciarlo.
Shouyou spalanca gli occhi. "Che c’è?"
Atsumu esita. La paura che straborda in quel secondo di attesa, in quel secondo tremolante che ha spaccato l’aria, le pareti della stanza.
Succedono cose strane, quando sono soli.
“Shouyou-kun,” gli dice. “Sono innamorato di te.”



La falena della gelosia

Una farfalla si posa sul palmo di Atsumu.
Atsumu la guarda. Ha le ali arrugginite, come i capelli di Shouyou, come le sue guance. È immobile. Non ha paura.
Atsumu stringe il pugno. La farfalla non ha il tempo di volare via. Rimane intrappolata fra le sue dita, le ali che palpitano frenetiche cercando una via di uscita.
Atsumu stringe finché la farfalla non si muove più, finché non si disintegra. Quando apre il pugno, resta solo una sottilissima porporina rossa.
La polvere di ruggine gli entra negli occhi. Atsumu sbatte le palpebre ancora e ancora provando a scacciarla via, ma la porporina resta, gli graffia la pupilla, la retina, e insieme al rosso Atsumu vede Shouyou con una persona, una persona che non è lui, perché lui è lontano, è distante, ed è proprio in quella distanza che il cuore gli muore, si accartoccia, si accascia, straziato sulla strada.
Qualcuno gli tocca la spalla. Atsumu smette di vedere rosso. Fra le mani, non c’è nessun cadavere di nessuna farfalla. Gli occhi però prudono.
“Stai bene?” gli domanda Bokuto.
Atsumu scuote la testa.



Come può, l’oro

Shouyou guarda Atsumu e pensa
come può, questo ragazzo, questo ragazzo che è oro, avere paura.
Shouyou guarda Atsumu e vede
pupille che non sono più pupille, ma pozze dilatate di insicurezza. Buchi, ferite da cui zampillano l’autunno,
e la paura.
Come puoi tu, tu che splendi così abbagliantemente, tu che sei tutto quello che voglio, tu che sei così immensamente prezioso, avere paura di scivolare indietro? Di essere sostituito?
Come puoi avere il corpo di acciaio e l’anima di cristallo? (Cristallo che canta, che luccica come una stella: basta un grido per spaccarlo.)
Ti frantumeresti con lo stesso crepitio di una foglia calpestata.

Ma tu non sei foglia, Atsumu. Tu sei pelle. Sei pelle e ossa e carne.
Oramai mie.  



Fammi vedere il tuo luogo dell’anima

Atsumu non conosce un modo gentile per amare.
Atsumu vuole possedere, ed essere posseduto. Vuole tenere Shouyou fra le mani, stringerlo nel pugno, infilarselo in bocca. Vuole che Shouyou faccia lo stesso con lui.
Atsumu comincia a ingoiarlo. Comincia a berlo. Ma il bicchiere non si svuota mai. Shouyou non finisce mai. Shouyou, una fine, non ce l’ha. (E Atsumu può solo rimanere con la bocca spalancata mentre Shouyou, ferro liquido, si riversa dentro la gola e nei polmoni - e Atsumu non si strozza, non si strozza, resiste, può berne ancora. E ancora. E ancora.)
Atsumu gli bacia il collo. Salato. La spalla. Salata. Shouyou gli passa il pollice sul polso.
Atsumu si domanda se sia possibile possedere qualcosa senza fine e senza inizio.
Atsumu si domanda se sia possibile farsi amare da qualcosa senza fine e senza inizio.
“Shouyou,” gli dice. “Portami al mare.”


Il mare è immenso. Dilatato all’infinito. Sfumato, fatale, un cappio intorno al collo che si stringe ancora e ancora - ma vale la pena trattenere il fiato, vale la pena guardare la ruggine dipinta dal tramonto sulla superficie tremolante dell’acqua.
Shouyou è come il mare. Shouyou ama il mare, che è senza fine e senza inizio, perciò Atsumu può amare Shouyou. Se vale anche al contrario, però, ancora non lo sa.
Shouyou lo guarda. Sorride. Ha la sabbia e il sole dentro la bocca. Atsumu vuole poggiargli le dita sulla lingua e lasciarsele riscaldare.
Shouyou segue la forma delle sue clavicole, ferma la mano al centro del suo petto.
“Atsumu,” gli dice. “Portami a casa.”



A farmi paura

è il modo in cui mi perdoni e perdoni te stesso;
è il modo in cui la tua ombra abbraccia la mia, oppure si tende verso di lei
con il sole alle spalle
come se volesse prenderla per mano;
è il modo in cui mi proteggi dalla pioggia
anche se la odi;
è il tuo indescrivibile coraggio
con cui mi hai tenuto e ti sei tenuto a me
nonostante ti stessi portando sotto l’acqua
nonostante non riesca a smettere di andare giù;
è il modo in cui mi guardi la notte: sollevato, grato, perché sono lì, perché sono tuo; preoccupato, perché pensi: prima o poi, finirà. (però l’hai detto tu, che io sono senza inizio e senza fine, giusto?)
A farmi paura,
sono le tue mani. Perché danno così tanto. A farmi paura sono soprattutto le mie, che sanno solo prendere e prendere e prendere e restituire spine.
A farmi paura è che prima o poi, non sarò io quello a finire, quello ad andare via, ma sarai tu. Perché ti accorgerai che io sono sale sotto vuoto
mentre tu sei tutti i colori del mondo
(E perciò fingo. Cammino un passo più avanti non perché sono in grado di stare solo, ma perché ho bisogno di sentire che mi insegui, ho bisogno di sentire i tuoi occhi attaccati alla mia schiena. Scommetto tutto sulla distanza di un passo, che a volte diventa un oceano. In questa distanza, l’unica, fragile garanzia che non ti allontanerai mai troppo, poiché occupato a starmi dietro.)



IO
(vorrei tirarti un cactus in faccia)

IO
HO BISOGNO DI DIRTI
CHE DENTRO DI ME C’È UN PRATO PIENO DI GIRASOLI
CHE SBOCCIANO OGNI GIORNO
PERCHÈ PER ME È SEMPRE AGOSTO, PURE A DICEMBRE
E NON RIESCO A FARLI SMETTERE
NON RIESCO A FARLI SMETTERE.
E HO BISOGNO DI DIRTI
CHE TI AMO
DI AFFERRARTI PER LE SPALLE E DI URLARTELO ADDOSSO, DENTRO L’ORECCHIO, URLARE E URLARE E URLARE FINO A FARTI SCOPPIARE IL TIMPANO, FINO A FARTI USCIRE IL SANGUE
PERCHÈ CREDEVO
CHE LA VOGLIA DI SCOPARTI FOSSE REALE E L’AMORE IMMAGINARIO
E INVECE,
E INVECE.
CAZZO
PER FAVORE
GUARDAMI
ASCOLTAMI
FICCATI UN RAZZO NEL CULO ACCENDI LA MICCIA E SPARATI SULLA LUNA
E DA LI’
URLA INDIETRO CHE MI AMI

(nel frattempo, aspetterò in silenzio, più codardo che coraggioso, di prendere fuoco, e ogni volta che pronuncerò il tuo nome le lancette degli orologi andranno indietro di un secondo, perché quello che riesci a fare è regalare mattine e notti che si trasformano in archi di luce sotto cui ripararsi per un po’ di tempo, un altro po’ di tempo ancora, mentre fuori la pioggia scroscia e cola copiosa e densa come un barattolo di tempera e mi imbratta la punta delle scarpe, le invecchia, mi invecchia, la pioggia mi fa paura.
E io ti spiegherò, pazientemente, come il corpo della gente cambia con la gravità e come il mio, invece, cambia con te.)



amore

Una luce si spegne.
Shouyou chiude gli occhi e ascolta.
Ascolta Atsumu mentre respira. Ogni respiro è un buco, pelle che si strappa. Shouyou è trapuntato da feritoie e da queste feritoie trapassa una luce dorata. Shouyou è una tela stellata, che dondola quieta seguendo il diaframma di Atsumu che si alza e si abbassa, si alza e si abbassa.
Shouyou tiene gli occhi chiusi e gli sfiora con l’indice la spina dorsale. Gli conta le vertebre, saggia il loro spessore, le tasta come se avesse sotto i polpastrelli il segreto di come far brillare il sole durante la notte. Vorrebbe prendere un paio di forbici e ritagliare Atsumu seguendo il tratteggio di quelle stesse vertebre. Atsumu si aprirebbe a metà, e a quel punto, a quel punto, Shouyou se lo infilerebbe come un cappotto.
“Shouyou,” gli dice Atsumu. “A che pensi?”
Shouyou apre gli occhi. È buio, ma riesce a vedere Atsumu lo stesso.
“Penso,” risponde Shouyou,
che vorrei entrarti dentro il petto
e poggiare la guancia
contro il tuo cuore
come se fosse
il mio cuscino preferito
voglio ascoltarlo battere
seduto sulle tue costole
mentre canto
e dondolo le gambe.
E sarei felice,
sarei felice.
“Penso,” ripete Shouyou. “Che ti amo tantissimo.”

(Il luogo della mia anima è lo stesso luogo dove c’è la tua.)



Note d'autore:

Ciao li amo tantissimo non ce la faccio più basta grazie di cuore per aver letto!!!! <3 <3<3<3<33<<3
See ya!
   
 
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